OSE01: differenze tra le versioni
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OSE si può leggere sia come Open Source Ecology che come Open Source Economy.
Indice
- 1 Links
- 2 OSE - Software Open Source
- 3 OSE - Hardware Open Source
- 4 CSA Comunità a Supporto della Agricoltura
- 5 Il makerspace di Sommerville (Massachusetts)
- 6 Le stampanti 3D
- 7 Affinità materiale e simbolica con il Software Open Source
- 8 Un altro modo di produrre è possibile
- 9 Il punto di vista di Luigi
- 10 La Impresa Distribuita - Il punto di vista di Jacopo Amistani Guarda
- 11 Uno per Tutti - Tutti per Uno
- 12 Il punto di vista di Orto Sociale su OSE
- 13 Il Paradigma dell’Open Source Ecology
- 14 Lettera di Davide, giovane ingegnere
- 15 Open Source Business Model
Links
- Un video di Marcin Jakubowski (4 min. e 11 sec.)
- Sito ufficiale OSE in USA
- OSE Europe
- Socialforge
- RepRap Stampanti 3D Autoreplicanti
- Un abbozzo di CSA a Roma
OSE - Software Open Source
Tutto parte dal Software, cioè dai programmi per computer. Il software Open Source non è solo gratuito nell'uso; soprattutto è comprensibile nella sua struttura open (aperta). Quindi potendolo "conoscere" si può riprodurre, correggere, sviluppare, personalizzare. E' come un organismo vivente che si riproduce e adatta ai diversi ambienti ed ai diversi usi. Un esempio famoso è il sistema operativo GNU/Linux, ma ve ne sono molti altri, intrecciati tra loro come "grappoli di reti". Forse l'aspetto più importante è la sua impostazione ecologica: nessuno spreco di risorse, bisogna "ottenere molto con poco". Questo il suo motto. Inoltre le varie comunità che lo producono sono disponibili su web per dare assistenza gratuita. Come questo sia stato possibile non è semplice da spiegare. Sulla formazione di queste comunità, basate non solo su Internet ma anche su gruppi locali che lavorano assieme in compresenza fisica, vedi l'immagine qui sotto. Funziona alla fine, il programma lavora! It works! Si è creato così un modello di business Open Source che permette anche di viverci e guadagnare. Ora questo modello si è esteso alla produzione di macchine industriali ecologiche ed alla costruzione pratica di un nuovo paradigma economico: parliamo di Open Source Ecology, OSE, che è un acronimo anche per Open Source Economy.
OSE - Hardware Open Source
Open Source Ecology oppure Open Source Economy. Nasce come applicazione allo Hardware del modo di produzione del Software Open Source (e Free). Cioè la piena disponibilità dei progetti, dei video di costruzione/montaggio, dell'assistenza gratuita 24/7 via internet. Il progetto Opne Source di OSE mira a costruire un set di 50 macchine ritenute necessarie per la costruzione di un villaggio ecologico autosufficiente globale, cioè in grado di comunicare e connettersi con gli altri villaggi affini, il Global Village Construction Set, d'ora in avanti GVCS. Il Software Open Source, di cui si è trattato in precedenza, è servito storicamente ed evolutivamente, secondo il modello di Dan Sperber ("Il contagio delle idee"), ad innescare una iniziativa di produzione nel mondo delle macchine. Soprattutto nel mondo delle macchine di un probabile villaggio agricolo che vede nella terra e nella gestione ecologica e sostenibile delle sue risorse il fattore primario di una necessaria transizione ad un diverso tipo di società. A differenza del modello Software, OSE vede gli utenti e i progettisti non come momenti distinti ma fisicamente riuniti negli stessi attori: gli abitanti del futuro villaggio globale. In altre parole il modello OSE è un modello Do It Ypursel (FAI DA TE), d'ora in avanti DIY. Quello che rimane del modlelo Software è la gestione "aperta" del progetto, la sua vita all'interno di una comunità internazionale, che si è già prontamente costituita. Dopo la partenza del progetto OSE, il legamo con il mondo Open Source del Software si è fatto più sottile, tenace e profondo. E' nata la collaborazione tra il progetto "Wikispeed" di Joe Justice e il progetto OSE di Marcin Jakubowski. Allo stesso tempo la contaminazione dei metodi software usati da wikispeed (Joe Justice è un informatico, mentre Marcin Jakubowski è un fisico), metodologia Agile, Scrum e Lean production, si può estendere a qualsiasi progetto nella vita reale. Progetti sociali compresi, a scala variabile. L'applicazione di queste metodologie produttive alla sociologia costituisce la terza parte della tesi.
CSA Comunità a Supporto della Agricoltura
Il progetto OSE Global Village Construction Set lancia la costruzione Open Source di 50 macchine necessarie alla nostra vita "civilizzata". I settori principali sono:
- casa
- agricoltura
- energia
- trasporti
E' evidente la priorita del settore "primario" della Agricoltura. Il progetto OSE quindi si sposa molta ben con i vari progetto CSA. CSA sta per Comunità che Supporta la agricoltura o Community Supported Agriculture o Community Shared Agriculture. E' un modello socio-economico di agricoltura e distribuzione del cibo. Alcuni individui si impegnano supportare il lavoro di fattorie biologiche dove i coltivatori e i consumatori condividono i rischi e i benefici della produzione di cibo. Le CSA di solito hanno un sistema di spedizione settimanale del cibo o di raccolta diretta di verdura e frutta, includendo a volte prodotti del latte e carne. CSA iniziò nei primi anni 1960 in Germania, Svizzera, e Giappone come risposta ai problemi della sicurezza del cibo e della urbanizzazione (cementificazione) del terreno agricolo. Negli anni 1960 gruppi di consumatori e di agricoltori in Europa formarono partnership cooperative per finanziare in modo completo la coltivazione e la distribuzione di cibo ecologicamnete sano e csocialmente equo. In Europa molte delle fattorie di tipo CSA furono ispirate dalle idee economiche di Rudolf Steiner iniziando al sperimentazione con fattorie gestite secondo i criteri biodinamici. Nel 1965 alcune madri in Giappone per contratsare l'importazione di cibo dall'estero, la perdita di terreno arabile, la migrazione dei coltivatori agricoli nelle città iniziarono il primo progetto CSA chiamato Teikei (提携) in giapponese. La voce Comunità a Supporto dell'Agricoltura si trova qui:
Il makerspace di Sommerville (Massachusetts)
Makerspace di Sommerville |
Si tratta semplicemente di un nuovo modo di produrre. Lasciamolo descrivere a chi lo ha visitato.
