Sociologia25

Da Ortosociale.

L'idea base di Michael Mann è questa: La "società" non esiste. Le varie "società" storiche nemmeno. Le varie società storiche esistite, che sono tutte diverse tra di loro, vanno intese come: organized power networks.

  • a partire dal concetto di società come "organized power networks" "usa" (e non abusa) un frame teorico vicino alla teoria dei sistemi. Networks, logistica, sistemi, sono elementi importanti nel suo quadro generale. In questo modo integra teorie evoluzionistiche (cambiamenti progressivi e cumulativi) con le "proprietà emergenti" della teoria dei sistemi complessi. "A society is a network of social interaction at the boundaries of which is a certain level of interaction cleavage between it and its environment" (ha rimaneggiato una definizione di Parsons).
  • epistemologicamente fa un uso corretto dell'ideal-tipo di M.Weber (zig verso la teoria)
  • epistemologicamente evita deliberatamente di considerare o di pronunciarsi su fenomeni la cui complessità è fuori portata (zag verso la prassi)
  • epistemologicamente usa in modo libero il principio di non contraddizione, unificando gli ideal-tipi su griglie logiche. Esempio il potere collettivo contrapposto al potere distributivo a volte si "intermix" tra loro. Il potere collettivo, scoperto da Parsons (non a caso) non "contraddice il potere distributivo (gioco a somma zero).
  • evita con estrema semplicità le trappole fatali a molti "illustri" teorici (Marx in primis, Durkheim, e tutti gli altri, senza escludere il buon Weber). Decostruisce Marx (determinismo storico, materialismo storico, storia come lotta di classe). Demolisce Durkheim in poche righe nel suo unico punto "forte", le forme elementari della religione (tutti avrebbero potuto arrivarci da soli, cioè come non esiste una "società" unitaria, non esiste una "religione" unitaria e viceversa). In pratica decostruisce la teoria che esista una "sostanza" metafisica unitaria chiamata società, alla quale attaccare in modo sincronico vari attributi, scomponendola e ricomponendola in parti variamente collegate a seconda delle esigenze della teoria (funzionalismo, strutturalismo, funzional-strutturalismo), senza legami con la storia così come oggi la conosciamo (diacronia).
  • la sociologia in toto non conosce le recenti (lui scrive nel 1985) acquisizioni di antropologia, archeologia, neuroscienze, studi preistorici e proto storici. Il suo sbilanciamento sincronico diventa dunque drammatico. La archeologia ha fatto passi da gigante, è diventata "sperimentale", utilizza varie altre scienze e tecnologie, per la datazione, per la ricostruzione, per la linguistica e la "religione", etc. E' una delle poche scienze a muoversi in modo veramente interdisciplinare.
  • la storia da parte sua necessita di uno sguardo sociologico per capire quello che avviene almeno dai raccoglitori-cacciatori (paleolitico) in poi. M.Mann è uno dei pochi sociologi che sanno che la dizione corretta è raccoglitori-cacciatori (gatherer-hunters) anzichè cacciatori-raccoglitori (vedi Bagnasco, Barbagli, Cavalli a pag.33 che invece parlano di "cacciatori-raccoglitori", e questo li squalifica in toto, e dove fanno affermazioni discutibili e non aggiornate come si dice sopra a proposito della sociologia. Se la giornata si vede dal mattino...) . La percentuale è 35% caccia, 65% raccolta, soprattutto femminile con grande delizia delle femministe.
  • ha una teoria motivazionale senza priorità gerarchiche dei bisogni umani e quindi della natura "sociale" (sesso, cooperazione, cultura) ma non "societale" dell'essere umano. L'essere umano non è fatto per vivere in società, ovvero negli "organized power networks" così come noi li conosciamo. La sua teoria dell'essere umano è positiva e sostanzialmente neutra, lontana come la luce dalle tenebre dalla teoria hobbesiana (le tenebre).
  • ha una teoria del mutamento sociale eccezionalmente semplice, pratica, verificata, verificabile. Probabilmente, a parer mio, potrebbe essere il fondamento di una ingegneria sociale al tempo stesso naturale e scientifica. In altre parole secondo il paradigma degli organized power networks, banalizzandolo per amore di semplificazione, sono i gruppi sociali organizzati, di qualsiasi genere, che sviluppano "potere" collettivo e distributivo e che agiscono negli "interstizi" lasciati liberi dagli altri social powers (i principali quattro, IEMP, Ideologico, Economico, Militare, Politico, in primis, ma ce ne sono altri ovviamente, si parla sempre di ideal-tipi che non corriponderanno MAI alla "realtà"), creando nuove organized power networks che entrano in cooperazione (potere collettivo) o in competizione (potere distributivo), con gli esistenti organized power networks. Esempio il partito bolscevico in Russia, che ha approffitato della larga smagliatura-interstizio causata dalla guerra (quello stupido di Lenin l'ha teorizzata come verità astratta e tantissimi stupidi, stupidi nel senso di gente che impone le sue idee astratte individuali non verificate nè verificabili, a enormi collettività, come Pol Pot, gli hanno creduto e hanno tentato di imitarlo, come MAO e Stalin: <<il potere risiede sulla canna di un fucile>>). Il cristianesimo (collettivo-distributivo) che andava a pescare tra gli insoddisfatti, i miseri, gli interstizi della società. I Templari fino al 1300, gruppo organizzato di potere militare, ideologico, economico e parzialmente politico. I movimenti ereticali quali i Catari e altri.
  • come Weber, basandosi sulla protostoria, riconosce comunque al "potere" ideologico una qualche priorità. Vedi conferme di M.Liverani sull'origine "templare" di Uruk, la prima città.
  • alla "evoluzione" aggiunge la "devoluzione", cioè un controbilanciamento degli effetti dei cambiamenti storici e sociali che blocca e inverte la precedente direzione evolutiva. Questo rende probabilistica ogni mutazione storica e sociale. Esempio molto significativo: dopo la nascita delle "rank societes", in pratica dappertutto a livello mondiale, si è manifestata con successo una fortissima opposizione all'emergere di "istituzioni" che sancissero e cristallizzassero la disuguaglianza sociale.
  • questo gli serve da base per una lineare, semplice, facilmente utilizzabile ricostruzione del percorso e della defininizione della "civilizzazione", dal neolitico ad oggi.
  • in definitiva l'aver considerato l'intero excursus storico e preistorico gli ha permesso di modellare gli strumenti concettuali con la necessaria flessibilità e completezza, tali da "funzionare" in modo unitario per tutti i "fatti" storico-sociali presi in considerazione.
  • come moltissimi studiosi, e come M.Liverani, accetta con stupore la drammatica e "inspiegabile" discontinuità della nascita della civilizzazione in Mesopotamia. Dopo la quale, in pochissimi altri casi, nascono in modo autonomo nel mondo altre civillizzazioni, da tre a massimo dieci (Mesopotamia, Fiume Giallo, forse Egitto, Valle dell'Indo, Mesoamerica, Perù, Creta Minoica)
  • questa concezione della società come organized power networks e la teoria motivazionale di M.Mann eliminano completamente la attuale sociologia della devianza. La sua teoria del mutamento dagli interstizi degli organized power networks elimina la necessità di tenere insieme la società con "norme" esterne variamente interiorizzate à la Durkheim e à la Parsons. Bourdieu si era vagamente avvicinato a qualcosa di simile con i "campi", e Weber con i ceti. Ma sempre all'interno di un quadro unitario della società. Sparisce la dicotomia individuo-società perchè l'individuo agisce sempre al'interno di gruppi organizzati che sviluppano una loro forma di "potere" (collettivo/distributivo) (come i fumatori di marjuana di Becker) e la società in quanto tale non esiste.
  • si potrebbe anche aggiornare-decostruire-ricostruire la teoria della "costruzione sociale della realtà", inserendo nella socializzazione primaria e secondaria il rapporto "formativo" con la natura oltre che con gli "altri" esseri umani. Le due interazioni viaggiano assieme. Anche perchè l'interazione uomo-uomo e sempre una interazione uomo-natura via uomo. La teoria totemica cambierebbe parecchio per aderire ai racconti dei "primitivi" e ai dati antropologici.

