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Da Ortosociale.
Continua il confronto su "bilinguismo salvifico" e "binarismo oppositivo"
Yes, we can
di Angela Giuffrida - Pubblicato su Il paese delle donne on line
Quello che Obama non ha detto perché non lo sa è che sono le donne ad avere la possibilità di cambiare il mondo, essendo al momento le sole a comprendere il linguaggio della vita.
Dalle pagine de "il paese delle donne" ormai da anni, grazie all’intelligente disponibilità della redazione, cerco di sollecitare un confronto attorno a questioni cruciali su cui il femminismo non solo nostrano si è arenato, mostrando che è possibile uscire dall’impasse solo se reimpareremo a guardare il mondo con i nostri occhi; quella con cui abbiamo a che fare, infatti, non è la realtà come veramente è, ma l’interpretazione maschile della stessa che le corrisponde ben poco.
Nonostante l’inarrestabile erosione dei diritti faticosamente conquistati indichi in uno spostamento radicale la possibilità di arrestare la caduta rovinosa e cambiare senso di marcia, nessuna risposta è venuta, fino a quando Paola Zaretti ha deciso di interloquire su uno dei nodi più aggrovigliati. La ringrazio per la sua apertura e il suo coraggio che, comunque, avevo colto leggendo i suoi precedenti interventi, tanto che avevo già deciso di rispondere all’appello lanciato in Care compagne di viaggio, anche se non abito proprio a Padova ma a metà strada tra Padova e Venezia.
Io credo che un confronto vero, non compromesso da pregiudizi di sorta, sia possibile fra noi donne solo se recupereremo consapevolmente il nostro approccio cognitivo, il solo capace di dar conto di una realtà complessa e connessa - qual è soprattutto quella vivente - perché capace di contenerla integralmente, senza operare indebiti frazionamenti e opposizioni.
La differenza proposta da Paola Zaretti tra "bilinguismo salvifico" di Kreyder che, muovendosi tra lingua interna e linguaggi esterni, dovrebbe ridare voce alle donne, e "binarismo oppositivo" che rientra, invece, nella "logica bivalente e disgiuntiva tipica delle opposizioni binarie", mi consente di chiarire meglio la superiore affermazione.
Nel "bilinguismo salvifico" Zaretti vede all’opera "il concetto di ambivalenza" in grado di collocarlo in una "dimensione sincronica", diversa da quella "diacronica binaria del o-o, del dentro o fuori, interessata all’assorbimento-eliminazione di uno dei due contrari.conforme, invece, alla logica della conservazione dei due contrari in quanto contrari in uno".
Ora, quando parliamo di "ambivalenza" ci soffermiamo comunque su due termini contrari, assolutizzandoli. Naturalmente la mente femminile, che "sopporta" e contiene la complessità, non può non riconoscere i contrari, essa però non li scorpora alla maniera maschile, ma li assume in uno alle innumerevoli variabili che li attraversano e li influenzano, significandoli.
Nella fattispecie "le parole di fuori", antitetiche alla "memoria profonda di sé", non possono né debbono essere conservate, vista la profonda irrazionalità dei "linguaggi della vita sociale, del lavoro, delle istituzioni", dovuta proprio alla discontinuità con i bisogni profondi del genere umano. Istituzioni funzionali al dominio e disfunzionali alla vita nascono da una mente che non solo assolutizza i contrari, ma li vede dove non ci sono. Come possono, infatti, natura e cultura essere termini antitetici? Nessuna cultura è possibile senza natura, tant’è che la cultura maschile è il portato della parzialità del punto di vista sul mondo che il maschio mutua dalla parzialità della sua esperienza in natura. La ristrettezza della sua visione sarebbe superabile in buona parte se non fosse per l’"invenzione" di un’altra improbabile antitesi, quella tra femmine e maschi. Mi chiedo come può l’uomo essere il contrario della donna se ne è il figlio e se la sua esistenza è giustificata dalla necessità di supportare l’immane compito femminile di conservazione e sviluppo della vita sulla terra.
Essendo un vivente come la madre, anche il figlio dovrebbe essere interessato a preservare la propria specie, insieme alle altre a cui è indissolubilmente collegata, ma il perseguimento di tale fine è estraneo, come sappiamo, al governo delle comunità androcentriche, votate al contrario all’annientamento della vita sul pianeta. L’unico scopo del maschio è l’ acquisizione di un potere che gli consenta di conquistare una impossibile primazia, scopo che insegue ciecamente, senza riflettere sul fatto elementare che il possesso e la conservazione della vita sono il necessario presupposto di qualunque desiderio e della sua possibile realizzazione.
Capire l’origine della cecità che causa, come osserva giustamente Zaretti, "quelle gravi patologie maschili" produttrici di "veri e propri genocidi.ogni giorno, dentro e fuori la famiglia", è compito di una nuova gnoseologia atta a consentirci di uscire dalla "dimensione del due", immettendoci in una dimensione più ampia di cui il due partecipa. Una nuova teoria della conoscenza, pronta ad immettere linfa vitale a tutti i saperi resi asfittici dal pensiero maschile e ad indirizzare correttamente la prassi da cui nasce e da cui non si può separare, è oggi a nostra disposizione. "Yes, we can" ha detto Obama, appena eletto presidente degli Stati Uniti. Quello che non ha detto perché non lo sa è che sono le donne ad avere la possibilità di cambiare il mondo, essendo al momento le sole a comprendere il linguaggio della vita.