6 novembre 2012. L'originale si trova su chefuturo.it. Francesca Mazzocchi: vi racconto cosa ho imparato all’Artisan’s Asylum di Sommerville. Sono a Boston da circa una settimana per partecipare ad una ricerca sui Fablab portata avanti dal Mel (MIT Mobile Experience Lab) del MIT.
Alla scoperta dell’innovazione e delle innovazioni possibili, sono andata un po’ in giro per i vari labs del Medialab e alcune strutture presenti sul territorio.Tra queste ho visitato Danger!Awesome, il service cittadino di laser cutting a Central Square, Cambridge.Nutrivo grandi aspettative per un luogo che, però, si è rivelato ai miei occhi niente di più che una copisteria futurista (stampi e tagli con il laser), utilizzato soprattutto da artisti e qualche professionista.Poi a Sommerville, Boston, a 20 minuti a piedi dalla metro più vicina, in uno di quei posti che sa di periferia americana, tra distributori di benzina e casette di legno polverose, ho trovato lui: il makerspace definitivo, l’Artisan’s Asylum, fondato da Gui Cavalcanti, salito agli onori della cronaca qualche mese fa su Wired perchè proprio qui stava costruendo il suo robot Stompy.Questa realtà, di co-working e co-making, è poi cresciuta con l’arrivo di Molly Rubenstein e Dmitri Litin, rispettivamente Interim Executive Director e Controller.
L’artisan’s Asylum è un modello economicamente sostenibile: paga uno staff fisso di 4 persone, più di 2000 dollari al mese solo di energia elettrica e l’affitto dei locali.Questo è possibile grazie ad una community di più di 80 volontari e oltre 250 soci che la vivono, la partecipano, la creano e la trasformano day by day.Molly Rubinstein sostiene che questo makerspace sia “più uno spazio culturale che un posto dove vieni per usare una macchina per un’ora e poi te ne vai”.Così è, esattamente come l’ho percepito dal racconto di Bron, una delle volontarie che ci ha accompagnato nel tour degli spazi e delle storie che li abitano, ossia una sorprendente macchina creata e sostenuta da una comunità. E’ un capannone enorme, zeppo di attrezzature: saldatori, stampanti 3D, macchine CNC, laser cut, macchine da cucire, presse, stampanti serigrafiche e tanto altro. Le stesse macchine sono state donate da varie aziende manifatturiere, che le hanno dismesse o hanno chiuso a causa della crisi, e vengono usate da tutti i membri.Si possono avere un tot di ingressi liberi al mese o affittare spazi fissi, anche con una carta 24/7 (24 ore su 24 per 7 giorni la settimana). Il proprio spazio, in questo caso, non è un semplice desk ma una piccola bottega, nel senso rinascimentale del termine, dove si può fare, lavorare, lasciare le proprie cose, i propri manufatti ed attrezzi.Se si compra un macchinario nuovo e lo si mette a disposizione della comunità, la propria rata mensile, comprensiva già dell’utilizzo di tutti gli apparecchi e facilities dell’hackerspace, viene diminuita.Si può anche solo affittare un pallet dove stoccare la propria roba, o un box o un terzo di box. Oppure si può solo andare per fare le proprie cose e andare via, ma in pochi lo fanno, poi capirete perché…Oltre alle attrezzature, all’area relax e alla sala per la formazione, ci sono anche due shop specializzati nella lavorazione del legno e dell’alluminio, a disposizione di tutti, di chi si dedica al bricolage, dei DIY, degli artigiani, di architetti e professionisti, di chi prototipa un nuovo prodotto e lo metterà in produzione.Gli abitanti di questo luogo quasi immaginifico sono altrettanto fantasiosi: dall’artigiano di gioielli, agli smanettoni di Arduino, al fabbricante di birre artigianali, alla biologa che progetta giardini da tavolo. Dai Digital Maker alla Bike Gang che ripara e inventa biciclette, agli artisti di musica elettronica, che una volta alla settimana fanno un concerto nella sala formazione.Spesso collaborano tra di loro, ma soprattutto collaborano alla costruzione collettiva di una comunità, che ha gradualmente modificato e ampliato i propri spazi e le proprie funzioni in base alle proprie esigenze e competenze.Così, in questo enorme “distretto artigianale” vengono tenuti oltre 150 corsi di formazione al mese, dall’autoproduzione di strumenti musicali a corsi di business model per makers, da corsi di saldatura e lavorazione metalli a quelli per CAD/CAM e riparazione biciclette. Un universo di sapere e di saperi. Come sia possibile questo, a Sommerville, che non è la vicina Cambridge, dove sorgono i Labs del MIT, e nemmeno Boston (che comunque in tutto fa 650 mila abitanti, poco più di Firenze), non lo so. Eppure funziona, cresce ed è un vero e proprio hub metropolitano. Le chiavi del successo dell’Artisan’s Asylum sono 3, e sono quelle che stanno alla base della filosofia dei makerspace: combinare macchinari e tecnologie della
- manifattura,
- la community e
- la formazione,
con l’intento di consentire ai membri di tale comunità di apprendere e combinare design e prototipazione per creare manufatti e prodotti che non avrebbero potuto creare con le risorse disponibili a loro singolarmente. E’ sicuramente su questi elementi che dobbiamo imperniare un possibile modello di trasferimento di queste esperienze nei nostri territori. Strumenti, educazione e comunità: la loro sommatoria è qualcosa di molto più grande e di valore della somma delle funzioni delle singole parti. Un’altra forma di intelligenza collettiva. Interrogandomi sul modello, pensando a quando tornerò a casa, credo che le sfide da cogliere, soprattutto in territori che non abbiamo già visto la nascita di FabLab, siano due: partire dal basso rintracciando e collettando la community e capire come il tessuto diffuso delle piccole imprese artigianali, più o meno strutturate, possano far proprio questo modello di collaborazione, di produzione e di sviluppo. Boston, 6 novembre 2012, Francesca Mazzocchi CNA Toscana
Le stampanti 3D
Sono come le stampanti a getto d'inchiostro con la differenza che i getti emettono materiale che costruisce oggetti. Ve ne sono di autoreplicanti, esclusi i circuiti e i motori elettrici che le compongono. Caricano il modello dell'oggetto da comporre via software e lo realizzano. Il software per costruire il modello si trova facilmente in versione free e Open Source.
