CeraUnaVolta
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====Riepilogo delle fonti per autore==== | ====Riepilogo delle fonti per autore==== | ||
*Géza Alföldy, "Storia sociale dell'antica Roma", il Mulino, 1987 | *Géza Alföldy, "Storia sociale dell'antica Roma", il Mulino, 1987 | ||
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*Amalia Signorelli, "Antropologia culturale - Un'introduzione", McGraw-Hill, 2007 | *Amalia Signorelli, "Antropologia culturale - Un'introduzione", McGraw-Hill, 2007 | ||
*Francisco Villar, "Gli indoeuropei e le origini dell'Europa - Lingua e storia", Il Mulino, 1997 | *Francisco Villar, "Gli indoeuropei e le origini dell'Europa - Lingua e storia", Il Mulino, 1997 | ||
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====Sintesi==== | ====Sintesi==== |
Versione delle 17:29, 6 lug 2015
"C'era una volta l'Antica Europa" di Remo Ronchitelli - 22 Settembre 2014 - Mini saggio sulla uguaglianza - Nel Tasto "Discussione" qui sopra ci sono i contributi degli ospiti e le relative risposte. Licenza d'uso (Copyleft) Creative Commons by-sa 3.0.
Contenuto
Il §1 è una presentazione della civiltà "diversa" dell'Antica Europa. Tratterò poi alcuni temi che sono in seguenza logica: le relazioni tra noi e gli altri e il loro influsso sulla nostra psiche individuale; la differenza di genere cioè dei rapporti di potere tra uomo e donna; la disuguaglianza sociale e l'organizzazione, la nascita delle prime città-stato, la loro diffusione e sviluppo nella configurazione storica chiamata "impero". Per avvicinarci ai problemi di oggi e fare confronti vedremo poi alcuni aspetti dei due imperi che sono stati il laboratorio del mondo moderno, gli imperi romano e bizantino, e dei loro eredi, gli imperi americano e sovietico. Gli ultimi due temi trattano rispettivamente delle tre grandi crisi che il mondo moderno si trova ad affrontare e della soluzione proposta che consiste nello sviluppo della cooperazione e della solidarietà come sistemi complessi. Questa cooperazione deve necessariamente contenere e risolvere la competizione e il conflitto con tutta la sapienza, la saggezza e l'esperienza collettiva accumulate durante il lungo percorso storico esaminato. Negli approfondimenti verranno ripresi nello stesso ordine i singoli temi indicando le fonti utilizzate nei loro punti salienti. In fine segue una breve sintesi del significato dell'intero opuscolo.
C'era una volta l'Antica Europa...
un paese meraviglioso che viveva in pace ed amava la bellezza e la natura in tutte le sue manifestazioni. Non producevano armi se non per la caccia che praticavano assieme alla agricoltura per vivere adorando la natura come Madre. Studiavano, rispettavano e rappresentavano i molteplici aspetti della Dea. La loro ceramica vivace e colorata era un inno quotidiano alla vita. Per affrontare e risolvere gli inevitabili problemi di relazione avevano un metodo, un metodo sempre applicato fino ad oggi da tutte le culture, anche le piu' belliciste. Il metodo del dono che apriva la porta alla costruzione della fiducia reciproca, di una trattativa realistica, di accordi vantaggiosi per tutti. Un metodo che molte civiltà ancora oggi adottano quando devono accogliere un ospite. Questa civilta' e' fiorita tra il VII e il IV millennio aC lasciando le sue tracce profonde nella storia. I centri piu' importanti studiati dagli archeologi si chiamano Vinca, Cucuteni, Trypillia e si trovano tra l'Ucraina, la Moldavia, la Romania e i Balcani. Sono passati piu' di 8000 anni da allora. Avevano una cosmogonia complessa e secondo importanti linguisti e gli archeologi che piu' li hanno studiati, avevano elaborato una forma di scrittura sacra mille anni prima dei sumeri. L'umanita' avrebbe potuto seguire un altro corso se fosse prevalsa questa logica del tener conto degli altri, del rispetto della vita e della natura, della sua delicata infinita complessita'. Questa cultura è stata documentata e studiata in profondità e bisogna far sapere oggi che questa civilta' e' ancora possibile, che e' fiorita per migliaia di anni, che aveva la forza di propagarsi in tutta l'Europa occidentale, da Malta alla Cornovaglia, dalla Spagna alla Sardegna. Invece e' gradualmente prevalsa sulle altre civiltà nei secoli una civilizzazione diversa basata sulla guerra e sulla distruzione della vita. Certo andrà capito come e perchè questo sia stato il corso della storia, perchè sia prevalsa una forma piuttosto che l'altra. Ma l'archeologia con l'Antica Europa e l'antropologia con le innumerevoli culture studiate poco prima che sparissero hanno dimostrato che possono esistere modelli di umanità completamente diversi dal modello aggressivo dell' "homo homini lupus" del Leviatano di Hobbes, dell'essere umano marchiato nell'anima in modo indelebile dal peccato originale, dal mostruoso Principe del Machiavelli. Questo modello aggressivo e' solo una delle infinite possibilità nel corso della storia umana. Sono esistiti ed esistono modelli completamente diversi dove è la cooperazione a guidare la competizione e non viceversa. Non esiste conflitto tra altruismo ed egoismo. Per amare gli altri e' necessario amare se' stessi. Per amare se' stessi e' necessario amare gli altri. La storia, la psicologia e l'economia sperimentali, la sociologia, l'antropologia lo indicano come possibile, gli esperimenti di laboratorio lo confermano. E' ora di conoscere e soprattutto di utilizzare queste ricerche. Forse è proprio indirizzandoci verso e praticando poi un diverso modello di umanità che potremo salvarci. Queste ricerche verranno esposte nella parte che riguarda la cooperazione mutualistica e le realtà economiche, culturali, politiche che si vanno spontaneamente organizzando, collegate tra loro via Internet, su questo paradigma dei sistemi cooperativi. Questa cooperazione è basata sì sullo scambio ed anche sulla competizione, ma è fondata in primis sul dono e la fiducia. La cooperazione mutualistica è una cooperazione basata sulle misteriose affinità elettive, spontanea. Non è la cooperazione forzata, compulsiva, di soldati che marciano verso la guerra. Questo paradigma pacifico sembra riecheggiare quello della civiltà dell'Antica Europa, che riaffiora dopo millenni nella sua poderosa vitalità femminile, delicata come un fiore e ardente come il cuore della Terra.
Noi e gli altri
Le importanti scoperte della antropologia e della archeologia ci aiutano a prendere coscienza della nostra natura di animali culturali immersi in un mondo di simboli mediati dal linguaggio. Il dialogo tra noi e gli altri è fatto di comportamenti, gesti, parole. È preparato e reso possibile dal nostro dialogo interiore, il foro interno dove facciamo parlare gli altri che sono dentro di noi. Solo in quanto siamo allo stesso tempo IO-NOI riusciamo ad interagire con gli altri NOI-IO e quindi vivere una vita psichica, costruire alternative sociali, inventare nuovi stili di vita, risolvere problemi ambientali o culturali emergenti. Con una scarsa capacità empatica di simulazione degli altri dentro di noi cade la possibilità di interagire con loro (ma una grande capacità empatica può anche condurre alla capacità di manipolare e "addomesticare" altri esseri umani, capacità che le élite sicuramente ricercano). Gli antichi popoli "selvaggi" (il termine "selvaggio" o "primitivo" non ha qui nessuna valenza negativa. Lo uso perchè è il modo standard, carico di violenza culturale e di negatività politica, storicamente usato. Usandolo vengono messe a nudo le categorie mentali usate nel passato per ricordarci che sono molto diffuse ancora oggi), dunque, gli antichi popoli "selvaggi" combattevano consapevolmente contro la disuguaglianza sociale e la stratificazione in quanto meccanismi distruttivi della psiche e quindi della comunità, che oggi sono endemici. Ad esempio quando in guerra uccido il "nemico", devo prima averlo "ucciso" dentro di me, in modo ideologico. Se questo meccanismo di violenza culturale fallisce il soldato impazzisce (perde la integrazione del Sè) oppure fraternizza con il "nemico". In realtà, da quando nasciamo noi siamo già ANCHE gli altri. Quindi siamo sempre un IO ed anche un NOI, senza conflitto. Ad esempio da sempre siamo anche nostra Madre, da prima di nascere. Per capire gli esseri umani oltre alla psicologia che studia l'individuo come individuo, serve la microsociologia che studia gli altri dentro di noi. Si fonde con la psicologia sociale e l'antropologia sociale. Ed è necessariamente rivoluzionaria. Capire come l' "Altro Generalizzato" (teorizzato da G.H.Mead) sia costruito a partire dal rapporto con la Madre potrebbe aiutare a unificare la microsociologia, che studia le interazioni umane dirette da individuo a individuo, con la macrosociologia che studia le relazioni tra i gruppi umani nel corso della storia. Abbandonata la impraticabile versione freudiana del rapporto edipico con la madre e vedendo il figlio in gestazione nel ventre materno come una creatura dal sesso non ben differenziato che nasce unita in simbiosi con il corpo-mente materno, si potrebbe procedere a rivedere l'astratta teoria dell'Altro Generalizzato in chiave matrifocale. Per contro, la nascita del patriarcato, degli stati, degli imperi, della guerra potrebbero derivare dal tipo di Altro Generalizzato costruito in particolari contesti, quindi dal tipo di Sè che viene costruito nell'attuale civiltà patriarcale gerarchica. Una costruzione matrifocale del Sè darebbe risultati completamente diversi, come le ipotesi sull'Antica Europa e le realtà delle odierne società matriarcali ci inducono a pensare. Quindi a livello macrosociologico, in una prospettiva di costruzione consapevole e partecipata di nuove società, è importante proporre il matriarcato o la matrifocalità, come via alternativa al vigente patriarcato.
La differenza di genere
La relazione di genere è senz'altro il punto più importante e decisivo della nostra vita sociale. La ragione della comparsa di una relazione non ugualitaria tra i sessi è una questione controversa o deliberatamente ignorata. Invece è sicuramente il problema più importante a livello umano. Basti solo pensare che la relazione tra i sessi determina le modalità di riproduzione culturale del genere umano. Come abbiamo visto nell'Antica Europa il ruolo delle donne era all'apice nella stima collettiva. Soprattutto erano le donne che gestivano la sfera del sacro, il mondo simbolico in cui l'umanità si specchia alla ricerca della sua identità. Prima degli sciamani maschi c'erano "le" sciamane femmine. Studi antropometrici delle mani dipinte nelle grotte sacre del tardo paleolitico dimostrano che sono mani femminili. La/o sciamana/o godeva della più alta considerazione collettiva nelle società di cacciatori raccoglitori, in quelle di coltivatori/pastori come nell'Antica Europa ed anche in quelle successive (lo sono tuttora con il culto dei santi nei paesi cattolici). Inoltre con ogni probabilità sono state le donne ad "inventare" l'agricoltura, la più importante rivoluzione produttiva della storia umana. Quindi il loro ruolo nella divisione (che sarebbe meglio chiamare "cooperazione”) sessuale del lavoro, e di conseguenza il loro status sociale, non potevano che essere molto alti. Riproduttrici della vita (biologicamente e culturalmente con l'educazione dei cuccioli), sciamane/guaritrici, inventrici di una nuova tecnologia della produzione del cibo, sono tutti ruoli essenziali che propagano e difendono la vita a livello naturale e culturale. I manuali di sociologia affermano infatti che nelle società di cacciatori e raccoglitori la posizione della donna era di notevole importanza e le relazioni tra uomo e donna egalitarie. Lo status delle donne diminuisce drasticamente nelle società caratterizzate da una agricoltura che utilizza l'aratro, all'incirca nel 3000 a.C. Ma qui siamo già entrati nell'era della nascita delle prime formazioni statali e quindi della stratificazione sociale. Gli studiosi maschili non si preoccupano molto di spiegare questo drammatico passaggio all'ineguaglianza che ha relegato la donna in una posizione di subordinazione che le cronache dal 3000 a.C. in poi descrivono con dettagli terrificanti e che riduce la donna ad un oggetto di proprietà maschile. Un testo che li riporta e che molti conoscono è la Bibbia. Questa diventerà la normalità che nessuno più metterà in discussione fino ai primi del 1900 d.C. quando nasce il movimento femminista. Cito un diffuso manuale universitario di sociologia (vedi Approfondimenti): "Furono elaborate raffinate ideologie che giustificassero le forti disuguaglianze di genere. Così, per fare solo un esempio, Aristotele pensava che la donna fosse un uomo mancato e avesse una natura difettosa, debole, mutilata. Anche le grandi religioni universali, il cristianesimo, l'islamismo, l'induismo, il buddismo, l'ebraismo prescrivevano, in misura maggiore o minore, la subordinazione delle donne e, all'interno della organizzazione, le tenevano lontane dal potere". Il manuale è molto sfumato nella terminologia che usa. Parla di "forti diseguaglianze di genere" per descrivere esseri umani ridotti ad "oggetti di proprietà" di altri esseri umani. Un segnale di questa "forte disuguaglianza" è una vera e propria perdita di identità dell'universo femminile. Il linguaggio che usiamo quotidianamente prevede quasi sempre nel definire i ruoli sociali l'uso di nomi solo maschili. Ad esempio noi parliamo di un "autore" (declinato al maschile) indipendentemente dal fatto che si tratti di un uomo o di una donna. E così pure per una infinità di altri termini. Ma la più grave mutilazione che l'universo femminile ha subito è stata l'esclusione dal sacro. Tranne rari casi di profetesse o di vestali specializzate, i templi dal 3000 a.C. in poi saranno gestiti esclusivamente da maschi. Questo significava l'esclusione dell'universo femminile dalla sfera della cultura e quindi una conseguente scissione nell'educazione della prole tra il mondo privato affettivo femminile e il mondo pubblico razionale maschile. Le energie mentali, spirituali, psichiche di metà della popolazione umana venivano frenate e represse. Alcune "autrici" spiegano così l'insorgenza patologica di guerre distruttive e irrazionali apparse da quel periodo in poi. L'attività bellica era infatti una attività da cui la divisione sessuale del lavoro escludeva la donna. Eraclito, uno dei "padri" della filosofia occidentale, con uno spettacolare capovolgimento logico tra il concetto di madre e il concetto di guerra, dirà che "la guerra è la madre di tutte le cose". La autoliberazione della prima metà del cielo nel suo ruolo di madre aiuterà tutta l'umanità ad eliminare il flagello della guerra generato dalla disuguaglianza, "padre" di tutte le guerre.
La disuguaglianza sociale e l'organizzazione
Le élite organizzano le masse
Le conseguenze della comparsa della stratificazione sociale sono molto profonde e investono tutto lo sviluppo e l'evoluzione della personalità umana. Per la prima volta si crea una frattura ereditaria tra chi ha il diritto di pensare, progettare, controllare e chi deve limitarsi a fare, eseguire, ubbidire. La prima vera divisione del lavoro sociale è la relazione stessa di dominio (herrschaft) che nasce dal monopolio della verità e della forza (se vacilla il monopolio della verità si ricorre a quello della forza. Si mantiene quello della forza con il monopolio della verità). La prima vera divisione è tra chi domina e chi viene dominato sul piano della cultura simbolica o della forza fisica. La divisione del lavoro sociale divide in primis chi "lavora" da chi "non lavora". Le neonate élite possono disporre di esseri umani cui assegnare ruoli funzionali alla loro sopravvivenza ed ai loro consumi vistosi (consumi che nascono come una vitale esigenza culturale di queste élite di distinguersi dalla "massa"). Nelle prime città-stato e nei primi imperi si crea una pletora di ruoli sociali diversi e distinti nei quali ciascuno si identifica a volte in maniera quasi totale. Si può essere re, mercanti del re, scribi, sacerdoti, grandi sacerdoti, schiavi, guardiani di schiavi, produttori di ceramiche, liberi contadini, artigiani di corte, marinai, pirati, eunuchi, ballerine, guerrieri, poeti o commediografi, ladri, camerieri, madri di famiglia a tempo pieno, carcerati o pericolosi briganti. Tutte attività possibili grazie al surplus di cibo prodotto dai contadini. Un falegname è un falegname e il figlio di un falegname è il figlio di un falegname, tranne casi eccezionali. Questi ruoli giocano come specchi nella costruzione e nella dinamica della nostra psiche, irriproducibile nella sua effimera unicità. La vita di ciascuno viene fortemente dominata dallo status complessivo della famiglia in cui nasce cosicchè si è subito impegnati a difendere, tramandare, acquisire e scalare posizioni sociali in competizione con gli altri, per necessità o per scelta. Da quando è apparsa la stratificazione sociale, pochissime migliaia di anni fa, in pochissimi posti del pianeta (si discute se siano 4 o 5 o 6), ogni posizione sociale ha i suoi privilegi rigidamente organizzati su una scala gerarchica che non si può mettere in discussione: dal re, con il suo potere di vita o di morte su tutti, allo schiavo che può solo sperare nella pietà o negli interessi del suo padrone. La sociologia ufficiale considera questa divisione del lavoro sociale un fattore del progresso umano che ha prodotto la "civilizzazione", anzi il fattore che ha permesso la "individualizzazione" della struttura e del carattere di ogni "persona". Naturalmente (detto con molta ironia e forte critica) i modelli di personalità validi per tutti sono quelli alti, degli "strati" sociali alti. Le qualità umane, veramente umane, non erano quelle dello schiavo, degradato a macchina meccanica e quindi privo di ogni residua umanità, nè quelle del contadino o della donna, ma quelle del re, dello scriba raffinato, dell'artigiano ricercato per la sua creatività, del lettore di oroscopi o dell'esorcista a tempo pieno. Qualità riservate ad una piccola minoranza ed ai loro discendenti o favoriti. Questa specializzazione di funzioni comporterà secondo i sociologi una cultura sempre più raffinata che avrà il merito di sviluppare tipi umani sempre più complessi capaci di padroneggiare tutte le arti e le scienze. L'umanità si dividerà in gruppi ultraspecializzati separati da relazioni di dominio o concorrenza. Un esempio di questa incredibile complessità e artificiosità dello sviluppo storico dei tipi umani è la corte di Versailles di Re Sole verso il 1700, creatrice della particolare psicologia dell'europeo moderno . Per una deformazione del meccanismo di trasmissione culturale i tipi umani elaborati dalle varie corti diventeranno i modelli degli strati sociali "inferiori", che dovranno resistere o soccombere alla forte pulsione di aspirare a diventare "come" gli strati sociali superiori. Questo si collega all'anelito a recuperare il controllo della conoscenza e della cultura che porterà gli strati inferiori al tentativo di studiare in modo clandestino e soprattutto di far studiare figli e discendenti. Nell'occidente europeo questo oggi comporta la comparsa di una massa di giovani istruiti al di là delle esigenze di lavoro qualificato del capitalismo. Con tensioni nuove e problemi difficili da valutare in un quadro di importanti proprietà emergenti.
Il monopolio della conoscenza
La drammatica frattura determinatasi con la cristallizzazione stabile della stratificazione sociale e la sua riproduzione nel tempo attraverso la ereditarietà di ricchezze, titoli, onori, relazioni sociali importanti (per la assurda pretesa di "avere un sangue diverso"), entrano poi nella sfera cognitiva, nella alienazione della capacità creativa progettuale del singolo individuo, sempre più dipendente da esperti nelle varie arti e conoscenze "organizzati" dalle élite. Nascono anche gli specialisti della verità, quelli che hanno il diritto, in quanto prescelti dagli dei o loro discendenti diretti, di definire la realtà. Coloro che detenevano il potere ideologico, religioso, delle regole di scrittura e di amministrazione, stabilivano quale fosse l' ordine cosmico. Nascono le religioni controllate da caste sacerdotali che vietano al popolo il contatto con il dio della città, chiuso come simulacro nel sancta sanctorum del tempio e inaccessibile a tutti. Tutte le conoscenze e i rituali vengono circoscritti a pochi prescelti e blindati in un rituale segreto. Il dio cittadino era un copyright dei grandi sacerdoti. Il costo in termini umani di questa civilizzazione non viene semplicemente calcolato. Quello che si perdeva in questo processo era tutta l'enorme capacità creativa, progettuale, emozionale, psichica, della enorme massa degli esclusi, di "coloro che non sapevano leggere". Con la trasmissione famigliare dei ruoli sociali all'interno delle élite tutti gli altri venivano esclusi. Questo comportò di fatto una deformazione dell'intero processo cognitivo inteso come processo di costruzione sociale della conoscenza, gestito ormai da poche menti selezionate su basi di appartenenza famigliare e allenate a lavorare solo nell'interesse esclusivo di un piccolo strato di privilegiati. Le guerre, le distruzioni di massa, le deculturazioni, l'abbrutimento per eccesso di lavoro, l'esclusione sociale e culturale che ci accompagnano da allora fanno da cornice alle contemporanee "meraviglie" prodotte dalla civiltà mesopotamica, dai grandi imperi, e poi dal mondo occidentale con il capitalismo e la sua trionfante tecnologia. I politici, come i sacerdoti (che a differenza degli antichi anacoreti in genere non digiunano), sono tutta gente che fa parte di una élite specializzata che non lavora e che non ha mai lavorato, se si intende come "lavoro" la produzione di beni e servizi direttamente utili alla comunità. Oggi che tutti "lavorano" in questi ruoli sempre più complicati ed astratti, raramente ci si chiede se quello che si fa è veramente utile agli altri e quindi a noi stessi. A volte sarebbe veramente difficile capirlo. Alcuni gruppi umani organizzati hanno plasmato altri esseri umani come i preti, gli scribi, i politici, i militari, i mercanti, i tecnocrati. Gente che non sarebbe in grado di sopravvivere tre minuti senza il supporto di un immenso apparato di servi, di produttori di tutto il necessario alla loro vita e di molto altro completamente superfluo. Eppure sono questi "intellettuali" coloro i quali definiscono la "realtà" e le regole che tutti devono seguire per riprodurla ed estenderla. Vengono così definite regole astratte di comportamento che le varie organizzazioni devono seguire, in un incastro di funzioni gerarchiche e di "ruoli" che costituiscono la divisione sociale del lavoro. La burocrazia è l'effetto e la causa di questo monopolio della conoscenza.
La burocrazia
La divisione sociale del lavoro ha dato vita ad enormi apparati di specialisti che devono prevedere, controllare, unificare i vari ruoli stabiliti. Sono le burocrazie, sempre più estese, grandi, omnicomprensive. Nascono nelle prime Agenzie Templari, si ingrandiscono con gli imperi, si trasformano sotto il capitalismo. La burocrazia è la risposta organizzativa ad ogni nuovo problema. La burocrazia incarna e riproduce le varie strutture gerarchiche IEMP. La burocrazia è una categoria culturale. La burocrazia è una "specifica forma di esercizio del DOMINIO" (vedi Approfondimenti). Per quanto bistrattata sono molti quelli che la ritengono indispensabile, tra cui Max Weber che la vede come il modello universale di ogni organizzazione razionale umana moderna. In effetti le varie burocrazie sono necessarie per la riproduzione di "questo" tipo di società. Tra gli esempi più spettacolari e caratteristici c'è la burocrazia degli "imperi idraulici" della Mesopotamia, quella faraonica, ramificata in ogni aspetto della vita collettiva, quella cinese dei mandarini con i suoi rituali di formazione (tuttora viva in versione marxista-leninista-stalinista-maoista) quella delle grandi monarchie europee del 1700 dC con le loro esigenze di coscrizione militare e di prelievo fiscale (come tutte le burocrazie), la elefantiaca e inefficiente burocrazia politica e statale della ex URSS. La burocrazia funziona solo se le procedure di lavoro non devono cambiare troppo rapidamente o essere troppo flessibili. Questo raramente avviene soprattutto nella economia capitalistica e nella politica. Quindi la mentalità burocratica ha cominciato ad essere criticata, soprattutto dalle grandi imprese capitalistiche, ma non vi sono al momento sostituti adeguati perchè la burocrazia è costitutiva (nasce assieme) a questo complesso IEMP gerarchico e stratificato. La burocrazia dei partiti è oggi uno dei principali bersagli della critica politica.
Vivere senza burocrazia è possibile?
Le società di cacciatori-raccoglitori o quelle agricole-orticole-pastorali dell'Antica Europa sono definite dagli antropologi come "non stratificate", "egalitarie", "acefale" (senza capo), senza alcun concetto di gerarchia sociale, di status politico o economico, di classe, o perfino di leadership permanente. In queste società il saggio, il guaritore, l'eroe che si sacrifica per la comunità, il creativo che inventa nuove soluzioni a problemi antichi, dopo le loro "performance" riprendono la vita normale lavorando a fianco degli altri per procurarsi i mezzi per vivere. La stratificazione sociale non è uno standard, gli umani non sono naturalmente o in modo inevitabile competitivi o acquisitivi. E parliamo di società reali, efficienti e complesse come la "nostra", capaci di costruire città di migliaia di abitanti o monumenti come quelli di Stonehenge o decine di migliaia di nuraghi. Queste società vengono definite "orientate all'affinità" perchè privilegiano l'armonia reciproca rispetto alla ricchezza, allo status, alla divisione. Al contrario delle culture orientate alla accumulazione, competizione e conflitto, in esse vengono attivamente contrastate e prevenute le gerarchie sociali perchè si pensa che conducano a instabilità e conflitto. Ognuno è libero di preferire un tipo di società o l'altro, ma è importante sapere che entrambe sono possibili, in tutta la gamma delle sfumature intermedie.
La disuguaglianza continua ad aumentare
La differenza sociale oggi si misura in base al reddito, allo status culturale, al potere politico di organizzare i gruppi umani, che poi sono tre delle reti IEMP. È possibile misurare a livello quantitativo il reddito o le spese nei consumi (meno significative del reddito), mentre status culturale e potere politico sono difficilmente misurabili in termini quantitativi. Ricerche statistiche recenti dimostrano che, tra le varie società ricche occidentali moderne, quelle con gli indici minori di disuguaglianza, quali il coefficiente di Gini sul reddito o il consumo, sono le meno colpite dai vari malanni sociali quali criminalità, maternità precoci, depressione e malattie mentali, suicidi, omicidi, obesità, mancanza di fiducia, mortalità infantile. Tra le più diseguali gli USA, UK, Portogallo. Tra le più "egalitarie" la Svezia e il Giappone. Certo non basta una ricerca a stabilire le mille sfaccettature della realtà e soprattutto come viene vissuta da chi la vive. Ma la disuguaglianza sociale è in aumento e così pure le malattie sociali. Nessuna diagnosi sicura. Nessuna terapia infallibile. Ma siamo sicuri che non serva più oggi la saggezza tradizionale dei nostri avi contadini e dei loro avi cacciatori-raccoglitori la cui filosofia politica contrasta consapevolmente qualsiasi forma di disuguaglianza sociale? Certo tutta l'organizzazione sociale di oggi si basa su questi ruoli stratificati. Semplificare e decentralizzare queste strutture è un'operazione complessa e molto delicata che può essere solo graduale e partecipata da chi la vive. Le rivoluzioni (come le guerre) hanno sempre fallito perchè hanno distrutto e scompaginato una rete di organizzazioni IEMP senza avere già pronte ad attivamente intrecciate nuove reti economiche, culturali, politiche e militari. Da tempo una parte delle stesse élite di potere tentano di ricostruire i ruoli e la divisione del lavoro attuali (ad esempio con la Business School di Harvard). In alcuni casi si arriva a toccare e a rivedere, con imprese economiche definite “convenzioni”, anche la stratificazione sociale, definita “gerarchia” nei manuali di organizzazione aziendale (vedi Approfondimenti).
