Sociologia74
Da Ortosociale.
La famiglia può aiutare nello sviluppo del rapporto con la Natura?
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Natura
I cacciatori di pelli del Nord America dei secoli scorsi raccontavano questa storia: "Cavalcherai a lungo per le montagne e forse proverai una sensazione che pochi hanno provato. Noi lo chiamiamo il momento magico. E' difficile da spiegare ma quando ti capiterà lo capirai. Non avrai bisogno di cercarlo. Cavalcherai per giorni solo lassù in un paesaggio così sconfinato da fare paura. Poi all'improvviso una mattina ti capiterà. Proprio così. Una montagna, una valle, o una prateria, che nessun bianco ha mai visto prima di te. Ti si mozzerà il fiato in gola. Sentirai le montagne carezzarti con le loro mani, le nevi che si sciolgono e si gettano come cascate nei laghi di un azzurro che ricorderai per tutto il resto della tua vita e fiori, bellissimi e selvaggi alti come alberi, ti sentirai parte di qualcosa di così meraviglioso che non ci sono parole per descriverlo. Non c'è cacciatore di pelli che non l'abbia provato almeno una volta".
La Madre
L'essere umano è una animale mammifero. Questo comporta un lungo periodo di gestazione all'interno dell'utero materno, durante il quale vengono costruite le prime esperienze di interazione con l'ambiente esterno o "Natura". Dunque queste esperienze, base della futura cultura individuale, sono sempre mediate da un altro essere umano, la madre. Anche in fase prenatale il rapporto con la madre è un rapporto dinamico complesso, fisico, psicologico, ed anche sociale (in quanto la madre è comunque "altro" geneticamente dal figlio). In sociologia si parla di "socializzazione" primaria, dentro la famiglia e a scuola, e secondaria nel lavoro e nella società. Questa socializzazione è un processo tra esseri umani interamente simbolico, basato sul linguaggio. Non viene presa in considerazione l'interazione "diretta" tra il piccolo e la "realtà" o "Natura", in quanto non è un rapporto "simbolico". Neanche il rapporto tra un piccolo umano ed un animale viene considerato "socializzazione", perchè l'animale ha un linguaggio diverso (molti continuano a credere che gli animali non abbiano un loro linguaggio). Dopo la nascita è sempre la madre, assieme ai familiari, a mediare le interazioni del piccolo umano con la Natura. Lo aiuta a superare le "paure" del mondo esterno, buio, suoni improvvisi, esseri sconosciuti, lo aiuta nei movimenti nello spazio. L'ambiente cittadino nel quale crescono gran parte dei piccoli umani purtroppo impedisce una esperienza diretta di questi fenomeni e una rapida acquisizione di tutti i meccanismi sia culturali che fisici ed emozionali necessari a viverli con entusiasmo, sicurezza, creatività. La madre allora gli insegna a cibarsi (anzi con l'allattamento al seno rappresenta lei stessa la Natura intera come fattore vitale), a spostarsi, ad interagire con gli altri esseri viventi (animali e animali-uomo), utilizzando con lui i primi tentativi di comunicazione simbolica ed il gioco della affermazioni sì/no. Socializzando con la madre, "anche" a livello simbolico, il piccolo entra in contatto con la Natura. Questo comporta l'enorme rilevanza della presenza o della assenza di interazioni significative del piccolo umano (diciamo fino ai due anni) con: il mondo minerale (aria, acqua, fuoco, terra), le condizioni meteo, il mondo vegetale, il mondo animale (basterebbe un animale domestico, come un gatto o un cane, a rappresentare degnamente tutto l'universo animale), altri esseri umani come lui che si esprimono poco o niente in modo simbolico, e poi ovviamente le "varie" strutture familiari che comportano la socializzazione primaria. Tutto questo potremmo chiamarlo "socializzazione naturale" e comprende da subito la trasmissione culturale da parte della madre e dei familiari di uno specifico tipo di rapporto uomo/natura. Attualmente la cultura che il piccolo riceve è quella di "evitare" la Natura.