Affinità materiale e simbolica con il Software Open Source
C'è una affinità funzionale e di cultura con la parte software Open Source. Oggi la stampa in 3D offre lo stesso entusiasmo e spirito creativo che si sperimentava in quei primi giorni dei computer fai-da-te negli anni 1970 (vedi la storia del personal computer TSR-80 in "How Users matter - The co-construction of users and technology", edited by Nelly Oudshoorn and Trevor Pinch, MIT Press, 2005, Christina Lindsay, p.51) . E' l'avvento di qualcosa di nuovo, qualcosa di grande, qualcosa che potrebbe cambiare delle vite, intere comunità, settori industriali ed economici. Ed è qualcosa che ha già preso il via. Facilita il decentramento, la cooperaione, è una tecnologia leggera, costa poco, libera la creatività, è basata sul software con cui si disegna il modello, è altamente scalabile potendosi usare una stampante 3D per costruire case o per realizzare piccoli prototipi. Esiste un buon numero di stampanti 3D adatte agli sperimentatori fai-da-te e agli hobbisti. Scegliendo un apparecchio con una community di utenti attiva, si potrà accedere a utili forum e ai frequenti sviluppi innovativi, e inoltre si avrà l'opportunità di lasciarsi coinvolgere nel futuro della tecnologia di stampa 3D. Come nel caso software e nel caso OSE il rapporto utenti/designers è stretto e collaborativo. Fanno parte della stessa comunità.
Un altro modo di produrre è possibile
Le stampanti 3D sono state prese a modello da Andrè Gorz, post marxista convertito alla ecologia, come possibilità di una produzione decentralizzata, autodiretta, rivolta ai bisogni dei cittadini. Da Eco-Rev Revue critique d’écologie politique: Queste soluzioni rafforzano il riconoscimento di un modo di produzione che potrebbe assomigliare a quello del programma open source, incentivando la sua diffusione a tutte le sfere della produzione. Anche le scienze pure e applicate hanno bisogno che tutti gli attori del settore prendano in mano ogni strumento al fine di promuovere e diffondere quelle conoscenze e quel sapere necessari alla comprensione della complessità delle circostanze, rifiutando la nozione di proprietà intellettuale. Queste soluzioni si basano anche su di una produzione limitrofa ai centri di domanda, una rilocalizzazione delle attività agricole così come delle attività industriali – grazie alla realizzazione di una rete di cooperative e d’atelier volta a compensare la condizione attuale attraverso l’emergere della peer production, per esempio utilizzando la stampate 3D. La creazione di un reddito sociale garantito viene a completare e sostenere l’insieme del dispositivo e permette l’emergere di una nuova organizzazione del lavoro e di un modo di produzione che risponda ai bisogni. “Non dico che queste trasformazioni radicali si realizzeranno. Dico soltanto che, per la prima volta, noi possiamo volere che esse si realizzino. I mezzi per farlo esistono così come le persone che vi si dedicano metodicamente” André Gorz (2007).