La nascita dello Stato
Una assoluta novità: lo stato
La mia tesi è che i problemi che oggi affrontiamo derivano in gran parte da una frattura storica prodottasi per la prima volta millenni fa in Mesopotamia, replicatasi poi in pochissimi altri posti nel mondo, tre o quattro, e da lì diffusasi in tutto il pianeta. Alcuni sostengono che lo stato si è propagato dalla Mesopotamia a tutto il mondo, compresi gli stati imperiali degli Inca (Perù) e degli Aztechi (Messico). Alcuni dicono che questi imperi americani non siano sorti “spontaneamente", ma avanzano l'ipotesi di una loro diffusione "culturale" (diffusionista). Parlo della nascita dello stato come formazione storico-sociale. Lo stato è definito nei manuali come l'organizzazione che ha il monopolio dell'uso legittimo della forza all'interno di un certo territorio. Questa organizzazione in genere ha le caratteristiche di una "burocrazia" che attua procedure razionalmente definite per raggiungere gli obiettivi stabiliti da una élite di potere. In questa definizione ci sono due elementi ambigui: cosa si intenda nei vari contesti storici per "legittimo" e chi definisca il territorio entro il quale questo monopolio della forza sia esercitato. Questa frattura rappresentata dallo stato è una "emergenza" storica tipica dei sistemi complessi non lineari come le società umane che a volte manifestano caratteristiche nuove e imprevedibili a seguito di un proprio sviluppo interno autonomo. Come abbiamo visto nell'Antica Europa non vi era traccia di dominazione maschile o di forme di patriarcato, né vi erano tracce di stato. Le diversità tra gli uomini sono ovviamente sempre esistite. Quello che è comparso ad un certo momento è stata la gerarchia e la trasmissione ereditaria nei discendenti di tali differenze, la nascita di lignaggi “superiori” e di “lignaggi” inferiori che creavano ristrette élite di potere che si tramandavano le condizioni di dominio (gli archeologi misurano la nascita della gerarchia dalla presenza di differenze sistematiche nelle sepolture e nell'arredo delle tombe). Nel 3200 aC nascevano in Mesopotamia città-stato con una burocrazia che organizzava un nuovo tipo di agricoltura basato sulla irrigazione, l'aratro, il "campo lungo", e una scrittura contabile come suo principale strumento. Perche' tornare così indietro nel tempo? Perchè dalle prime città stato di Sumer nasceva la civiltà cosi' come oggi la conosciamo. L'élite religiosa, politica e militare decideva, pianificava, dirigeva e contabilizzava una nuova grande attivita' economica consistente nello sfruttamento delle terre di proprieta' del dio e nell'allevamento delle mandrie di animali pure di proprieta' del dio, lo stesso dio che veniva venerato e considerato vivente nel tempio principale della città appena edificata. Nasceva la scrittura ma solo per registrare minuziosamente le derrate alimentari (orzo) e gli animali d'allevamento (caprovini) che entravano ed uscivano dai magazzini delle due grandi organizzazioni: l'agenzia templare (i sacerdoti) e l'agenzia palatina (il re e la sua corte). Tra queste due agenzie inizieranno lotte, fusioni, accordi, che passando tra i guelfi e i ghibellini del medioevo europeo arriveranno sino a noi con le feroci battaglie tra Chiesa e Stato, tra Papa e Imperatore o con le ipocrite e costose alleanze dei Concordati italiani. Vedi la “Teoria del Sole e della Luna” di parte guelfa (Innocenzo III) e la “Teoria dei due Soli” di parte ghibellina (Dante Alighieri). L'agenzia palatina e l'agenzia templare si identificavano come rappresentanti diretti del dio, il re addirittura come una sua incarnazione, non diversamente da come avviene oggi in Giappone, a distanza di 5000 anni, con il suo imperatore di presunta origine divina. Origine che non gli ha permesso di far evitare ai giapponesi Hiroshima, Nagasaki e Fukushima. Gli usurpatori che non potevano vantare una ascendenza di lignaggio con i re precedenti e quindi con il dio della città si inserivano nella sequenza ereditaria "legittima" con matrimoni arrangiati, l'uso delle armi, complotti, delitti, corruzione. Tutte pratiche che persistono fino ad oggi anche se le corti reali sono diminuite. Tutti giustamente le biasimiamo ma è necessario capirne l'origine storica e la loro millenaria strutturale persistenza nel tempo come "morale" di comportamento delle varie élite di potere. Queste élite si rigenerano cooptando quando necessario nuovi membri di altri strati sociali creati nel frattempo dalla divisione del lavoro o emersi dagli interstizi come la borghesia.
La divisione del lavoro
Circa nel 3200 aC, iniziava l'"Antica Età del Bronzo" a cui gli scienziati fanno risalire la comparsa della divisione del lavoro. È questa la divisione tra lavoro intellettuale o simbolico e tra lavoro manuale o esecutivo, come tra gli scribi addetti alla scrittura/lettura e i contadini addetti alla produzione di cibo. La corte, i sacerdoti, gli scribi, gli artigiani importanti che lavoravano a tempo pieno per l'agenzia templare o palatina, vivevano nelle citta' fortificate, dove intorno ai vari templi ed ai palazzi del re si trovavano i grandi magazzini riempiti di beni di ogni tipo, alimentari e non. Il resto della popolazione, convinto con le buone e con le cattive che poteva godere della salvaguardia del dio a protezione del cibo, dei raccolti, della salute, viveva in villaggi sottoposti a tasse e tributi in beni ed in corvèe di lavoro. Le corvèe riguardavano la costruzioni di canali di irrigazione, di templi e palazzi, la raccolta dei cereali, e col tempo anche il dover combattere le guerre decise dal re, come soldati gli uomini e come vedove le donne. Tessevano la lana delle greggi del "dio" del tempio cui era dedicata la città-stato in laboratori-prigione dove donne schiave producevano le stoffe coi loro bambini, in cambio di una misera sopravvivenza. Alcune di esse erano "oblate del tempio", donate al tempio dalla comunità, non si sa quanto spontaneamente. I servi gravati di corvèe o gli schiavi che lavoravano la terra da un lato, le donne rinchiuse con i loro bambini in laboratori carcere dove tessevano la lana nelle prime città-stato, ricordano stranamente le condizioni che 5000 anni dopo caratterizzavano la prima rivoluzione industriale in Inghilterra: operaie donne e bambini europei nelle "moderne" fabbriche tessili, schiavi africani a seminare e raccogliere il cotone, servi sparsi nel mondo a lavorare nei latifondi della aristocrazia terriera, che si andava a fondere con qualche sussulto con la borghesia mercantile nei neonati stati-nazione.
Lo stato e il sistema IEMP
Con il passare dei secoli diventa sempre maggiore il dislivello di potere nelle quattro reti IEMP tra la popolazione che stava alla base della gerarchia sociale e l'élite che ne occupava le posizioni dominanti. Aumentava il controllo razionale (burocratico) e l'interconnessione di queste reti rendendole molto più efficaci ed efficienti nella produzione agricola e artigiana, nella guerra, nella organizzazione politica, nella manipolazione culturale, insomma nella estrazione di risorse dall'ambiente e nel controllo degli esseri umani addetti a questa estrazione (oggi in primis gli scienziati). Le principali risorse economiche da "organizzare" erano le terre da coltivare e gli animali da allevare; beni naturali come acqua, legname, minerali, pietre rare; gli schiavi ed i servi per lavorare terre, animali, beni naturali. L'intera natura e gli altri esseri umani diventavano una macchina produttiva dedicata agli "dei". La gerarchia si estende come modo di relazione dalla sfera ideologica e politico-militare a quella economica. Le popolazioni sottomesse pagano tributi e mandano schiavi a lavorare le terre dei vincitori o a pascolare le loro greggi. Sempre più il lavoro diventa lavoro comandato, lavoro coatto, spesso lavoro di schiavi. Aumentava l'aggressività predatoria e distruttiva da parte di queste élite assieme alla loro forza organizzativa politica, alla loro potenza militare, al loro raggio di espansione economica e mercantile, alla loro capacità di manipolazione culturale e simbolica. L'elite che dirigeva la burocrazia statale agiva contemporaneamente sulle reti del potere politico-militare (le decisioni sul territorio e sui rapporti con le popolazioni confinanti, l'esercizio della giustizia, le guardie del tempio e del palazzo), del potere ideologico (il culto del dio principale e delle altre divinità cittadine), del potere economico (la gestione della agricoltura irrigata estensiva, dell'allevamento estensivo, del commercio amministrato dal tempio e dal palazzo).
La redistribuzione della produzione sociale e lo sfruttamento del lavoro
Tutte cose meravigliose diranno alcuni! Sì, ma conviene chiedersi CHI e QUANTI ne potessero godere, di tempo libero, cure mediche, cultura, agi e passatempi, cibi sani e raffinati, case confortevoli e sicure, giardini pensili e templi mai visti prima. Le ricchezze prodotte venivano redistribuite solo parzialmente e solo occasionalmente tra l'élite, le sue propaggini cittadine e gli strati inferiori che vivevano nei villaggi circumvicini. Molti studiosi si beano nel descrivere lo stile di vita raffinato, gli agi, la modernità, durati per millenni nel regno dei vari faraoni. Ma spesso omettono che tutto questo era riservato a pochissimi privilegiati. Oggi queste differenze sono parzialmente misurate con il coefficiente di Gini, perchè ogni bene o servizio ha un valore monetario ben definito. Di certo è impossibile giudicare da un punto di vista neutrale, se dal punto di vista del faraone e della sua corte o dal punto di vista dei contadini che coltivavano le terre del faraone e delle varie agenzie templari. L'unico criterio condiviso, metro di giudizio e punto di partenza di ogni discussione tra uomini di buona volontà, sono i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare come retaggio di queste scelte e della scia di sangue e dolore che queste scelte hanno comportato. L'altra faccia di una produzione mirata ai consumi vistosi delle élite è lo sfruttamento del lavoro umano impiegato in questa produzione (il consumismo come lo conosciamo oggi è una estensione alle masse del consumo vistoso riservato anticamente alle élites. È stato realizzato dal capitalismo e dimostra che i modelli di vita delle élites arrivano agli strati loro sottoposti). Lo sfruttamento del lavoro va misurato in primis sul grado di autonomia del lavoratore nel gestire la propria attività, dalla sua conoscenza degli obiettivi e del funzionamento dell'organizzazione per la quale lavora, dalla sua condivisione e partecipazione a questi obiettivi. È questa condizione che determina in seconda istanza il suo potere di contrattazione e quindi tutti i "benefit" materiali e culturali che vanno al di là della sua pura sopravvivenza. Misurare questi benefit come valore economico è impossibile, oltre che sbagliato perchè sono processi dinamici di interazione simbolica. Le teorie marxiane sullo sfruttamento come valore economico, basate sulle teorie del valore-lavoro di Ricardo, sono generalmente considerate errate. E sono inapplicabili ai casi limite dello schiavo o dell'artista-artigiano o dello scienziato. Hanno lasciato aperta la pericolosa teoria che una "equa" redistribuzione del surplus potesse risolvere e annullare la relazione di dominio su cui sono costruite le società statalizzate, imperiali, capitalistiche. La redistribuzione non risolve la causa che genera le differenze di potere economico, politico, culturale, cioè la disuguaglianza sociale basata sul principio gerarchico. I lavoratori organizzati dalle élite non hanno mai avuto la possibilità di intervenire sulle lavorazioni nocive per loro e per la natura. Già 5000 anni fa, mentre nei piccoli campi allagati delle comunità di villaggio la produzione continuava senza problemi, nelle terre organizzate a campo lungo dell'Agenzia Templare nella Bassa Mesopotamia, dopo alcuni secoli di irrigazione intensiva con canali, la salinizzazione dei suoli creava una crisi a causa dei rendimenti decrescenti nella produttività agricola. Ma questo non fermava lo sviluppo endogeno delle città-stato diventate nel frattempo un vero e proprio sistema regionale. Nel 2300 aC nasceva in Mesopotamia il primo "impero del pianeta" che ristrutturava questo sistema con Sargon di Akkad. Nasceva uno stato in grado di controllare, sottomettere, distruggere e terrorizzare altre città-stato e villaggi nel raggio di centinaia di km, grazie ad un esercito permanente di 5000 uomini. La principale scoperta di Sargon fu la deterrenza terroristica, la capacità cioè di minacciare di ritorsione violenta e letale chiunque si fosse opposto al suo volere. La storia prendeva la piega che oggi ben conosciamo e che oggi ci sembra "naturale". La cultura, detta di 'Ubaid, immediatamente precedente a quella della prima città-stato, Uruk, era invece totalmente egalitaria e pacifica. E sicuramente più ricca se si considera questa "ideologia" egalitaria e pacifica una ricchezza indistruttibile.
Imperi
Il primo impero di Sargon di Akkad
Nel 2300 aC con l'impero di Sargon di Akkad in Mesopotamia iniziano processi storici nuovi per l'umanità. Il primo impero nasce nella stessa area delle prime città-stato, Sumer. Anzi nasce ai suoi limiti, in una zona di frontiera, dove Sargon era un Signore della Marca, di origine semita e non sumerica. Gli storici non sanno esattamente da dove venissero i Sumeri, di certo sembra che non fossero semiti. Sargon aveva sviluppato una terribile esperienza militare e politica, proprio perchè si trovava ai confini della ricca regione di Sumer con le sue vie commerciali, la ricchezza della sua agricoltura irrigua, i beni preziosi e meravigliosamente nuovi accumulati dalle élite delle varie città-stato. Alla prevalenza della attività religiosa ed economica centrata sul tempio del dio della città e sulle terre irrigate gestite dal tempio, si passa decisamente alla prevalenza della monarchia, dell'agenzia palatina, delle attività logistico-militari e diplomatico-geopolitiche. Il re di Akkad, che nel frattempo diventa "proprietario" di 2300 ettari di terreno a Marad nella Mesopotamia centrale (oggi Elisabetta II di Inghilterra, erede del defunto impero britannico, è ancora il proprietario legale di 6.6 miliardi di acri, secondo il giornale inglese "The New Statesman" del 10 marzo 2011, corrispondenti a circa 2.5 mld di ettari), controlla militarmente il territorio delle varie città-stato sottomesse, per un raggio di centinaia di kilometri, con una efficienza logistica mai vista prima. Minaccia di distruzione fisica chiunque si ribelli, crea una rete geopolitica di re-clienti-fantocci nelle varie città-stato sottomesse, interviene nelle complicate religioni locali (ogni città stato aveva il suo dio ed i suoi culti) cercando di uniformarle in un culto unificato che sfocerà nella contestata autodivinizzazione di suo nipote Naram-Sin. Ad esempio Sargon invia sua figlia Enkheduanna nella sumerica Ur come sacerdotessa della divinità cittadina, mentre invita una sacerdotessa sumera nel tempio di Ishtar ad Akkad (eccezioni imperiali al monopolio maschile del sacro, anche se in tutta l'antichità è presente un filone secondario di serventi sacre o vestali). Estende il dominio sulle rotte commerciali controllate dalle città di Ebla a nord e dalla confederazione di Elam a Est, con 34 spedizioni militari vittoriose, nel tentativo di far coincidere la sfera commerciale con quella politica e militare arrivando direttamente alle fonti delle materie prime senza sottostare alle reti di intermediazione politico militari locali.
Le caratteristiche fondamentali di un impero
Nasce il primo impero della storia con caratteristiche militari, geopolitiche, economiche, religiose che possiamo ritrovare in vari miscugli negli imperi che seguiranno. Queste caratteristiche sono:
- la pacificazione militare e geopolitica del territorio e delle vie commerciali,
- l'incremento delle spese militari (o keynesismo militare),
- il controllo centralizzato dell'economia tramite fissazione dei prezzi e dei valori di scambio,
- un maggiore sfruttamento del lavoro (tramite la schiavitù, la servitù della gleba, il lavoro ad ingaggio),
- la diffusione autoritaria di una cultura, lingua e scrittura comuni.
È una struttura che comprende altre strutture al suo interno: città, stati, confederazioni, reti commerciali, miniere, risorse naturali come foreste e pascoli, vie logistiche di terra e di mare, centri di produzione culturale e religiosa. Circa lo sfruttamento del lavoro umano si è modificato nel corso dei secoli soprattutto dopo la prima rivoluzione industriale. La questione della proprietà dei mezzi di produzione è secondaria rispetto alla condizione primaria che si tratti di lavoro libero o di lavoro coatto. Per esempio nell'ex impero sovietico la proprietà formale statale (collettiva) dei mezzi di produzione non evitava ai lavoratori di dover accettare senza condizioni il lavoro che lo stato gli assegnava, nelle località che lo stato gli assegnava, nelle modalità previste dalla élite. Vi erano inoltre campi di lavoro forzato come i Gulag con milioni di detenuti. Per questo nel caso della ex URSS si può parlare di sfruttamento del lavoro come uno degli elementi del suo status imperiale.
Dopo Sargon
Nel Vicino Oriente dal 2300 aC al 500 aC, quando il persiano Ciro II unifica il Vicino Oriente, e' tutto un susseguirsi di imperi e di guerre feroci che svenano sia le popolazioni che conquistano che quelle che vengono conquistate, per prendere possesso di vie commerciali e zone strategiche, di schiavi da impiegare nelle terre regie o templari, di manodopera per la costruzione di nuove capitali, di nuovi templi e palazzi, di canali e strade. Tra i piu' feroci e determinati ricordiamo gli Assiri che facevano un uso terroristico delle loro campagne militari e che ricevevano gli ambasciatori in una sala sui cui muri erano raffigurate tutte le atrocita' da loro compiute sui popoli vinti. Ma la conquista esterna di paesi, risorse umane e naturali, li distrae da una gestione oculata del loro stesso paese. Così all'improvviso collassano lasciando libera la strada a Ciro il grande. Circa 2000 anni di costruzione di una cultura imperiale che si diffonde. La nuova configurazione storica denominata "impero" è un fenomeno emergente sulle reti di città-stato costituite come un "sistema", una proprietà assolutamente "nuova", un modello capace poi di influenzare e determinare l'intero corso storico, nel bene e nel male. D'ora in avanti saranno gli imperi a definire l'agenda dei fatti storici, grazie alla loro capacita' di manipolare, influenzare e distruggere le altre popolazioni e le loro reti ideologiche, militari, economiche, politiche (IEMP). Gli imperi creano al loro interno un processo di omologazione culturale e standardizzazione politica; verso l'esterno di conflitto e di contemporanea assimilazione e scambio. Così è stato ad esempio il rapporto tra impero romano e barbari ai confini. Nella relazione con questo centro imperiale le tribù confederate dei "barbari"che si trovano ai suoi confini, nelle marche di frontiera, assimilano le tecniche di combattimento e scambiano prodotti sui mercati dove i vincitori vendono il loro bottino di guerra, conoscono nuove ideologie e nuove istituzioni politiche come quelle delle città-stato. Si "statalizzano" creando regni "barbarici" originali e diversi che mantengono parte della cultura tribale. In sostanza si innesca una spirale di violenza, di conquista e di crescita della capacità di dominio che porta alla formazione di nuovi stati e nuovi imperi, la' dove prima vivevano tribu' e confederazioni di tribù. La guerra come pratica costante con le sue deportazioni di schiavi, la distruzione di raccolti e villaggi, le conseguenti epidemie, lo stupro di massa, l'impalatura dei prigionieri, nasce come ombra inquietante assieme alla civilta' dei grandi monumenti, dei templi, delle citta', della scrittura, del consumo vistoso delle élite cittadine. La colonna di Traiano che esalta le conquiste dell'impero romano ed è ammirata da milioni di turisti e dalle scolaresche in gita all'inizio dei Fori Imperiali, è una raffigurazione di atrocità e di teste mozzate. I grandi imperi sono molto diversi tra loro come ogni situazione nella storia. Ma tutti si appoggiano ad un apparato militare che e' la loro fondamentale costruzione organizzativa e culturale.
I collassi degli imperi
Quando il loro nucleo centrale perde vitalità, capacità economica-culturale-tecnologica, quando il popolo, la élite, le classi medie cittadine perdono ogni fiducia nei loro destini imperiali e "non ci credono piu'", vengono assediati e poi sommersi dai loro circumvicini, i "barbari", che nel frattempo hanno assimilato parte della loro cultura e il meglio delle loro tecniche di combattimento. Oppure gli imperi collassano e si frammentano in tutte le etnie che prima tenevano unite con la forza militare; come è successo di recente nella ex Jugoslavia o nella ex URSS, sconvolgendo la vita quotidiana di milioni di esseri umani, perchè l'impero con i suoi magri sussidi era purtuttavia anche la fonte della loro sopravvivenza. Per avere un quadro della importanza degli imperi nella storia vediamo una sequenza di grandi imperi, finiti tutti in vario modo. Dopo l'inizio mesopotamico sono quasi tutti indoeuropei: impero persiano (indoeuropeo), imperi romano e bizantino (indoeuropei), il sacro romano impero nel Medioevo (indoeuropeo), impero cinese (Han), impero ottomano (turco), impero spagnolo e sacro romano impero (CarloV, 1500 dC circa, indoeuropeo), impero olandese (1600 dC, indoeuropeo), impero britannico (il piu' grande, 1700 dC, indoeuropeo), quello francese, germanico, austro-ungarico, zarista; infine l'impero russo neozarista di Stalin collassato nel 1991 con Gorbachev. Ed infine quello americano affermatosi come leader egemonico dopo la II guerra mondiale e l'ultimo ed unico impero sopravvissuto. Un impero che controlla il continente americano, l'Europa occidentale, l'Asia dal Giappone alle Filippine. In tutti questi continenti mantiene le sue enormi basi militari che avvolgono come una rete logistica l'intero pianeta. Si applicano agli Stati Uniti le 5 caratteristiche elencate poco sopra a proposito dell'Impero di Sargon di Akkad. L'ideologia imperiale americana si basa su due punti, "democrazia e libero mercato", una democrazia governata da due partiti controllati dalle lobbies economiche e un tipo di mercato controllato dalle stesse lobbies che controllano i partiti. Non posso trattenermi dall'esprimere la mia meraviglia: una bella sfilata di potenze, e di guerre, e di conquiste sanguinose con cui si fa coincidere la "storia", che dite? Una storia di battaglie e conflitti con qualche sprazzo di cultura, di arte, di tecnologia, molto ben valorizzati mentre la sporca realtà viene sfocata sullo sfondo fino ad essere fatta scomparire dai mezzi di comunicazione di massa. Configurazioni storiche che hanno lasciato palazzi, romanzi, stoffe, personaggi coi baffi o regine premurose e romantiche, tutti i più raffinati oggetti per l'arredamento, l'architettura, la vita quotidiana, ma anche disastri planetari, la tratta degli schiavi africani, carestie dovute alle guerre con il loro seguito di pestilenze, malattie, sparizione di risorse umane ed ambientali, e poi per finire la distruzione di quasi tutte le culture umane preesistenti (il termine storico asettico è “deculturazione” ). Era storicamente "necessario" tutto ciò? Chi farà un bilancio realistico di tutte le imprese di “lor signori”?
L'affermazione della cultura imperiale europea
Con la conquista delle Americhe verso il 1500 dC e la nascita dell'impero spagnolo inizia la diffusione planetaria degli imperi indoeuropei la cui civilizzazione si estende ora a tutti i continenti tramite la globalizzazione. Gli imperi orientali, cinese, moghul, ottomano, non tengono testa alla determinazione degli europei e alla fine soccombono. I giapponesi adottano questa civilizzazione europea "spontaneamente" copiandola nel 1866-1869, con la rivoluzione Meiji. I cinesi vengono piegati con le guerre dell'oppio a metà del 1800. L'India viene assorbita nell'impero britannico che ne distrugge l'economia. Perchè "vincono" gli europei che riescono ad imporre a tutto il mondo il loro modello di civilizzazione? La risposta di uno storico (Michael Mann) e' questa: vincono perche' hanno acquisito una incredibile esperienza bellica e militare facendo il piu' gran numero di guerre, tra di loro tutti e contro tutti gli altri. In termini precisi hanno costruito una "cultura da guerriero" ("a warrior culture"). Non e' dipeso da una superiorita' organizzativa, di armi, o di tecnologia, o peggio di razza, ma da un processo ciclico di guerre che generano guerre, di violenza che genera violenza e che alla fine genera una ideologia della violenza, dando come Max Weber al fattore I (Ideologia) la sua giusta rilevanza. Le ideologie proposte da Thomas Hobbes con "la guerra di tutti contro tutti", e da Niccolò Machiavelli con un principe guerriero, sono il puro rispecchiamento acritico di questa cultura. Teniamo però presente che la configurazione storica "impero", apparsa per la prima volta con Sargon di Akkad, è complessa, riunisce stati diversi, si articola su vasti territori, esplora vie di penetrazione commerciale per approvvigionarsi di risorse o di beni di lusso per le proprie élite e per le proprie masse cittadine, crea alleanze con i popoli di confine, piazza nei punti strategici i suoi "Signori delle Marche di Frontiera" (Marchers' Lords, quelli che nel Medioevo europeo saranno i "marchesi"), terrorizza le popolazioni limitrofe per tenerle a bada o per saggiare la loro resistenza, soprattutto è una configurazione sempre diversa nel corso della storia. Saranno poi sempre i “Signori delle Marche”, i più esperti nella guerra, a fondare nuovi imperi come Gengis Khan, la Spagna, l'Inghilterra, ed in tempi moderni l'URSS e gli USA. L'impero si diffonde per imitazione e per reazione. Nel seguito vediamo l'impero romano e quello bizantino, tra i più importanti e interessanti, veri e propri "laboratori di sociologia", tra i più terribili (al di là delle celebrazioni che la cultura ufficiale gli tributa insegnando in modo acritico i fasti della guerra nelle scuole elementari), e punto di passaggio tra la prima fase degli stati e degli imperi centrata nel Vicino Oriente e la seconda fase più propriamente europea ed occidentale.
Gli imperi romano e bizantino
I due imperi
Entrambi sono reti complesse di potere che hanno determinato la storia dell'Occidente e poi dell'intero pianeta. Due grandi imperi nati dallo stesso ceppo che sarebbe arbitrario studiare separatamente. Qui vengono analizzati per studiare due modi diversi di affrontare una crisi fatale. L'impero romano occidentale inizia subito la crisi dei rendimenti decrescenti della sua "economia delle legioni" fino alla caduta formale alla fine del V secolo. Questa caduta vede sorgere una costellazione di stati germanici "barbari" che ne riempiono il vuoto fino ai vari tentativi di ricostruzione unitaria con il sacro romano impero. L'opera di Dante Alighieri testimonia questa vitalità culturale dell'antico impero latino, mitizzato da poeti, letterati, storiografi. Quando l'impero bizantino orientale tramonta definitivamente, travolto dall'impero turco, l'occidente ha generato le sue grandi monarchie nazionali, che diverranno poi gli imperi di Spagna, Portogallo, Francia, Olanda, Inghilterra, ed è già pronto all'espansione geografica, alla scoperta delle Americhe, alla colonizzazione del pianeta. Elemento di unione/disunione e di continuità tra le due sfere geopolitiche greca e latina ad oriente ed occidente è la religione cristiana. Le due chiese cristiane ad est e ad ovest sono divise solo da una questione di potere reciproco. E da due modi diversi di rapportarsi tra Chiesa e Stato (ortodossa in un caso, cattolica nell'altro; bizantino in un caso, franco-germanico nell'altro). L' impero romano prima, quello bizantino poi, adottano due modi diversi di gestire il pericolo di sparire come struttura di dominio, come grande impero durato per secoli.
