Storia10
Da Ortosociale.
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Questo dibattito sulla priorità del nemico è una gran parte di ciò che spiega la relativa debolezza delle forze di sinistra in queste lotte. Si dividono nelle loro analisi. Esse sono quindi divisi nei loro obiettivi a breve termine ed anche a medio termine. E peggio ancora, molti individui e gruppi di sinistra sembrano consapevoli di questo, il che porta ad un pessimismo strisciante e quindi ad un allontanamento strisciante dalla politica militante. | Questo dibattito sulla priorità del nemico è una gran parte di ciò che spiega la relativa debolezza delle forze di sinistra in queste lotte. Si dividono nelle loro analisi. Esse sono quindi divisi nei loro obiettivi a breve termine ed anche a medio termine. E peggio ancora, molti individui e gruppi di sinistra sembrano consapevoli di questo, il che porta ad un pessimismo strisciante e quindi ad un allontanamento strisciante dalla politica militante. | ||
L'alternativa a questa auto-disattivazione della sinistra è quello di impegnarsi in un dibattito più aperto e cameratesco all'interno della sinistra. E questo può essere fatto solo se la sinistra si rende conto che la destra mondiale costituisce un grande panorama di forze e di analisi così come la sinistra mondiale. E ancora una volta, devo dire che questo dibattito cameratesco deve essere fatto nel quadro di una transizione mondiale da un sistema capitalista a qualcos'altro, ancora da determinare. Se la sinistra perde la battaglia più grande, dovrà prima di tutto biasimare se stessa. | L'alternativa a questa auto-disattivazione della sinistra è quello di impegnarsi in un dibattito più aperto e cameratesco all'interno della sinistra. E questo può essere fatto solo se la sinistra si rende conto che la destra mondiale costituisce un grande panorama di forze e di analisi così come la sinistra mondiale. E ancora una volta, devo dire che questo dibattito cameratesco deve essere fatto nel quadro di una transizione mondiale da un sistema capitalista a qualcos'altro, ancora da determinare. Se la sinistra perde la battaglia più grande, dovrà prima di tutto biasimare se stessa. | ||
+ | ==Commento di ortosociale== | ||
+ | I fatti stanno precipitando in Egitto con l'esercito che sta reprimendo ferocemente l'opposizione dei fratelli musulmani. | ||
==Commentary No. 357, July 15, 2013== | ==Commentary No. 357, July 15, 2013== |
Versione delle 07:47, 15 ago 2013
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Commento N.357, 15 Luglio 2013
"La sinistra mondiale e le turbolenze in Egitto"
di Immanuel Wallerstein
Il titolo di questo commento pone una domanda. Che cosa o chi è la sinistra? C'è poco accordo su questo argomento. Userò il termine per includere qualsiasi gruppo che afferma di essere parte della sinistra o perlomeno del centro-sinistra. Si tratta naturalmente di un ampio gruppo. E, di conseguenza, vi è ben poco accordo all'interno di esso come e chi sostenere, moralmente o politicamente, nel grande fermento che sta scuotendo l'Egitto e che ha portato alla deposizione da parte delle forze armate egiziane di Mohamed Morsi come presidente.
Da quello che ho letto dalle dichiarazioni e dalle spiegazioni dei vari gruppi della sinistra che sta fuori dall'Egitto, credo che sia una questione di priorità: Chi o che cosa costituisce il più grande pericolo nel medio periodo? Penso di discernere tre posizioni di base.
- Ci sono quelli per i quali gli "islamisti" di qualsiasi varietà rappresentano la minaccia fondamentale. Naturalmente, ci sono molti diversi tipi di islamisti. Le tre principali varietà tra i musulmani sunniti sono i Fratelli Musulmani, i wahabiti / salafiti, e quelli raggruppati sotto l'etichetta di Al-Qaeda. Tutti e tre ripudiano gli altri due, e questo spiega molte delle alleanze che emergono in un paese con una popolazione musulmana sostanziale.Ma per quelli di sinistra che fanno una priorità il mantenere gli islamisti lontani dal potere politico, i cosiddetti islamici moderati sono islamisti semplicemente più astuti che stanno perseguendo lo stesso obiettivo di lungo periodo di realizzare stati disciplinati dalla legge della sharia. Queste persone quindi sono pronte a fare alleanze con chi sta combattendo gli islamisti.
- Vi è un secondo gruppo che vede gli eserciti come il nemico principale. Essi credono che gli eserciti siano forze molto conservatrici e repressive che hanno idee politiche ed economiche reazionarie, e che spesso hanno interessi economici diretti a mantenere politiche economiche neoliberiste. Essi riconoscono che a volte gli eserciti sembrano sostenere le forze popolari e a volte sembrano perseguire politiche opposte a quelle degli Stati Uniti o delle potenze europee occidentali. Ma la loro visione di questi punti di vista "moderati" delle forze armate è parallela al punto di vista del movimento anti-islamisti. Percepiscono "moderazione" o "populismo" da parte degli eserciti come semplicemente una copertura per i loro obiettivi reazionari di lungo periodo.