Il punto di vista di Luigi
Sarebbe non un passo, ma un balzo sensazionale verso l'uscita dal capitalismo. Prima dell'avvento del capitalismo integrale e del conseguente consumo compulsivo, i beni durevoli erano durevoli per davvero, nel senso che nonostante l'usura avevano una vita assai più lunga dei prodotti di oggi. La mia tv, che è ormai un ingombrante soprammobile, funziona ancora e ha 22 anni, l'ho riparata 3 anni fa con la modica spesa di 32 euro. I prodotti di oggi sono progettati per funzionare senza guasti per un tempo limitato, anzi predeterminato, poi le eventuali riparazioni costando uno sproposito, spingono le persone a portarli in discarica e ad acquistarne uno nuovo. Quello che proponi sulla MANUTENZIONE vale per tutto non solo per le automobili, ed è sicuramente decrescita perchè si tratta di Re-cuperare ed evitare un ulteriore consumo di risorse determinato dalla costruzione di nuovi prodotti. Ottima idea. Luigi
La Impresa Distribuita - Il punto di vista di Jacopo Amistani Guarda
Questo paragrafo è a cura di Jacopo Amistani Guarda. Distributed Enterprise. Nuovi modelli di Impresa ed organizzazione del lavoro basati sul concetto di Open business model, Metodologie Agili e Common Base Peer Production. E' possibile introdurre in un paese come l'Italia, drammaticamente in crisi dal punto di vista economico - produttivo, un nuovo processo del pensare la costruzione dei prodotti e dei macchinari, dell'organizzazione del Lavoro e del modo di pensare l'approccio al concetto di produrre ? Il problema da risolvere sta nel prodotto, nel produttore e nella sua cultura o nel modo in cui si pensa il luogo stesso di produzione e la sua gestione? Esiste un metodo alternativo per lo sviluppo di un rapporto gestionale ed economico che sia completamente inclusivo nei confronti della comunità circostante all'Impresa? Secondo quella che è la mia umile oppinione la risposta è si. Proverò di seguito a presentare quelle che sono state le soluzioni, sia di gestione del produrre che del pensare il prodotto, proposte da un gruppo di studio e sviluppo molto eterogeneo e sparso per tutto il globo. Premetto che molte delle cose che verranno qui espresse sono già una realtà in alcuni casi e che, tramite un Associazione appositamente creata (ISEES, ndr), stiamo proponendo questo progetto nel contesto sociale della città di Padova. Il progetto attualmente in fase di sviluppo si chiama Bottega21 “B21” ed è un nuovo modello d'impresa comunitaria, cooperativa. La definizione più accurata e corretta del Progetto B21 è quella di “Framework” di metodologie cosi dette “Agili” contenente un “Toolbox” fisico di attrezzature basato sulla produzione e la conoscenza Peer to Peer e quindi fortemente legato alla filosofia dell'Open Source e alla condivisione continua e libera delle informazioni.
Bottega 21 |
Bottega21 - Il punto di vista di Jacopo Amistani Guarda
“Le Botteghe sono state per secoli, uno straordinario motore di sviluppo economico, politico, produttivo ed artistico delle Città italiane. In un’epoca in cui non vi era una netta distinzione tra arte, artigianato e produzione, le Botteghe hanno rappresento degli autentici centri di formazione, cultura e ricerca. Contribuirono a creare quel tessuto produttivo e culturale che portò l’Italia ad assumere un ruolo di primaria importanza nel mondo. BOTTEGA21 (in breve B21) è un’iniziativa volta a promuovere un cambiamento sociale e culturale in direzione di un nuovo modo di concepire gli spazi e le metodologie di lavoro, di formazione e di partecipazione della comunità in cui sorgono. Bottega perché, se vogliamo, è stato il Fablab tutto italiano che contribuì a quel fiorire di arte e di scienze che fu il Rinascimento e che per secoli ha contribuito a mantenere alto il nome dei “makers” italiani; 21 perché è questo il secolo in cui ci troviamo con le sue necessità, le sue possibilità, le sue sfide. B21 prende ispirazione dalle correnti di pensiero d’avanguardia della cultura digitale, tra cui la Commons-based peer production, l’Open Source Hardware, i Fablab, l’Extreme Manufacturing, l’Open Source Ecology e promuove un uso delle moderne tecnologie produttive al di fuori degli schemi standardizzati, tradizionali il cui fine è quello di adattare il concetto-spazio di Bottega ai bisogni e alle sfide del XXI Secolo. A tal proposito sono allo studio dei modelli di produzione e distribuzione altamente elastici ed ecosostenibili: la Hub Grid Production come infrastruttura fisica, la Liquid Manufacturing a livello organizzativo.”
Come facilmente intuibile non è un concetto assolutamente vicino al comune senso dell'immaginario collettivo di che cosa sia un Impresa, specialmente qui in Veneto, dove la struttura produttiva dell'Impresa, e quindi dell'imprenditore stesso, è molto legata alla figura tradizionale del “Paròn” e alla chiusura dei metodi e dei brevetti di lavorazione o dei progetti, ma anche allo stesso luogo di lavoro che è sempre percepito come un qualcosa di distante dalla vita pubblica. Di fatti nella realtà socio-regionale dove è nata questa idea, e dove noi andremmo a proporre questo progetto, tutto è ancora molto legato alla figura carismatica dell'imprenditore Shumpeteriano come motore trainante di innovazione e dello sviluppo, non solo economico, e non concepisce uno sforzo di tipo Comunitario - Shumpeteriano all'interno di un impresa per il raggiungimento di uno scopo. In questo caso l'obbiettivo non è solo è quello di un profitto sostenibile, ma anche la resilienza e la condivisione di una vita comunitaria legata ad una forte voglia di cambiamento e d'innovazione anche sociale, oltre che una rivincita morale contro un sistema economico che ha presentato un rifiuto ed un abuso delle qualità singole degl'individui partecipanti allo sforzo produttivo. Analizzandolo più in profondità, quello che noi proponiamo come concetto di Framework ci renderemo subito conto che non è altro che un contenitore concettuale di più metodologie ed approcci differenti alla gestione delle risorse umane, materiali e produttive e alla risoluzione dei problemi. B21 propone un approccio partecipativo aperto e condiviso, o di organizzazione aperta, di tutte le sue attività a tutti i suoi partecipanti\cooperanti. Il progetto non basa più il suo concetto di Impresa solo sul semplice fatto di specificità o specializzazione del singolo, come proponeva Taylor, ma sulla partecipazione di tipo inclusivo di tutta la comunità lavorante per porre sotto “attacco” tutte le scelte del CDA in modo da rendere il più possibile condivise e partecipate le scelte di gestione e produzione dell'Impresa secondo quelle che sono le necessità di mercato che permettano il sopravvivere azienda\comunità.
Open Business Model - Il punto di vista di Jacopo Amistani Guarda
Principi Chiave I principi base su cui poggia l'Open Business sono:
- Condivisione/insegnamento aperto: un principio fondamentale è la collaborazione aperta a tutti i livelli e in tutti i luoghi.