L'impero romano
Uso l'impero romano per fare comparazioni con gli imperi attuali. Nei primi tempi, dalle origini sino ad Augusto (I secolo dC), i territori e le popolazioni conquistati dai romani erano fonte di grandi ricchezze. Gli alti ritorni in tasse, bottini di guerra, tributi e schiavi venivano parzialmente reinvestiti in un maggiore rafforzamento dell'apparato militare e nella costruzione di una élite locale cointeressata, partecipe, alleata, culturalmente assimilata tramite la lingua latina o greca, come i sadducei ad Israele un rappresentante dei quali era quel Paolo di Tarso che abbiamo visto in precedenza. L'esercito romano con le sue legioni dislocate alla periferia e nel centro dell'impero costituiva di per sè un sistema economico imponente, "l'economia delle legioni". Questo sistema nasce dalla disgregazione della piccola proprietà contadina a vantaggio di proprietari più grandi cui i Gracchi avevano tentato di reagire con le riforme. Questi contadini nullatenenti riempiono le città e Roma in particolare costituendo il “proletariato”, massa di manovra politica importante per leader ambiziosi o gruppi di potere. Con la sua riforma militare Mario li assolda facendoli entrare nelle legioni in cambio di paga e di terre dei popoli conquistati. I nuovi legionari (i "muli" di Mario) costruivano strade, ponti, fortificazioni, accampamenti forniti di mercati che gradualmente diventeranno nuove città. Questo permetteva nuove conquiste e quindi nuovi investimenti nell'apparato militare in un processo circolare di accrescimento continuo (keynesismo militare). Ma ogni nuovo territorio conquistato doveva essere poi amministrato e difeso, aumentando in modo significativo tutti i costi dell'apparato militare, della complessa rete logistica, dell'apparato amministrativo-burocratico, dello strato locale di alleati. L'impero all'epoca di Cesare aveva raggiunto i limiti dell' oceano atlantico, del Reno e del Danubio, del Sahara a sud. Ad Est lo ferma l'impero persiano che distruggerà Crasso e le sue legioni (Cesare si riprometteva di conquistarlo, per aprirsi la via della seta, poco prima dell'attentato alle idi di marzo che forse ha salvato i persiani da una fine simile a quella subita dai Galli). Con Augusto termina la fase espansiva. Negli anni di Nerone le risorse provenienti dalla tassazione dei surplus agricoli erano appena sufficienti a coprire le normali spese di mantenimento del governo dell'impero, dell'esercito in primis, che ormai era un esercito mercenario a carico dello stato, mentre fino a Mario ogni "centuria" doveva equipaggiarsi in proprio secondo criteri di ricchezza (da qui nasce il termine "classis" da cui "classe" di censo, deformato poi in "classi" sociali). Eventi eccezionali ma frequenti come le guerre venivano finanziati attraverso un deprezzamento della moneta, una prassi che divenne sempre più frequente. La crisi si manifestò in tutta la sua gravità nella seconda metà del III secolo, in particolare dal 230 al 284 dC. L'impero fu attraversato da guerre civili e da numerosi complotti politici. Molte città e territori di frontiera furono saccheggiati e devastati. La risposta dell'impero fu il raddoppiamento delle dimensioni dell'esercito e soprattutto lo sviluppo abnorme della complessità dell'apparato burocratico-militare. L'esercito romano arriverà a contare una forza permanente di 680.000 uomini, armati, addestrati, ricompensati in denaro e terre. Per far ciò furono aumentate le tasse sotto Diocleziano e Costantino, e furono introdotte nuove forme di lavoro forzato. Ciascun villaggio era responsabile del proprio carico fiscale e in caso di inadempienza i villaggi vicini erano chiamati a sopperire. Schiacciati dalla tassazione i contadini giunsero ad abbandonare le terre, o a rifugiarsi sotto la protezione di signori locali. Si innescava così un processo circolare negativo tra riduzione delle entrate e inasprimento della tassazione. Iniziavano la feudalizzazione e la decentralizzazione di una unità di dominio, di una configurazione, l'impero, ormai incapace di autosostenersi e di difendere frontiere sempre più estese e permeabili. Attorno al 400 dC la maggior parte delle terre della Gallia e dell'Italia era sotto il possesso di solo 20 famiglie senatoriali. Le premesse per il collasso militare del V secolo erano già tutte presenti. Quando mancarono le risorse finanziarie per sostenere l'esercito mercenario (introdotto da Mario con la sua riforma di alcuni secoli prima), le invasioni barbariche segnarono la fine del sistema. La soluzione tentata e fallita nell'impero romano ancora indiviso fu dunque una manovra di maggior controllo burocratico ed amministrativo, di una maggiore complessità della macchina statale, di un forte inasprimento fiscale, di un raddoppiamento delle dimensioni dell'esercito. Una soluzione che ricalcava i modelli consueti esasperandoli. Queste misure che forse in altre condizioni storiche avrebbero potuto funzionare servirono invece a rendere più veloce il tracollo. Il prelievo di nuove risorse distruggeva le fonti stesse di queste risorse, semplicemente perchè il sistema non poteva più espandersi geograficamente. L'élite al potere si era formata nella logica predatoria ed estensiva della conquista di nuovi territori e di nuove popolazioni da sfruttare e da assimilare, una logica che aveva sempre funzionato fino ad allora, e quindi non poteva avere la consapevolezza che questa crisi profonda avrebbe trascinato l'impero di Occidente alla rovina.
La transizione di Costantino
Costantino che proveniva dalla Britannia ai confini dell'impero ebbe forse l'intuizione graduale di dover passare da uno sviluppo estensivo di predazione militare ad uno intensivo di sviluppo culturale, mercantile, artigianale, religioso e spirituale, di allargamento delle basi sociali dell'impero, di sviluppo di nuovi centri urbani. Naturalmente sempre dentro una forte cornice concettuale basata sulla tradizione dell'impero romano, della sua forza militare letale, del suo diritto al dominio politico, ma attento e pronto a riequilibrare le reti militari e politiche (la M e la P di IEMP) con le reti economiche e religiose (la E e la I di IEMP), con la vitalizzazione delle grandi reti commerciali e produttivo-artigianali del vicino Oriente e la "scoperta" della religione cristiana che su quelle reti aveva viaggiato. Costantino non aveva pietà con i nemici e cercava un dio che lo aiutasse sui campi di battaglia. Scelse come appoggio i cristiani, presenti soprattutto nelle città, tra gli artigiani, negli interstizi più vitali della società del tempo. I cristiani avevano un network di chiese (comunità) diffuso dentro e fuori l'impero e capace di comunicazione attraverso tutte le vie mercantili e militari, attraverso i media del tempo e in gran parte delle varie lingue, a partire dal greco. L'appoggio di Costantino alle "sette" cristiane fu tale da trasformarle in religione di stato e di proibire nel tempo ogni altra forma di culto prima consentita nel vasto impero che assemblava lingue, popoli, dei e tradizioni diverse. Nasceva una chiesa monopolistica che vietava ogni altra espressione spirituale. Costantino, di cui si dubita si fosse mai convertito, non era certo un teologo ma stabiliva i concili e gli articoli di fede. Si trasferì quindi in Oriente costruendo la nuova capitale, una prassi abbastanza consueta tra re e imperatori di ogni tempo e paese. Nasceva l'impero di Oriente con un destino assai diverso da quello dell'impero di Occidente. Costantino aveva di fatto agito contemporaneaneamente sulle quattro reti sociali IEMP. Questo spiega la ragione del suo successo. Questa svolta fu di estrema importanza per la sopravvivenza del "sistema greco-romano" e della sua "civilizzazione".
L'impero di Bisanzio
L'impero di Bisanzio sopravvisse alla crisi del V secolo e, ad occidente, aiutò la nascita di Venezia che secoli dopo, con i genovesi, "inventò" il primo capitalismo. La strategia bizantina dopo il V secolo si può sintetizzare in poche parole: "semplificazione sistematica e decentramento", una risposta sinceramente inconsueta nella storia delle società complesse. Una strategia opposta a quella degli imperatori romani fino a Diocleziano compreso. Nell'impero bizantino nel VI secolo le paghe dei militari furono ridotte alla metà e poi ancora alla metà della metà nel VII secolo. Dopo la guerra con i Persiani (sempre loro), che durò 26 anni e lasciò l'impero esausto, venne deciso di lasciare le terre in affidamento ereditario a liberi soldati-contadini (soldier peasantry) che si riorganizzarono secondo un modello fondato su piccoli feudi autosufficienti. In questo modo, nonostante le entrate si fossero drasticamente ridotte, anche a causa della riduzione della popolazione decimata dalle pestilenze, fu possibile evitare un inasprimento delle tasse, legando i soldati-contadini al proprio territorio, lo stesso territorio che avrebbero dovuto difendere. L'amministrazione centrale e quelle locali furono pure drasticamente semplificate. Riducendo i costi dell'apparato militare e di governo, i bizantini si assicurarono migliori ritorni sul loro investimento più importante, l'esercito. Dopo una lunga crisi e guerre estenuanti, già nello VIII secolo Bisanzio ristabilì il proprio controllo sulla Grecia e sui Balcani meridionali e nello XI secolo estendeva nuovamente i suoi confini sino al Danubio. Sarebbe azzardato sostenere che l'impero bizantino possa costituire un esempio di governo fondato sull'autonomia dal basso, tuttavia non vi è dubbio che la risposta alla crisi di Bisanzio è stata una risposta maggiormente resiliente (resistente agli choc ambientali) e più efficace nel tempo rispetto a quella di Roma. Le vicende successive dei due imperi, nati entrambi dallo stesso ceppo del "grande" impero romano proprio nel momento in cui esso si fondeva con la nascente comunità delle chiese cristiane, furono complesse ed alterne. Alla crisi dell'impero di occidente, frantumato nei vari regni barbarici, corrispose fino allo 800 dC la ripresa dell'impero di oriente, più robusto e compatto economicamente, politicamente, militarmente, ideologicamente (oltre alla ideologia religiosa aveva rafforzato l'ideologia morale con un enorme apparato di leggi codificate da Giustiniano). Aveva inoltre un legame stretto e autoritario con le chiese cristiane orientali. Questo rapporto tra Chiesa e Stato, iniziato dallo stesso Costantino, si definisce "cesaropapismo" e significa che Cesare (l'imperatore) è superiore gerarchicamente al papa o al "patriarca" che dirige la chiesa. L'unico esempio occidentale di cesaropapismo formalizzato è la chiesa anglicana inglese capeggiata ufficialmente dal re. Ad occidente invece la chiesa cattolica, che in greco significa universale (almeno nelle intenzioni), priva di un partner regale con una struttura statale come quella di Bisanzio, aveva dall'inizio con Ambrogio da Milano una grande autonomia, tale che nel seguito nessun re o imperatore poteva ritenersi legittimato finchè non veniva consacrato dal vescovo di Roma.
La IV Crociata
Con la ripresa economica, politica e culturale dell'occidente europeo dopo il 1000 dC, è la volta dei cristiani cattolici, guidati dal vescovo di Roma, a rivolgersi ad Oriente con le Crociate. Con la Quarta Crociata organizzata con le navi veneziane nel 1200 viene messa a ferro e fuoco Bisanzio. Vengono colpiti i "fratelli" cristiani anziché gli "infedeli" islamici in quella che veniva chiamata "Terrasanta". Ma già prima nel 1054 dC era iniziato il Grande Scisma o scisma di oriente, senza particolari motivi religiosi ma solo per la pretesa del vescovo di Roma di comandare su tutte le chiese e comunità cristiane come unico rappresentante di Cristo. Durante il saccheggio, mentre i veneziani si concentravano su quelle cose che avevano un grande valore, i francesi arraffavano tutto quello che luccicava e si fermavano solo per ammazzare e violentare. Le cantine vennero depredate, i quasi cinquemila palazzi della città, che secondo le fonti custodivano i due terzi di tutte le proprietà mondiali accumulate fino ad allora, furono vandalicamente saccheggiati e dati alle fiamme. La città era piena di soldataglia avvinazzata che trucidava chiunque trovasse lungo il cammino. Gli indifesi cittadini venivano torturati perché rivelassero dove avevano nascosto i loro valori. I conventi vennero presi d'assalto, le monache stuprate, uccisi e torturati i monaci, molti vescovi e metropoliti e molti nobili e notabili bizantini furono incarcerati e altri assassinati. Vecchi, donne e bambini giacevano in pozze di sangue per le strade, già morti o morenti. L'impero bizantino dopo la breve vita dell'impero latino di oriente rinasce dopo la IV crociata e tramonta più tardi nel 1453 conquistato definitivamente dai turchi ottomani. Lascia parte della sua eredità culturale, come le tradizioni della chiesa ortodossa e la pratica del cesaropapismo, al nascente impero russo degli zar.
L'eredità di latini e bizantini
La scelta di Costantino prolungò di altri mille anni ad Oriente l'impero romano, permise la costituzione delle grandi monarchie occidentali e del substrato IEMP per le future civilizzazioni europee. Di questo substrato fanno parte l'elaborazione politica e militare dei principi della repubblica romana e del suo impero, del suo apparato giuridico raccolto da Giustiniano (ideologia morale codificata); l'elaborazione teorica del cristianesimo con la fusione delle tradizioni mesopotamiche, confluite nella Bibbia, e di quelle messianiche ebree di Gesù di Nazareth, con alcune correnti della filosofia greca (sono esclusi da questo processo culturale le tradizioni di sofisti, epicurei e atomisti, cinici, stoici, nonché dei misteri dionisiaci); lo sviluppo del mercantilismo su lunghe distanze basato su un avanzato sistema monetario internazionale da parte di Genova e Venezia, Milano e Firenze. Nel 600 d.C. in alcuni centri delle rotte commerciali arabe il cristianesimo influenza in modo determinante assieme all'ebraismo la nascita dell'Islam che costruirà un enorme intreccio IEMP "islamico" avente il suo centro focale nella religione. Sarà poi una espressione imperiale dell'Islam ad abbattere nel 1453 l'impero bizantino (nel 2000 gli USA e la Russia di Putin sono lì che affrontano ancora questo enorme sottosistema IEMP islamico nel quale prevale la componente ideologico-religiosa su quella economica). Se questi imperi avessero riconosciuto come sistemi cooperativi le comuni fibre IEMP che li univano avrebbero evitato una storia di saccheggi, violenza e ipocrisia durata millenni.
Imperi moderni
Differenze tra russi e americani
Gli imperi hanno avuto nel corso del tempo l'indubbia capacità di determinare in larga misura il corso degli eventi storici. Nonostante la loro immensa diversità nel tempo e nello spazio. Poi uno dopo l'altro sono crollati. Consideriamo gli ultimi due, l'impero sovietico riedizione dell'impero zarista (ex URSS) e l'impero americano (USA). Dalla conclusione della II guerra mondiale in poi ed ancora prima, dal tempo degli accordi di Yalta, queste due enormi concentrazioni di potere IEMP hanno dominato la scena mondiale e l'immaginario collettivo. Come gli imperi mesopotamici entrambi sono dotati della loro agenzia templare, un mix moderno di religione e morale, filosofia politica, cultura scientifica. Quella americana è un mix di fondamentalismo protestante, cultura accademica finanziata dalle multinazionali e dalla Fondazione Rockfeller, di pervasiva propaganda hollywoodiana della "american way of life" (pagata con i biglietti di ingresso al cinema o gli abbonamenti televisivi); quella russa era costituita da una ideologia dogmatica marxista-leninista erede della tradizione filosofica europea, da una sotterranea corrente imperiale panslavista (sembra condivisa dallo stesso Lenin), e da una ricerca scientifica in profonda distonia con le categorie astratte e cristallizzate della suddetta ideologia. Mentre gli americani sviluppavano in modo sperimentale scienze umane come l'economia (in primis), il management e la psicologia, i russi potevano ottenere qualche successo solo nelle scienze fisiche e matematiche ma con il grave problema di avere in Sacharov, padre del nucleare russo, un eminente oppositore politico. Nessuno più credeva nella ideologia ufficiale. Da questo derivava la debolezza intrinseca della componente ideologia/cultura sovietica e quindi la debolezza complessiva del suo sistema IEMP. Facciamo ora un confronto tra l'agenzia palatina americana e quella russa. L'agenzia palatina americana, il palazzo, il centro del potere politico-militare, è costituita da una élite fluida e dinamica che scambia al proprio interno i maggiori rappresentanti della politica statale e federale, dell'economia, dell'apparato militare. Questa élite è stata studiata in modo esemplare da un grande sociologo americano, Charles Wright Mills, nel suo libro "Le élite del potere", che analizza le interviste incrociate a 1000 rappresentanti di questa élite. L'élite sovietica invece era costruita in forma strettamente gerarchica con una piramide avente come vertice indiscusso il partito comunista. Una struttura dove il fattore economico, militare, ideologico-scientifico erano isolati tra loro e dipendenti in modo gerarchico da quello politico. A differenza dei russi i fattori EMP americani erano in relazione di scambio orizzontale tra loro e relativamente promiscui costituendo una rete a maglie più fitte e capace di adattarsi agli schock, come ad esempio subito dopo la sorpresa dei primi successi spaziali russi o dopo i segnali di crisi economica con la reaganomics. Abbiamo visto a grandi linee le differenti strutture IEMP dei due imperi secondo l'angolazione Tempio/Palazzo.
La gestione della crisi
Vediamo ora la loro diversa risposta alla crisi globale causata in primis dalla stessa concorrenza IEMP tra questi due imperi. Al primo tentativo di riforma con Gorbacev la struttura fatiscente URSS, dopo un fallimentare tentativo imperiale in Afghanistan, implodeva su sè stessa soprattutto politicamente, con la crisi del partito e della federazione sovietica, con grande sorpresa degli analisti della CIA e degli innumerevoli studiosi ed accademici che si occupano di scienze sociali (le scienze sociali in questo ed in altri casi di estrema importanza, come la conquista del potere da parte di Khomeini in Iran nel 1979 o le rivolte arabe del 2011, si sono rivelate prive di ogni capacità predittiva). La fragilità e il crollo improvviso di un impero "moderno" come la ex URSS potrebbe essere un segnale importante della gravità della crisi che stiamo attraversando. Gorbachev ha tentato, prima del collasso fatale, di salvare il complesso IEMP russo sovietico con una “rivoluzione dall'alto", la “perestroika”. Rivoluzione fallita, come tutte le rivoluzioni, creando una miseria generale, la disintegrazione della rete scientifica russa (Ideologia), la disintegrazione della tessitura produttiva soggetta ora a mafie economiche che si combattono tra loro con una concorrenza di tipo criminale (Economia), la cristallizzazione del sistema politico irrigidito in un autoritarismo ostentato e armato di missili nucleari (Politico e Militare). In USA con Reagan si procedeva, dopo le prime avvisaglie della crisi che si presenta come "stagflazione" negli anni 1970, ad una profonda riforma del sistema capitalistico con il liberismo monetarista dei Chicago Boys e soprattutto con la "deregulation”, con il classico keynesismo militare imperiale (anche se lo scudo stellare non è andato in porto perchè irrealizzabile e inutile), con la spinta ideologica all'iperconsumismo o "edonismo reaganiano". La deregulation inglese e americana mirava a ridurre drasticamente la “burocrazia” (ricordiamo: inventata a Sumer in Mesopotamia 5000 anni prima), snellendo la linea di comando delle grandi imprese capitalistiche multinazionali con l'outsourcing (affidare i lavori meno importanti e qualificati ad altre imprese), la delocalizzazione (nei paesi a basso costo di manodopera e senza vincoli ambientali contro l'inquinamento), la ristrutturazione di una unica grande impresa in più aziende autonome con un loro budget (fine del fordismo/taylorismo), il taglio di rami secchi in deficit (come le miniere in UK), l'eliminazione delle categorie lavorative tecnologicamente obsolete con la loro espulsione dal mercato del lavoro (e la creazione di milioni di homeless). Ma anche questa “rivoluzione dall'alto” come la perestroika russa ha grandi difficoltà e non risolve il problema centrale della organizzazione economica perchè si appoggia a sistemi produttivi come quello cinese che applicano metodi capitalistici obsoleti come il fordismo-taylorismo, rigettati perchè inefficaci nell'occidente a capitalismo maturo (ed in Giappone). Infatti come all'epoca dell'impero romano le tribù "barbare" germaniche erano accettate dentro i confini per aiutare a difenderli, così oggi l'economia cinese è dentro l'economia americana di cui rifornisce i supermercati.
L'egemonia americana, come è stata costruita
Il confronto USA/URSS finisce con la vittoria americana e si passa alla attuale "egemonia" USA. Per comprendere come si esplica oggi questa egemonia è necessario ripercorrere le tappe della politica americana dalla II guerra mondiale in poi. Questa capacità di controllare la vita di miliardi di esseri umani si basa su una avanzata tecnologia militare e su una estesa rete di basi diffuse nei luoghi strategici del pianeta. Gli USA nel corso della II guerra mondiale avevano costruito per primi la bomba atomica. Dopo la sconfitta militare dei nazisti e mentre i giapponesi trattavano la resa senza condizioni, due bombardieri americani sganciavano su Hiroshima e Nagasaki le prime terrificanti armi di sterminio di massa nucleare. La stessa logica distruttiva imperiale terroristica di Sargon di Akkad colpiva una popolazione inerme con la tutta la scienza e la tecnologia sviluppate nel corso di 4000 anni. Tra USA e URSS nasceva allora una gara nel costruire la massima potenza distruttiva, subito dopo la fine della più catastrofica guerra cui avesse assistito il pianeta. Nasceva il MAD ovvero la Mutua Distruzione Assicurata (in inglese: Mutual Assured Destruction). La logica MAD ("mad" in inglese significa "pazzo") consiste in questo: per convincere l'avversario della inutilità di infliggere un primo colpo totalmente distruttivo, bisogna costruire e tenere pronte all'uso armi nucleari automatiche a sufficienza per rispondere colpo su colpo, una, due, tre, dieci volte. Con questo russi e americani hanno accumulato un potenziale distruttivo capace di distruggere l'umanità decine di volte. Queste armi sono ancora stivate nei loro arsenali segreti e nessuna trattativa è in corso tra i loro "creatori" per smantellare definitivamente questo insulto all'umanità, alla ragione, alla vita, all'intero pianeta. L'idea stessa di distruggere con totale indifferenza ogni forma di vita sul pianeta (a parte alcuni insetti) è inconcepibile. Queste armi nucleari hanno proliferato e sono numerosi i paesi in conflitto tra loro che potrebbero usarle, come India/Cina o India/Pakistan o Israele/Iran, o Russia/USA, o Russia/Cina, o Cina/USA. Il MAD e più in generale le armi di distruzione di massa costituiscono uno dei tre principali punti di crisi che l'umanità deve oggi affrontare. Gli altri due sono, come vedremo, la crisi economica capitalistica e il collasso ambientale. Se questo è il punto di arrivo della "civilizzazione" iniziata a Sumer vuol dire che sicuramente si è presa una strada molto pericolosa, non ieri o 500 anni fa con il moderno capitalismo come sostengono i marxisti autori del castastrofico esperimento russo, ma molto prima, con la nascita degli stati, della guerra, degli imperi, della stratificazione sociale a livelli molteplici, della gerarchizzazione di ogni aspetto della vita di relazione umana, della domesticazione di donne, bambini, uomini come fossero animali d'allevamento da utilizzare a proprio piacimento. Vediamo ora la strana relazione tra democrazia e imperialismo valida per gli USA, come era stata valida per inglesi e francesi. Se ci si stupisce per la definizione di "impero" associata ad un paese che si proclama libero e democratico come gli USA, ricordiamoci che anche il primo impero romano aveva istituzioni "democratiche". Le aveva ed è famoso tra gli storici anche il terribile imperialismo ateniese di Pericle, campione di democrazia (per gli ateniesi). Caio Giulio Cesare era il capo del partito democratico ed era allo stesso tempo l'esponente del più cinico imperialismo. Caio Giulio era stato anche pontifex maximus, responsabile del culto degli dei cittadini nella capitale. Caio Giulio come Costantino aveva unificato in sé le reti IEMP dell'epoca. È compito dell'apparato politico dell'impero gestire in modo opportuno il consenso interno al suo "centro" geografico distribuendo in modo oculato i vantaggi derivanti dalla propria posizione di dominio sulla estesa "periferia" dell'impero e la democrazia è anche un sistema di redistribuzione delle risorse raccolte nell'impero. I cittadini degli Stati Uniti ad esempio consumano le risorse del pianeta in una proporzione maggiore della loro quota numerica, di gran lunga maggiore anche nei confronti dei paesi europei. Viene esportata in tutti gli altri paesi questa precisa ricetta: democrazia rappresentativa basata su due soli partiti e una economia cosiddetta di libero mercato che permetta ai capitali ed ai dollari di entrare di diritto nelle economie locali. La democrazia, fondamento storico della federazione americana, va intesa come un modello standard di istituzione politica stabile e facile da controllare da parte del ristretto nucleo dirigente dell'impero che controlla scuole, chiese, giornali, associazioni, partiti. Esportarla significa rendere simili e controllabili le élite locali, come facevano i romani. Il modello economico del libero mercato (libero” nel senso che dovrebbe essere privo di ogni interferenza statale) è invece sponsorizzato e imposto di fatto dal "Washington Consensus" costituito da Fondo Monetario Internazionale (IMF), Banca Mondiale (WB), Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Queste organizzazioni risiedono a Washington e si ritiene che siano influenzate dai personaggi dell'élite di potere americana. Il mercato è “libero” dunque ma le regole del libero mercato sono stabilite in modo ferreo a Washington. Il loro compito è garantire che ogni stato apra in entrata ed uscita i flussi di merci, servizi, capitali, umanità in cerca di lavoro. Il mercato internazionale ha i suoi più importanti punti di riferimento finanziario nelle borse di Londra e New York. Gli stati che non accettano sono emarginati e chiusi in una specie di embargo, soprattutto finanziario o di esplicite "sanzioni economiche". Attraverso questi due meccanismi l'impero americano, per quanto abbacchiato (guerra di Corea negli anni 1950, guerra in Vietnam negli anni 1960, guerra in Iraq e Afghanistan poi), riesce ancora a controllare la situazione mondiale a suo vantaggio. Gli USA assorbono una enorme percentuale delle risorse planetarie, dal petrolio alla frutta, dai metalli alle manifatture tecnologiche; consumano circa un quinto dell'energia mondiale, contribuendo in modo corrispondente all'inquinamento atmosferico; impongono il dollaro come moneta di scambio a tutto il resto del mondo garantendosi il diritto di stampare moneta a loro piacimento (Michael Mann chiama questo sistema il "signoraggio del dollaro"). In poche parole la fanno da padroni. Quanto alla democrazia, pur essendo un valore genuinamente sentito da tutti gli americani, rimane una parola vuota se la partecipazione alle elezioni scende sotto il 50% o il governo federale appoggia giunte fasciste in America Centrale, Pinochet in Cile, PolPot in Cambogia, Saddam Hussein in Iraq, i Talebani in Afghanistan, i colonnelli in Grecia, lo “scià” Reza Palhavi in Persia (in realtà il figlio di un uomo forte dell'esercito iraniano, comandante la brigata cosacca), per non fare una lista esaustiva dei regimi appoggiati e finanziati dagli USA nel mondo. A volte questi fantocci si rendono autonomi e si ribellano ai loro burattinai diventando all'improvviso dei "mostri" come Saddam Hussein o i Talebani. Questo controllo si vale soprattutto del supporto militare fornito ai fantocci, sul piano della formazione, dell'addestramento, della fornitura di armi. Un altro fondamentale strumento di interferenza è la forza economica e la capacità di guidare nei paesi "alleati" capitali e investimenti commerciali. Tutto questo rientra nelle 5 caratteristiche fondamentali di un impero viste con Sargon di Akkad.
L'egemonia americana
Il nuovo corso. La CIA dimostrava una grande capacità di manovra nel destabilizzare governi sfavorevoli e nel favorire governi alleati, fino all'anno della presa del potere di Khomeini in Iran nel 1979. La rivoluzione iraniana, assolutamente non prevista dai vari esperti (nè dalla CIA nè dai ricercatori in scienze sociali), è uno chock per l'Intelligence statunitense. Capiscono che l'essere riusciti a rovesciare un moderato come Mossadeq nel 1953 assieme agli inglesi (ed alla Anglo-Iranian Oil Company) ha comportato alla lunga la reazione popolare iraniana e la presa di potere di un nemico dichiarato degli USA come Khomeini (che li chiamava il Grande Satana). Da quella data assistiamo ad un cambio di strategia, ad un passaggio dal brutale strumento dei colpi di stato militari ad una più sofisticata interferenza politica, centrata sulla richiesta di "democraticità", sulla lotta alla corruzione, sulla necessità di sicurezza, anche sulla difesa strumentale dei diritti della donna come nel caso delle diatribe con i paesi arabi ostili (ma non con l'Arabia Saudita dove alle donne è vietata la guida delle auto), sullo sviluppo economico nei termini liberisti di sviluppo del PIL, in modo adeguato allo specifico contesto politico del paese interessato. Si è rivelata precaria nel medio periodo la sostituzione meccanica delle élites autoctone con fragili élites militari usate come proxies. Nel nuovo modo invece si può regolare la formazione ed il ricambio delle élite politiche locali senza effetti imprevisti a lungo termine. Per far questo ci si può avvalere di partiti politici locali anche radicali o "populisti" che non mettano in discussione la presenza delle basi americane nel mondo nè la nuova religione del credo economico liberista del "Washington Consensus" (IMF, WB, WTO). La storia italiana dal 1945 agli anni recenti è un esempio di queste terribili interferenze "imperiali" americane, motivate solo all'inizio dalla guerra fredda con l'URSS. Da Portella delle Ginestre (1947) alla stragi di piazza Fontana (1969), di Brescia, di Bologna (1980), dell'Italicus, di Ustica. Da Gladio a Sindona, alla fine di Enrico Mattei, all'episodio di Sigonella, è tutto un filo rosso di attentati mirati a spaventare una intera nazione e a privarla della sua sovranità. In modo analogo e simmetrico l'impero sovietico, forte soprattutto delle sue armate corazzate, disponeva di partiti politici totalmente manovrati nei paesi di influenza americana come l'Italia. Nei paesi del cosiddetto "terzo mondo" i russi utilizzavano i movimenti di liberazione locali che volevano sganciarsi dalle ex colonie europee per "aiutarli" a costruire regimi "socialisti" a loro affini e da loro dipendenti. Tranne pochi casi, tra cui quello famoso di Cuba, non ebbero successo perchè intendevano sostituire il dominio imperiale occidentale con il proprio. È importante valutare i fatti politici al di là dei vari personaggi che ricoprono con la loro maschera ruoli stabiliti da altri. La storia di tutti questi paesi "dipendenti" era stabilita con brutalità e cinismo da forze estranee alla loro cultura ed alla loro libertà. La storia degli imperi, anche quelli più antichi, è una ragnatela di complotti e interferenze politiche. In moltissimi casi gli imperi comandavano delegando altri "sovrani" o insediavano come eredi di una dinastia quelli a loro favorevoli aiutandoli con armi ed armati e con soldi e favori politici e commerciali. Niente di nuovo sotto il sole imperiale se non un enorme aumento della manipolazione tramite le comunicazioni di massa. Ancora oggi molti intellettuali si schierano con un impero o con l'altro senza vederne la comune struttura di dominio che li caratterizza. Schierarsi con l'uno o con l'altro non fa e non ha fatto molta differenza, anche perchè un impero unico ed egemone su tutto il globo potrebbe non essere una buona soluzione. Per questo gli imperi antichi e moderni vanno conosciuti nella loro realtà di configurazione di dominio.
