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La Sardegna dice no alle basi militari

A Capo Frasca si è svolta, il 13 settembre 2014, una grande manifestazione unitaria per protestare contro le servitù militari che vedono la sola Sardegna ospitare più del 60% delle esercitazioni delle forze armate italiane, NATO, e perfino israeliane. Residui radioattivi, inquinamento del mare, materiale esplosivo disperso, incendi, consumo di un suolo vocato al turismo ed allo sviluppo agroalimentare, dipendenza politica dai partiti nazionali, imposizione delle manovre senza alcun rispetto per le autonomie locali, in poche parole colonialismo. Alla Maddalena la base americana (nucleare) è stata smantellata ma a S.Stefano, lì vicino, si sono immaganizzati armi ed esplosivi. Vedi l'Unione Sarda. L'assenza dei 3000 militari usa che vitalizzavano l'economia dell'arcipelago avrebbe dovuto essere bilanciata dalla costruzione, a tutt'oggi non ultimata, di grandi strutture ricettive per il G8, poi spostato all'Aquila. Questo dimostra che i sardi e la Sardegna sono considerati sempre gli ultimi, in qualsiasi scala di priorità. Vediamo in questa specifica situazione locale l'intreccio delle reti globali della politica, del militare, dell'economia, dell'ideologia o modo di intendere lo stile di vita.

Premessa

Il mondo così come lo conosciamo è costituito da gruppi umani che si organizzano per dare un senso alla propria esistenza (ideologia), sopravvivere (economia), organizzarsi in associazioni (politica), difendersi e/o distruggere (militare). Le reti delle relazioni

  • ideologiche (religioni e altre visioni del mondo),
  • economiche (capitali, investimenti, delocalizzazione, istituzioni monetarie e bancarie internazionali, attività industriali, agricole, tecnoscientifiche),
  • politiche (stati, imperi, ex-imperi, imperi nascenti, potenze regionali, coalizioni temporanee, partiti, movimenti),
  • militari (traffico di armi, tecnologie, guerre di conquista, colpi di stato, terrorismo),

sono tra loro strettamente intrecciate, sovrapposte, promiscue. Questo è evidenziato ad esempio, prendendo il Mediterraneo come punto focale di osservazione, nel primo forum mondiale "MGF" Mediterranean Gulf Forum, a Cagliari lo 11 Ottobre 2014. Insomma è necessaria una visione sistemica (olistica) per capire cosa sta succedendo.

Ideologia e stile di vita

La Sardegna è sede di una delle più importanti e tuttora sconosciute civiltà del Mediterraneo, precedenti di molti secoli Etruschi, Fenici, Greci, Punici, Romani. Ancora prima della civiltà nuragica che va dal 1800 aC fino e oltre la dominazione romana, ci sono altre civilizzazioni pre-indoeuropee che rientrano nella classificazione della cultura del megalitismo. Le varie realizzazioni materiali, imponenti per quantità, qualità, significato, valore estetico-sacro, sono tombe ipogee o "domus de janas", menhir, dolmen, megaliti, nuraghi, pozzi sacri, tombe dei giganti. Sono le civiltà pre-indoeuropee che comunicavano tra loro scambiandosi tecniche, saperi, visioni del mondo. Erano dunque civiltà dello scambio, sia culturale che materiale, vive aperte alla trattativa, sostanzialmente pacifiche. Probabilmente molto più avanzate, consapevoli, complesse di quanto possiamo immaginare. A S.Vittoria di Serri si può vistare un grande complesso con tutte le strutture per accogliere, ospitare, far incontrare, pacificare, permettere scambi commerciali e conclusione di alleanze e matrimoni, tra le genti della regione. Gli archeologi lo chiamano un "santuario nuragico" perchè ogni atto collettivo veniva ritualizzato secondo una precisa visione del mondo, della natura, delle forze cosmiche. Questa cultura vive ancora nel piano profondo dei sardi. Questa cultura è sacra come il territorio che la sostiene. La fiducia su cui si basa ogni relazione umana va costantemente costruita e ri-costruita, non va mai data per scontata. In altre parole bisogna trattare e negoaziare proprio quando manca la fiducia reciproca che va dunque costruita. L'incontro del G8 avrebbe dovuto avvenire nel santuario nuragico di S.Vittoria di Serri secondo i riti e lo spirito di queste antiche civiltà aperte al dialogo ed alla trattativa. Perchè potesse avere un briciolo di successo ed evitare il caos geopolitico-militare-economico nel quale invece ci ha precipitato.