- Partecipazione aperta: Sollecitazione a partecipare alle attività dell’organizzazione (un po' come accade in SourceForge, Blender, dove i membri facenti parte della community si prodigano in prima persona per incrementare il numero delle persone coinvolte nel progetto).
- Diritti individuali: ogni persona è supportata ed incoraggiata ad individuare quelle attività in cui pensa di poter dare maggiore apporto produttivo, o che più gli si adattano e nel contempo gli permettano di crescere sia professionalmente che personalmente.
- Focus della comunità: le attività di produzione sono viste come parte integrante di una serie di attività tipiche della vita di tutti i giorni: vita in famiglia, vita sociale, necessità di culto, e devono interconnettersi con successo all'interno di questo quadro.
- Libertà dalle istituzioni: l'organizzazione non si basa né si appoggia a nessuna istituzione preesistente (stato, istituzioni religiose, ecc...). I membri sono liberi di mantenere all'interno della comunità qualsiasi ideale o principio importante per loro.
- Conoscenza aperta: si promuove il libero scambio di conoscenza, facendo uso, per quanto possibile, dei prodotti, degli standard e dei principi sui cui si fonda l'idea di Open.
- Libero accesso ai dati: è incluso il libero accesso ai dati privati “non sensibili” di un Membro facente parte della community (parlando chiaramente di dati preventivamente concordati con i membri dell'organizzazione).
- Finanza trasparente: tutte le informazioni relative ai fondi destinati al progetto, alle transazioni ai profitti ecc. devono essere visibili a tutti in maniera trasparente.
- Dettagli vedi :
- Business Aperto
Il suo obiettivo ultimo è la creazione e la condivisione di ricchezza. Come espresso da Mayo (Harvard Business School), l'importanza della partecipazione di tutti i componenti dell'organizzazione alla gestione - meccanismo delle scelte importanti e di grande significato, anche simbolico, permette un maggiore senso di appagamento dato dalla qualità del contributo apportato col proprio lavoro\scelta alla gestione che migliora significativamente la qualità dell'ambiente di lavoro percepita. E' altresì vero che resta sempre presente una struttura organizzativa di tipo formale ma che è utilizzata esclusivamente per la gestione funzionale delle attività in base a quelle che sono le competenze più caratteristiche delle persone. Questo però non vincola i soggetti al loro luogo di lavoro in quanto la loro oppinione ed il loro apporto è ben accetto anche in altri compartimenti dell'organizzazione in quanto permette un punto di vista esterno ed un momento di riflessione utile al miglioramento senza però percepirlo come una minaccia o un intrusione. Altra cosa molto interessante è che questo modello di Business non si basa sulla centralizzazione delle risorse produttive ma sulla distribuzione e l'uso della rete per permettere una massima distensione dell'Impresa sul territorio abbassando drasticamente quelli che sono i costi fissi e l'impatto infrastrutturale sul territorio ed aumentando la libertà di comportamento, il tempo libero e di gestione del lavoro dei vari partecipanti allo sforzo produttivo. Ma come è possibile rendere “Agile e Leggera” una struttura partecipativa cosi vasta che richiederebbe infrastrutture organizzative imponenti, interruzioni del ciclo produttivo e delle varie attività senza andare ad intaccare quello che è il potenziale esprimibile dall'azienda? In questo caso giungono in nostro soccorso le Metodologie Agili usate nel mondo dello sviluppo del software. La parte veramente innovativa di tutto questo progetto non è il modo di vivere l'impresa rendendola trasparente, Liquida\Fluida quanto il modo di come il lavoro al suo interno viene organizzato. Tramite l'applicazione di una pratica innovativa, l'Extreme Manufactoring o XM, è possibile gestire, organizzare e controllare in tempo reale l'evolversi di ogni singolo progetto presente all'interno dell'organizazione\Impresa che lo adotta tramite l'uso di un qualsiasi terminale. Questa Metodologia Agile, o leggera, mira alla semplificazione massima e alla comunicazione continua di dati tra tutti i team distribuiti sul territorio che contribuiscono ad un dato progetto. Tramite l'adozione di metodi qual lo Scrum, l'Extreme Programing (XP), e il Test Driven Development (TDD) è possibile creare una rete di contatti in collaborazione telematica, ma anche fisica, talmente rapida, viva e con uno sviluppo esponenziale che di tutti i progetti vengono svolti con una crescita tale da permettere l'ottenimento di risultati in tempi inusualmente ridotti per standard di produzione odierni.
Per portare un esempio concreto di sviluppo tramite l'utilizzo di questo sistema non posso non citare il brillante ed avvincente progetto che ha dato vita allo sviluppo di questa metodologia, Wikispeed.
Il progetto in questione era volto alla realizzazione di una vettura in grado di percorrere 100 miglia con un gallone di benzina (100Km per 1,5 L) e che sarebbe partecipata alla competizione internazionale chiamata “Xprice” che metteva, cosa che fa tutt'ora, in palio un premio di 10 milioni di dollari per l'automobile in grado di raggiungere questo livello di prestazioni rispettando gli standard di sicurezza stradale americane.
Il Team di sviluppo è nato da un blog, quasi per caso, dove venivano pubblicati tutti i successi ed insuccessi del primo partecipante e fondatore, Joe Justice, che aveva iniziato il progetto come un hobby e che tramite un processo di coinvolgimento volontario ha dato vita ad un team. Da qui si è sviluppato spontaneamente un processo di aggregazione tipico dei social-network, il passaparola virtuale, fino ad arrivare ad una cifra oggi che si aggira intorno ai 160 collaboratori, volontari e non, sparsi per tutto il globo e nella quale è incluso anche l'autore del Paper in questione.