Crisi
Questo gigantesco meccanismo di accumulazione di ricchezze, di costruzione di una pletora di ruoli sociali e di nuovi mestieri, di burocrazie e di eserciti ramificati in interi continenti, di conoscenze che si espandono facendo diventare la ricerca scientifica oggi la principale attività umana, ha cominciato a rallentare e forse ha raggiunto un punto di crisi. Gli imperi, gli stati-nazione, il capitalismo nella sua ultima versione liberista-monetarista sono strettamente intrecciati in questa crisi. Io mi limiterei a valutare gli indicatori che comprendono tutte e tre queste macro organizzazioni moderne. Gli indici che possiamo usare sono i deficit finanziari degli stati-nazione, i “debiti sovrani”, la insoddisfazione delle masse umane, la loro diminuita partecipazione politica o le loro improvvise proteste, il peggioramento generale della salute fisica (anche se le aspettative di vita aumentano complessivamente) e psichica (molto importante), l'aumento del degrado dell'ambiente che garantisce la nostra sopravvivenza fisica e psichica. È un quadro talmente nuovo e complesso che si possono avanzare solo delle ipotesi, senza alcuna pretesa di certezza. Un quadro altamente probabilistico dove la nostra volontà e intelligenza collettive potrebbero agire con successo. Le ipotesi per spiegare queste crisi sono di tre tipi:
- rendimento decrescente della organizzazione sociale,
- limiti dell'ambiente naturale e impatto ambientale,
- demotivazione profonda soprattutto nelle nuove generazioni.
Un esempio lampante di questo malfunzionamento del complesso IEMP mondiale sta nell'enorme spreco alimentare. Il cibo è la principale risorsa, dopo l'acqua, per la nostra sopravvivenza come specie. Il regista tedesco Valentin Thurn, nel suo film documento "Taste the Waste" ("assaggia lo spreco"), rivela una realtà sconcertante: quasi la metà del cibo prodotto in Occidente viene gettato via, spesso prima di arrivare ai supermercati. Si tratta di una quantità tre volte superiore a quella che servirebbe per nutrire tutti gli affamati del mondo. Inoltre c'è un enorme spreco di energia il cui consumo si potrebbe ridurre di un terzo riducendo l'inquinamento ambientale. La struttura sociale, sempre più frammentata in segmenti verticali e orizzontali, fa aumentre i costi spesi dagli strati sociali superiori nel controllo degli strati sociali inferiori e nella concorrenza degli strati superiori tra loro. Questi costi forse superano il rendimento complessivo del sistema IEMP mondiale. Come nel caso già visto dell'impero romano e bizantino le risorse estratte non sono più sufficienti ad alimentare il sistema. I costi diretti sono costituiti da guerre, repressioni, corruzione, mantenimento di enormi burocrazie economiche politiche militari ideologiche costosissime (si pensi ai costi dei top manager i cui rendimenti sarebbero tutti da verificare o alle spese militari segrete), consumo stellare di massa di vari tipi di droga con rendimenti caotici di coloro che le usano compresi i top manager, costruzione di ogni genere di armi usate a scopo di deterrente come quelle nucleari o quelle sperimentali come lo scudo stellare di Reagan, la corsa allo spazio (per andare in quale direzione?), calcoli maniacali dei costi di ogni minima attività (nei quali sono applicate più computer e più persone che nella produzione di beni e servizi), spese per la pubblicità (40% delle spese industriali), per la propaganda politica, per l'attività di spionaggio militare, politico, economico e ideologico-privato. Per fare un esempio concreto: una società italiana che produce servizi di informatica (software) potrebbe avere 400 dipendenti, 100 sviluppano e mantengono i programmi (il bene-servizio), 300 rispondono in un call-center alle domande (reclami) dei clienti, o svolgono compiti amministrativi e commerciali. Perchè non impiegare 350 sviluppatori bravi ed avere un servizio eccellente con soli 50 addetti alle domande dei clienti (help desk) ed a compiti amministrativo-commerciali, magari anche loro programmatori in fase di training, abbattendo la logica tayloristica della classica divisione del lavoro parcellizzato? Impossibile fare un calcolo esatto delle risorse impiegate nei controlli, nella concorrenza, nella distruzione di risorse altrui, nella pubblicità, nella mancata manutenzione. Molti di questi costi negativi (incidenti, malattie, assicurazioni) entrano come voci positive nel calcolo del Prodotto Interno Lordo (PIL) dando la fallace sensazione di uno sviluppo economico. Il ciclo di vita dei beni materiali viene artificialmente accorciato creando costi enormi di smaltimento dei rifiuti e degrado ambientale (che qualcuno vorrebbe far rientrare nel circuito del business capitalistico). Le distruzioni poi apportate all'ambiente naturale, alla salute, al tessuto sociale, stanno presentando il loro terribile rendiconto in termini di costi economici indiretti non visibili nell'immediato, come inquinamento, cambiamento climatico, effetto serra, minacce alla biodiversità, esaurimento di risorse finite come metalli, petrolio, uranio, foreste, acqua. Infine la distruzione dello strato fertile dei terreni coltivati chimicamente comporta il rischio di crisi alimentari causate da una agricoltura tutta basata sul petrolio per produrre energia, fertilizzanti, pesticidi (fitofarmaci). Cominciano ad esserci segnali di preoccupazione crescente verso malattie causate dallo stile di vita, dall'inquinamento, dal riscaldamento globale. Molti individui e gruppi umani sperimentano sulla propria pelle i fenomeni distruttivi di questo complesso IEMP e cominciano a dubitare di questo gigantesco meccanismo planetario di omologazione culturale esprimendo una forte protesta a livello politico e culturale. Nel loro intimo moltissimi, forse la grande maggioranza, per i motivi più svariati e personali, non credono più in questo progresso, promesso insieme da una pubblicità commerciale e da una propaganda politica che ormai si assomigliano. Per capire dove siamo diretti è giusto guardarsi allora all'indietro, al cammino percorso, e ricordare i miliardi di poveri del pianeta che soffrono la fame e la violenza di guerre atroci e che sono le prime vittime di questo processo di "civilizzazione". Ricordiamo le centinaia di milioni di esseri umani distrutti perchè di pelle diversa dalla bianca e di cultura diversa da quella occidentale europea. Ricordiamo tutte le vittime delle infinite guerre intestine alla civiltà europea occidentale e dei genocidi che vi sono accaduti e vi accadono. Ricordiamo i nostri antenati, contadini, orticoltori, cacciatori-raccoglitori, tutti gli esseri viventi del pianeta, rispettiamoli senza pretese di fatua superiorità tecnologica, per riportare in superficie gli strati profondi della storia, della preistoria, della intera evoluzione biologica e approntare soluzioni adeguate all'intera comunità planetaria. Questa situazione di ordine apparente e di caos sostanziale si è condensata in tre crisi principali che dobbiamo affrontare e che sono strettamente intrecciate tra loro. Le possiamo guardare con fiducia se partiamo con il piede saldo di chi le vuole superare con buona volontà, ognuno con i suoi mezzi. Le tre crisi fondamentali, che ci troviamo davanti, ora e nei prossimi anni, sono:
- [A] il pericolo delle armi nucleari
- [B] la crisi economica capitalistica
- [C] il cambiamento climatico, l'inquinamento, la distruzione dell'ambiente
Si tratta di problemi ben noti ma aggravati da:
- [A] non gestire il problema (caso A),
- [B] perseverare nell'applicare come cura la causa stessa del male (caso B),
- [C] ritardare la presa in carico dei vari problemi ambientali (caso C).
In tutti i tre grandi problemi pesa l'inerzia o l'azione deliberata del "manto imperiale" americano che cura i suoi interessi egemonici. Nel caso degli armamenti nucleari la proliferazione è ormai fuori controllo. Le maggiori potenze del club atomico si limitano a ostacolare l'ingresso a potenze regionali come l'Iran senza avere alcuna intenzione di condurre le necessarie trattative sullo smantellanto definitivo di tutte le armi nucleari strategiche o non, come lo stesso Iran richiede a garanzia della sua rinucia al nucleare. Dice Immanuel Wallerstein, storico, sociologo, analista americano, a proposito delle trattative dirette sul nucleare tra Iran e USA: "Il declino della potenza USA ha riaperto il problema. Sembra chiaro che gli USA siano contro la proliferazione ma non sono ora in grado di minacciare in modo credibile ritorsioni militari per bloccare la proliferazione. Per questa ragione paesi che avevano rinunciato alle armi nucleari per via della loro fiducia sul supporto americano in caso di conflitto o per via della paura che gli americani intervenissero nella loro politica interna, stanno riconsiderando la loro rinuncia alle armi nucleari. Le recenti dichiarazioni del primo ministro del Giappone Shinzo Abe vanno in questa direzione. E naturalmente è probabile che vi sia un contagio locale. Se il Giappone si muove in quella direzione , così faranno Sud Corea, Australia, e probabilmente perfino Taiwan. Sia Egitto che Saudi Arabia stanno riflettendo su questa possibilità, come pure Iraq e Turchia. E Brasile e Argentina non possono stare troppo indietro. Perfino in Europa , Svezia, Norvegia e Spagna possono lanciare programmi in tal senso, e probabilmente l'Olanda. Inoltre le precedenti zone nucleari dell'Unione Sovietica - Bielorussia, Ucraina, Kazakhstan - hanno le conoscenze per ripartire. Così se non ci sarà accordo tra USA e Iran il dito sulla falla della diga verrà tolto. Questo è in gioco in queste difficili trattative ". Nel caso della crisi economica ci troviamo di fronte a un fenomeno più difficile e complesso di quello della grande crisi del 1929. Una autorità economica americana ufficiale, Lawrence (Larry) Summers, consigliere di Obama e uno degli inventori dei famosi “derivati” (strumenti finanziari di secondo livello, di speculazione sui rendimenti futuri degli strumenti finanziari di primo livello da cui "derivano”), ha dichiarato di recente (inizio 2014) che ci si trova davanti ad una “stagnazione economica secolare”, perchè le imprese capitalistiche non riescono a fare profitto e investono nella speculazione finanziaria (che anc'egli ha contribuito a creare con i derivati). Ma la crisi economica deve fare i conti soprattutto con i limiti finiti delle risorse umane e naturali del pianeta, per orientarsi verso nuovi valori e stili di vita e di consumo. Il pericolo è che il meccanismo economico capitalistico, basato sull'accumulazione e il profitto e quindi sulla necessità della crescita, si spezzi drammaticamente appena la crescita diventi impossibile, per i raggiunti limiti fisiologici del pianeta o la debolezza intrinseca del complesso sociale, diviso, frastornato, deluso, esaurito nella sua spinta vitale. Quanto alla crisi ecologica, incontrollabile senza un accordo politico, è più documentata dall'informazione e viene in parte contrastata dalla iniziativa di scienziati, meteorologi, biologi, associazioni di difesa dell'ambiente e della salute. Ma è anche il pericolo più subdolo, più sconosciuto e imprevedibile. Noi non sappiamo, nonostante tutte le conoscenze acquisite, quale potrebbe essere la reazione della Natura al nostro comportamento. Da un certo momento abbiamo smesso di considerarla sacra per seguire altre divinità "venute dal cielo".
Sistemi cooperativi
Ricerche recenti di biologia evoluzionista indicano nel mutualismo intraspecifico e interspecifico, nella cooperazione altruistica nelle nicchie che costituiscono gli "ecosistemi", nella collaborazione tra specie diverse e tra individui della stessa specie, uno dei fattori principali dell'evoluzione, assieme alla selezione naturale, alla dura legge della selezione naturale. Nelle società "primitive", che sono tutte molto diverse tra di loro a differenza della nostra, la violenza è presente ma i conflitti sono manifestazioni più che altro simboliche aperte ad una prevedibile trattativa pacifica. Questo aspetto cooperativo capace di assorbire la violenza e gestire i conflitti deve ancora essere organizzato e sviluppato a livello culturale in forme adeguate ai tempi su una scala mai raggiunta in precedenza. Il genere umano ha sviluppato il suo apparato simbolico, la sua "cultura" basata sul linguaggio e la comunicazione, a livelli mai visti prima nel mondo animale, dove è purtuttavia presente, ma probabilmente dovrà continuare a sviluppare questo apparato simbolico adattandolo secondo le necessità di sopravvivenza a scelte consapevoli di stili di vita. Lo sviluppo delle comunicazioni è la manifestazione esterna di questa intima necessità di crescita culturale generalizzata basata in primis sul dialogo, l'empatia, lo scambio di esperienze di ogni tipo, soprattutto emozionali e artistiche prima ancora che cognitive o razionali. Il quadro storico fin qui disegnato, che vede la presenza di strutture di dominio come gli imperi o gli stati organizzati all'interno di una rete capitalistica liberista e monetarista, vede fortemente limitata la capacità di autogoverno dei cittadini dei vari paesi, la loro possibità di determinare e autodeterminare il loro vivere quotidiano, di esercitare una democrazia reale, e quindi la possibilità di costruire cultura e conoscenza secondo le esigenze del loro sviluppo umano. Molti credono sinceramente al valore protettivo di questa gabbia imperiale, di questa civiltà che ci ha dato grandi meraviglie tecnologiche, artistiche, culturali (anche se la maggioranza degli intellettuali criticano questo sistema di potere) Ma questa civiltà ci ha tolto la sorpresa continua di vivere negli spazi aperti della natura e della nostra creatività. Altri hanno la consapevolezza di vivere ingabbiati in una griglia che lascia poche possibilità di scelta e provano sentimenti di impotenza o di ribellione. La situazione è talmente complessa, dopo 5000 anni di storie incrociate con infiniti fili esistenziali, da richiedere la massima razionalità e una lucidità serena. Sono fallite le scorciatoie rivoluzionarie, le semplificazioni teoriche, le soluzioni individuali. Ognuno di noi è l'unico in grado di gestire al meglio la sua vita ma può aiutare gli altri a gestire la loro e ricevere in cambio il loro aiuto. Per decine di migliaia di anni la specie umana ha fatto proprio questo con successo, dai piccoli gruppi familiari raccolti nei villaggi a intere civilizzazioni geograficamente estese come l'Antica Europa. A volte però l'evoluzione si infila in labirinti difficili da cui è arduo uscire. Ma, come si dice, identificato il problema si è già sulla via della soluzione, una soluzione che può essere solo una paziente costruzione collettiva. Anche perchè sulla via della soluzione si incontra una folla variopinta di persone, persone qualsiasi ma assolutamente geniali, che ci danno idee, spunti, conforto, simpatia, un possibile mondo di relazioni intense, sofisticate, empatiche, variegate, di mille colori . La soluzione proposta è quindi quella razionale ed emozionale allo stesso tempo di una grande cooperazione mutualistica che coinvolga sia gli esseri umani sia tutta la biodiversità sopravvissuta nell'ambiente. Ma questa cooperazione deve essere guidata dalle esperienze fatte finora, da una precisa conoscenza della storia percorsa sino ad oggi, che vede nella stratificazione sociale conseguente alla nascita degli stati, nella formazione degli imperi, nello sviluppo del capitalismo i suoi processi principali. Si tratta di innescare dei processi che gradualmente riducano la stratificazione sociale portando nei moderni stati-nazione forme sempre più avanzate di democrazia effettiva e che aiutino l'impero residuo, gli USA, a trasformarsi in un avanzato sistema cooperativo. Gli USA dovranno riuscire a imbrigliare corporation aggressive come Monsanto, General Electric, JPMorgan, i petrolieri che vogliono salvaguardare gli investimenti fatti nell'energia fossile. Il sistema economico attuale basato sul capitalismo può trasformarsi e fondersi con un sistema molto diverso basato sulla cooperazione e sulla condivisione della conoscenza. Così potranno salvarsi dall'inesorabile declino imperiale e dalle aggressive autocrazie russe e cinesi nonchè da varie teocrazie amiche/nemiche, aiutandole a loro volta a svilupparsi in senso cooperativo come chiedono le nuove generazioni di questi paesi. Questa rete può costruire la base di una coesistenza pacifica tra tutti i popoli come si ipotizzava nel 1963 con J.F.Kennedy in USA, Nikita Krushchev in URSS, Giovanni XXIII nella Chiesa di Roma. Questo può avvenire con la costruzione di sistemi cooperativi capaci di diffondersi su tutti i mezzi di comunicazione umana, dai più tradizionali ai più recenti, propagandosi contemporaneamente all'interno di tutte le rigide strutture organizzative costruite nei secoli: imprese capitalistiche, partiti, gruppi di lavoro e di ricerca, comunità e associazioni, stati, istituti religiosi, famiglie, scuole, burocrazie, in ogni attività. Tutte questi gruppi organizzati gerarchici, stratificati, autoritari, oggi sono profondamente in crisi. Sistemi cooperativi importanti e significativi sono stati costruiti e provati con successo in tempi recenti. Attraverso questi sistemi cooperativi, in ogni sfera dell'attività umana, si può gradualmente ricomporre dall'interno quella terribile frattura che abbiamo chiamato "stratificazione sociale" e che attraverso la formazione delle prime città-stato ha portato agli imperi con le loro catastrofiche guerre di conquista. Il segreto per realizzare questa transizione a sistemi cooperativi che si intreccino tra loro consiste nel partire dall'esistente e dalla propria concreta esperienza anzichè da modelli astratti. L'esperienza della ex URSS e della sua implosione dimostrano che i modelli astratti non funzionano. I modelli teorici di cambiamento sociale IEMP vanno prima provati attraverso la partecipazione di chi li deve vivere, come le strutture di un grattacielo, di un camion, di una centrale idroelettrica, o la misura di un abito elegante. La sperimentazione individuale diretta di nuove pratiche sociali IEMP va eseguita negli ambienti che meglio si conoscono e che più spesso viviamo: il lavoro, la famiglia, le riunioni conviviali e culturali, l'arte, lo spettacolo, lo sport, la spiritualità. Si tratta di estendere il principio gandhiano "Sii tu il cambiamento che vuoi portare" all'intera sfera sociale che viviamo in quanto IO-NOI. La applicazione di modelli astratti invece comporta la nostra alienazione dai luoghi e dalle situazioni nelle quali viviamo e che ben conosciamo. Va a finire di solito che ci troviamo con chi già la pensa come noi e da lì ragioniamo come estendere i modelli costruiti in modo astratto dai reali contesti, cercando poi il modo di convincere gli "altri". Anzichè trovare buone pratiche operative e cooperative con coloro con cui ci siamo riuniti e soprattutto con coloro con cui lavoriamo, abitiamo, con coloro che amiamo in mille infiniti modi diversi. Possiamo agire nei gruppi umani coi quali siamo interdipendenti e nei quali abbiamo i nostri riferimenti, le "configurazioni" di Norbert Elias. Normalmente invece partecipiamo a riunioni o assemblee dove decidiamo di proporre nuove leggi per tutti, in genere in occasione di elezioni di rappresentanti che poco si conoscono, secondo una pratica diffusa chiamata "fare lobbying". Da lì poi torniamo frustrati alla nostra vita di sempre che prosegue come prima. Certo che è utile fare riunioni e assemblee ma ognuna deve portare a piccole ma significative modifiche della nostra vita quotidiana, per essere vissuta provata e immediatamente utilizzata per favorire il potenziamento del gruppo in cui stiamo operando. Solo in questo modo è possibile agire contemporaneamente su tutte le reti del potere sociale del complesso IEMP. L'elenco delle possibili applicazioni della cooperazione mutualistica può comprendere, naturalmente in gradualità e contesti diversi, l'industria (Toyota Management System), l'esercito (in USA si sperimenta una attenuazione della gerarchia), la CIA (che condivide in modo cooperativo al proprio interno le informazioni tramite intellipedia), le comuni di agricoltori spagnoli, i pescatori di aragoste del Maine, la comunità internazionale del Free Software, la scienza Open Access, la tecnologia Open Source dei Makers, l'arte che si può liberamente scaricare da Internet, praticamente tutto. Un modo semplice ed efficace che io pratico con soddisfazione per la costruzione di sistemi cooperativi è la partecipazione attiva ai GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, nome nuovo per le vecchie cooperative di consumo. Con i GAS che trattano soprattutto cibo biologico e beni/servizi a filiera corta, si entra nella economia locale, l'agricoltura biologica, l'alimentazione, lo stile di vita, l'energia, la salute, la politica come rapporto partecipativo con le amministrazioni locali e la Unione Europea, il mercato equo solidale. Tutto ciò permette alle persone di unirsi pur mantenendo la propria diversità di visione, che è sempre una ricchezza, partendo proprio dall'amore per se stessi, per i propri cari, per il proprio territorio. I passi essenziali per la costruzione di sistemi cooperativi e la conversione dei sistemi gerarchici in sistemi cooperativi sono tre e sono entrambi necessari:
- OBIETTIVI CONDIVISI: il punto di partenza per costruire una comunità ad hoc
- FIDUCIA:la costruzione consapevole di una fiducia reciproca
- CONOSCENZA CONDIVISA: la costruzione razionale di una conoscenza condivisa e aperta
La costruzione di una fiducia sempre più estesa può demolire teorie nichiliste come quelle che guidano oggi i governi e la politica. Sono le teorie della concorrenza, della forza, della violenza, della repressione, le teorie del Leviatano di Hobbes e del Principe di Machiavelli, le teorie del peccato originale. Teorie che erano il riflesso delle paure e delle pratiche tenebrose di un mondo che semplicemente non può più continuare. Agire insieme in modo paritario è possibile solo su obiettivi condivisi definiti con precisione. La fiducia si costruisce solo con il contatto diretto faccia a faccia. La conoscenza condivisa apre le vie della creatività e dello sviluppo culturale collettivo. Se le analisi fatte sulle cause dei nostri problemi e sui possibili rimedi sono corrette, è importante agire in armonia e in contemporanea sui piani della cultura, della politica, dell'economia, relegando il mondo militare della forza letale al ricordo di un labirinto evolutivo dal quale uscire definitivamente. Si tratta di una profonda riforma del sistema capitalista nel quale siamo immersi da circa 5 secoli, che forse avrebbe potuto evolvere diversamente se non si fosse intrecciato dall'inizio con gli stati-nazione e gli imperi. Stanno nascendo nuovi modelli economici cooperativi, solidali, sostenibili, alternativi e diversi, con i quali il mondo capitalista può mescolarsi e competere trasformandosi per sopravvivere. Uno dei settori economici più importanti è l'agricoltura organica, la vera grande "green economy", che oggi sfama centinaia di milioni di persone nel sud del mondo, nonostante venga spregiativamente definita "agricoltura di sopravvivenza", e che per ironia del destino nel nord del mondo produce il "cibo di qualità" biologico o biodinamico per una minoranza privilegiata. Infatti la cosiddetta "rivoluzione verde", l'ennesima rivoluzione dall'alto fallita, iniziata con l'applicazione dei derivati chimici del petrolio ed arrivata a sperimentare gli OGM, funzionali a questi stessi derivati chimici, intendeva applicare all'agricoltura ed alla natura i metodi produttivi fordisti-tayloristi obsoleti nell'industria manifatturiera. Mentre il petrolio sta per finire, i terreni trattati con la chimica ed in modo meccanicamente invasivo con arature profonde stanno diventando sterili. Gli OGM sono un tentativo maldestro di rimediare questo fallimento creando geneticamente delle piante capaci di resistere o di assimilare gli antiparassitari chimici creati con i derivati del petrolio. L'agricoltura organica con la sua alta intensità di lavoro umano potrebbe essere un buon campo di sperimentazione della cooperazione che si riallaccia in forme moderne alla tradizionale agricoltura prima della chimica. Il tentativo allora è di riportare in primo piano la cooperazione senza pretendere di eliminare i conflitti e la competizione, che vanno strettamente controllati ma che sono ineliminabili e che serviranno ancora per trovare la migliore via evolutiva e la migliore soluzione ai futuri problemi. Le persone definite "comuni", cioè tutti noi, sono in realtà, siamo, persone eccezionali e uniche. Non dobbiamo diventare altro da quello che siamo nè schiacciarci sui modelli astratti dei leader che hanno costruito o guidato Agenzie Templari (grandi sacerdoti) o Agenzie Palatine (grandi re). Anzi sono proprio questi leader che dato quello che dichiarano di voler dare ritornano persone normali senza portarsi dietro imbarazzanti "proprietà" come i 6.6 miliardi di acri di Elisabetta II. Possiamo lavorare tenacemente ancorati alle nostre condizioni "esistenziali” che sono anche condizioni "sociali" perchè NOI siamo gli ALTRI e gli ALTRI sono NOI. Costruire FIDUCIA con tutti quelli con cui entriamo in contatto e che sentiamo possano essere importanti per noi (questo lo sappiamo già fare, molti al meglio, altri in una quota consistente si comportano da "free riders", cioè riescono a convincere gli altri delle proprie buone intenzioni senza corrispondere a propria volta alle attese suscitate. Sono quelli che chiedono favori in nome della amicizia o della parentela, favori che raramente restituiscono). Quello che sicuramente conviene migliorare e sviluppare è la capacità di costruire una CONOSCENZA CONDIVISA, di mettere a disposizione degli altri gratuitamente il frutto migliore della nostra intelligenza e della nostra unica e irripetibile esperienza umana, come fanno gli sviluppatori del Free Software e del movimento Open Source. Attraverso tutte le forme di comunicazione moderna ma senza trascurare il rapporto conviviale diretto faccia a faccia. Com'era delle tradizioni esperienziali accumulate dagli antenati e tramandate oralmente gratuitamente e apertamente nelle società "primitive". Così potrebbe essere l'attuale conoscenza scientifica sperimentale e tecnologica se fosse di tipo Open Access (una ricerca che rendesse pubblici i risultati delle ricerche). Non dobbiamo temere che qualcuno ci rubi le nostre conoscenze. Le nostre idee sono un dono che facciamo e che ci ritornerà indietro arricchito, moltiplicato, trasformato. Grazie alla fiducia che saremo riusciti a costruire. L'antica economia del dono della tradizione e degli antenati potrebbe diventare oggi l'economia del dono culturale, cognitivo, artistico. Se saremo in grado di costruire oltre alla FIDUCIA anche una CONOSCENZA CONDIVISA non esisteranno problemi che non saremo in grado di risolvere. La soluzione di questi problemi li trasformerà in un obiettivo condiviso. Si parla diffusamente oggi di "società della conoscenza". Ma il capitalismo è in totale distonia con lo sviluppo della scienza, come a suo tempo l'ex impero russo a causa del suo dogmatismo autoritario. La distonia capitalistica nasce dalla politica dei brevetti commerciali che oscura la conoscenza in una "enclosure" riservata a pochi come loro proprietà esclusiva. Ad esempio corporazioni come la Monsanto brevettano quegli OGM che secondo loro dovrebbero fornire il cibo dell'intera umanità. Noi dovremmo mangiare cibo brevettato, di cui non possiamo conoscere la formula di costruzione genetica. La conoscenza è un bene comune come l'ambiente che ha la sua origine e il suo punto di ritorno nell'intera umanità. Le attuali élite, abituate a dirigere con autorità e senza alcuna empatia, secondo i modelli astratti della Agenzia Templare e della Agenzia Palatina, dovranno imparare a cercare soluzioni cooperative valide per tutti, loro compresi, nessuno escluso, come individui eguali agli altri, utilizzando l'immensa creatività e l'intelligenza collettiva di tutti coloro che fino ad oggi hanno considerato semplici strumenti.