Politica

A livello nazionale, a livello di stato italiano per intendersi, il problema centrale è l'autonomia e il decentramento. Le comunità locali non possono dipendere dai diktat del governo centrale ma hanno il diritto di svilupparsi secondo le esigenze e le linee che solo chi vive sul territorio può capire e sviluppare. Rappresentanti del governo e uomini politici dipendenti dai partiti centralizzati hanno portato la Sardegna in una situazione di declino costante. Promesse disattese, de-industrializzazione senza alternative, tariffe monopolistiche per i collegamenti logistici, vincolo di stabilità per i comuni, importazione del 70% dei prodotti agroalimentari, governatori alle dirette dipendenze del centro-sinistra e del centro-destra, alto costo dell'energia. Questa è la conseguenza della centralizzazione politica, cioè di un rapporto coercitivo e autoritario tra centro e periferia. Le conseguenze sono l'estrazione di risorse da parte del centro e l'impoverimento della periferia. La pretesa del "centro" di omologare la "periferia" anche a livello ideologica, economico, militare, ha i risultati che sono stati ben evidenziati nella grande manifestazione di Capo Frasca. La Unione Europea consiglia, in modo tiepido e platonico, il "principio di sussidiarietà" che sarebbe già un notevole passo avanti, secondo cui le istituzioni centrali dovrebbe intervenire solo quando e dove quelle locali sono insufficienti. La centralizzazione invece "funziona" o meglio viene rigorosamente applicata come principio dogmatico quando si tratta di agire a livello politico. Partiti, organi dello stato, ramificazioni economiche sono strettamente "controllate" in modo gerarchico dal centro, anche quando il loro compito si limita ad impedire iniziative economiche (sviluppo di una economia locale), culturali (lingua sarda), politiche (movimenti autonomisti). Le modifiche costituzionali attuate in modo furioso dal governo Renzi vanno in questa direzione con l'abolizione del Titolo V sulle autonomie locali. Alle quali si possono imputare molti difetti, tra cui una certa tendenza mimetica alla centralizzazione (in piccolo), dovuta al fatto che sono state attuate decenni dopo la Costituzione che le prevedeva, ostacolate, prive di mezzi, controllate da partiti che seguono la logica centralizzatrice. La farsa del "Senato delle Autonomie", privo di ogni reale potere legislativo, come quello proposto dal governo Renzi, esprime questa "ideologia" del controllo centralizzato, tipica della destra, del centro, della sinistra. I movimenti come la Lega Nord hanno prosperato incanalando le proteste locali sulla logica "dentro-il-gruppo" versus "fuori-dal-gruppo". Dentro i veneti o i lombardi, fuori i "terroni" (dal Po in giù), poi tutti gli immigrati, comunitari o extra (ma i "terroni" dei tempi di "Forza Etna" sono sempre nel mirino). Questa logica distorce il vero Federalismo che è un movimento attivo di costruzione unitaria di associazioni politico-istituzionali, assimilandolo a tutt'altra cosa, al Secessionismo che la rottura di ogni vincolo di associazione senza minimamente preoccuparsi del "dopo" con le sue necessità di strette alleanze internazionali. Il Federalismo, in quanto decentralizzazione costruttiva, è raro ma altamente efficiente. Gli esempi poco noti sono la Svizzera, gli USA, la Germania con i suoi Land che sono Stati, il Brasile, l'India. Esempi negativi di centralizzazione sono la ex-URSS, la ex-Jugoslavia, gli ex imperi coloniali. In questo momento storico è evidente la crisi di tenuta degli Stati Nazione, basati sul modello centralizzatore. Citiamo come segnali di forti tensioni il referendum per l'indipendenza in Scozia, il Fronte Nazionale in Francia, il secessionismo della Lega Nord italiana e movimenti analoghi, monopolizzati dalla destra, in Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, la spaccatura tra Cechi e Slovacchi. La logica positiva del Federalismo consiste nella capacità, una volta costruita una Federazione, di poterla ampliare associandosi ad altre unità o ad altre Federazioni. Il secessionismo, la logica del "noi contro di loro", porta ad ulteriori frazionamenti che rende palusibile ed effettiva la mano forte della violenza militare legale (o illegale).