La macchina nell'ultima edizione alla quale ha partecipato si è piazzata tra le prime 10 vetture superando veicoli progettati da università e industrie automobilistiche di mezzo mondo, dimostrando come la collaborazione con competenze specifiche e non era in grado di produrre un oggetto estremamente innovativo e funzionale. La macchina in questione possiede infatti non solo una altissima efficienza sia meccanica che aerodinamica, ma anche una rivoluzionaria caratteristica che è tipica dei programmi software, la Modularità. La sua struttura infatti è in grado d'essere modificata a piacimento dal eventuale compratore in base alle sue esigenze rendendo il prodotto finito custumizzabile ed adattabile al massimo dei livelli permettendone anche un continuo rinnovo e riparazione eliminando un “problema” come quello dell'obsolescenza programmata o dell'usura che è intrinseco negl'oggetti della grande distribuzione. Il Team Wikispeed ora è diventato una micro-impresa automobilistica nella zona di Seattle e commercia vetture ultra customizzabili e può far evolvere la versione correntemente in produzione con cicli di progettazione aggiornati ogni 7 giorni, in totale antitesi con i cicli di ammortamento delle linee di assemblaggio odierne con tempi di incredibilmente lunghi e costosi.
Il kit da assemblare è venduto a 10.000 $ (una specie di grosso Meccano in scala 1:1) o in versione vettura finita a 17.000$ e permette di viaggiare comodamente in una vettura biposto, modulare in alluminio estruso e fibra di carbonio con un layout molto simile alle vetture di Lemans in grado di fare da 0 a 100 Km/h in 5, 2 secondi. Va tenuto conto che in origine il costo del prodotto finito delle primissime vetture era di 25.000$ circa.
Da tutto questo insieme di strumenti di organizzazione del lavoro nasce per l'appunto questa nuova Metodologia Agile chiamata Extreme Manufactoring.
Oltre a questa nuova Metodologia uno dei concetti cardine di questo progetto è il basarsi appunto sulla condivisione con una comunità di tutte le informazioni progettuali ed economicamente significative esattamente come viene fatto con i software Open Source quali Ubuntu o Firefox, Open Office e altri. Questo nuovo concetto di categorizzazione del prodotto viene chiamato Open Harware, ed il primo caso, anche economico, è nato proprio in Italia da un Professore dell'Istituto di Interaction Design di Ivrea, Massimo Banzi. Egli creò la primo microcontrollore, una scheda elettronica programmabile, nota come Arduino nel 2005 e rese pubblici sotto licenza Creative Commons - copyleft in internet per permetterne la massima diffusione a livello mondiale, anche se al tempo era utilizzata principalmente nelle università. Nonostante questo è riuscito, negl'anni. ad accumulare un capitale tale ( un guadagno netto di 1 euro per scheda, il cui prezzo di vendita è 25) da riuscire ad avviare un Azienda atta alla sua produzione nella provincia di Ivrea, la Silicon Valley italiana. Il progetto in questione è prodotto anche da concorrenti cinesi ma non riesce ad ottenere lo stesso successo nel mercato in quanto gl'utenti prediligono il prodotto originale per un semplicissimo fattore di autorevolezza e trasparenza. Il risultato attuale è stato quello di accumulare migliaia di progetti, tra i quali anche un satellite, idee e prodotti basate su questa scheda depositate in rete e di libero accesso a tutte le persone interessate, sia aziende che privati, che possono utilizzare liberamente queste idee per produrre i loro oggetti di consumo personale o da smerciare sul mercato. Questo non riduce la necessità di ricorrere a studi di progettazione, per certi casi, ma permette anche di usufruire della semplice creatività dei singoli o di gruppi espressa liberamente senza nessuna restrizione imposta dal mercato del copyright o dei diritti d'autore. Tutto è di facile reperibilità da parte di tutti tramite l'uso della rete. Sullo stesso principio si basano progetti come Open Source Ecology (sito ufficiale) , che si è concentrata sullo sviluppo collaborativo di tipo Open di un kit di 50 macchine, sia per la lavorazione agricola che artigianale-industriale, ritenute necessarie per lo sviluppo di una comunità sostenibile con gli standard di vita mantenibili entro il range odierno. I partecipanti a questo movimento, guidati dall'Ingegnere e suo fondatore Marcin Jakubovski Ph.d in Fusion Energy (vedi Video), stanno pubblicando i progetti sotto Creative Commons in rete rendendo disponibile a tutti informazioni economicamente significative senza costo alcuno e sviluppate tramite donazioni volontarie o di fondazioni No Profit. Oltre a questo vi è dalla collaborazione volontaria, sia in rete che nel mondo fisico, da parte di molti professionisti e appassionati eticamente coinvolti nel progetto. Ritornando a quello che è il Progetto Bottega21 il lettore giustamente si chiederà: “Perché è stata fatta tutta questa introduzione dettagliata di movimenti, teorie, metodologie organizzative e progetti di tipo Open?” Come già sopra citato è intenzione dei partecipanti all'iniziativa B21 di coadiuvare tutte queste realtà e farne un luogo ed una comunità produttiva. Tornando ad osservare le tre domande iniziali di questo testo quindi abbiamo dato tre possibili risposte, con più casi documentati esistenti e funzionanti, che dimostrano che è effettivamente possibile creare un organizzazione con capacità e livelli di trasparenza, partecipazione ed inclusione molto alti. Allo stesso tempo è ottenibile un livelli di produttività ed efficienza altrettanto elevato permettendone quindi una sostenibilità anche finanziaria tale da competere con il mercato.