L'ambiente urbano
Nell'ambiente urbano tutti questi processi vitali sono fortemente ridotti. Il rapporto con la pioggia, il vento, il caldo/freddo, vengono affrontati con varie protesi tecnologiche, a volte di scarso successo, come climatizzatori, capsule isolanti come la automobili, abiti a strati come capsule portatili. Il messaggio che arriva al piccolo umano è che bisogna evitare ogni contatto diretto con le condizioni climatiche "esterne". Il livello vegetale è praticamente assente dalle città. Gli animali sono solo quelli domestici di affezione, cani, gatti, uccellini in gabbia, criceti, piccole tartarughe per chi ha un giardino. Per quanto riguarda i rapporti sociali con i familiari, dipende tutto dal tipo di famiglia nella quale il piccolo è inserito. Parliamo di socializzazione primaria all'interno della famiglia, che precede le altre socializzazioni: quella scolastica, quella amicale, quella lavorativa.
La famiglia
La socializzazione primaria accompagna l'individuo per tutta la vita, nel bene e nel male. Anche se viene gradualmente affiancata, accompagnata e messa in secondo piano dalle altre socializzazioni, rimane fondamentale nel senso che è quella che costruisce le "fondamenta" di tutte le altre fasi della "costruzione sociale" dell'individuo. E' quindi importante considerare e valutare il tipo e la struttura familiare nella quale viene formato il piccolo. Soprattutto nei primi momenti del suo rapporto con la Natura. Rapporto che inizia mediato dalla madre, poi dai familiari, quindi dall'universo culturale che il piccolo assorbe attraverso la scuola, gli amici e gli "affini", il lavoro e le macro-organizzazioni sociali quali lo stato, la sanità, le amministrazioni locali che sono quelle che sperimenta direttamente sul territorio (i vigili "urbani", i sindaci e i vari assessori del proprio comune di residenza).
Da solo come individuo verso la Natura
Senza discutere ora i vari modelli di relazione con la Natura che comportano i vari "universi culturali", va messo al centro della nostra attenzione il pericolo che corre il piccolo umano nella sua formazione: la mancanza di un rapporto diretto con la Natura (come ambiente costituito da minerali, vegetali, animali), di un rapporto "solitario", individuale, autonomo. Questo pericolo nasce dalla necessità del piccolo umano di essere accompagnato dalla madre che per lui, durante la gestazione e dopo, è l'intera Natura. Dalla sua necessità di essere accompagnato verso una relazione indipendente, sicura, gratificante con la Natura e con gli altri esseri umani visti "socialmente" inseriti nella Natura. Le popolazioni cosiddette "primitive", che sono quasi scomparse, accompagnavano i loro giovani con un "rito di passaggio", quando raggiungevano la maturità all'incirca nella fase della adolescenza. Durante il rito venivano "abbandonati" e lasciati soli con la Natura. Il giovane rientra poi nella "società" costituita dalla comunità, dal villaggio, dalla tribù, ma ha raggiunto la consapevolezza che anche il suo "universo simbolico" <<fa parte della Natura>>. Un universo simbolico costruito così con la sua famiglia, comunità, villaggio, tribù. Nel racconto dei cacciatori di pelli del Nord America il passaggio centrale è "cavalcherai da solo".
