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Da Ortosociale.
Lettera di Angela Giuffrida al quotidiano L'Unità del 2 luglio 2011, pag.18, in relazione all'articolo di Luciana Castellina "Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia", comparso sull'Unità del 28 giugno 2011 a pag.20. L'articolo di Luciana Castellina è riportato di seguito dopo la lettera di Angela Giuffrida. Le enfasi in verde sono di ortosociale.
Il pensiero politico femminista
Di Angela Giuffrida. L'articolo "Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia" di Luciana Castellina, pubblicato su l'Unità del 28 giugno, merita di avere un seguito perchè mostra come il pensiero politico femminista cominci giustamente a diffondersi. Secondo me, però, non è sufficiente disvelare l'inconsistenza del soggetto politico se non si dà il giusto rilievo al fatto che l'uomo neutro universale è un diretto derivato dell'altrettanto inconsistente essere immateriale, soggetto della filosofia. La destrutturazione che lo stesso ha subito ad opera delle più recenti correnti filosofiche, anche femministe, non ha portato all'uscita dall'astrattezza in quanto il soggetto ipostatizzato, fondato solo su di sé, viene cancellato a favore di un sé unicamente relazionale o di improbabili soggettività multiple e senza centro che non hanno reale fondamento. Mi pare difficile riuscire a "ridisegnare un mondo migliore" centrato sul "bisogno di ognuno", sulla sua diversità e sulla relazione con l'altro, come Castellina si augura, se ognuno di noi continua a non esistere nel mondo del pensiero così com'è, cioè un organismo vivente singolo e concreto in intima connessione con altri organismi della medesima e di altre specie. E' l'organismo, che permane pur modificandosi, ad assicurare al sé la possibilità di divenire senza volatilizzarsi e nel contempo quella unicità, autonomia e concretezza che permette di essere soggetto ed agire nel mondo. Come si vede "il non ancora pensato" è già stato pensato, basta prenderne atto.
Le donne, gli uomini e la più grande bugia della storia. Bambini neutri
Di Luciana Castellina. C’è una bugia storica che non può essere svelata declassificando documenti segreti, come è stato per le Carte del Pentagono o per le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. A dirla sono le nostre moderne democrazie. Consiste nel far credere che, adesso, nascono bambini neutri e non più, come una volta, bambine femmine e bambini maschi. Sulla base di questa menzogna hanno spacciato come universale l’intero edificio istituzionale dei nostri Paesi e la loro organizzazione sociale, che è invece rimasta tutta disegnata sull’essere umano maschio. Da quando la bugia è stata detta, le donne, per non rimanere prigioniere nel ghetto del privato familiare sottratto alle regole pubbliche, hanno dovuto vivere clandestinamente la propria identità, mascherandosi da essere neutro, cioè, nei fatti, da uomo. Il femminismo recente ha per fortuna cominciato a sollevare dubbi su questa carnevalata. Purtroppo per disvelarla non basta desecretare carte, perché riconoscere l’esistenza di una differenza di genere cui viene nagato valore, significherebbe rimettere in discussione l’intera filosofia che ispira i nostri sistemi democratici, fondati sul principio di uguaglianza di fronte alla legge. Un’idea che ha avuto e ha molte buone ragioni, perché ha aiutato a eliminare i privilegi più vistosi e le esclusioni più inaccettabili, ma che non ha eliminato le disuguaglianze profonde: le ha nascoste come si fa con la polvere sotto i tappeti. E così le istituzioni, i codici, la rappresentanza, l’organizzazione civile, l’assetto materiale della vita continuano ad assumere l’inesistente essere neutro come referente: un cittadino travestito da astratto, indistinto nel genere così come nella sua collocazione sociale reale. Dire “ogni cittadino è uguale di fronte alla legge” è una conquista democratica ma anche un inganno. L’astrattezza della norma andrebbe colorata assumendo come metro il bisogno di ognuno, valorizzando la sua diversità e organizzando la vita collettiva in modo da dare uguaglianza concreta alle differenze. Significherebbe costruire identità relazionali in cui ciascuno, anziché mutilarsi per entrare nella corazza dell’astratto, o rifugiarsi, mortificato, nella sua diversità diventata debolezza, si costruisce un’identità che assume l’altra o l’altro come risorsa critica di se stessa e di se stesso. A partire da qui si potrebbe ridisegnare un mondo migliore. Detto questo, sono tuttavia d’accordo con Bobbio quando ci metteva tutti in guardia dai rischi di indebolire le garanzie formali di questa nostra democrazia che per ora è la migliore in circolazione. Ma d’accordo con Bobbio anche quando esprimeva la sofferta consapevolezza dei suoi limiti. Mi basterebbe che almeno si sapesse della bugia storica e non si pensasse di ristabilire la verità concedendo qualche diritto a tutela delle minoranze (e peraltro le donne non sono una minoranza). Mi basterebbe insomma mettere una spina nel fianco della nostra democrazia imperfetta, e avere il coraggio di continuare a pensare il non ancora pensato. Non siamo alla fine della storia.