Oltre all'elevata trasparenza ed efficienza è stato dimostrato anche che l'approccio Open permette di competere nel campo di produzione materiale dei beni e servizi e che non sempre un applicazione di brevetto è per forza una cosa necessaria. E' da notare infatti, come nel caso di Arduino o di Open Source Ecology, che la totale assenza di brevetto da una parte consente un notevole aumento della conoscenza del prodotto tramite il passaparola e, dall'altra, una maggiore innovazione di livello esponenziale degl'oggetti in questione tramite il presentarsi di sempre nuove sfide e richieste da parte della comunità. Questo permette il viaggiare di servizi e idee, che vanno da utenti verso altri utenti passando per un comune denominatore, che è l'oggetto in questione, che viene rinnovato e modificato continuamente per quella che è la necessità momentanea del mercato.
Ovviamente non si possono non citare le campagne pubblicitarie che avvengono sulle piattaforme di crowd funding su internet come Eppala, in Italia, o Kickstarter, in America, e di come queste riescano a creare una esatta produzione di quelli che sono gli effettivi oggetti richiesti dall'utenza senza andare a creare problemi di tipo sovra-produttivo proponendo una produzione On Demand tramite il prè acquisto o prenotazione.
Osservando questi risultati prodotti quindi è possibile riuscire a creare un entità organizzativa che basa il proprio funzionamento su principi differenti da quelli che sono i cardini del sistema organizzativo tradizionale Veneto delle Imprese. E' assolutamente vero che come sistema essendo il primo di questo genere in questo territorio si riscontreranno molti attriti e problemi di comprensione, probabilmente ci saranno parecchi scontri di tipo legale per via del fatto dell'assenza di brevetto o di valenza delle normative CE, in quanto prodotti non standard e soggetti a costante mutamento, ma questo non presenta a monte dei problemi di infattibilità ma solo delle richieste di adattamento e modifica in basa e quelle che sono le esigenze momentanee, ma come già detto e percepito questa è una struttura molto elastica e malleabile.
Alcune di queste Metodologie/Teorie sono già in uso da parte dell'Associazione ISEES per la gestione delle sue attività associative e di organizzazione del lavoro dimostrando ancora una volta la fattibilità di questo approccio. L'utilizzo di queste metodologie ci ha permesso lo svolgimento di una mole di lavoro che avrebbe come minimo richiesto 10 mesi spendendone 3.
L'unico scalino che ancora effettivamente va affrontato per dimostrare l'esattezza di questa teoria è provare sul campo l'efficacia nel lungo periodo e quindi la creazione di una realtà produttiva di ampio respiro, come lo può essere Bottega21, e testare ogni singolo componente per determinarne la durabilità e compatibilità con l'ambiente in cui andrebbe ad instaurarsi come organizzazione. E' anche vero che essendo un entità nuova del panorama economico come unità produttiva è considerata un investimento rischioso in quanto ancora non si è riusciti a comprendere bene il suo posizionamento all'interno del Mercato ne quali potrebbero essere le aspettative di concorrenza- competitività che una realtà del genere potrebbe avere qui in Italia e per quanto potrebbe persistere come figura commerciale nel sistema mercato creando quindi una resistenza da parte di eventuali investitori per la mancanza di realtà precedentemente esistenti. Come è noto questo è il problema di tutte le cose nuove e queste sono chiaramente domande ovvie che un qualunque individuo si porrebbe pensando ad un soggetto commerciale mai presentato prima nel nostro contesto economico, ma le domande ormai non è più cosa, come o perché ma Quando!
Quando sarà possibile effettuare un confronto vero con una realtà concreta?! Spero caldamente che ciò molto presto si riescano a creare i presupposti per una prima sperimentazione e di riuscire a dimostrare che tutto questo non è solo un pensiero nuovo e futuristico ma anche nuova realtà concreta.
Uno per Tutti - Tutti per Uno
Il punto di vista di ortosociale.org: proposte per organizzare un progetto OSE.
La Fondazione
L'unica possibilità è una Fondazione No-Profit. La funzione della Fondazione è la diffusione del kit OSE e l'assistenza organizzativa , legale, tecnico, scientifica per la partenza di cooperative. Le cooperative si organizzano in rete su base prevalentemente locale. Le cooperative poi riversano sulla Fondazione i loro contributi in esperienza, conoscenza, contatti fiduciari, Euro come donazioni volontarie. Tutto questo viene riversato dalla Fondazione alle varie cooperative organizzate in rete tra loro e con scambi diretti tra loro in euro, conoscenza, contatti, baratti vari. Le cooperative mirano ciascuna ad essere il più possibile autosufficienti. Le cooperative dovrebbero annidarsi in eco-cellule (fattoria+officina), eco-villaggi, CSA (Comunità di Supporto alla Agricoltura). Questo per abbattere i loro costi di esercizio nel senso che CSA, eco-villaggi, eco-cellule forniscono cibo e casa ai cooperanti. E per dipendere il meno possibile dal mercato tradizionale nel senso che il loro “mercato” principale dovrebbe essere l'eco-cellula, l'eco-villaggio, la CSA. In questa prospettiva non avrebbe senso creare cooperative di supporto alla Fondazione perchè ne snaturerebbe la delicata struttura, il suo equilibrio, la sua vocazione, la sua identità. Sarebbe come chiedere ad un neonato di mantenere la sua mamma. Le cooperative devono nascere e svilupparsi accumulando risorse per sé stesse, per la loro crescita armoniosa in simbiosi con eco-cellule, eco-villaggi, CSA. Recentemente, a settembre 2012, al convegno internbazionale sulla decrescita, Venezia2012, si è deciso di procedere alla costituzione di una Fondazione che dovrebbe prendersi carico delle necessità dei vari Beni Comuni che si vanno a costituire nel territorio come vere attività produttive. Sul modello della Fondazione della cooperativa agro-industriale Iris di Cremona. Compito della Fondazione potrebbe essere la formazione necessaria in agricoltura biologica per chi volesse produrre cibo Bio e l'organizzazione e i finanziamenti necessari per i servizi collegati alla gestione dei Beni Comuni. Ad esempio la costituzione di mulini e forni di panificazione per chi produce farina Bio.