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Approfondimenti
Per ogni tema trattato verranno indicati i testi principali usati come fonte di ispirazione. Questi testi contengono a loro volta amplie bibliografie che si potranno utilizzare per indagare su aspetti più profondi di ogni tema trattato. I testi citati sono in una buona armonia tra di loro loro e in alcuni casi si richiamano direttamente ed esplicitamente. Senza questa armonia le tesi sostenute non avrebbero coerenza. È nelle fonti che vengono trattati i punti critici e i problemi aperti, nonchè linee alternative di ricerca su cui verificare la coerenza complessiva. Il criterio seguito è quello di trovare le teorie più libere da vecchi condizionamenti culturali come l'ingenua credenza in un progresso irreversibile e necessario presente nelle teorie fin qui dominanti. Questo per avere gli strumenti concettuali minimi per affrontare le crisi che oggi ci troviamo davanti. Sia nel testo precedente che negli approfondimenti non c'è alcuna pretesa di stabilire "cosa si deve fare" o "quale sia la verità". Nè leggi naturali nè leggi storiche indicano in modo autoritativo ed univoco cosa si "deve" fare. Ogni singola tesi o fatto citato può essere criticato, rivisto, reinterpretato. Le tesi e le fonti citate servono solo come una tavolozza di possibilità per affrontare in modo organizzato e alla radice le grandi crisi che, queste sì, "dobbiamo" affrontare. Sia l'Antica Europa che le società non industriali erano fatte di uomini reali, con le loro pulsioni e la loro violenza, e non vanno mitizzate come un eden perduto. Ma possono aiutarci a ritrovare una relazione più saggia tra noi stessi e tra noi e la Natura. Come in un albero, ogni tema trattato nelle fonti citate parte dal tronco e da pochi rami principali per arrivare alle foglie e alle radici. Inoltre per qualsiasi argomento o voce, wikipedia è attendibile quanto l'Enciclopedia Britannica. Se ne consiglia l'uso, è uno strumento cooperativo.
C'era una volta l'Antica Europa
Autorevoli esperti sostengono che le tesi di Marija Gimbutas, archeologa all'università americana di Berkeley ma di origine lituana, rappresentino un svolta rivoluzionaria nel modo di considerare la civiltà nella quale oggi viviamo, il nostro passato, il rapporto tra donne e uomini, il rapporto tra l'umanitá e il nostro pianeta. Marjia Gimbutas ha studiato nei Balcani e nell'area del Danubio una civiltà assolutamente originale che presenta caratteristiche opposte a quella che sarà la civiltà indoeuropea, che oggi è "la civiltà". La civiltà dell'Antica Europa sposta migliaia di anni indietro la comparsa di culture sofisticate, complesse, che si espandevano con l'arte e la speculazione intellettuale, pacifiche, amanti della bellezza e dell'armonia, con una cosmogonia centrata sulla figura della "dea". Questa civiltà era basata su un rapporto di genere, tra maschio e femmina, che vedeva la donna al centro della spiritualità e delle pratiche sacrali, e la natura come origine e arrivo del processo vitale secondo il ciclo nascita-morte-rinascita. La presa d'atto documentaria dell'esistenza stessa di questa civiltà smentisce la favoletta storica che vede l' umanità progredire in modo meccanico e lineare da una condizione di barbarie e di estrema semplicità di vita ad una sempre più complessa e raffinata. In realtà culture molto avanzate e complesse sono sparite, a volte misteriosamente, a volte perchè sopraffatte da altre culture più semplici e rozze ma aggressive ed efficienti nella loro aggressività. La complessità nasce dal fatto che queste culture scomparse vivano in realtà negli strati profondi della memoria collettiva, riemergendo a volte appena le condizioni ideologiche o le scoperte storiche lo permettano, come dimostra il libro seguente di R.Eisler.
- Fonte: "Il calice e la spada". Riane Eisler, Frassinelli, 2006. Introduce alle teorie di M.Gimbutas e delinea il passaggio dal culto di forze spirituali femminili a quello di personaggi maschili portatori di una cultura molto diversa. Vedere a pag.349 la mappa delle invasioni indoeuropee disegnata apposta da M.Gimbutas per R.Eisler. Importante l'introduzione di Mauro Ceruti che riassume le conoscenze acquisite sul nostro passato e spiega l'utilità di queste scoperte per costruire il nostro futuro.
- Fonte:"La civiltà della dea", Marija Gimbutas, Stampa Alternativa, Volume 1, 2012, e Volume 2, 2013, traduzione e cura di Mariagrazia Pelaia. È l'opera fondamentale sulla civiltà denominata "Antica Europa" che si espande da un primo nucleo sud orientale verso Nord e Occidente. La Gimbutas unifica popolazioni e culture nel segno di una Grande Dea creatrice che guida i popoli verso una convivenza pacifica ed egualitaria. Uno scenario supportato da una poderosa mole di dati e dal meticoloso e puntuale esame della religione, della scrittura, della struttura sociale, che si conclude con l’analisi del suo declino attribuito alla comparsa degli indoeuropei Kurgan, bellicosi e patriarcali.
- Fonte: "Il linguaggio della dea", Marjia Gimbutas, Venexia, 2008. È l'unico esempio di archeoreligione , o archeomitologia, iniziato con lo studio dei simboli e delle rappresentazioni artistiche scoperte nei numerosi siti dell 'Antica Europa che si sono diffuse verso l'intera Europa continentale. Il libro contiene una bibliografia esaustiva, anche delle opere della Gimbutas stessa.
- Fonte: "Cucuteni Trypillia - Una grande civiltà dell'Antica Europa". Vaticano, Palazzo della Cancelleria, Roma, Catalogo della Mostra, 16 settembre - 31 ottobre 2008 . A cura del complesso museale nazionale "Moldova" di Iasi, Romania. La mostra è stata organizzata sotto l'alto patrocinio del ministero della cultura e degli affari religiosi della Romania, del ministero della cultura e del turismo di Ucraina, e con un contributo della repubblica di Moldova. A pag 40 una breve descrizione delle conclusioni degli studiosi sul tipo di civiltà portata alla luce a Cucuteni e Trypillia: "Non vi erano differenze tra le varie tipologie abitative. Dunque non è possibile stabilire quali case appartenessero a persone ricche e quali a persone povere. Le variazioni nelle dimensioni delle abitazioni potrebbero essere attribuite al numero dei membri della famiglia che vi risiedeva, o dipendere dalle tecniche di costruzione delle case. Pertanto, non è possibile parlare di ineguaglianza sociale [come nelle società in cui vigeva la schiavitù], ma solo dell'esistenza di una naturale gerarchia all'interno di ciascuna comunità. Come non si può sostenere che esistesse una categoria di guerrieri, in quanto la maggior parte degli abitanti era dedito all'agricoltura. Gradualmente, iniziarono ad emergere gli artigiani (ceramisti, addetti alla lavorazione dei metalli, intagliatori del legno e della pietra, costruttori), così come dei personaggi con un ruolo specifico nel campo della religione. L'abbondanza di statuine antropomorfe femminili e la parallela scarsità di sculture a soggetto maschile sembra suggerire l'importanza del ruolo delle donne all'interno di queste comunità". Qui si tocca il punto centrale della gerarchia definita "naturale", cioè della naturale differenza tra gli esseri umani contrapposta alla "artificiale" gerarchia costruita sulla cristallizzazione ereditaria di queste differenze. Si ipotizza anche la nascita di nuove attività sociali che potrebbero aver generato dei ruoli diversi. Ma il ruolo principale, se si parla di ruoli o gerarchie, era quello della Madre, divinizzata, e della donna.
- Fonte: "Gli indoeuropei e le origini dell'Europa - Lingua e storia". Francisco Villar, Il Mulino, 1997. Vedere Parte Prima, cap.III, pag.93, "La Vecchia Europa" e Parte Seconda cap.I, pag.131, "Una società guerriera" (quella indoeuropea). Collega le manifestazioni storiche delle varie civiltà europee allo sviluppo del linguaggio e della scrittura.
- Fonte: "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Lucio Russo, Mondadori Education, 2013. Il par.2.3, pag.27-32, "Dai Balcani alla Mongolia", è un ottima introduzione al tema delle relazioni tra le civiltà, ed alla Antica Europa, termine introdotto da Marija Gimbutas in "The Goddesses and Gods of Old Europe: Myth and Cult Images (6500-3500 B.C.)", Thames and Hudson, London, 1974. Dice L.Russo a pag.27: "Nel VI e V millennio a.C. La cultura che è stata detta 'Antica Europa' (Old Europe), localizzata nella penisola balcanica, era la più ricca e complessa dell'Eurasia.". Vedi anche fig.7 pag.29. Sempre in questo libro di L.Russo c'è un'ottima panoramica delle teorie e dei fatti storici e protostorici che mettono in dubbio la tesi di un progresso lineare irreversibile dalla "semplicità" alla "complessità" (complessità di cui manca una definizione credibile). Vedi par.5.1, "Dalla fede nel progresso alla moda dei collassi", pag.71-75. Vi si citano Mario Liverani e Joseph Tainter, citati qui di seguito.
Noi e gli altri
Mentre la sociologia tratta in genere le società moderne, l'antropologia culturale tratta le società che sono sempre state considerate fino a tempi più recenti come "società arretrate". In tutte le definizioni di queste società appare il prefisso "pre" : pre-industriali, pre-statali, pre-istoriche, pre-moderne. Questa impostazione è stata ufficialmente abbandonata dagli antropologi attuali. L'evoluzione biologica, culturale e storica segue numerosi corsi che si intrecciano, ognuno dei quali non si può definire come "migliore" e "a misura di tutti gli altri". Per iniziare è necessario mettere a fuoco gli elementi fondamentali dell'antropologia culturale, dell'antropologia economica, dell'antropologia politica, dell'antropologia della violenza. Sono queste le quattro fondamentali attività IEMP intorno a cui i gruppi umani si organizzano nel perseguire i propri obiettivi, cioè la ricerca consapevole del significato delle proprie esperienze, la sopravvivenza nell'ambiente naturale, la gestione dei rapporti e degli equilibri di potere all'interno dei gruppi e tra i gruppi, l'uso della violenza letale per la difesa, la predazione, il controllo del territorio.
- Fonte: "Dizionario di sociologia", Luciano Gallino, UTET, 2006. Pag.16: "Altro generalizzato". Pag.19: "Altro significativo". Da collegare a "La civiltà delle buone maniere" di N.Elias citato negli Approfondimenti al paragrafo “La stratificazione sociale e l'organizzazione”, perchè vi si indicano i ruoli che cambiando nel corso della storia cambiano la struttura della nostra psicologia. Dice G.H.Mead: "Noi non possiamo essere noi stessi se non siamo anche membri di una società in cui esiste una comunanza di atteggiamenti che regola gli atteggiamenti di tutti. Non possiamo avere dei diritti se non abbiamo degli atteggiamenti comuni. Ciò che abbiamo acquisito come persone autocoscienti ci rende appunto membri della società e costituisce il nostro Sé. I Sé possono esistere solamente in rapporti bene definiti con altri Sé. Non si può tracciare una stabile linea di demarcazione tra i nostri Sé e i Sé degli altri dal momento che i nostri stessi Sé esistono ed entrano in quanto tali nella nostra esperienza solo in quanto esistono anche i Sé degli altri, che entrano in quanto tali nella nostra esperienza. L’individuo possiede un Sé solo in relazione ai Sé degli altri membri del suo gruppo sociale e la struttura del suo Sé esprime e riflette il generale modello di comportamento del suo gruppo sociale, allo stesso modo della struttura del Sé di tutti gli altri individui appartenenti allo stesso gruppo sociale” (Mead, "Mente, sé e società dal punto di vista di uno psicologo comportamentista", 1934, pp. 177 – 178 – 179). L'individuo umano come organismo biologico ha un ruolo estremamente attivo in questa interazione simbolica con i gruppi con cui entra in relazione, famiglia, amici, istituzioni sociali costituite da ruoli codificati. È una costruzione di identità, una costruzione del suo Sè, che parte da un nucleo attivo che Mead chiama "io". È questo nucleo che costruisce gli altri Sè presenti come Altro Generalizzato. Sulla base di questi presupposti Mead fonda anche la sua concezione della società ideale quale comunità democratica integrata, pluralistica e cooperativistica, in cui gli individui sono membri di numerosi gruppi sociali, differenziati funzionalmente all’interno di una stessa totalità sociale. Condizione fondamentale per realizzare una società cooperativa, non conflittuale e sufficientemente differenziata, è che sussista un’adeguata organizzazione degli atteggiamenti comuni. Un importante approfondimento del concetto di "altro generalizzato" è "altro significativo" ("Carattere e struttura sociale", H.Gerth e C. Wright Mills, 1969, Torino) dove viene evidenziato il ruolo speciale nella formazione della psiche individuale di alcune persone, in primis le figure autoritarie.
- Fonte: "Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino, 2007. Nel cap. VI, "Identità e socializzazione", pag.139, tratta della funzione dei ruoli sociali nella formazione della psiche individuale. Cita gli studi di G.H.Mead a pag.146 su "l'altro generalizzato.".
- Fonte: "Antropologia culturale - Un'introduzione", Amalia Signorelli, McGraw-Hill, 2007. Il manuale della allieva del più grande antropologo italiano, Ernesto De Martino, è una buona introduzione ai temi dei rapporti umani e delle varie culture che le società hanno elaborato nel corso del tempo nei vari ambienti geografici. Il cap.2 "La costruzione degli altri da noi" tratta in una sessantina di pagine tutti i temi che tratta anche il paragrafo "C'era una volta l'Antica Europa". È importante la premessa da cui parte la trattazione delle differenze tra esseri umani: "Abbiamo ripetuto più volte che la diversità tra gli esseri umani non è un dato ontologico, quanto un prodotto mutevole delle relazioni tra esseri umani: la diversità è storica, relazionale, dinamica.". Segnaliamo i paragrafi "Raccoglitrici e cacciatori", "I diversi interni" (anche se Mario Liverani in "Uruk, la prima città" sostiene ipotesi "conflittuali” diverse che completano quelle di A.Signorelli), "Gli indoeuropei", "I colonizzati". Il cap.4 " La ricognizione delle diversità: sistemi di sostentamento, strutture e istituzioni sociali, insediamenti" riprende sempre in una sessantina di pagine i temi del cap.2 : da un lato l'economia del dono e della reciprocità dei cacciatori-raccoglitori, dall'altro le forme del potere degli imperi agrari e la stratificazione sociale apparsa con capi, sovrani, re. Pag.219: "La struttura sociale adottata da questi grandi imperi (non solo quelli del Medio Oriente e della Valle del Nilo, ma anche quelli orientali e quelli americani) ha segnato un cambiamento di estrema rilevanza nelle forme di organizzazione delle società: è in queste grandi formazioni economico-sociali che le società assumono una struttura stratificata. In altre parole, nasce qui la stratificazione sociale, vale a dire l'organizzazione della società in strati, di cui la condizione servile è lo strato più basso.". Pag.224, al paragrafo "Ubbidienza, consenso, egemonia": "I sistemi sociopolitici rappresentano casi esemplari di contraddizione, nella misura in cui sono, tutti, basati su rapporti di comando e ubbidienza, di dominio e subalternità, di sopraffazione e sottomissione. Perchè alcuni esseri umani comandano? Perchè altri, in genere molto più numerosi, ubbidiscono? La spiegazione funzionale suggerisce che si ubbidisce perchè si riconosce la validità, la razionalità, la convenienza personale e collettiva dei comportamenti imposti da chi comanda. Questo può essere vero in alcuni casi, ma è del tutto insufficiente per spiegare perchè milioni e milioni e milioni di esseri umani hanno accettato e accettano di vivere nella condizione femminile di sottomissione, nella condizione servile di schiavitù, nella condizione lavorativa di sfruttamento e alienazione, nella condizione militare di destinati a morire, nella condizione di consumatori di un'esistenza mercificata.". La risposta di A.Signorelli sta nella produzione del consenso attraverso l'egemonia culturale esercitata sulle masse dalle élite di potere. Questo avviene sicuramente ma solo perchè le masse percepiscono che non hanno alternative. È questo meccanismo che le costringe ad accettare sul piano culturale l'egemonia dei ceti dominanti. Secondo Michael Mann “la gente non è stupida”. La mancanza di alternative, e la mancanza di alternative culturali, deriva dai meccanismi che hanno originato i primi stati e che poi si sono propagati e cristallizzati diventando enormi sistemi socio-economici come gli imperi con le loro periferie e colonie, dai quali non si può scappare e nei quali non si possono costruire economie o culture diverse da quelle che attualmente occupano tutti gli spazi geografici e culturali disponibili. È questa la teoria dello "ingabbiamento" che spiega l'origine dei primi stati, sostenuta da Robert L. Carneiro e ripresa da Michael Mann. Nel primo caso, nell'ipotesi che queste relazioni di dominio dipendano in primis dall'egemonia culturale delle élite, per liberarsene basterebbe una presa di coscienza culturale di massa, basata su educazione e autoeducazione. Così predicano quasi tutti i partiti e movimenti politici di opposizione, compresi i partiti di orientamento marxista (in forte declino come partiti di opposizione ma saldamente rimasti al potere come partito unico di governo in alcuni stati importanti). Nella seconda ipotesi invece, per uscire dalla gabbia che è ideologica, politica, economica e militare, è necessario ricostruire in modo diverso tutte le condizioni sociali di esistenza IEMP che si sono strettamente intrecciate e sintonizzate tra loro nel corso di secoli e secoli. È questa la mia proposta. Per far questo non è sufficiente “pensare” ma è necessario anche “agire” quotidianamente nel proprio contesto di vita. Questa seconda ipotesi, che vede molto più oneroso il lavoro di costruzione di una società alternativa, è però l'unica realistica. È stata sostenuta nel passato dai socialisti definiti "utopisti" che sarebbe più corretto definire "socialisti sperimentali". Il collasso della ex URSS e dei paesi satelliti conferma la necessità di guardare in modo realistico, storicizzato, sperimentale e partecipativo al lavoro di costruzione collettiva di società umane diverse, libere, differenziate.
- Fonte: "Gli argonauti del Pacifico Occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva", Bronislaw Malinowski, Bollati Boringhieri, 2004. Pubblicato nel 1922, questo libro è il frutto di una ricerca sul terreno condotta nelle isole Trobriand (Papua-Nuova Guinea), presso società di orticoltori che praticavano anche la pesca e l'allevamento di maiali a fini cerimoniali. Centrale nello studio di Malinowski è il sistema di scambi detto "Anello di Kula" che si svolgeva - e si svolge ancora - tra una trentina di isole, stabilendo rapporti di partenariato tra individui appartenenti a società diverse. Oggetto dello scambio sono collane e braccialetti privi di utilità pratica, ma carichi di valore simbolico. Il richiamo agli Argonauti dell'Antichità classica nel titolo si riferisce ai viaggi compiuti su canoe decorate che stabiliscono i contatti tra donatori e donatari. È uno studio esemplare, al di là del tempo trascorso, grazie al fatto che Malinowski indagava società ancora vitali e indipendenti nella loro indentità culturale.
- Fonte: "Un grosso sbaglio. L'idea occidentale di natura umana", Marshall Sahlins, Elèuthera, 2010. Molto prima di Hobbes e fino ai nostri giorni, fra miti, religioni, filosofia e scienza, la civiltà occidentale è stata ossessionata dallo spettro di una natura umana così avida e litigiosa, cosi "bestialmente" egoista, che deve essere tenuta a bada da un pugno di ferro istituzionale da cui traggono la loro giustificazione gerarchie e diseguaglianze sociali. È il paradigma di "Homo homini lupus". Questa visione presuppone una contrapposizione fondante tra natura e cultura che antropologia e paleontologia invece contraddicono. La natura dell'Homo sapiens è la sua cultura, anzi le sue culture. E la stessa idea che siamo schiavi delle nostre inclinazioni animali non è altro che una creazione socio-storica, cioè culturale. Un'idea non proprio felice, visti i risultati. Thomas Hobbes, autore del "Leviathan", una teoria della nascita dello stato come di una costruzione volontaria collettiva e spontanea, utile al mantenimento della pace interna ed esterna, è stato definitivamente smentito dalla evidenza storica di millenni indagati con precisione e pazienza nei dettagli più intimi. È lo stato e la costellazione di stati che chiamiamo impero che hanno portato la violenza all'interno ed all'esterno. Non ha portato la pacificazione, altrimenti oggi vivremmo in condizione di sicurezza e di pace. Certo questa spirale, una volta innescata, è stato impossibile fermarla. Niccolò Machiavelli invece non aveva molto interesse alle costruzioni collettive spontanee quanto piuttosto all'azione di un singolo principe. Machiavelli consigliava l'uso della violenza letale e dell'inganno spacciato per astuzia, il comportamento del leone e della volpe, al fine lecito (come i mezzi per raggiungerlo) della costruzione di un principato, di uno stato, di un impero. Sia Hobbes che Machiavelli vedevano come totalità unica i reticoli del potere militare e politico. Non vedevano il reticolo ideologico della religione, della morale, dell'arte. Vedevano poco anche il reticolo economico proprio mentre Venezia, Genova, Firenze e Milano inventavano il primo capitalismo. Machiavelli non arriva a capire, prendendonsela con la "fortuna", l'importanza che aveva avuto per Valentino Borgia il potere ideologico-religioso del padre che era il papa Alessandro VI, morto il quale il povero principe-cardinale faceva in breve tempo una fine ingloriosa. Quanto a Hobbes, costui azzera la natura culturale dell'uomo riducendolo ad una massa di istinti animali, secondo una concezione puramente negativa e spregiativa (gerarchica) del mondo animale. Ignorava che l'essere umano da due milioni di anni aveva sviluppato, senza re e senza stati, un formidabile apparato simbolico e "culturale" che erano diventati ormai la sua "natura", come la moderna antropologia evoluzionista insegna. La soluzione di Hobbes è la burocrazia coercitiva dello stato. Il principe di Machiavelli si ispira invece al prototipo antropologico del "leader carismatico" teorizzato dal grande sociologo Max Weber, un conservatore liberale che aveva teorizzato anche sulla burocrazia. La sua teoria del "Fuhrerprinzip" purtroppo negli anni 1920 trovava nella sua Germania una sgradita inaspettata incarnazione in Adolf Hitler. Un principe, un condottiero capace di costruire un "reich" della durata di soli ventanni. Hobbes era nato nel 1588 quando l'impero spagnolo e la sua "invincibile armata" minacciavano di invadere l'Inghilterra. Machiavelli aveva vissuto il nascente imperialismo francese di Carlo VIII minacciare con le “horrende” guerre italiche l'autonomia degli stati regionali italiani. Entrambi osannati per il loro "realismo" e la loro "modernità", la loro profonda conoscenza della natura umana, non avevano capito il processo monopolistico della costruzione degli imperi, costituito da guerre, conquiste, distruzioni, omologazioni e standardizzazioni religiose, economiche, militari e politiche che avrebbero cambiato la psiche umana. In sostanza Hobbes e Machiavelli non avevano capito che la logica del potere distributivo ("quello che io guadagno è quello che tu perdi", oppure più crudamente "mors tua vita mea") porta ad una concorrenza distruttiva dove il più forte costruirà culturalmente uno più forte di lui che lo destituirá. Questo in genere avviene negli interstizi IEMP o nelle marche di frontiera. I vincitori governano su un cumulo di macerie in attesa del loro declino. Così ci si è trovati dopo la fine della II guerra mondiale, conclusa nel 1945 dC con Hiroshima e Nagasaki, epilogo attuale di questa storia di imperi sempre più estesi. La II guerra mondiale è stata una enorme distruzione a cui è seguita nel dopoguerra, sì certo, una temporanea ricostruzione basata sul petrolio ma durata solo trent'anni di relativo benessere caratterizzati dal terrore di una minaccia nucleare. Il vincitore URSS è collassato poco dopo. L'altro vincitore, gli USA, tentano in ogni modo, lecito o illecito, morale o immorale, pacifico o letale, democratico e non, di contrastare il loro lento declino.
- Fonte: “Economia dell'età della pietra - Scarsità e abbondanza nelle società primitive”, Marshall Sahlins, Bompiani, 1980. Tratta delle culture dei cacciatori raccoglitori, della loro “economia” intesa come organizzazione sociale della sopravvivenza, del confronto di questa economia con l'economia moderna. Secondo Sahlins le società dei cacciatori raccoglitori si possono considerare una vera società dell'abbondanza (affluent society), poiché realizzavano con il minimo sforzo la massima efficienza nel procurarsi il necessario per vivere. Si calcola che questo fosse loro possibile
“lavorando” in media due ore al giorno nel corso dell'anno. I cacciatori raccoglitori consumano pro capite meno energia di qualsiasi altro gruppo umano conosciuto. Quanto al loro stile di vita, era uno stile di vita “non materialistico” che dava priorità alle relazioni sociali, alle speculazioni culturali ed estetiche sulla natura, al semplice piacere di vivere.
- Fonte: "L'anarchia selvaggia", Pierre Clastres, elèuthera, 2013. Pierre Clastres era un etnologo e antropologo allievo di Claude Levi-Strauss di cui ricordiamo in particolare "Il pensiero selvaggio" nel quale CLS sostiene la pari dignità cognitiva di questa forma di esperienza rispetto al pensiero scientifico occidentale. Il volumetto racchiude quattro saggi di cui segnaliamo in particolare "Archeologia della violenza: la guerra nelle società primitive", e "Età della pietra, età dell'abbondanza" che è la prefazione francese all'opera di M.Sahlins "Economia dell'età della pietra". M.Sahlins, Pierre Clastres e Claude Levi-Strauss hanno lavorato insieme a Parigi per un certo periodo condividendo studi e analisi pur avendo posizioni distinte. Il volumetto è utile perchè contiene tutta la bibliografia di Pierre Clastres, il cui lavoro è magistrale per semplicità, chiarezza, creatività, capacità di vedere i problemi rovesciando prospettive date-per-scontate. Pierre Clastres denuncia la pretesa di spiegare le società "selvagge" dal punto di vista della cultura occidentale moderna, come se si trattasse di società che non hanno "ancora" raggiunto la "perfezione" occidentale "moderna" secondo un modello meccanicistico e deterministico di evoluzione storica unilineare. Si tratta invece di società diverse e dinamiche che seguivano dei percorsi evolutivi diversi finchè ciò gli è stato permesso. Questa pretesa è espressa in modo uniforme sia dagli economisti classici sia dai teorici marxisti, accomunati dalla stessa fede in un processo storico basato esclusivamente sulle "forze produttive" che vede il capitalismo o il socialismo (o entrambi come in Cina) rappresentare il compimento necessario della storia umana. La critica di Pierre Clastres è particolarmente efficace verso l'antropologia marxista definita una "etnologia della miseria" che si risolve in una "miseria della etnologia". Pierre Clastres, morto tragicamente in giovane età, quando non insegnava a Parigi viveva come etnologo assieme agli indiani amazzonici Guayakí, Guaraní, Chulupi.