Militare

Le configurazioni storiche che chiamiamo stati-nazione o imperi si basano su una componente militare che esercita la violenza letale a scopo punitivo o intimidatorio. Inutile ripetere la definizione di Max Weber dello stato moderno. Questa violenza si esercita sia al proprio interno (basti pensare a Stalin) che al proprio esterno (basti pensare ad Hitler). Le alleanze geopolitiche tra stati hanno la potenza militare come elemento fondamentale del calcolo politico. La componente militare, che si appoggia su alleanze politiche internazionali, può acquisire una sua propria autonomia come nel caso dei generali argentini o di Pinochet in Cile, oppure come oggi nel caso del governo militare egiziano. I militari egiziani, dopo aver represso nel sangue i Fratelli Musulmani che avevano vinto le elezioni, hanno incarcerato la sinistra laica. Il governo egiziano, che si trova in Medio Oriente in una posizione strategica, ha appena concluso l'acquisto di armi dalla Russia di Putin per 3 miliardi di dollari. Ma se sono strategiche le armi, altrettanto sono gli umani che devono usarle e che vanno addestrati. Trattandosi di armi sempre più micidiali e sconosciute alla opinione pubblica, necessitano per l'addestramento di luoghi immensi, appartati, sicuri, luoghi liberi da ogni vincolo ambientale e possibilmente senza popolazioni che potrebbero rischiare di subirne gli effetti, come invece è accaduto ed accade a Salto di Quirra in Sardegna. La necessità delle basi è dunque un forte vincolo alla libertà di azione dei signori della guerra e dei loro associati politici. Le esercitazioni in Sardegna avrebbero dovuto vedere la presenza di aerei italiani, americani, NATO, dell'aeronautica israeliana per effettuare raid aria-terra e mare-terra. L'intreccio geopolitico-militare attuale è quello di una guerra sotterranea che papa Francesco dichiara essere la "Terza Guerra Mondiale". In questo intreccio c'è lo scontro tra Stati Uniti e fondamentalisti arabi (guerra in Iraq, Siria, Libia, Afghanistan, Somalia), tra Stati Uniti e UE (scandalo dello spionaggio americano ai danni della Merkel), tra Stati Uniti e Russia-Cina (Ucraina). In questo intreccio gli USA, che minacciano la Russia di inviare truppe NATO in Ucraina contro il parere della Merkel, ne hanno bisogno per contenere i fondamentalisti arabi. L'Egitto, armato dai Russi, viene politicamente appoggiato dagli USA per contenere il cosiddetto Califfato Arabo. Le armi israeliane per gli Ucraini anti-russi vengono bloccate per ragioni politiche dal premier Netanyahu dopo aver avuto l'approvazione dello stato maggiore israeliano. E a conoscerla meglio forse la situazione è ancora più intricata. Vedi il commento n.385 di Immanuel Wallerstein - The United States Heading for a Crash (Gli Stati Uniti verso lo schianto). E' profondamente ingiusto e tragicamente ridicolo che la Sardegna si trovi al centro di questo guazzabuglio geopolitico-militare. Sarebbe comunque ingiusto ed atroce per qualsiasi comunità.

Economia

La Sardegna era il granaio dei Cartaginesi prima e dei Romani poi, che avevano abbondantemente disboscato il Campidano per fornire di farina pregiata le loro legioni ed il proletariato della città eterna che riforniva di manovalanza quelle stesse legioni. Infeudata dai vicerè spagnoli, trova nei Savoia dei feroci disboscatori, che prelevano il legno necessario per costruire le ferrovie e la logistica economico-politico-militare del costituendo Regno Italiano (naturalmente le ferrovie non vengono costruite in Sardegna). Questa deforestazione-terminator cambia il clima dell'isola, depaupera il terreno, altera gli equilibri naturali, millenari. Dopo lo sfruttamento della Terra, le miniere, sotto il fascismo. Finite le miniere, perchè non competitive, si riparte nel dopoguerra con la industrializzazione a "poli". Dopo qualche decennio siamo al punto di prima. Tutto viene importato: il 70% del comparto agroalimentare, e percentuali maggiori del comparto industriale e dei servizi. Attirare i capitali stranieri significa dover battere la concorrenza di Cina, India, Brasile, che scaricano sull'ambiente i costi sotterranei dell'inquinamento. Vedi come esempio sardo la miniera australiana di Furtei. Oppure le vicende dell'export del pecorino sardo (detto "romano") in America. E' un modello fallimentare perchè genera costi (inquinamento, salute, stile di vita) superiori agli utili (merci, servizi, cultura, benessere). La speranza per i sardi di essere rimborsati di tutti i danni subiti è vana in questi tempi di crisi. Rimboccarsi le maniche, puntare a mantenere quanto rimane, sviluppare le iniziative vitali, che ci sono:

  • Turismo ecosostenibile. Vedi "albergo diffuso" come a Bosa (molto sviluppato in Alto-Adige, Trentino, a Pesariis in Friuli, Marche, Toscana)
  • Sviluppo agroalimentare e del biologico: Medio Campidano (provincia in via di eliminazione), Le terre civiche in Ogliastra: un progetto di sviluppo locale, s'atra Sardigna (biologico), le filiere a km.0 di Campagna Amica di Coldiretti
  • ragionevole autosufficienza alimentare ed energetica (attualmente la Sardegna importa il 70% di carne e verdure)
  • cooperative multifunzionali di giovani, ma non solo (intergenerazionali): cultura, siti archeologici, agriturismo, manutenzioni edili e domestiche, assistenza informatica e sociale. Non una cooperativa per ogni attività ma una cooperativa che copra tutto un progetto. Esempio: di fianco ad un grande Nuraghe, un gruppo di giovani fa guida turistica, manutenzione del nuraghe, agriturismo, agricoltura sociale, servizi per i turisti e le comunità locali, in modo integrato
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