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Bravo e' che ad interrogarsi sulle proprie responsabilita' circa la violenza | Bravo e' che ad interrogarsi sulle proprie responsabilita' circa la violenza |
Versione delle 09:50, 23 feb 2011
Come uscire dal vicolo cieco
di Angela Giuffrida
Seguire gli uomini nel loro disegno esistenziale che rinnega il corpo significa guidare la specie verso l'autoannientamento.
La prima cosa che mi e' venuta in mente quando ho letto il saggio di Anna
Bravo e' che ad interrogarsi sulle proprie responsabilita' circa la violenza
che insanguina il mondo e' quella parte della specie che vi partecipa in
modo del tutto marginale. Gia' il dibattito sorto attorno alle donne-soldato
aveva evidenziato la capacita' tutta femminile di mettersi in discussione,
di cercare in se', nel proprio genere eventuali mancanze, prima di
addossarle all'altra parte dell'umanita'.
Confrontato a tale civilissima pratica, ancora piu' assordante appare il
silenzio degli uomini che, pur pretendendo da millenni di governare il mondo
come una loro esclusiva proprieta', non si ritengono responsabili in prima
persona dei danni arrecati alla specie e al pianeta, tant'e' che non sentono
il bisogno di farsi qualche domanda circa la loro "superiore razionalita'".
Ma torniamo alle donne. L"inclinazione a riflettere su di se' denota grande
maturita', diventa pero' sterile e autodistruttiva se indebitamente
potenziata, soprattutto se non si accompagna alla piena consapevolezza dei
meriti guadagnati e del ruolo svolto dalle donne nella storia della specie.
Accollandosi anche responsabilita' non proprie, esse finiscono per coltivare
oltre alla disistima di se' la gia' alta irresponsabilita' maschile;
infatti, mentre non perdonano nulla a se stesse e analizzano minuziosamente
ogni loro debolezza, ogni errore, anche quelli chiaramente indotti, non
pretendono che gli uomini facciano altrettanto o perlomeno che si fermino a
riflettere sul proprio operato.
Il problema e' che le donne continuano a guardare se stesse, l'altro genere
e il mondo intero attraverso quella lente deformante che e' lo sguardo
maschile. Nonostante il pensiero della differenza abbia iniziato il proprio
cammino con Adriana Cavarero che diffidava "dell'intiero castello
concettuale della logica dell'uno" e, considerando "mostruoso" il neutro
maschile, metteva l'accento sulla sessuazione al femminile, il sistema di
pensiero maschile rimane intoccato ed intoccabile e i suoi meccanismi
restano pressoche' invisibili perche' ritenuti comuni alla specie e
continuano ad operare a tutti i livelli, anche all'interno del discorso
delle donne, bloccandolo in un vicolo cieco.
Anche il valore cognitivo delle esperienze del corpo continua generalmente
ad essere negato, cosicche' Anna Bravo nel suo saggio, a proposito della
"nuova mistica della maternita', spettacolarizzata e sacralizzata piu' di
ogni altra esperienza (eccetto, forse, la guerra)", puo' dichiarare di avere
nostalgia "di un vecchio numero di 'Via Dogana', dove all'affermazione che
diventare madri ha a che fare con la vita e con la morte, si rispondeva che
si', ma che lo stesso vale per l'attraversamento di una strada".
A parte l'ovvia constatazione che la mistica della maternita' nelle comunita' dei padri altro non e' che una mistificazione, dato che "il corpo femminile e' sempre piu' oggettificato e parcellizzato, sempre piu' luogo pubblico", a parte l'intento chiaramente provocatorio della superiore affermazione, a me pare che la maternita' non possa essere ridotta a nessun'altra esperienza. La presa di coscienza da parte delle donne di possedere una diversa struttura categoriale, non puo' che derivare dalla consapevolezza che l'esperienza materna e' stata decisiva nella costruzione di quella forma mentis (comune a tutto il genere, non solo a chi partorisce) che ha consentito loro di guidare il processo di civilizzazione della specie e che puo' permettere oggi, se ricostituita coscientemente, di fermare la folle corsa della specie verso l'autodistruzione. Hannah Arendt ci ha invitato a centrare lo sguardo sulla nascita, quindi, in definiva, sulla maternita' e sulla corporeita'. Il corpo della donna, la sua biologia sono le inesauribili fonti dello sviluppo della sua mente, sono la sua carta vincente. Siccome i mondi del simbolico e dell'astrazione sono radicati nel corpo e nella sua esperienza, la potenza del pensiero della donna e' da ricercarsi nella potenza del suo corpo, l'enorme potenzialita' creativa nella creativita' del suo corpo, l'evoluzione razionale e civile della sua mente nella ricchezza della sua esperienza. La coscienza o spirito o mente che dir si voglia non e' "uno spettro nascosto nella macchina" e non esiste senza l'organismo biologico con il suo corredo di istinti ed emozioni. Seguire gli uomini nel loro disegno esistenziale che rinnega il corpo significa guidare la specie verso l'autoannientamento.