- Fonte: "La società contro lo stato - Ricerche di antropologia politica", Pierre Clastres, ombre corte/culture, 2003, Verona. Pag.149: "Non c'è dunque re nella tribù, ma un capo che non è un capo di Stato. Che cosa significa? Semplicemente che il capo non dispone di alcuna autorità, di alcun potere coercitivo, di alcun mezzo per impartire un ordine. Il capo non comanda, la gente della tribù non ha alcun dovere di obbedienza. Lo spazio della chieftanship non è il luogo del potere, e la figura assai mal nominata del "capo" selvaggio non prefigura sotto nessun aspetto quella di un futuro despota. Non è certo dalla futura chieftanship che si può dedurre l'apparato statale in generale." Le società "selvagge" erano il luogo di una intensa attività intellettuale e di una raffinata filosofia politica. Ispirate agli stessi principi di difesa dei diritti di eguaglianza, libertà e autonomia individuale scoperti in occidente dopo i viaggi nelle Americhe, e proclamati nel corso delle rivoluzioni inglese, americana, francese.
La differenza di genere
L'esistenza storica di una condizione femminile completamente diversa si prova in vari modi. Con l'evidenza archeologica dell'Antica Europa, con l'eguaglianza di genere nelle comunità di cacciatori e raccoglitori sopravvissute, con l'esistenza attuale di numerose società definite "matriarcali" che si possono anche denominare "matrifocali". Uno degli esempi più importanti di società matrifocali è quello dei Moso nello Yunnan in Cina, trattato di seguito. Le società matrifocali, tra cui quella dei Moso, non sono impostate su relazioni del tipo dominatore/dominato, ma su relazioni di cooperazione coordinate da una figura materna attraverso la pratica del consenso. Risolta la questione dell'esistenza storica del matriarcato, è tuttora da far accettare come un problema centrale di ricerca, da indagare in profondità, l'origine del patriarcato e poi del nesso tra patriarcato, disuguaglianza sociale (trasmissione ereditaria di ricchezza e status), guerra e origine delle prime città-stato. Max Weber tratta del rapporto tra patriarcato e stati tradizionali ("patrimoniali") in "Economia e Società", nel capitolo "Sociologia del potere", alla sezione "Potere patriarcale e potere patrimoniale", che inizia così:"La struttura patriarcale del potere è di gran lunga il più importante tra i principi strutturali pre-burocratici". Tra gli esempi della continuità tra questa struttura patriarcale e gli "stati patrimoniali" cita l'antico Egitto dei Faraoni come un immenso "oikos" patriarcale. Alex Bentley, della università di Bristol, andando indietro nel tempo, ha pubblicato una ricerca sulla americana PNAS del 28 maggio 2012, in cui associa la prima manifestazione di diseguaglianza ereditaria rinvenuta nel modo di sepoltura, alla patrilocalità, cioè "un sistema di parentela centrato sul maschio nel quale le femmine devono spostarsi per andare ad abitare nelle residenza dei maschi che sposano. Questa nuova evidenza ricavata dall'esame degli scheletri è consistente con altre evidenze archeologiche, genetiche, antropologiche ed anche linguistiche della patrilocalità nell'Europa neolitica" ("This is a strong indication of patrilocality, a male-centered kinship system where females move to reside in the location of the males when they marry. This new evidence from the skeletons is consistent with other archaelogical, genetic, anthropological and even linguistic evidence for patrilocality in Neolythic Europe"). Questo nella Europa centrale del 5000 AC, 7000 anni fa, nel primo Neolitico, su territori le cui mappe sarebbe utile confrontare con quelle di Marija Gimbutas.
- Fonte: "Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino, 2007, La citazione nel testo del paragrafo omonimo si trova nel cap.13, pag.312. Tutto il cap.13, "Le differenze di genere", pag.303-327, è fondamentale per inquadrare la questione e capire l'impostazione prevalente con le sue lacune, limiti, omissioni, contraddizioni. Questo capitolo va integrato con il cap.1, "Le società premoderne", pag.31-51., e con il cap.16, "Famiglia e matrimonio", pag.375-400, dove si accenna alla discendenza matrilineare (che comporta in genere la matrilocalità) contrapposta a quella patrilineare. La Tab.13.2 a pag.310 mostra la divisione del lavoro fra uomini e donne in 185 società studiate dagli antropologi. A pag.311 il manuale è categorico: "...non è mai esistita una società nella quale il potere politico fosse nelle mani delle donne." Poco più avanti: "Da allora l'idea che in qualche società vi fosse il matriarcato è stata ripresa più volte da vari studiosi. Ma oggi possiamo dire che essa non ha alcun fondamento." Non spiegano perchè. Tutto il par.4.1, "Lo status delle donne", pag.311, è una analisi contradditoria che segue il solito paradigma evoluzionistico deterministico unilineare del passaggio dalle società di caccia/raccolta, caratterizzate dalla mancanza di classi e "da una certa uguaglianza nelle relazioni tra uomini e donne", a quelle orticole, cioè senza stato, a quelle agricole basate su una organizzazione statale. Tutte le citazioni seguenti sono tratte da questo paragrafo. La fondamentale presenza dello stato nelle società definite "agricole" caratterizzate dall'irrigazione con canali, dall'uso di aratri, da estensioni di terreno coltivato di proprietà templare o palatina, non viene associata alla brusca caduta dello status delle donne in questo tipo di società, caduta così definita: "...il regalo che le società agricole fecero alle donne fu di condannarle a svolgere il lavoro domestico, a partorire ed allattare figli, a servire padri, mariti e fratelli." (servire ed essere schiavi spesso sono sinonimi). Nella loro "spiegazione" di questa drammatica svolta nella condizione della donna è centrale il ruolo da essi attribuito alla divisione del lavoro tra uomini e donne, senza tener minimamente conto delle contemporanee condizioni di dominio che valevano sia per gli uomini ridotti a servi o schiavi dalle nuove strutture statali sia delle donne soggiogate dentro la famiglia e fuori. "Con lo sviluppo della agricoltura intensiva, la divisione sessuale del lavoro si accentuò. Agli uomini furono riservati i compiti di maggior rilievo: preparare i terreni, arare, scavare i canali per l'irrigazione.". Cosa si intende dire con "Agli uomini furono riservati i compiti di maggior rilievo" ? Per questi "compiti" M.Liverani in "Uruk la prima città" parla di un guardiano con frusta ogni dieci lavoranti. Non fa parte della sociologia indagare con precisione sulla organizzazione del lavoro? Se così viene trattata dai nostri autori la servitù maschile, come verrà trattata la doppia servitù femminile? Non si dice che fossero schiavi, tributari di corvèe, servi della gleba a svolgere questi "compiti di maggior rilievo". Non si dice che questa "divisione sessuale del lavoro" era una divisione del lavoro imposta da élite religiose e politiche totalmente maschili insediate nei templi e nei palazzi reali da poco costituiti. Non si dice che i "compiti di maggior rilievo" erano quelli delle élite cittadine, della casta sacerdotale, degli scribi, dei politici-guerrieri, tutti compiti dai quali le donne erano totalmente escluse. Questa divisione del lavoro vedeva la donna doppiamente svantaggiata perchè nelle società patriarcali le donne dovevano "servire padri, mariti, fratelli" che a loro volta erano servi o sottomessi delle agenzie templari e palatine. I tre fattori a cui gli autori riconducono lo status della donna nel tempo e nello spazio sono: "il sistema di parentela, la frequenza con cui una società è in guerra, il contributo economico fornito dalle donne". Si tratta della posizione della donna nelle reti dei poteri sociali della Ideologia, della Economia, del Militare, del Politico. Ma le reti IEMP sono strettamente intrecciate e promiscue, non vanno considerate come dei semplici "fattori" analitici astratti. Gli stessi autori le avevano involontariamente unificate parlando poco prima degli Irochesi, un popolo classificato nel tipo "cacciatori-raccoglitori": "In questa popolazione gli uomini si assentavano spesso, e per lunghi periodi di tempo, dal villaggio, per andare a combattere contro altre tribù. Ma anche quando erano a casa non esercitavano alcun controllo sul modo in cui le donne lavoravano e vivevano. Prendere decisioni politiche spettava al consiglio degli anziani, formato esclusivamente da uomini. Ma le donne anziane esercitavano su di loro una notevole influenza. In primo luogo perchè erano loro ad eleggere i membri di questo consiglio. In secondo luogo perchè esse avevano il controllo sul cibo e su molti manufatti (mocassini, pelli, pellicce) e si potevano rifiutare di darli agli uomini se non erano d'accordo con le decisioni che questi prendevano". Per inciso questo conferma la vivacità e la qualità della vita politica tra i "selvaggi" come sostenuto da Pierre Clastres in "La società contro lo stato", citato sopra. Sempre nel cap.13, "Le differenze di genere", al paragrafo 2, "Essenzialismo e costruttivismo", e nel paragrafo 3, "Genere e cultura", si dà invece per scontata la dicotomia tra l'impostazione che spiega le differenze (di status) tra uomo e donna in termini di costruzione sociale (costruttivismo) e quella che le spiega in termini di biologia (essenzialismo). È invece la dicotomia tra mente e corpo (di cui parleremo più avanti a proposito di Angela Giuffrida) che genera guerra, dominio sulle donne, stratificazione sociale, distruzione dell'ambiente naturale. Nel paragrofo 4 dello stesso capitolo, pag.309, "La divisione sessuale del lavoro nelle società preindustriali e industriali", questo manuale argomenta le sue tesi utilizzando espressioni quali "per lo più" per sfumare e alterare il significato delle sue affermazioni: "Occupare cariche e prendere decisioni politiche e combattere in guerra sono due di queste, entrambe per lo più svolte dagli uomini" (grassetto non presente nel testo originale). Come si fa a sostenere che "combattere in guerra" non sia una attività esclusivamente maschile senza sollevare la mitica leggenda delle gloriose amazzoni? Leggenda che gli autori del nostro manuale di sociologia non possono sostenere avendo escluso in precedenza l'ipotesi della esistenza storica di qualsiasi società matriarcale come quella delle amazzoni. "Allattare i bambini e curare i giovani sono altre due (attività) e queste cadono sulle spalle delle donne." Le attività della tabella 13.2 a pag 310, e quelle elencate sopra riguardano l'economia (la sopravvivenza) e la sfera politico militare. Non si fa alcun accenno alla sfera culturale, del sacro, dell'arte dalla quale la donna è esclusa e che contribuisce in massimo grado allo status di chi la esercita. Come è possibile ignorare nelle varie società umane il ruolo della cultura e la posizione diversa che vi assumono tuttora nel mondo uomini e donne? Per spiegare la divisione sessuale del lavoro si adottano tre ipotesi: la maggiore forza fisica degli uomini, la compatibilità con allattamento e cura dei piccoli (ma non possono essere curati anche dai maschi?), la spendibilità dei maschi nei compiti più rischiosi perchè meno importanti delle femmine per la riproduzione. Inoltre a proposito della divisione del lavoro, anzichè intenderla nella sua accezione negativa di separazione potrebbe essere interpretata come forma positiva di cooperazione, soprattutto nel caso della divisione sessuale del lavoro. Si propone qui di riconsiderare la divisione del lavoro in termini diversi nel caso della cooperazione mutualistica spontanea (unione dei compiti) e nel caso della cooperazione forzata (divisione dei compiti). Inoltre, sempre a proposito di "sfumature di linguaggio" usate per introdurre in modo inavvertibile significati non dichiarati esplicitamente, si consideri il titolo del paragrafo 4, "La divisione sessuale del lavoro nelle società preindustriali e industriali". Definendo "pre-industriali" le società "non-industriali" si dà per scontato, senza necessità di provarlo scientificamente, che esista una progressione necessaria dalle une alle altre. Le società industriali essendo le ultime avrebbero secondo questa logica un primato "ontologico" sulle prime. È la vecchia favoletta mai dimostrata delle forze produttive che si sviluppano per conto proprio non si sa come generando la divisione del lavoro. È una forma di determinismo tecnologico applicato alle civiltà non industriali. Secondo tutti gli antropologi culturali, Clifford Geertz in primis, invece, tutte le società studiate e note sono "contemporanee", dai Papuasi ai Vichinghi, dai Navajo ai modermi giapponesi, dai cinesi capitalisto-comunisti agli antichi eschimesi. Tutte, non vanno messe su una scala temporale gerarchica ma vanno considerate insieme su un piano di completa parità secondo un relativismo totale. Nessuno oggi osa stabilire quali siano le "leggi deterministiche" dei processi culturali (uso il termine "processi" anzichè il termine biologico di "evoluzione"). Processi che caratterizzano la specie umana da almeno due milioni di anni. Anzi si stanno avanzando ipotesi di revisione della sintesi darwiniana della teoria dell'evoluzione biologica che affiancano alla selezione naturale la cooperazione mutualistica. Teoria dell'evoluzione che come si sa è basata sulla casualità della variazione genetica.
- Fonte: "Benvenuti nel paese delle donne", Francesca Rosati Freeman, XL edizioni, 2010. Tratta del mondo dei Moso, una società "matriarcale", un sistema sociale reale, vivo, contemporaneo nel quale sono rovesciati i valori su cui sono costruite tutte le nostre società. Un sistema che non produce i conflitti e le violenze tra i sessi che il senso comune generalmente attribuisce alla "natura umana". Utile consultare il sito di Francesca Rosati Freeman, alla voce "Scritti matriarcali", dove vengono riportati gli studi di Heide Göettner-Abendroth, i libri di Marija Gimbutas, le ipotesi sull'origine del patriarcato.
- Fonte: "Matriarchè - il principio materno per una società egualitaria e solidale", autori vari, a cura di Francesca Colombini e Monica Di Bernardo, Exòrma, 2013. Raccoglie i contributi di autori come Vandana Shiva, Riane Eisler, Francesca Rosati Freeman, Marco Deriu (scuola della decrescita), ed altri, per estendere le pratiche matrilineari e matrifocali basate sul consenso, la cura, la non violenza, il rispetto profondo della Natura, il principio della Madre, da cui il titolo "Matri-Archè".
- Fonte: "La razionalità femminile unico antidoto alla guerra", Angela Giuffrida, Bonaccorso, Verona, 2011. Angela Giuffridda va in profondità nell'analisi culturale. La guerra guerreggiata è lo spunto per esaminare i meccanismi mentali che la producono, vere e proprie macchine distruttive. L'approccio di A.Giuffrida è la centralità del "vivente": "Nonostante di unità mente-corpo si parli ormai da molto tempo, i due termini vengono ancora percepiti separatamente e permane un forte sbilanciamento a favore del primo. Continuando a negare al corpo vivente la sua centralità in quanto unico portatore di pensiero, si rimane su un terreno astratto che impedisce l'elaborazione di una filosofia della vita adatta ad una specie di viventi quali noi siamo." (pag.385). A.Giuffrida introduce nel cap.1 la teoria del "Corpo che pensa", la sua opera precedente. A.Giuffrida illustra gli elementi necessari per impostare ed avviare a soluzione la dicotomia mente-corpo, natura-cultura, uomo-donna, umanità-ambiente, utilizzando non solo la filosofia, la storia e la letteratura ma anche la biologia e le neuroscienze. Vedi qui anche gli articoli e altri saggi di Angela Giuffrida.
La disuguaglianza sociale e l'organizzazione
- Fonte: “Organizzazione aziendale – Mercati, gerarchie e convenzioni”, Giovanni Costa e Paolo Gubitta, McGraw-Hill, 2004. Si tratta di uno dei testi base per la stesura della tesi “Software e Hardware Open Source” citata di seguito in “Sistemi Cooperativi”. I numerosi casi esemplari citati nel testo andrebbero integrati con quelli successivi al 2004. Fondamentale.
- Fonte: "Corso di sociologia", Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, il Mulino, 2007. Per il passaggio dalle società senza stato a quelle statali, cap.I, par.4.3, "Forti disuguaglianze e grandi imperi", pag.42, si dice: "Come abbiamo visto, sia le società di cacciatori e raccoglitori, sia le società di orticoltori, erano tendenzialmente egualitarie. Non vi era possibilità nè di accumulare grandi ricchezze, nè di trasferirle per eredità ai propri figli; le disuguaglianze che pure si producevano, erano quindi prevalentemente di carattere personale e non davano luogo alla formazione di privilegi permanenti, vale a dire riproducibili di generazione in generazione. Il quadro cambia radicalmente con le società fondate sull'agricoltura. Qui, tra la massa dei contadini da una parte e il massimo sacerdote o re e il gran numero di persone che popolano la sua corte, dall'altra parte, si crea un vero e proprio abisso sociale invalicabile. Sono due mondi tra loro interdipendenti, ma anche profondamente divisi. Governanti e governati, cittadini e contadini, letterati e illetterati: si incominciano a delineare le dimensioni che marcheranno per secoli e secoli la disuguaglianza tra uomini.". Il cap.XI, pag.253, tratta di "Stratificazione e classi sociali". Notevole la tabella 11.5 a pag.276, basata sul coefficiente di Gini, che riporta statistiche recenti verso l'anno 2000 che tracciano le differenze di reddito o di consumo in ogni nazione del mondo. Per citare solo un dato dell'analisi, nel par.8, "La durata della vita", a pag.279 si dice: "Le numerosissime ricerche svolte negli ultimi quarant'anni hanno invece mostrato che la relazione tra classe sociale e durata della vita è ancora oggi molto forte. Si pensi, ad esempio, che nella popolazione maschile adulta gli operai hanno una probabilità di morte quasi doppia rispetto agli impiegati.". Per quanto riguarda la burocrazia viene trattata all'interno delle organizzazioni, nel cap.4, "Gruppi organizzati: associazioni e organizzazioni", par.3, "Il modello della burocrazia", pag.105.
- Fonte: "Dizionario di sociologia", Luciano Gallino, UTET, 2006. Vedere le voci "Stratificazione sociale", pag.673, e "Diseguaglianza sociale", pag.236. Utile per la bibliografia. I temi sono sviluppati dall'autore con molta considerazione della teoria marxiana dello sfruttamento che vede nelle classi economiche e nella proprietà in quanto relazione economica il motore unico ed assoluto della storia e il punto focale della disuguaglianza. Questa teoria, che quantifica la relazione di dominio e sfruttamento attribuendogli un impossibile valore monetario, non spiega tutta la storia umana (alcuni milioni di anni) precedente l'avvento della proprietà privata e delle conseguenti classi economiche. Soprattutto non spiega la cosa più importante cioè la nascita stessa della proprietà privata e delle classi economiche (a parte il lodevole tentativo di F.Engels in "L'origine della famiglia, della proprietà privata, dello stato"). Considerando solo le classi economiche viene considerata preminente se non esclusiva la dimensione economica (la E di IEMP). Questo può sembrare credibile solo oggi quando lo scambio di mercato sembra l'attività socialmente prevalente. Ma rende incomprensibile la nascita della disuguaglianza, quando i fattori IMP (Ideologici, Militari, Politici) erano prevalenti in quanto organizzati in protostati dediti alla predazione delle economie agricole (egualitarie) dei villaggi, sottoposte a tributo, vassallaggio, corvèe. Non è il moderno capitalismo che può spiegare l'intero passato, ma sono la conoscenza storica delle organizzazioni IEMP e del loro mutevole intrecciarsi che possono spiegare la comparsa e l'affermazione del capitalismo, oggi una macro-organizzazione fondamentale assieme a stati-nazione ed imperi. Soprattutto non viene evidenziata la discontinuità storica della stratificazione sociale come proprietà emergente da un contesto e da fattori unici e irripetibili. Si narra invece la solita favoletta evoluzionista lineare per cui necessariamente si passa dalle società barbariche a quelle statali, dai grandi imperi al feudalesimo, dal feudalesimo al capitalismo, secondo leggi meccanicamente deterministiche. E poi, non si tratta di ragionare in modo riduttivo o gerarchico dando ad alcune "cause" una priorità maggiore che ad altre, ma di vedere il processo storico in un quadro di multifattorialità complessa e di "proprietà emergenti" che modificano il quadro complesso da cui sono nate. Per quanto riguarda la relazione tra disuguaglianza e organizzazione sociale vedi "Burocrazia" a pag.79, "Dominio" a pag.249, "Divisione del lavoro" a pag.243, "Organizzazione" a pag.475.
- Fonte: “La civiltà delle buone maniere – La trasformazione dei costumi nel mondo aristocratico occidentale”, Norbert Elias, il Mulino, 1998. Viene presa in considerazione la nascita della psicologia moderna occidentale in relazione al divenire storico dalle società guerriero-aristocratiche, basate sullo sfruttamento della terra e dei contadini, alle società “industriali” basate sul movimento del denaro e sulla tecnologia. Nelle prime dominano le corti, dapprima cavalleresche, che forgiano il carattere della nobiltà attraverso il passaggio fondamentale dalla etero-costrizione alla auto-costrizione (self-control). Nelle seconde avverrà una complessa assimilazione della “educazione” cortigiana, passando per il rinascimento e l'umanesimo. N.Elias parla, nei termini freudiani che aveva a disposizione, della nascita del Super-Io. Secondo la psicologia freudiana il Super-Io agisce come censore a livello inconscio. Esiste dunque una psicologia profondamente diversa a seconda dell'epoca storica e dello strato sociale a cui si appartiene. Questa psicologia riguarda lo stare a tavola, il rapporto con il proprio corpo, i bisogni naturali, la relazione tra i sessi, l'aggressività vissuta come piacere (dal guerriero). Questa educazione degli strati aristocratici nella corte, centro focale deputato alla costruzione della “civilizzazione”, prima nei castelli feudali e poi nelle reggie che porteranno alla formazione dei moderni stati-nazione (ad esempio a Versailles nella versione assolutistica classica francese), si diffonderà lentamente anche agli strati inferiori, in primis alla borghesia e poi anche negli strati dipendenti condizionati dalla borghesia. Il giovane Werther di Goethe, un borghese, esprime con i suoi dolori la sofferta assimilazione-esclusione di questi strati sociali emergenti. I gruppi umani quali gli artigiani, i mercanti, la prima borghesia, organizzati per sopravvivere attraverso lo scambio di mercato, sono presenti da secoli ed entrano nelle corti assolutiste di Spagna, Francia, Inghilterra e minori, come consulenti per le vitali questioni delle finanze dello stato e per garantire con le tasse e i tributi le entrate necessarie per le guerre e i consumi vistosi di queste élite. Il giovane Werther ha sicuramente da piangere sulla sua identità sociale e psichica, sul suo rapporto IO-NOI. Ma ha sicuramente da mangiare e da consumare in modo vistoso. Eppure è infelice. Il monarca gestisce l'equilibrio tra gli esponenti maggiori di nobiltà, clero e borghesia che entrano alla sua corte e che gli forniscono tutta la conoscenza su cui egli basa le scelte del nuovo tipo di stato. La aristocrazia fondiaria prima e la borghesia mercantilista poi, le due élite dominanti fuse in miscelazioni diverse in Inghilterra, Francia e Germania, esprimono la “civiltà” come proiezione di questa complicata cultura cortigiana. N.Elias così delinea questa "civiltà": “La società occidentale combatte le sue guerre coloniali ed espansionistiche nel nome della croce, come più tardi farà nel nome della civiltà. Nonostante l'avvenuta secolarizzazione, la parola “civiltà” conserva ancora un'eco del cristianesimo latino e della concezione cavalleresco-feudale della crociata.”, capitolo terzo, pag. 173. Quanto alle civiltà in generale, l'opinione di N.Elias è riassunta nella citazione a pag.147, capitolo primo, Nota 1: “Oswald Spengler ne il “Tramonto dell'Occidente” afferma che ogni cultura ha peculiari possibilità di espressione che compaiono, maturano, declinano e non ricompaiono più. Queste culture, entità viventi del più elevato grado, crescono con la nobile mancanza di finalità dei fiori nei campi. E, come i fiori nei campi, appartengono alla natura vivente di Goethe, non alla morta natura di Newton."
- Fonte Web: Equality Trust, tratta in modo approfondito le disuguaglianze nel mondo e in UK. Le ricerche dimostrano la continua crescita dei livelli di disuguaglianza. Qui si trovano notizie su "The Spirit Level" degli epidemiologi Kate Pickett e Richard Wilkinson che sostengono che "la società è piu ineguale che mai".
La nascita dello Stato
Questo è probabilmente il punto centrale della storia umana, quello che ha determinato le attuali condizioni di vita degli esseri umani, la nascita stessa di quello che siamo abituati a chiamare "storia": le città murate distinte dal territorio circostante, una burocrazia sofisticata e spersonalizzata che chiamiamo "stato", la scrittura con la funzione prevalente di strumento contabile.
- Fonte: "Uruk la prima città", Mario Liverani, Laterza, 1998. Questo testo è fondamentale per la sua chiarezza, semplicità, completezza documentaria e bibliografica. In pochissime pagine viene descritta la nascita della moderna "civiltà" e una ragionata discussione delle varie teorie proposte. Osservare i grafici 1a e 1b a pag.27 che descrivono il passaggio dal "chiefdom" (o chefferie o chieftainship) al protostato. È un passaggio unico e senza possibilità di ritorno per il genere umano. Si passa da leader naturali e senza potere, se non quello della persuasione e dell'esempio, in leader che "obbligano" a lavorare per loro e che tramandano il loro potere, come i re ai loro figli o i sacerdoti ai loro prescelti (gli "eletti"). A pag.28 il grafico 2 mostra la struttura sociale creata con le Agenzie "tempio" e "palazzo", le "grandi organizzazioni". I flussi di risorse vanno dalle comunità locali alle agenzie-stato che prelevano lavoro coatto, tasse, tributi. In cambio le Agenzie forniscono alla gente comune servizi quali la difesa della comunità (ma delle città fortificate piuttosto che dei villaggi indifesi esposti alle razzie dei nemici) ed eventuali redistribuzioni di cibo dai magazzini delle agenzie in caso di carestie o di feste particolari. Questo semplice schema, opportunamente aggiornato aggiungendo le imprese capitalistiche alle agenzie templari/palatine, potrebbe essere tuttora usato per valutare i flussi di risorse nei moderni stati nazione. Si può quindi far risalire al tempo di Uruk la istituzione "tasse" e tributi.
- Fonte: "L'origine delle città - Le prime comunità urbane del vicino oriente", Mario Liverani, Editori Riuniti, 1986. Pag.14: "Diciamo dunque che, grosso modo, la città cone fenomeno dotato delle semplici caratteristiche che abbiamo indicato dura dal 3500 a.C. al 2000 (o 2500 al massimo) d.C. Neanche sei millenni , che nella storia umana sono preceduti da molti più millenni di storia pre-urbana e che ci auguriamo siano seguiti da altri millenni di storia post-urbana. Un fenomeno dunque di lunghissima durata e però legato a determinate condizioni socio-economiche: un fenomeno storico, umano, non certo naturale e immutabile.".