La cultura del controllo
Dice il biologo Luigi Luca Cavalli-Sforza nel suo libro "La specie prepotente", dove si riferisce alla specie umana, che l'attuale cultura prevalente è una cultura del controllo sulla natura che precede (il tentativo de) il dominio completo sulla natura stessa. Secondo LLC-S la pre-potenza di questa cultura è una alternativa allo "adattamento", cioè ai meccanismi oggi ben conosciuti della evoluzione naturale come descritti nella sintesi darwiniana. Ironicamente, nel momento in cui arriva a conoscere i meccanismi biologici, comportamentali e sociali dello adattamento evolutivo, la specie umana li nega per affermare la sua volontà di potenza, dominio, controllo, su tutto e su tutti (nelle relazioni intraspecifiche), compresi gli altri esseri umani, dominati e "controllati". E' per questo motivo che oggi i più consapevoli difensori dell'umanità sono gli scienziati naturalisti, quelli che conoscono l'evoluzione, forse più degli psicologi, dei sociologi, degli antropologi, catturati dai loro variegati e distinti "universi culturali". Scienziati come Edwad O.Wilson, che ha proposto le teorie della biodiversità, della biofilia, della eusocialità, l'antropologia evoluzionista, oppure lo stesso LLC-S, Jared Diamond, Richard Dawkins, e tantissimi altri. Gente che conosce la Natura Vivente. Tutti questi scienziati dimostrano una viva preoccupazione per i rischi di collasso della attuale civilizzazione umana e del suo "universo culturale" egemone.
Una famiglia matrifocale
Per modificare questo universo culturale egemone, che si traduce nei fatti in una cultura della guerra, sedimentata nei secoli, si possono tentare varie vie. Probabilmente tutte le vie vanno praticate assieme nel tentativo di riformare la cultura, l'economia, l'organizzazione politica. Ognuna di queste vie agirà inevitabilmente nei vari processi di socializzazione che abbiamo intravisto: primario, scolastico, amicale, di affinità, economico. La mia proposta è di focalizzare la nostra azione riformatrice sulla "madre" in quanto attore principale della prima struttura sociale che costruisce l'essere umano ed il suo universo simbolico: la famiglia. La madre, aiutata dall'intera comunità, ha la particolare abilità di conciliare natura e cultura, mondo simbolico e percezione delle realtà viventi, sin dalla fase prenatale. Per "azione riformatrice" intendo la costruzione di una forma nuova a partire da quella vecchia, sperimentando e imparando dalle esperienze nel substrato sociale e culturale di cui si dispone. La famglia, tramite la "madre", è la matrice sia della socializzazione "umana" sia della socializzazione "naturale". Queste due socializzazioni vanno riunificate per rendere "adattativo" lo sviluppo umano. Quando si parla di famiglia si fa l'errore di considerarla una "cosa" (una "chositè"), definita una volta per tutte. Esistono nel tempo della storia e nello spazio geografico innumerevoli forme familiari. Quindi non si può parlare di "salvare la famiglia", perchè prima bisogna specificare di quale famiglia si parli. La mia tesi è che l'attuale forma dominante di famiglia, in occidente ma va diffondendosi in tutto il globo, è la "famiglia nucleare", cioè la famiglia costituita dai due genitori e dai figli (il numero dei figli è in via di drastica riduzione). Questa famiglia collassa a volte in una famiglia con un solo genitore e i vari figli (in genere la madre con figli di padri diversi), come in alcune periferie povere sia nei paesi ricchi (ad esempio nei ghetti neri degli USA) che in quelli emergenti (dove esistono anche casi di bambini abbandonati nelle strade). Un altro indice preoccupante nelle città italiane è il forte aumento percentuale delle famiglie costituite da un solo membro, un "lui" o una "lei" che rimangono single o decidono di non avere figli. Salvare la famiglia, nella dizione corrente, può solo significare "salvare la famiglia nucleare".
