Storia04

Da Ortosociale.

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La situazione socio culturale, politica ed economica italiana, come tutte le storie evolutive è il risultato di fatti oggettivi determinati da scelte politiche. Non v’è alcun dubbio che lo stato attuale della giovane democrazia italiana, è il frutto di una serie infinita di episodi apparentemente disgiunti fra loro, ma uniti da una ferrea logica sostanziale, anche dal punto di vista cronologico nulla è avvenuto per caso, come se vi fosse una regia di massima preordinata, che all’occorrenza ha saputo adeguarsi alla congiuntura economica e politica internazionale. A mio modo di vedere, il punto da cui partire per una valutazione che possa consentire una comprensione oggettiva dell’oggi, non può prescindere dalla conoscenza degli effetti dell’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno Sabaudo

Il brigantaggio - La storia

Nel Sud borbonico vigeva il latifondo, così come al momento dell'unificazione nazionale del 1861. I grandi proprietari speravano grandi profitti nell'indirizzo liberista e "agricolturista" dei governi piemontesi, orientati ad abolire i dazi doganali e favorire le esportazioni di grano. Mentre invece, dal punto dei vista dei contadini con poca o nessuna terra da coltivare, la equa divisione dei terreni del demanio era il passaggio fondamentale per realizzare la tradizionale fortissima sacrosanta secolare aspirazione dei contadini alla proprietà della terra, alla proprietà della terra che essi direttamente coltivavano. La rivolta popolare inizia dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia. Oltre al famoso episodio di Bronte, schiacciato ferocemente da Garibaldi, che per togliere ogni illusione o velleità di riforma sociale aveva posto come motto della sua impresa "Italia e Vittorio Emanuele!", vi erano state altre gravi rivolte contadine in Campania nel corso stesso della spedizione dei Mille. La rivolta si estende in tutto il Sud nel 1861 e dura fino al 1865 per spegnersi definitivamente verso il 1870. Le bande di "briganti" (i nazisti nei confronti della Resistenza useranno il termine "banditi") erano composte da briganti veri e propri, da contadini in rivolta delusi dagli effetti dell'unificazione con il regno sabaudo, da popolani colpiti dal nuovo esoso sistema fiscale, da giovani che rifiutavano la nuova coscrizione obbligatoria, da ex ufficiali dell'esercito borbonico, da una parte del clero che li appoggiava. Non si dimentichi che all'epoca la corte borbonica, che finanziava la rivolta, era in esilio a Roma, presso la Corte pontificia che aveva il controllo di uno stato pari a una parte del Lazio. L'azione delle bande consisteva nell'attaccare i simboli del nuovo potere "italiano", municipi o altri sedi amministrative, distruggere gli archivi, uccidere i rappresentanti politici del Regno d'Italia. Le bande si ritiravano sulle montagne per ripartire poi con altri attacchi. La reazione del governo sabaudo, preoccupato di mantenere i vasti territori appena conquistati, fu di estrema determinazione. Gli effettivi dell'esercito regio costantemente impegnati erano 40.000, con una punta nel momento di maggiore presenza di 120.000 effettivi, circa la metà dell'intero esercito italiano. Si stima che il numero degli insorti sia stato di 85000, in tutto il periodo dal 1861 al 1870. Le azioni compiute dalle bande di insorti sono concentrate in particolare in Abruzzo e Lucania. I rivoltosi venivano fucilati senza processo e i corpi fotografati ed esibiti in pubblico, spesso con rituali raccappriccianti di mutilazioni corporee. Il brigantaggio è precedente e slegato dalla famosa tassa sul macinato del 1868 che invece causò gravi rivolte urbane ed agrarie soprattutto nella pianura padana. La tassa era stata introdotta per pagare le spese causate da una crisi internazionale e dalla fallimentare III guerra di indipendenza contro l'Austria del 1866, guerra voluta dall'allora capo del governo Alfonso La Marmora dopo che l'Austria aveva comunicato di essere disposta a cedere spontaneamente il Veneto e la provincia di Mantova qualora l'Italia si fosse ritirata dall'alleanza con la Prussia. Questa guerra al "brigantaggio" non si può certo considerare un modo brillante di aprire la vita di un nuovo Stato; questa vicenda lascerà tracce profonde nella memoria collettiva di molte comunità rurali del Sud, distaccandole con un sentimento di ostilità e diffidenza dalle istituzioni del Regno d'Italia e da tutta la simbologia con cui ne venivano rappresentati i valori nazionali.

Il brigantaggio - Le motivazioni

I fenomeni di brigantaggio, che già persistevano durante il regno borbonico, si inasprirono e moltiplicarono a causa della voracità dei sabaudi espressa attraverso un livello di tassazione sempre più elevato, fenomeni che ovviamente provocarono aspre risposte repressive da parte del regno d’Italia. La questione meridionale, a mio avviso nacque in quel periodo, ma ritengo che sia assai più complessa e articolata di quanto gli storici ci hanno fino ad ora raccontato. Ritengo che gli abitanti del meridione peninsulare durante la proclamazione dell’unità d’Italia, siano stati i primi veri, forse inconsapevolmente, federalisti italiani in quanto rivendicarono autonomia e si ribellarono alla voracità sabauda attraverso il fenomeno del brigantaggio appunto. Forse in questo passaggio è da ricercare parte della motivazione che ancora oggi spinge diversi strati della popolazione meridionale a considerare la mafia un male minore e comunque necessario. La repressione ovviamente si avvalse dell’aiuto di cosche criminali che già allora esistevano e che nulla avevano a che vedere con le rivolte contadine che miravano alla propria emancipazione ed autodeterminazione, forse possiamo considerare i braccianti del sud Italia gli ultimi servi della gleba europei. Quindi già allora il potere costituito si avvalse di “settori deviati” della popolazione inclini a stili di vita basati su attività criminali.

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