- Fonte: "La nascita dello Stato nel Vicino Oriente - Dai lignaggi alla burocrazia nella Grande Mesopotamia", Marcella Frangipane, Laterza, 2005. Altra fonte a questa collegata, è
- Fonte: "Alle origini del potere – Arslantepe – La collina dei leoni", a cura di M. Frangipane (aa.vv), Electa Mondadori, 2004, catalogo della omonima mostra tenuta a Roma. Il catalogo è molto concreto, didascalico, e direttamente informativo, inoltre contiene una estesa documentazione sulla Tomba Reale, di origine kurgan, che potrebbe spiegare il collegamento storico tra “patriarcato” e stato” (vedi sotto). M.Frangipane lavora come M.Liverani alla Sapienza di Roma ed ha partecipato direttamente ai lavori di scavo e di studio ad Arslantepe. Nella sua prefazione M.Liverani fa il punto della situazione degli studi storici, archeologici, sociologici sull'origine dello stato, precisando che "...la nascita dello stato era tra le più significative, e forse la più pregnante in assoluto, nel determinare la moderna strutturazione della società", "...quella grande trasformazione che dà origine allo stato: e cioè alla amministrazione burocratica, alla stratificazione sociale, alla specializzazione lavorativa, all'emergenza dell'apparato ideologico.", "...sarà piuttosto archeologicamente un contributo alla comprensione di quei meccanismi socio-economici e politici che hanno prodotto (in varie regioni e varie epoche) il decisivo passaggio dalle comunità locali autosufficienti ed autoregolate all'organizzazione complessa e stratificata, basata su flussi diseguali ma funzionali, che è lo Stato Arcaico". A pag.196-199 è ipotizzato il delicato passaggio al "lavoro dipendente", prima inesistente, testimoniato dalle ciotole grossolane, le "Bevelled rim bowls". Nasce così "...un settore di 'economia statale' che, attraverso il sistema di deleghe, si distacca sempre più dalla identificazione stretta con la persona del capo e la sua famiglia.". Il Corriere della Sera del 29 gennaio 1995 così sintetizza i lavori di M.Frangipane e della Sapienza di Roma ad Arslantepe: "...hanno ritrovato ad Arslantepe il più antico esempio di separazione tra potere politico e potere religioso. La città inventò lo Stato e crollò...Arslantepe ci mostra il più antico esempio di Palazzo di tutto il vicino Oriente; qui la struttura amministrativa è distinta da quella destinata al culto, anche se entrambe sono riunite nello stesso edificio...Verso il 3000 Arslantepe decadde e con lei il primo tentativo di creare una città dove il potere religioso era separato dal potere politico.". Sono i livelli IEMP che si differenziano e riuniscono o collassano insieme. Un aspetto importante della capacità diffusiva delle idee e dei modelli culturali veicolati dagli scambi, è secondo MF che "...la nascita delle prime città non fu una creazione esclusiva della Mesopotamia meridionale, come avevamo sempre ritenuto, ma piuttosto un fenomeno policentrico innescato da contatti e interscambi che s'erano stabiliti tra popolazioni dislocate in aree diverse". Questo è un punto molto importante capace di unire le teorie di Marija Gimbutas sui proto-indoeuropei, la cultura dei kurgan, caucasica, con la nascita dello stato nella grande Mesopotamia. La nascita ad Arslantepe della Agenzia Palatina o Palazzo, di un potere cioè politico militare (la P e la M di IEMP) sul tronco del potere religioso ed economico (la I e la E di IEMP) è ben documentata da M.Frangipane nello studio accurato della Tomba Reale di Arslantepe (due datazioni imprecise oscillano alla fine del IV millennio ed all'inizio del III millennio). In questa tomba appaiono le armi letali per uccidere altri esseri umani (spade, pugnali, lance), i sacrifici umani (un fanciullo ed una fanciulla di rango, gettati violentemente nella tomba, due giovani ancelle), soprattutto i vasi neri di una cultura kurgan a nord del Caucaso (e quindi di origine caucasica e non trancaucasica come le successive occupazioni del sito). Il collegamento temporale tra la presenza kurgan ad Arslantepe e la nascita dell'Agenzia Palatina, cioè del poltere politico militare, dello stato come uso “legittimo” della forza letale entro un determinato territorio, è troppo evidente per essere ulteriormente sottovalutato.
- Fonte: "The sources of social power - vol.I - A history of power from the beginning to A.D. 1760", Michael Mann, Cambridge University Press, 1986. Michael Mann è l'autore della analisi IEMP, da "Ideological, Economic, Military, Political power networks", illustrata nel cap.1, "Societies as organized power networks" (le società come reti organizzate di potere), teoria che utilizzo ampiamente allo scopo di arrivare sempre a delle sintesi unitarie dopo le analisi che separano i fatti. Il modello IEMP viene visto in un macro-esempio nel cap.15, pag.500-517, "European conclusions: explaining European dynamism - capitalism, Cristendom, states". I macroelementi del capitalismo (Economia), della Cristianità (Ideologia), degli stati (Militare e Politico), corrispondono ai quattro punti IEMP. Il termine "Power" tradotto con "Potere" andrebbe meglio interpretato come "potenza", possibilità di fare (Power in inglese significa anche la corrente elettrica). Non ha quindi una accezione di per sè negativa. Si tratta del potere organizzato di gruppi umani, cioè di un potere collettivo, o "sociale" in quanto organizzato da gruppi umani. Può essere un potere coercitivo come nel caso di guerra, predazione, razzia, deculturazione. Può essere positivo come la cooperazione spontanea, ad esempio nella costruzione di un nuovo villaggio o di un sistema di irrigazione, oppure nella gestione comunitaria di beni comuni. Può essere al tempo stesso coercitivo e cooperativo, quando un gruppo coopera e si unisce nell'obbiettivo di predare o distruggere un altro gruppo umano. Il potere cooperativo inoltre può essere spontaneo come nel caso di un gruppo di cacciatori-raccoglitori, o compulsivo, coatto, come nel caso di un esercito in marcia o di una moderna azienda capitalistica dove si è obbligati a cooperare con gli altri. La fig.1.2 a pag.29 riassume la teoria IEMP proposta da Mann. Nei cap.2, cap.3, e cap.4 tratta in modo approfondito delle società senza stato e del passaggio agli stati ed alla stratificazione sociale. Nella conclusione del cap.4, pag.124, "Conclusion: a theory of the emergence of civilization", dice: "Civilization was an abnormal phenomenon. It involved the state and social stratification, both of which human beings have spent most of their existence avoiding.", che così traduco "La civiltà è stata un fenomeno abnorme. Ha coinvolto lo stato e la stratificazione sociale, per evitare i quali gli esseri umani avevano speso gran parte della loro esistenza". Rivedremo ancora nel seguito i vari volumi dell'opera fondamentale di Michael Mann, tra cui il vol.IV, relativo agli anni 2000 (dopo Cristo), ed alle grandi crisi che l'umanità si trova a dover affrontare.
- Fonte: "Dalla tribù allo stato - Saggi di antropologia politica", a cura di Ugo Fabietti, UNICOPLI, 1991. Capitolo sesto, pag.127,"Una teoria sull'origine dello stato", di Robert L.Carneiro. M.Mann utilizza la importante teoria dell'ingabbiamento ("cage") avanzata da Robert L.Carneiro, "...una teoria flessibile e complessa - ma non generica - applicabile ai più diversi contesti...Carneiro non intende infatti considerare gli effetti del conflitto sulla distribuzione dei gruppi all'interno di un determinato territorio, nè dimostrare che la guerra in quanto tale ha origine per l'appropriazione delle risorse. La guerra è vista piuttosto come un fattore di progressiva centralizzazione politica, in un contesto in cui il controllo delle risorse ha una precisa relazione con l'emergenza di gruppi stratificati conducente alla formazione dei domini prima e degli stati poi.". In altre parole la guerra non nasce per la competizione di gruppi umani su risorse scarse ma per l'emergenza di élite dominanti che portano alla centralizzazione politica dei domini prima e degli stati poi. Segue poi il fondamentale articolo di R.L.Carneiro pubblicato su Science nel 1970.
- Fonte: "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Lucio Russo, Mondadori Education, 2013. Porta prove a sostegno delle teorie diffusioniste, secondo le quali esiste "...la possibilità di sostituire all'idea oggi dominante dell'evoluzione indipendente e parallela delle civiltà un'unica storia, connessa sin dalla remota antichità". Nel cap.4, "Possibili tracce di antiche contatti transoceanici", considera ipotesi favorevoli a contatti tra l'Europa e l'America soprattutto all'epoca di fenici e cartaginesi, che potrebbero aver innescato la formazione di stati là dove le condizioni erano favorevoli, cioè nella Mesoamerica e nelle valli andine.
- Fonte: “Potere e civiltà – Il processo di civilizzazione”, Norbert Elias, il Mulino, 2010. Tratta della genesi sociale dello stato moderno occidentale dal feudalesimo alla rivoluzione francese, basato sul passaggio dalla “costrizione sociale alla autocostrizione” delineato nel precedente volume “La civiltà delle buone maniere”. Centrali i paragrafi del cap.III, “Il meccanismo della monopolizzazione”, pag.144, e “Formazione del meccanismo monarchico”, pag.215. Il meccanismo monarchico è un "apparato centralizzato di dominio” che assieme al “meccanismo del monopolio” spiega il processo propulsivo espansionistico della “civiltà” occidentale moderna, soprattutto attraverso la sociogenesi del monopolio fiscale statale che nella società medievale sarebbe stato considerato “...in modo non molto diverso dalla rapina e dalla usura”. La genesi della “civiltà” o “civilizzazione” europea occidentale moderna è delineato nell'altro volume “La civiltà delle buone maniere”. N.Elias è un autore importante che ha rinnovato la sociologia ed aiutato a ricomporre la dicotomia tra individuo e società. Il modello da lui proposto di società è quello della "configurazione": gruppi di esseri umani interdipendenti e in riferimento tra loro. Come in un ballo i danzatori si muovono sincronicamente assumendo nel tempo configurazioni diverse ma interdipendenti in modo dinamico. La società è la danza che vive solo nel muoversi intrecciato dei ballerini. Non ha molto senso farne un'astrazione distinta dai danzatori, se non a scopo di analisi e comparazioni. La loro psicologia forma la danza ed è sua volta riformata da questa nel suo "processo" reale. Questa "danza" corrisponde solo in parte all'azione sociale di M.Weber così definita: "un agire che sia riferito - secondo il suo senso, intenzionato dall'agente o dagli agenti - al comportamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a questo". N.Elias ne critica il metodo e l'astrattezza, e introduce negli individui l'inconscio e la raffinata psicologia scoperta da Freud. La psicologia individuale è inestricabilmente collegata alla configurazione in cui l'attore si trova, come anche si sostiene nella teoria di G.H.Mead della costruzione del Sè e dell'Altro Generalizzato. Per questo ogni società, ogni cultura, ogni contesto storico ha le sue proprie "psicologie" (Freud a differenza di Elias si riferisce ad una psicologia universale, non cangiante nei vari contesti storici e geografici). Elias in breve "storicizza" la psicologia. Le concezioni sociologiche che si oppongono alla visione "delle" società come "processi" sono quelle che definiscono la società come una "struttura" al cui interno agiscono delle "forze" che determinano il comportamento degli individui. Le teorie di Marx e Durkheim rientrano in questo tipo. La dicotomia tra individuo e società viene risolta semplicemente facendo sparire l'individuo. Per riassumere si può dire che per Durkheim la "danza" è una "cosa" e che i ballerini danzano perchè la musica gli entra nella testa. Per Marx la musica sono solo "le forze produttive materiali", non esistono cose ma solo antinomie. Stranamente con la prossima fine delle antinomie la musica cesserà. Secondo Weber gli individui agiscono sostanzialmente da soli ma tenendo conto degli altri soprattutto a livello razionale. Secondo Elias la danza è un processo dinamico che modifica i ballerini che ne sono gli attori e gli autori, che interagiscono costantemente tra loro scambiandosi non solo esperienze, cultura, emozioni ma anche relazioni di dominio fisico e psichico (eterocostrizioni ed autocostrizioni). Secondo Mann ci sono obiettivi comuni che uniscono gli esseri umani in attività organizzate vissute in gruppi che si intrecciano tra loro in interazioni complesse che possiamo definire "reti". Questi obiettivi corrispondono ai bisogni fondamentali (cangianti nei loro equilibri nelle varie epoche storiche) quali la riproduzione, la sopravvivenza biologica, la difesa del territorio e i rapporti tra i gruppi, la costruzione culturale di un significato dell'esperienza umana. Sapendo che è impossibile tracciare tutti i "bisogni" che nascono a livello di individui o di gruppi umani. La ricerca di un significato complessivo della vita è un bisogno divenuto prevalente già dalle epoche preistoriche con la necessità di costruire identità singole e collettive (di gruppo) articolate in strutture morali ed estetico-rituali. Queste identità collettive che diventano "istituzioni", come le nazioni, gli imperi, il capitalismo, proiettano gli obiettivi dell'azione collettiva che si sviluppa come un intreccio di processi materiali e di processi culturali. La sociologia diventa sociologia dei processi culturali, come nelle opere di N.Elias. Mentre Mann ha il merito di aver unificato grazie ad un modello efficace il lungo arco di storia delle società umane secondo una prospettiva di macrosociologia, Elias nell'arco di tempo più breve dal medioevo al 1700 d.C. unifica la prospettiva macrosociologica della formazione dei principali stati europei (sociogenesi) con la prospettiva microsociologica del cambiamento della psicologia umana come riflesso di nuovi modelli di comportamento e di interazione sociale (psicogenesi).
Imperi
- Fonte: "Antico Oriente - Storia società economia", Mario Liverani, Laterza, 2007. È l'opera più completa di M.Liverani. Inizia dalla nascita dello Stato in Mesopotamia ed arriva all'età del ferro con Ciro il grande e i persiani. Tratta estensivamente tutti gli imperi che si sono succeduti nel Vicino Oriente con le loro complesse interazioni. È un testo "mesopotamo centrico". Ma questo è accettabile in considerazione del fatto che proprio in Mesopotamia sono partiti per la prima volta i processi che hanno dato vita a Stati, Città, Scrittura, e che lì sono state raccolte e indagate le maggiori testimonianze. M.Liverani è uno storico che utilizza la sociologia, Michael Mann è un sociologo che utilizza la storia. I due autori vanno integrati tra loro e si possono agevolmente integrare. Dice infatti M.Liverani: "Quanto poi alle componenti interne del quadro storico, ho assunto a base della mia impostazione il triangolo ideologia/società/economia, in interazione già così alquanto ardua". Si avvicina molto alla impostazione IEMP di M.Mann, se al termine "società", opportunamente criticato e rivisto da M.Mann, sostituiamo "politico-militare". M.Mann studierà proprio quella interazione tra ideologia, economia, militare, politico, che a M.Liverani sembra così ardua, per un arco di tempo che va dal neolitico al 2011 d.C. Nel cap.8 de "L'Antico Oriente", "L'impero di Akkad", pag.232-264, tratta del primo impero della storia. Interessante perchè emblematica anche per il futuro è la conclusione della vicenda imperiale di Akkad, i cui abitanti stremati dalle guerre e dai contrasti interni vengono conquistati dopo due secoli di terrore dalle popolazioni "barbare" dei vicini Gutei provenienti dalle montagne degli Zagros.
- Fonte: "The sources of social power - volume I - A history of power from beginning to A.D. 1760", Michael Mann, Cambridge University Press, 1986. Cap.5, "The first empires of domination: the dialectics of compulsory cooperation", pag.130-178. Pag.131: "Alla fine [le città-stato sumeriche] furono conquistate dal primo esteso "impero" della storia, quello di Sargon di Akkad. L'impero da allora rimase una delle forme sociali dominanti per tre migliaia di anni nel Vicino Oriente e in Europa, e perfino più a lungo nell'Asia Orientale.". Gli aspetti della cooperazione obbligata ("compulsory cooperation"), che intreccia le varie reti IEMP, realizzata da Sargon sono: la pacificazione militare e geopolitica del territorio e delle vie commerciali, l'incremento delle spese militari (o keynesismo militare), il controllo centralizzato dell'economia tramite fissazione dei prezzi e dei valori di scambio, un maggiore sfruttamento del lavoro (tramite la schiavitù, la servitù della gleba, il lavoro ad ingaggio), la diffusione autoritaria di una cultura, lingua e scrittura comuni. Vedi pag.148-155. Questi cinque aspetti si ritrovano ancora oggi, opportunamente modernizzati e mascherati, nell'attuale impero residuo (gli USA) e nelle pratiche di altri stati.
Imperi romano e bizantino
- Fonte: "La grande transizione - Dal declino alla società della decrescita", Mauro Bonaiuti, Bollati Boringhieri, 2013. Adotta la teoria bioeconomica di Nicholas Georgescu Roegen e lo studio dei collassi delle società complesse di Joseph A.Tainter. I due esempi del collasso dell'impero romano e della resilienza dell'impero bizantino si trovano nel cap.4 a pag.139 e pag.155 rispettivamente
- Fonte: "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Lucio Russo, già citato. Nel cap.5, pag.71-109, considera in modo originale e profondo l'affermarsi dell'impero romano come un tracollo culturale dell'intera area mediterranea su cui si affacciavano civiltà varie e complesse che comunicavano tra loro. La distruzione contemporanea di Cartagine e della lega achea (con centro a Corinto) nel 145-146 a.C. significarono la sparizione di immense conoscenze e del primo germe di scienza moderna apparso nella Grecia di Anassimandro. La ricerca basata sulla dimostrazione (logico-matematica) e sulla sperimentazione empirica ricompariranno solo con Galileo molti secoli dopo. Considerare giustamente l'impero romano un tracollo culturale per l'intera area mediterranea dimostra la non adeguatezza di una concezione della storia come progressione lineare.
- Fonte: "The sources of social power - volume I - A history of power from beginning to A.D. 1760", Michael Mann, già citato. Nel cap.9 "The Roman territorial empire", pag.250-300, sostiene che "La storia di Roma è il laboratorio storico più affascinante a disposizione dei sociologi...Molti dei processi osservati nel corso di questo capitolo erano probabilmente presenti anche in molte società precedenti. Ora per la prima volta possiamo tracciare in modo sicuro il loro sviluppo", grazie alle abbondanti tracce di registrazione storica. Secondo Mann Roma era capace sia di conquistare che di mantenere un impero. Perchè "Per prima cosa aveva sviluppato una potenza organizzata di cooperazione compulsiva (forzata) che chiamerò economia delle legioni. Secondariamente aveva sviluppato come potenza autoritativa una cultura di classe che permetteva di assorbire le élites conquistate dentro la classe egemone (ruling class) romana." Lo sviluppo di una "ruling-class culture" unica estesa ai popoli dominati avviene tra il 100 a.C. E il 200 d.C. Con la prima, l'economia delle legioni, conquistava, con la seconda, la cultura della élite dominante, manteneva. Fondamentale in tutta la cultura romana la gestione patriarcale privata della famiglia. Nel paragrafo "The weakness of the legionary economy: a power standoff", pag.280, analizza le entrate dell'erario al tempo di Augusto derivanti in gran parte dalle conquiste di guerra, cioè dal bottino seguito da tributi, tassazione, e vendita di incarichi pubblici (quella che oggi si chiama corruzione). Senza ulteriori conquiste sarebbe stato difficile mantenere attivo questo processo, come si ricava anche nell'analisi di M.Bonaiuti secondo cui dalla "pacificazione" di Augusto in poi inizia la decadenza dell'impero.
- Fonte: "Storia sociale dell'antica Roma", Géza Alföldy, il Mulino, 1987. Analizza la iniziale struttura tribale e gentilizia centrata sul paterfamilias, il cui potere su congiunti e schiavi era illimitato (poteva vendere come schiavi i propri figli ed eventualmente ricomprarli). Vedi al cap.V i paragrafi 2, pag.153, "La stratificazione sociale", e il par.7, pag.201, "La struttura per ordini e strati ed i suoi effetti", dove viene evidenziata la non corrispondenza della teoria marxiana delle classi alla società romana nel suo complesso. La fig.1 a pag.202 evidenzia nel triangolo centrale i "clientes", la cosiddetta "familia Caesaris". La figura mette in luce il riduzionismo non solo del concetto di "classe" ma anche di quello di "stratificazione" in senso stretto. Nel cap.VI, pag.227, "La crisi dell'impero romano e la trasformazione della struttura sociale", e nel cap.VII, pag.265, "La società tardo romana", viene vista in dettaglio la decadenza e il collasso dell'impero. Si tratta di un processo che dura circa tre secoli su regioni geografiche distinte e lontane. Gli attacchi delle tribù germaniche e dei loro alleati sul Danubio e il Reno erano solo uno dei molteplici fattori di una crisi generale. La stratificazione sociale vedeva gli strati superiori frantumarsi e impoverirsi, mentre gli strati inferiori precipitavano in condizioni simili alla schiavitù. Una enorme burocrazia di funzionari spremeva tutti gli strati sociali produttivi con tasse, lavori forzati, corruzione. Vari eserciti dislocati nelle varie regioni composti anche da barbari mercenari difendevano i confini, agivano da supporto ai funzionari esattori delle tasse, si combattevano tra loro in feroci guerre civili. Tutto questo era molto dispersivo a livello di risorse. "Quindi il declino dell'impero romano d'Occidente è un processo, il cui aspetto storico-sociale non consiste nell'opposizione degli strati inferiori contro un sistema di potere retto dagli strati superiori, ma nel fatto che l'ordinamento statale romano fu gradualmente sostenuto da un unico strato, e molto esiguo, del proprio apparato di potere, divenendo nel contempo un grave peso per quasi tutta la società.". Esaminando questi processi a larghe linee si può assegnare a Traiano l'ultimo tentativo di espansione imperiale con la stentata vittoria in Dacia, riprodotta nella famosa colonna con le teste mozzate dei vinti. Traiano diventa molto popolare per i lavori pubblici che ordina: i fori, templi vari, palazzi, viabilità. Lavori che stressano le già esauste finanze statali. Da questo momento le conquiste si fermano e con esse le importazioni di schiavi per coltivare i latifondi, estrarre minerali dalle miniere, produrre nelle "frabricae" statali frecce, archi, scudi, corazze, spade di qualità. Caio Giulio Cesare aveva da solo trasportato un milione di schiavi dalla Gallia due secoli prima. Gli schiavi lavorano anche nelle botteghe artigiane e come servitù nelle case dei ricchi; lavorano anche come Polibio, storico e consigliere di Scipione l'Africano, a diffondere cultura e conoscenza. Le guerre difensive che sono un puro costo, la mancanza di schiavi, le epidemie dovute a invasioni barbariche, guerre civili e ribellioni contadine come quella degli stagionali (in latino "circumcilliones") spopolano le campagne che diventano sempre più improduttive. Crollano economicamente i ceti medi dei "decurioni" o “curiales” prima floridissimi, stressati da oneri politici, balzelli, corruzione, mentre aumenta il grande latifondo, la cui produttività è molto bassa. Nel frattempo l'ordine equestre dei cavalieri, esattori delle tasse e ufficiali delle legioni, spreme la popolazione con tasse e corvèe facendo fuggire i contadini dalle campagne. La riproduzione degli schiavi è difficile, non vogliono figli. Tra i contadini vi sono piccoli proprietari, schiavi, liberti, stagionali, coloni o affittuari che corrispondono ai servi della gleba, salariati. Tutti in condizioni così disperate da alimentare il fenomeno dei “fugitivi”. Le città che rifornivano di merci e servizi le campagne circostanti cominciano lentamente a decadere anche loro. Politicamente gli equilibri si dissolvono. L'antico ordine dei senatori, già compromesso dopo la caduta della repubblica, viene forzatamente riempito di uomini "novi" o membri dell'ordine equestre, o di favoriti, perfino di liberti. Le magistrature che davano vanto e potere ai decurioni delle città vengono disertate perchè fonte di oneri, tasse, tributi. Le zone spopolate vengono riempite per essere difese da tribù federate di barbari, convertiti al cristianesimo, che sono ormai il nerbo mercenario dell'esercito imperiale. Ormai il potere territoriale, militare, politico, è loro.
Imperi moderni USA e URSS
- Fonte: “The sources of social power - Volume 3: Global empires and revolution, 1890-1945", Michael Mann, Cambridge University Press, 2012. Cap.3, pag.58-99, "America and its empire in the Progressive Era, 1890-1930. Cap.14, pag.423-456, "Tha last interimperial war, 1939-1945". Per quanto riguarda la nascita dell 'impero dei Soviet conseguente alla rivoluzione bolscevica di Ottobre 1917 in Russia, vedi cap.11, pag.347-370, "The Soviet alternative". Notevoli alle pag.357-362 il paragrafo "Stalin's atrocities" e al paragrafo "The impact of communism abroad", pag.366-370, l'effetto politico dell'azione ideologica dell'imperialismo sovietico che ha monopolizzato, strumentalizzato ed estremizzato i movimenti di opposizione al capitalismo ed al fascismo, portandoli alla rovina. Il paragrafo si conclude così: "Stalin mise l'ultimo chiodo al coperchio della bara del socialismo rivoluzionario occidentale, dopo aver distrutto quello dell'Unione sovietica" ("Stalin was putting the final nail in the coffin of revolutionary socialism in the West, after it had been destroyed in the Soviet Union").
Fonte: "The sources of social power - volume 4: Globalizations, 1945-2011", Michael Mann, Cambridge University Press, 2013. Cap.5, pag.86-128, "American empire during the cold war, 1945-1980", distingue tra i vari tipi di impero, secondo un gradiente discendente di potenza militare e un livello ascendente di potenza politica, economica ed ideologica. I tipi sono sei in ordine decrescente nell'uso della forza militare e ascendente di potenza politica:
- impero diretto,
- indiretto,
- informale,
- oppure informale via proxies,
- imperialismo economico,
- egemonia in senso gramsciano.
Cap.10, pag.268-321, "American empire at the turn of the twenty-first century". La politica di Bush il giovane dopo il 9/11 e le invasioni di Afghanistan e Iraq. Cap.7, pag.179-217, "The fall of Soviet alternative", descrive la caduta dell' "impero" sovietico, ("the end of Soviet empire abroad"). Gli sfortunati russi hanno sofferto due rivoluzioni, che secondo Mann non sono mai una buona idea; una dal basso nel 1917, l'altra dall'alto negli anni 80 con la perestroika di Gorbachev. Entrambe fallite. "La Russia può considerarsi un caso esemplare del ruolo limitato della ragione negli affari umani e del fallimento degli umani nel risolvere adeguatamente le crisi che essi stessi si sono procurate". Nella conclusione, cap.13 , a pag.418, si sostiene che "solo un impero è rimasto, e il suo declino è appena cominciato e continuerà". Si riferisce al residuo impero americano, il cui declino è ben documentato dai numerosi e continui "commentaries" di Immanuel Wallerstein, eminente sogiologo, storico, economista degli Stati Uniti, coautore con altri della famosa teoria del "world-system" cui M.Mann preferisce la sua più consistente e raffinata analisi IEMP. I.Wallerstein, G.Arrighi e Michael Mann appartengono a quella corrente di studi che vede dinamicamente le varie società nel tempo e nello spazio attraverso la sociologia, la storia, l'economia, nota come "sociologia storica" o macrosociologia. Come fa presente Mann parlando della sua analisi storica, comunque, quello che in lui prevale è uno “scetticismo empirico” per cui le quattro fonti del potere sociale IEMP sono solo modelli astratti utili al fine di una analisi ma che "non esistono come pure forme nel mondo reale. Invece esse si solidificano attorno alle maggiori macro-istituzioni della società attuale: il capitalismo, lo stato-nazione, e gli imperi".
Crisi
- Fonte: "The sources of social power - Volume 4: Globalizations, 1945-22011", Michael Mann, Cambridge University Press, 2013. La descrizione delle tre grandi crisi che dobbiamo affrontare oggi su scala planetaria è molto compatta ma esaustiva nel IV volume di M.Mann.
- Crisi militare e geopolitica con conseguente pericolo nucleare. Cap.2, "The postwar global order", soprattutto alle pag.30-33 il par. "The imperial and ideological pillar: The cold war", e alle pag.33-36 il par. "MAD and the decline of war". MAD sta per Mutual Assured Destruction, mutua distruzione assicurata. Cap.10, pag.268-321, "American empire at the turn of the twenty-first century", focalizzato sulla recente politica di espansione militare americana e la sua connessione con il petrolio e l'imperialismo economico (il signoraggio del dollaro). Nel lontano 1963, dopo la crisi dei missili a Cuba, J.F.Kennedy ( USA), Krutsciov (URSS) e Giovanni XXIII (Stato Vaticano) iniziarono un serio tentativo di disarmo nucleare. Al momento non vi sono iniziative in proposito tra le maggiori potenze nucleari (USA, Russia, Cina, Francia, UK).
- Crisi economica capitalistica. M.Mann la definisce "la Grande Recessione". Cap.11, pag.322-360; "Global crisis: The great neoliberal recession". "Dal 2008 il debito mondiale era di 160 trilioni di dollari, tre volte il Prodotto Lordo Mondiale, mentre il valore di tutti i "derivati" era di 680 trilioni di dollari un numero sorprendente equivalente a 11 volte il Prodotto Lordo Mondiale" (Pag.328). Nella complessità della crisi economica globale un ruolo importante hanno gli assetti di potere politico militare tra USA, Cina, Giappone. Il ruolo imperiale degli USA dà al dollaro una preminenza che ha solo un valore politico-militare. La preminenza americana significa che le economie che da essa dipendono a cascata, come quella cinese e giapponese (che vendono le loro merci in USA e che ricevono in cambio dollari e capitali in dollari), importano la crisi e soffrono della crisi generata in USA. Nel 2008 la crisi americana dei mutui alle case si diffonde al mondo intero. Perchè? "La causa principale della Grande Recessione stessa era l'aumentato livello di disuguaglianza e povertà negli Stati Uniti" (Pag.331). Lo scenario degli ultimi vent'anni è il passaggio da una bolla finanziaria all'altra, di dimensioni crescenti.