La famiglia nucleare
La famiglia nucleare nasce con la rivoluzione industriale e diventa "sistemica" con la grande industria fordista. "Lui" lavora in fabbrica e porta il pane a casa sottoforma di salario ("breadwinner"). "Lei" cura i figli, l'economia domestica, le relazioni affettive, parentali, sociali. E' una divisione del lavoro tayloristica dove però il potere sta nelle mani dell'uomo che dispone del "pane" in forma di denaro. Ora il fordismo è collassato, e il modello della famiglia nucleare si è modificato: lavorano sia "lui" che "lei", con "lei" che mantiene le funzioni precedenti e guadagna meno di lui a parità di lavoro. Questo ha portato la famiglia nucleare ad un livello di stress significativo. Sono state reintrodotte a livello massivo le figure dei nonni, riportando le relazioni intergenerazionali da due (genitori/figli) a tre (nonni/genitori/figli). E' stata rilevata una tendenza precisa delle figlie ad abitare ad una distanza di uno o due km dalla madre, pur mantenendo la separazione abitativa e dunque la sostanziale "nuclearità" della famiglia. Mentre la versione nucleare precedente era di tipo strettamente patriarcale perchè "lui", titolare del salario, aveva il potere decisionale e il controllo delle relazioni con le organizzazioni sociali forti (soprattutto imprese e stato con le sue leggi a favore del maschio, meno con scuola e religione cui prvalevano le donne cui era delegata l'educazione dei figli), quella attuale vede la concorrenza tra tra il ruolo lavorativo di lui e quello di lei. Gran parte della cura dei figli viene delegata alle organizzazioni pubbliche o private: scuola, sanità, assistenza psicologica, sport, cultura, divertimento. La famiglia nucleare dipende dalle due massime istituzioni della nostra società: lo stato e il mercato. Questo avviene nel momento in cui il debito pubblico dello stato (o "debito sovrano") obbliga a tagliare i servizi di istruzione, sanità, assistenza, mobilità, e la crisi economica rende sempre più difficile ottenere lavori remunerativi per pagare i servizi che offre il mercato privato. La famiglia nucleare corre due rischi: quello di sciogliersi con la separazione o il divorzio; e quello speculare di cementare un'alleanza di lui e di lei che sfocia in un "familismo amorale" del tipo delineato da E.G.Banfield in un contesto contadino ne "Una società del mezzogiorno". Il "familismo amorale" consiste nel perdere di vista la vita comunitaria e centrare il proprio interesse solo sulla propria famiglia in concorrenza ed a volte in conflitto con le altre famiglie. Nel nostro caso il "familismo amorale" riguarda la famiglia nucleare in un ambito urbano di tipo industriale o terziario anzichè un ambito contadino come quello descritto da Banfield.
La famiglia estesa
In ambito contadino rurale vale invece (o valeva) l'esempio di "famiglia estesa" descritto a suo tempo da W.I.Thomas e F.Znaniecki ne "Il contadino polacco in Europa e in America". La famiglia descritta da Thomas e Znaniecki è completamente diversa dalla famiglia nucleare attuale e potrebbe essere un modello di riferimento per iniziare ad aggiustare, ricostruire, allargare, e rigenerare l'attuale famiglia nucleare. Il limite soffocante della vecchia famiglia estesa rurale era la sua totale struttura patriarcale, antica di millenni. Limite che ha contribuito a fare sparire questo modello patriarcale appena si sono create con l'industrailizzazione e l'urbanesimo modi di vita alternativi. La famiglia estesa comunque aveva una struttura a cerchi concentrici altamente complessa e resiliente che ha resistito fino alla scomparsa della agricoltura tradizionale a vantaggio della agricoltura fordista industriale. Ma la famiglia nucleare per amore o per necessità oggi ha dovuto aprirsi, "estendersi", al supporto dei nonni, soprattutto per garantire assistenza ai nipoti. In questo modo si è avviato un processo culturale intergenerazionale tra tre generazioni: i millennials, i genitori dei millennials, i nonni custodi delle memorie storiche degli anni 60/70. Si potrebbe avviare così quella relazione di "eusocialità" che riguardi almeno tre generazioni di cui parla l'antropologia evoluzionista caldeggiata, tra gli altri, da E.O.Wilson, ideatore della biodiversità e della biofilia.