In questa fase iniziale il libro si può integrare con le acquisizioni di M.Liverani e M.Frangipane sulla nascita del proto-stato in Mesopotamia. Ancora più importante con le acquisizioni sulla Antica Europa di Marija Gimbutas (che stranamente non cita) e con le problematiche della nascita del patriarcato. Nascita che il Barbagli, Bagnasco, Cavalli neanche considera, in quanto secondo loro (non si capisce bene perchè) non è mai esistita una società non-patriarcale (il termine "matriarcato" è fuorviante e theory-laden di pericolosi errori concettuali). Altro dato estremamente importante è l'implosione della ex URSS, come il più gigantesco esperimento di ingegneria sociale ai massimi livelli di tutte le scienze sociali e non. Esperimento fallito senza una sufficiente spiegazione nè storica nè sociologica. Il fatto che la sociologia non conosca la preistoria nè riesca a spiuegare la storia recente nei suoi aspetti più documentati ed eclatanti, la dice lunga. Quanto a M.Mann, solo il volume III che deve ancora uscire parla dei fatti dopo il 1914. L'aver considerato un così lungo arco di tempo ha obbligato l'autore ad utilizzare il Rasoio di Occam per aprirsi un varco verso la comprensione dei fenomeni storico-sociali. Comunque, guardando al futuro, lo ritengo una base fondamentale per una teoria-sperimentazione del mutamento sociale come "crescita" interstiziale all'interno degli organized power networks (raramente isomorfi), come il world system di I.Wallerstein (accettato da M.Mann), Economico, o gli Stati-Nazione, Politico. In un momento di crisi della civilizzazione come quello che stiamo vivendo la teoria di M.Mann è utile per guardare con razionale ottimismo al futuro, conoscendo finalmente senza veli metafisici il passato. Probabilmente scopriremmo, nel "vuoto" di questa "società", enormi interstizi sociali nei quali si affollano gruppi "organizzati" embrionali, numerosi, vitali, differenziati, "strani", da valutare sociologicamente.

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