- Crisi ambientale. Cap.12, pag.361-399, "Global crisis: Climate change". Chi si oppone ad una seria politica di controllo delle emissioni nocive di gas serra? Pag.375: Alcuni settori del business: imprese elettriche, settore minerario, le industrie del petrolio e del gas appoggiate dalle industrie satelliti che producono automobili e tutto quanto serve per l'agricoltura chimica (dal petrolio si ricavano tutti i fertilizzanti e i fitofarmaci prodotti dalle stesse multinazionali che applicano la bioingegneria delle sementi OGM).
- Fonte: "La grande transizione - Dal declino alla società della decrescita", Mauro Bonaiuti, Bollati Boringhieri, 2013. Analizza in profondità la crisi capitalistica mettendola in relazione alla finitezza delle risorse ambientali, alle teorie della crescita e dell'innovazione, all'ipotesi dei rendimenti decrescenti.
Sistemi cooperativi
La costruzione e la diffusione di sistemi cooperativi anche complessi può avvenire, come avviene, nei vari campi di attività dei gruppi umani, nel campo della cultura e della scienza, dell'economia, della politica, persino nel campo militare. Dare la priorità ad alcuni di essi a scapito di altri significa non considerare gli esseri umani e le loro società come organismi viventi nella loro integrità coesione e completezza. Esempi significativi sono riportati nel seguente lavoro di Yochai Benkler.
- Fonte: "The penguin and the Leviathan - How cooperation triumphs over self-interest", Yochai Benkler, Crown Business, New York, 2011. Questo libro va studiato nei dettagli come un manuale operativo. Lo considero un buon punto di partenza per fare sperimentazione cooperativa. Yochai Benkler, israeliano, professore di diritto ad Harvard (Usa), ha un sito: "benkler.org", da visitare perchè rimanda a tutte le attività del mondo Open Source. Ha impostato nel 2007 una ricerca di tre anni sulla cooperazione, basata sulla biologia evoluzionista, l'economia sperimentale, la teoria dei sistemi complessi, la sociologia organizzativa e la psicologia morale. Come si vede oltre a teorizzare la cooperazione, Y.Benkler la pratica. Tutta questa ricerca è riportata in questo libro. A pag.253, "When I moved to Harvard in late 2007...", racconta quali sono i personaggi ed i filoni di ricerca che è riuscito a unire e vitalizzare.
- Fonte: "La ricchezza della rete - La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà", Yochai Benkler, Edizioni Bocconi Editore, 2007, disponibile anche su internet. Partendo da fenomeni significativi come Linux, Wikipedia (molto importante) e altri, introduce la "Commons Based Peer Production", CBPP. Viene tradotta come "Produzione sociale" ma sarebbe più appropriato chiamarla "produzione tra pari".
- Fonte: "Il mutuo appoggio", Petr Kropotkin, traduzione di Camillo Berneri,edito da www.liberliber.it, scaricabile da Internet. Tra i primi e principali fautori e "scopritori" della cooperazione mutualistica ricordiamo Petr (Piotr) Kropotkin contemporaneamente versato sia nelle scienze storiche e sociali che in quelle naturali come geografia, ambiente, animali e il neonato evoluzionismo di Darwin. Kropotkin è un raro esempio di integrità umana, sagagia, umiltà, capacità di apprendere. Era un principe russo, figlio di una delle principali famiglie dell'aristocrazia risalente ai tempi di Ivan il grande. Essendo abituato al comando ebbe modo di verificare, appena entrato nell'adolescenza, la sua totale inefficacia. Entrato a far parte dell' esclusivo "Corpo dei paggi" dello zar ebbe così la controprova delle sue teorie sulla gerarchia e sulle relazioni basate sull'autorità. Diventa uno dei principali anarchici della I Internazionale e soffre la prigione e l'esilio, rispettato al suo rientro in Russia dopo il 1917 dagli intellettuali e dal popolo. A differenza di Marx, Petr Kropotkin ha una solida esperienza scientifica. Le sue conoscenze di zoologia e di comportamento animale, della nuova teoria di Darwin, lo illuminano. Si preoccupa che le trasformazioni che propone siano in grado di reggere il cambiamento e di apportare beneficio e non semplice distruzione e fallimento, come già subito intravede nella rivoluzione bolscevica del 1917.
- Fonte Web:"Software e Hardware Open Source", Remo Ronchitelli, Tesi di laurea triennale in sociologia a Padova, ottobre 2013, pubblicata su ortosociale.org "Software e Hardware Open Source". Tratta della emergenza storica di un nuovo modello di economia cooperativa e del rapporto tra reti economico culturali Open Source e le corrispondenti reti capitalistiche Closed Source.
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Riepilogo delle fonti per autore
- Géza Alföldy, "Storia sociale dell'antica Roma", il Mulino, 1987
- Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli, Alessandro Cavalli, *"Corso di sociologia", il Mulino, 2007
- Yochai Benkler, "The penguin and the Leviathan - How cooperation triumphs over self-interest", Crown Business, New York, 2011.
- Yochai Benkler, "La ricchezza della rete - La produzione sociale trasforma il mercato e aumenta le libertà", Bocconi Editore, 2007, disponibile anche su internet
- Mauro Bonaiuti, "La grande transizione - Dal declino alla società della decrescita", Bollati Boringhieri, 2013.
- Pierre Clastres, "L'anarchia selvaggia", elèuthera, 2013
- Pierre Clastres, "La società contro lo stato - Ricerche di antropologia politica", ombre corte/culture, 2003, Verona
- Francesca Colombini e Monica Di Bernardo (a cura di), "Matriarchè - il principio materno per una società egualitaria e solidale", autori vari, Exòrma, 2013
- "Cucuteni Trypillia - Una grande civiltà dell'Antica Europa", Vaticano, Palazzo della Cancelleria, Roma, Catalogo della Mostra, 16 settembre - 31 ottobre 2008 . A cura del complesso museale nazionale "Moldova" di Iasi, Romania
- Riane Eisler, "Il calice e la spada", Frassinelli, 2006
- Equality Trust, sito web Equality Trust
- Ugo Fabietti (a cura di), "Dalla tribù allo stato - Saggi di antropologia politica", UNICOPLI, 1991
- Marcella Frangipane, "La nascita dello Stato nel Vicino Oriente - Dai lignaggi alla burocrazia nella Grande Mesopotamia", Laterza, 2005
- Marcella Frangipane, "Alle origini del potere – Arslantepe – La collina dei leoni", a cura di M. Frangipane (aa.vv), Electa Mondadori, 2004, catalogo della omonima mostra tenuta a Roma
- Luciano Gallino, "Dizionario di sociologia", UTET, 2006
- Marija Gimbutas, "La civiltà della dea", Stampa Alternativa, Volume 1, 2012, e Volume 2, 2013, traduzione e cura di Mariagrazia Pelaia
- Marija Gimbutas", Il linguaggio della dea", Venexia, 2008
- Angela Giuffrida, "La razionalità femminile unico antidoto alla guerra", Bonaccorso, Verona, 2011
- Angela Giuffrida, Femminità
- Petr Kropotkin, "Il mutuo appoggio", traduzione di Camillo Berneri, edito da www.liberliber.it, scaricabile da Internet
- Mario Liverani, "Uruk la prima città", Laterza, 1998
- Mario Liverani, "L'origine delle città - Le prime comunità urbane del vicino oriente", Editori Riuniti, 1986
- Mario Liverani, "Antico Oriente - Storia società economia", Laterza, 2007
- Bronislaw Malinowski, "Gli argonauti del Pacifico Occidentale. Riti magici e vita quotidiana nella società primitiva", Bollati Boringhieri, 2004
- Michael Mann, "The sources of social power - vol.I - A history of power from the beginning to A.D. 1760", Cambridge University Press, 1986
- Michael Mann, “The sources of social power - Volume 3: Global empires and revolution, 1890-1945", Cambridge University Press, 2012
- Michael Mann, "The sources of social power - volume 4: Globalizations, 1945-2011", Cambridge University Press, 2013
- Remo Ronchitelli, "Software e Hardware Open Source", Tesi di laurea triennale in sociologia a Padova, ottobre 2013
- Francesca Rosati Freeman, "Benvenuti nel paese delle donne", XL edizioni, 2010
- Francesca Rosati Freeman, Francesca Rosati Freeman sito web
- Lucio Russo, "L'America dimenticata - I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo", Mondadori Education, 2013
- Marshall Sahlins, "Un grosso sbaglio. L'idea occidentale di natura umana", Elèuthera, 2010
- Marshall Sahlins, “Economia dell'età della pietra - Scarsità e abbondanza nelle società primitive”, Marshall Sahlins, Bompiani, 1980
- Amalia Signorelli, "Antropologia culturale - Un'introduzione", McGraw-Hill, 2007
- Francisco Villar, "Gli indoeuropei e le origini dell'Europa - Lingua e storia", Il Mulino, 1997
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Sintesi
L'apparizione della gerarchia
Stiamo vivendo una transizione che tocca gli strati culturali profondi, sedimentati dalla storia, quelli che un grande storico francese chiamava di "longue durée", di lunga durata, quelli che sono presenti nella storia umana da millenni. Uno di questi strati profondi annidati nella nostra cultura moderna è la "gerarchia", l'idea che esistano esseri umani in posizione di superiorità che possono decidere i destini degli altri ed ai quali va delegata l'organizzazione della nostra vita. Questa idea era prima evitata come la peste dall'umanità di tutte le latitudini e paesi fino a quando accanto alle società egalitarie senza stato ne sorsero altre definite "domini", "città-stato", "imperi". Fino ad allora le figure individuali emergenti, quelli che vengono impropriamente definiti i "capi" delle varie comunità esistenti all'epoca, non comandavano il lavoro degli altri e non tramandavano agli eredi biologici il loro prestigio o il loro "potere" di cultura o di ricchezza. Questo invece iniziò ad avvenire in epoca più recente con i patriarchi maschili dei lignaggi aristocratici e con i re, nell'età del Bronzo Antico (a ben vedere questa ereditarietà che dura tutt'oggi è contraria alla conclamata "meritocrazia"). Prima di allora sciamane e sciamani, grandi raccoglitrici e grandi cacciatori, donne e uomini di pace che mediavano i conflitti, artigiani e artigiane, guaritori e guaritrici, menti acute femminili e maschili capaci di dare saggi consigli, lavoravano tutti per la comunità e il suo benessere. Nelle società patriarcali e nei proto-stati la donna diventa un oggetto di proprietà maschile, considerata una pura necessità funzionale per il ricambio generazionale, il piacere sessuale, la schiavitù domestica. Questa diffusione massiva della stratificazione, della gerarchia, della disuguaglianza sociale, è stata tracciata con precisione nella formazione dei proto-stati avvenuta inizialmente in pochissime aree del pianeta . Queste aree si contano sulle dita di una mano, 4, 5 o 6, in Mesopotamia (3200 aC), Egitto (coeva), Valle dell'Indo (2200 aC, ma qui non ci sono certezze sulla presenza di “stati”), Valle del Fiume Giallo in Cina (1800 aC), altopiani mesoamericani e valli andine (dopo Cristo). L'organizzazione stato si propaga a tutto il pianeta nel corso degli ultimi 5000 anni. Ma questo apparente successo della gerarchia e della disuguaglianza ha sempre trovato una fiera resistenza in infiniti movimenti che cercano di controllare e immunizzare questa forma sociale di relazione umana basata sul dominio. La prima città-stato di cui si ha una completa documentazione archeologica, protostorica e storica è Uruk nella bassa Mesopotamia. Ad Uruk nasce la prima Agenzia Templare gestita da una casta professionale di sacerdoti, centro del potere ideologico-religioso ed economico, prima forma di una burocrazia organizzata. Sorge poi ad Arslantepe l'Agenzia Palatina, cioè il palazzo del Re, centro del potere politico e militare. Ad Arslantepe le stanze del Palazzo erano adiacenti a quelle templari, nello stesso edificio. La connessione tra patriarcato (che viene prima) e "stato" (che viene dopo) è semplice: lo stato nasce dai "clan conici" e relativi lignaggi. I clan conici sono gruppi familiari patrilineari, patrilocali (patriarcali), coercitivi, dove il "capo" è sempre un maschio. La prova archeologica è ad Arslantepe (3000 aC), proprio nella tomba reale, con i tipici segni della cultura caucasica protoindoerupea dei "kurgan", studiati da Marija Gimbutas: armi, sacrifici umani e ceramica nera. Nascono le corti reali che furono strumenti di costruzione di una psicologia di gruppo molto particolare che dagli strati superiori si diffuse a tutta la società. Ad esempio la corte di Versailles del Re Sole sarà un potente strumento di costruzione della psicologia europea moderna. Oggi le nostre relazioni sociali fuori della famiglia sono regolate dalla "corte"-sia. Quelle economiche dal "servi"-zio. Abbiamo assimilato le regole culturali della "corte" e le relazioni economiche tra "servi" e padroni. L'Agenzia Templare e l'Agenzia Palatina sono due Grandi Organizzazioni che propagandosi culturalmente e trasformandosi nelle forme ma mantenendo una ferrea struttura gerarchica saranno nel medioevo europeo la Chiesa e lo Stato, oppure il Papato e l'Impero. Queste due agenzie si appoggiano, si fondono, si scontrano tra di loro come poteri distinti. Ma non potranno mai fare l'una a meno dell'altra. Il Re incoronato da un Sommo Sacerdote, come Davide da Samuele, sarà fino a pochi anni fa il vertice della gerarchia e del potere, per volere del dio locale (e solo nelle più recenti monarchie costituzionali anche per volere del popolo). A sua volta il sommo sacerdote, se avrà incoronato il re, sarà da lui difeso a spada tratta per mantenere l'ortodossia religiosa ed il regno, sacralmente alleati ("a spada tratta" va inteso in senso letterale. Nella crociata contro gli Albigesi del 1209 morirono 1 milione di persone uccise dai nobili istigati dalla Chiesa Cattolica. Nacquero in quell'occasione l'Inquisizione e l'ordine dei Domenicani). Molti danno per "naturale" l'esistenza dello stato, della gerarchia, della stratificazione sociale, pensando ad una evoluzione lineare, meccanica, deterministica, dal semplice al complesso. Ma le società umane non sono sistemi lineari nei quali dati gli elementi di partenza si possono prevedere e calcolare gli sviluppi futuri secondo uno schema meccanico di causa ed effetto. Aristotele considerava naturale la schiavitù, Paolo di Tarso la gerarchia estesa al mondo spirituale. Non potevano nemmeno immaginare che tutte queste cose prima semplicemente non c'erano e che non potevano proiettare nel passato o nel futuro le loro esperienze, magari eccezionali, ma pur sempre molto limitate rispetto alla totalità delle esperienze dell'intera umanità passata e presente, per non accennare a quella futura. L'archeologia e l'antropologia hanno riportato alla luce queste esperienze che durano da due milioni di anni permettendoci di conoscere le radici e la sostanza culturale di cui siamo fatti.
La cultura umana o ideologia ha una profondità di milioni di anni
Se si pensa che "ideologia" equivale in gran parte a ciò che si definisce "cultura", coloro che oggi vogliono eliminare le ideologie mirano a distruggere milioni di anni di esperienza umana (Napoleone era uno di questi, anche se si circondava in modo strumentale da moltissimi esperti nella sua spedizione d'Egitto). Nella storia e protostoria umana degli ultimi millenni hanno agito sia processi di trasformazione graduale e continua che processi rapidi di innovazione, vere e proprie discontinuità che manifestano proprietà emergenti mai viste prima. Uno di questi è stato la formazione di élite sacre e politiche che ha determinato l'accumulo di surplus dovuti alla trasformazione dell'agricoltura tramite quella divisione del lavoro (o cooperazione coatta e compulsiva) che va messa in relazione con la stratificazione sociale. La formazione di élite politiche o religiose ha portato con la coercizione ed il lavoro coatto alla formazione di surplus abbondanti mirati intenzionalmente a sostenere queste élite ed i loro consumi vistosi, esattamente come avviene ancora oggi. Questo passaggio alla logica dell'accumuluzione era consapevolmente ostacolato nel passato come hanno dimostrato archeologi e antropologi. Raggiunto un equilibrio ottimale gli esseri umani e i viventi in generale tenderanno a migliorarlo non a peggiorarlo. I cacciatori-raccoglitori che lavoravano due o tre ore al giorno per "vivere", o gli orticoltori, avevano raggiunto questo equilibrio, per quanto semplice e parco fosse il loro stile di vita. Passare dal lavorare due o tre ore al giorno come i cacciatori-raccoglitori del neolitico alla schiavitù delle prime città-stato o al dover pagare tributi (tasse) non è "naturale". Lavorare 16 ore quotidiane o "morire di lavoro" come durante la prima rivoluzione industriale non è "naturale". Quanto ai vantaggi che tutto questo ha comportato ricordiamoci che questi vantaggi vanno in gran parte alle élite e che, ad esempio, lo sviluppo della medicina si è reso necessario per affrontare malattie rare o sconosciute prima della rivoluzione industriale come l'obesità. La penicillina è stata usata per salvare i soldati feriti dai bombardamenti nella II guerra mondiale. La penicillina ha salvato più vite di quante ne abbiano distrutto le guerre? Inoltre osservando il progresso medico nel suo evolversi nel tempo si può dire con Douglas J.Futuyma (in “L'evoluzione”, pag.3, Zanichelli, 2008): “Oggi, ci troviamo di fronte non solo a nuove malattie infettive come l'AIDS, ma anche al ritorno di vecchie malattie dai volti nuovi, che fanno paura. Sono riapparsi gli stessi batteri, ma ora sono resistenti alla penicillina, all'ampicillina, all'eritromicina, alla vancomicina, al fluorchinolone, tutte armi che si supponeva li avessero vinti. Quasi tutti gli ospedali del mondo si comportano come vittime in questa battaglia contro avversari così mutevoli, e senza intenzione possono rendere questi avversari ancora più forti. Essi stanno testimoniando e anche istigando, un'esplosione di cambiamenti evolutivi”. Quanto all'indiscutibile aumento delle aspettative di vita questo rende ancora più importante l'obiettivo di autorealizzazione personale e di rivalutazione del ruolo degli anziani. Dunque perchè questo passaggio, alle società organizzate in stati prima ed agli imperi poi? Un passaggio rarissimo ma capace di espandersi a tutto il globo. Secondo l'ipotesi dello "ingabbiamento" di Robert L.Carneiro la creazione dei primi stati è nata da una serie di fattori unici e concomitanti. Poteva non accadere e si è trattato di una discontinuità storica, il manifestarsi di una proprietà emergente di un sistema non lineare. Da allora la competizione tra esseri umani è esplosa in forme distruttive quali guerre di sterminio e sfruttamento organizzato di altri esseri umani attraverso la schiavitù (per "sfruttamento" intendo la mancanza di autonomia e controllo sul proprio lavoro). C'è sempre stata una stretta relazione tra guerra e schiavitù.
Sistemi ideologici, economici, politici, militari
Si creano blocchi di potere militare, politico, economico, e culturale sempre più grandi, che si contrappongono prima e si inglobano poi l'un l'altro. O si distruggono a vicenda come nella prima guerra mondiale. Queste reti di potere sociale sono gli "imperi". Assieme al “capitalismo” ed agli “stati-nazione” sono le macro-strutture organizzative del mondo moderno. Sono casi esemplari gli imperi romano e bizantino, veri laboratori del mondo occidentale di oggi. La spettacolare mossa di Costantino di assimilare la religione cristiana nella struttura imperiale ha garantito la sopravvivenza di quella che oggi è la civiltà dominante (non si sa per quanto, ovviamente). La diffusione in occidente di questa dottrina cristiana avviene ad opera di Paolo di Tarso, un sadduceo, un appartenenete a quello strato sociale di Israele che aveva assorbito la cultura greca ellenistica e che quindi era spiritualmente affine alla successiva rete egemonica dell'impero romano. Paolo introduce il principio di autorità con un raffinato ragionamento ellenistico, un sillogismo: la somma autorità è dio, il potere dei re e dei giudici terreni deriva da dio, ergo bisogna sottomettersi all'autorità dei giudici terreni e di qualsiasi re nel cui territorio ci si trovi a vivere. Con questo parallelo Paolo attribuiva alla divinità le caratteristiche umane di un re, ed ai re umani le caratteristiche "divine" di onnipotenza. Esattamente come facevano i primi re della Mesopotamia, alla ricerca dell'immortalità come Gilgamesh o i faraoni delle piramidi. Questo aspetto della religione cristiana predicata da Paolo di Tarso, di ossequio all'autorità politica e di stretta subordinazione delle donne ai loro mariti, potrebbe aver influenzato Costantino quando, dopo le crudeli persecuzioni di Diocleziano, decreterà nei primi decenni del 300 d.C. il cristianesimo religione di stato e fondamento dell'impero romano. Rafforzato dalle reti cittadine cristiane solidali, l'impero sarebbe sopravvissuto per altri mille anni a Bisanzio, ad oriente, mentre ad occidente avrebbe gradualmente convertito come chiesa cattolica statalizzata i "barbari". Si tratta di un passaggio storico complesso, difficile, di enorme importanza, nel quale i cristiani mettono al servizio dell'impero la loro pratica cooperativa (intesa come "caritas") e la loro ideologia trascendente ("se hai fede vivrai in eterno", secondo il principio di William Thomas della profezia che si autoavvera). L'occidente cattolico e l'oriente ortodosso portavano nel corso dei secoli attraverso complesse vicende alla formazione della civiltà occidentale europea rappresentata oggi da due imperi moderni, gli USA e l'ex URSS. Anche in questi imperi vigeva e vige una dura stratificazione che si autorappresenta come "dittatura del proletariato" (fondata sul socialismo) oppure "democrazia" (fondata sul capitalismo). Mentre il socialismo, come abolizione della prorietà privata, sarebbe il massimo della libertà economica, la dittatura del proletariato è il minimo della libertà politica. Viceversa mentre la democrazia sarebbe il massimo della libertà politica, il capitalismo (degli oligopoli) è il minimo della libertà economica. Rimangono in entrambi gli imperi una scarsa libertà politica ed economica. Un'ipotesi che oggi si diffonde considera questa "stratificazione sociale" la causa profonda che sta portando l'umanità al collasso, ipotesi espressa ad esempio da “Occupy Wall Street”. Le varie élite mondiali infatti ritardano oggi deliberatamente la soluzione ai drammatici problemi dell'ambiente e dell'energia perchè si ritengono protette e temporaneamente al sicuro, a differenza delle masse che sono le prime a risentire dei problemi dell'inquinamento, del cambiamento climatico, del cibo spazzatura, delle guerre, delle nuove epidemie come l'AIDS. Grandi successi nella scienza e nella tecnologia hanno illuso in una imminente età dell'oro, alla fine del 1800 durante la "bella epoque" e nel breve intervallo dal 1945 al 1975, i "trent'anni gloriosi". Ma tre grandi crisi si profilano oggi davanti all'umanità, ambientale, economica, geopolitica e militare, tali da minacciare la sua stessa sopravvivenza. Per risolverle l'umanità dovrà trovare una sua armonia coesiva riassorbendo le enormi differenze di ricchezza, status culturale, potere politico e militare che la dividono. La "stratificazione sociale" è aumentata sia all'interno delle società "ricche" che tra queste e quelle più "povere" costruendo fratture, tensioni, divisioni sempre più estese e profonde. Ho parlato brevemente di religione, di istituzioni politiche e militari come i regni e gli imperi, della economia passata dalla pacifica produzione agro-pastorale dell'Antica Europa ad una predazione complessa organizzata dagli stati e intrecciata negli ultimi 500 anni con la nascita del capitalismo. Queste 4 "reti" di potere sociale dei gruppi umani organizzati sono le reti della ideologia-cultura-religione-scienza-tecnologia, della economia, dell'apparato coercitivo militare, della politica. Per abbreviare userò nel seguito l'acronimo IEMP per indicare questo intreccio di Ideologia, Economia, Militare, Politico. Un grande sociologo, Max Weber, attento non solo alla storia politica delle società, alla loro struttura economica, alla loro religione o morale tradizionale, ma soprattutto al loro intreccio, unità e influenza reciproca, è riuscito ad impostare criteri flessibili per studiare i gruppi umani nel loro continuo modificarsi sulla base delle reti IEMP. Marx, invece, dopo aver ridotto tutta l'analisi al fattore economico (la lettera E nell'acronimo IEMP), ricadeva con il "Manifesto del partito comunista" nel puro fattore Politico (la lettera P nell'acronimo IEMP), cioè nella conquista del Potere (politico-statale) tramite il Partito (politico) dei "comunisti". Una grande confusione mentale tra la rete politica e quella economica che in Russia, dopo la avvenuta conquista del potere "politico" nel 1917, portava alla crisi "economica" che avrebbe distrutto dopo soli 70 anni l'impero neozarista di Lenin-Trotzky-Stalin. In Cina i mandarini rossi del Partito Comunista pensano furbescamente di accoppiare la dittatura del proletariato (nessuna libertà politica) con un capitalismo feroce (nessuna libertà economica). Tutti gli altri riformatori sociali invece cercavano e cercano oggi alternative sperimentali sul terreno dell'economia e della cultura, oltre che su quello dello istituzioni politiche. Attraverso la solidarietà attiva, la cooperazione mutualistica, la ricerca storica e scientifica oltre a quella filosofica o religiosa. Prevaleva però l'analisi di Marx perchè era interna al filone culturale dominante del pensiero astratto autoritario e gerarchico dell'assolutismo illuminato, dove tutto è stabilito a priori da una divinità ridefinita come "la Storia" e gli individui viventi sono solo espressione di queste forze onnipotenti e impersonali. Prevaleva sul piano culturale la logica religiosa dell'Agenzia templare, sul piano pratico la logistica politico-militare dell'Agenzia palatina. È il noto e inesorabile meccanismo della profezia che si autoavvera ma in forme tragicamente peggiori di quelle auspicate. Prevale la logica della conquista del Potere politico e militare anzichè quella della tessitura delle reti viventi di vita organizzata dei gruppi umani. È importante, come nella ricerca scientifica, sperimentare prima le teorie astratte che si vanno a proporre alll'intera umanità (che poi le sperimenta sulla propria pelle). Questi gruppi umani hanno infiniti obbiettivi che tentano di raggiungere organizzandosi in reti multiformi, alcuni fondamentali, rivolti alla riproduzione gioiosa della specie ed alla costruzione dei significati culturali delle loro interazioni con l'ambiente, altri non definibili in quanto di piccoli gruppi o individuali.
Sistemi cooperativi complessi
Ho usato questo modello IEMP sia per l'analisi storica sia soprattutto per la proposta di una costruzione diffusa, decentralizzata, sperimentata, dal basso verso l'alto, di sistemi cooperativi complessi. Attraverso la cooperazione viene esaltata la fondamentale unità dei processi IEMP, rendendo così possibile una riforma strutturale stabile e robusta del sistema IEMP attuale. Inoltre non vengono eliminati competizione o conflitti ma tenuti in equilibrio all'interno di un quadro cooperativo di mutuo vantaggio per tutti, natura compresa. Si tratta ora di liberarsi dei vecchi schemi marxisti e leninisti, eredità delle burocrazie culturali e politiche occidentali, e riprendere in modo unitario la sperimentazione dei socialisti "utopisti" riformisti per avviare una transizione dall'attuale sistema capitalistico basato sul concetto di accumulazione e crescita infinite ad un diverso stile di vita. Per ridurre e gradualmente eliminare ogni forma di disuguaglianza, in primis quella di genere tra uomo e donna, una vera e propria tragedia logico-culturale dagli spaventosi effetti distruttivi. Per affrontare e risolvere le tre grandi crisi, ambientale, economica, geopolitica e militare. La conclusione dunque è un invito a ricollegarci idealmente all'antico passato, al ruolo della Madre come centro focale della nostra cultura umana e della nostra riproduzione sia fisica che simbolica come specie, ad una solidarietà da estendere ad ogni aspetto della vita sociale. Utilizzando allo stesso tempo tutte le conoscenze e tutta l'esperienza individuale, emozionale, spirituale, artistica, relazionale, accumulata come memoria collettiva. Questa memoria va liberata per costruire una nuova intelligenza collettiva nella quale tutti siano attori e sceneggiatori. Questo è possibile. Se ci riusciamo potremo leggere questi 5000 o 7000 anni di stress come un lento processo di immunizzazione da un contagio sempre possibile.