Prospettive
Una maturazione avanzata dell'individuo, portato dalla madre e dalla famiglia ad essre autonomo ed attivo nei confronti della realtà/natura, potrebbe avere enormi conseguenze. Questo potenziamento dell'individuo (empowerment), ricco di di un vissuto socializzante familiare, gli permetterebbe di affrontare in una modalità che potremmo definire di "imprenditore sociale", le tre reti del potere o meglio della "potenza" sociale: quella economica, quella politica, quella ideologico-culturale-tecnoscientifica. Sono queste reti che nel loro intrecciarsi e sovrapporsi costituiscono le varie "società" localizzate nello spazio. Tutto questo a partire dalla formazione socializzante ricevuta dalla madre e dalla famiglia che si sviluppa e proietta in cerchi concentrici alla seconda, terza, quarta generazione. Per quanto riguarda la realtà/natura, oggi la sfida più pericolosa è rappresentata dal degrado ambientale, dall'inquinamento, dalla distruzione di ecosistemi, dal consumo di suolo fertile che produca cibo, causati da urbanizzazione, grandi opere, infrastrutture, miniere e attività estrattive. Dalla introduzione dell'agricoltura e allevamento, circa 10.000 anni fa, il rapporto con l'ambiente si è sempre basato sulle tecniche agricole che comprendono la produzione di energia (pulita) e la manutenzione, attraverso la copertura vegetale, di risorse vitali quali acqua e aria (pulite). In altre parole è coltivando la terra in modo tradizionale e prendendosi cura di tutte le risorse che essa porta che possiamo affrontare la terribile sfida ambientale che ci sovrasta e che si intreccia con la crisi ideologico-culturale e con quelle geopolitiche. L'agricoltura non può essere e non è mai stata una semplice produzione di cibo. E' sempre stat una produzione ideologico-culturale in contesti geopolitici che variavano storicamente: dai contadini tributari dell'Egitto dei faraoni, al breve periodo felice degli yeomen di J.Swift, ai servi della gleba feudali, ai liberi farmer americani ai tempi della frontiera, alle rivoluzioni contadine del XX secolo (Russia, Cina, Messico, etc). Oggi la sociologia rurale di Van Der Ploeg e altri propongono una agricoltura "multifunzionale" che dialoghi con le città e che comprenda al suo interno anche persone che lavorano in città o che fanno lavori da cittadino. Quindi l'agricoltura potrebbe diventare una attività multifunzionale integrata centrata sulla famiglia come imprenditore sociale (con un bilancio ma senza obiettivi di profitto). E' la famiglia che interagisce unita con le reti dei poteri-potenze economiche, culturali, politiche. Utilizzando tecnologie che sviluppano l'ambiente anzichè distruggerlo. Questa famiglia non può essere la famiglia estesa patriarcale , nè la famiglia nucleare (urbana, industriale, fordista), nè tantomeno la famiglia monogenitoriale o di single che si va diffondendo. Per ricostruire la famiglia abbiamo i suggerimenti dell'antropologia che possiamo interpretare in modo creativo partendo con umiltà dall'esistente. I suggerimenti, oggi trascurati, sono quelli di famiglie contadine estese centrate sul ruolo manageriale della madre, come nelle comunità Moso in Cina. Un altro importante suggerimento è la pratica dell'adozione di non consanguinei rilevata sin nelle fondazioni delle prime grandi comunità urbane (Chatal Huyuk) e diffusa in tutte le società cosiddette "primitive". Tali adozioni potrebbero da subito essere uno strumento valido nel tentativo di assorbire il flusso di migranti che arriva in Europa, soprattutto di minori senza genitori. Quanto viene proposto in questa prospettiva non è un pio desiderio ma l'utilizzo dei più avanzati modelli organizzativi sperimentati dalle società ad altissima tecnologia. Questa nuova "famiglia-impresa-sociale" infatti avrebbe molte delle caratteristiche dei quattro modelli di organizzazione proposti da Alberto F.De Toni e altri: organizzazione circolare, cellulare, olografica e olonica. Vedi "Auto-organizzazioni - il mistero dell'emergenza nei sistemi fisici, biologici e sociali", Marsilio, Venezia, 2011.