- E poi ci sono quelli che percepiscono gli Stati Uniti (e correlativamente le potenze ex coloniali dell'Europa occidentale) come la principale minaccia. Vedono gli eserciti e gli islamisti come semplici giocatori del gioco loro assegnato dagli Stati Uniti. Quindi, qualsiasi gruppo che si oppone attivamente agli Stati Uniti dovrebbe essere sostenuto a loro avviso. Inoltre vi è una versione forte di questa teoria. Alcune persone credono che anche i giovani radicali che si sollevano siano manipolati dagli Stati Uniti. Per questo gruppo, gli Stati Uniti sono ancora onnipotenti.
Naturalmente ci saranno alcuni, anzi molti, che sostengono che queste sono false scelte. Si può, e si dovrebbe essere, contemporaneamente contro gli islamisti, gli eserciti, e gli Stati Uniti. Ma in pratica, ci sono spesso momenti in cui si devono scegliere le priorità. Quindi la domanda rimane totale. Questo dibattito sulla priorità del nemico è una gran parte di ciò che spiega la relativa debolezza delle forze di sinistra in queste lotte. Si dividono nelle loro analisi. Esse sono quindi divisi nei loro obiettivi a breve termine ed anche a medio termine. E peggio ancora, molti individui e gruppi di sinistra sembrano consapevoli di questo, il che porta ad un pessimismo strisciante e quindi ad un allontanamento strisciante dalla politica militante. L'alternativa a questa auto-disattivazione della sinistra è quello di impegnarsi in un dibattito più aperto e cameratesco all'interno della sinistra. E questo può essere fatto solo se la sinistra si rende conto che la destra mondiale costituisce un grande panorama di forze e di analisi così come la sinistra mondiale. E ancora una volta, devo dire che questo dibattito cameratesco deve essere fatto nel quadro di una transizione mondiale da un sistema capitalista a qualcos'altro, ancora da determinare. Se la sinistra perde la battaglia più grande, dovrà prima di tutto biasimare se stessa.
Commento di ortosociale
I fatti stanno precipitando in Egitto con l'esercito che sta reprimendo ferocemente l'opposizione dei fratelli musulmani.
Commentary No. 357, July 15, 2013
"The World Left and Turmoil in Egypt"
The very title of this commentary poses a question. What or who is the left? There is little agreement on this subject. I shall use the term to include any group that claims it is part of the left or at least left-of-center. This is of course a wide group. And, consequently, there is very little agreement among it as to whom to support, morally or politically, in the enormous turmoil that has been shaking Egypt and led to the deposition by the Egyptian armed forces of Mohamed Morsi as president of Egypt.
As I read the statements and explanations of various groups on the left outside of Egypt, I believe it is a question of priorities: Who or what constitutes the greatest danger in the medium run? I think I discern three basic positions.
There are those for whom "Islamists" of any variety represent the fundamental threat. Of course, there are many different kinds of Islamists. The three principal varieties among Sunni Muslims are the Moslem Brotherhood, the Wahabites/Salafists, and those grouped under the label of Al-Qaeda. All three repudiate the other two, and this explains many of the alliances that emerge in any country with a substantial Muslim population.
But for those on the left who make a priority of keeping the Islamists from political power, the so-called moderate Islamists are simply more astute Islamists who are pursuing the same long-time objective of states governed by sharia law. These persons therefore are ready to make alliances with anyone who is fighting the Islamists.
There is a second group who see the armies as the primary enemy. They believe that the armies are highly conservative and repressive forces who have reactionary political and economic views, and who often have direct economic interests in maintaining neoliberal economic policies. They acknowledge that sometimes the armies seem to support popular forces and sometimes they seem to pursue policies opposed to those of the United States or of western European powers.
But their view of these "moderate" views of the armed forces is parallel to the views of the anti-Islamists. They perceive "moderation" or "populism" on the part of the armies as simply a cover for their long-run reactionary objectives.
And then there are those who perceive the United States (and correlatively the ex-colonial powers of western Europe) as the main threat. They see the armies and the Islamists as simply playing the game assigned to them by the United States. Hence, any group that actively opposes whatever they think the United States wants should be supported in their view. Indeed, once again there is a strong version. Some persons see even the young radicals leading uprisings as manipulated by the United States. For this group, the United States is still all-powerful.
Of course there will be some, indeed many, who will argue that these are false choices. One can, and should be, simultaneously against the Islamists, the armies, and the United States. But in practice, there are often moments when one has to choose priorities. So the question remains total.
This debate about the priority enemy is a large part of what explains the relative weakness of left forces in these struggles. They are divided in their analyses. They are therefore divided in their short-term and even middle-term objectives. And worse still, many left individuals and groups seem aware of this, which leads to a creeping pessimism and therefore a creeping withdrawal from militant politics.
The alternative to this self-disabling of the left is to engage in more open and comradely debate within the left. And this can only be done if the left realizes that the world right represents as large a panorama of forces and analyses as the world left. And once again, I say that this comradely debate has to be done within the framework of a world transition from a capitalist system to something else, yet to be determined. If the left loses the bigger battle, it will have first of all itself to blame.
by Immanuel Wallerstein
Please do not reply to the listserv. To correspond with the author, write immanuel.wallerstein@yale.edu. To correspond with us about your email address on the listserv, write dunlop@binghamton.edu. Thank you.
Becky Dunlop
Secretary, Fernand Braudel Center
Binghamton University
PO Box 6000
Binghamton NY 13902
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