Attività delle cooperative
I giovani ingegneri, artigiani, agricoltori che si associano in una cooperativa hanno una missione ecologica. Produrre macchine e servizi per l'agricoltura, la bio-edilizia, il welfare psico-fisico-formativo. Questa produzione va in parte per il mercato tradizionale (il cosiddetto “libero” mercato). In parte per le eco-cellule, eco-villaggi, CSA. Questa seconda parte dovrebbe essere sempre più prevalente. Altra missione dei cooperanti è quella della manutenzione/trasformazione in senso ecologico di auto, trattori, elettrodomestici, abitazioni, agricoltura, verde pubblico, riciclaggio plastica, compostaggio, reti locali di computer per famiglie, anziani, condomini solidali, strutture formative (scuole), strutture assistenziali. Questo è un immenso mercato, anche in senso tradizionale, ed è da qui che si potrebbe da subito partire.
Per partire
Dovrebbe partire la Fondazione con il minimo di donazioni per fornire i servizi minimi iniziali: kit OSE e assistenza a cooperative, CSA, eco-villaggi, eco-cellule. In parallelo dovrebbero partire le CSA, gli eco-villaggi, le eco-cellule al cui interno annidare le cooperative.
Il punto di vista di Orto Sociale su OSE
Come vedo OSE, Open Source Ecology: l'idea centrale è la MANUTENZIONE.
- Marcin Jakubowski ha progettato il modo di partire da zero, from scratch, e rifare tutto, una nuova civiltà con il Global Village Construction Set. Questo implica la Costruzione ex novo del GVCS. Questo va anche bene, ma è un approccio parziale, ed è solo uno dei possibili approcci. Ricordiamoci che un vero approccio Open Source è dal suo inizio un approccio cooperativo e condiviso. In altri termini le linee del progetto vanno subito discusse e interpretate, non vanno date per scontate così come si sono affacciate nella mente singola di un individuo per quanto geniale;
- In un approccio di transizione dal presente a qualcosa di diverso, qualcosa che non è necessariamente e completamente predefinito, non sappiamo esattamente dove andremo a finire; la nostra razionalità è LIMITATA (H.Simon): Cerchiamo qualcosa però che ci permetta di sopravvivere e bene, mantenendo quanto è più possibile di quello che abbiamo costruito e che ci è utile. Abbiamo bisogno in primis di una trasformazione culturale anche se i beni fisici ed i servizi organizzativi vanno ristrutturati da subito per eliminare fame, povertà, miseria, sfruttamento, mancanza di istruzione. Soprattutto per iniziare gradualmente a ridurre il devastante impatto umano, degli umani dei paesi del Nord del mondo in primis. In Europa dove viviamo noi abbiamo un patrimonio di beni fisici, ambientali, paesaggistici, urbanistici e tecnologici da ripristibnare e riportare a splendore, riattivando processi culturali grandiosi a cui siamo tutti intimamente connessi;
- Questo implica, in Europa, MANUTENZIONE. Questo processo è già partito. Borghi medioevali, ville rinascimentali, consistenti appezzamenti di terreno coltivati biologicamente, comunità storiche le più varie, abbazie benedettine, comuni anarchiche, una viabilità tortuosa ma vissuta, macchine adattate al contesto umano e naturale. In Italia per esempio siamo in gran parte dentro gli Appennini;
- A livello di produzione di energia si potrebbe pensare alla energia idroelettrica, progetatta in modo decentrato, diffuso, rispettoso dell'ambiente e del paesaggio, su piccola scala, in tutto l'arco alpino e non solo;
Si tratta allora di individuare quei processi sociali, economici, culturali già attivi e svilupparli all'interno del paradigma Open Source. Ad esempio si potrebbe puntare su tre settori importanti, rivitalizzandoli e trasformandoli secondo il paradigma OSE:
- fare manutenzione delle attuali AUTOMOBILI, trasformandole in modo ecologico. Mettere in piedi AUTO-LAB che trasformano, implementano (sicurezza), personalizzano esteticamente (con milioni di gadget) LE ATTUALI AUTOMOBILI. L'obiettivo è evitare che si costruiscano nuove auto e tenersi le vecchie. Questo è stato già provato con successo a Cuba (dove girano le macchine dgli anni 1950)e in USA dove moltissimi sono i prototipi stravaganti di mezzi di ogni genere. Così sipotrebbe innescare una moda "vintage" incredibile e permettere la transizione soft da una mentalità "automobilistica" che permea la cultura universale, ad una mentalià ecologica, individualistica, raffinata, di superamento della tecnologia grezza che ti usa e non sei tu che usi lei (a fini emozionali estetici). Sarebbe una vera DECRESCITA, fatta concretamente, praticata e non solo teorizzata. Basta mettere in piedi una, cento, mille AUTO-LAB auto laboratori, officine meccaniche e di carrozzeria di trasformazione delle auto. Le AUTO-LAB in rete secondo il modello OSE insegnano ai clienti a fare manutenzione delle macchine personalizzate, pubblicando i dati delle modifiche. Il mezzo "auto" diventa uno strumento cognitivo, di uso pratico, di lungo ciclo di vita, dis scambio di servizi tra la rete OSE. SEcondo il collaudato modello Open Source del Software. Invece di progettare tarsformazioni apocalittiche rendiamo ecologiche le auto che abbiamo e non ne compriamo altre. IMPARIAMO A MANTENERLE E AGGIUSTARLE SECONDO LA LOGICA DEL FAI-DA-TE (DIY Do It Yourself), grazie alle AUTO-LAB OSE. Nelle AUTO-LAB OSE si potrebbe permettere ai "clienti" di aggiustarsi o personalizzarsi le macchine in stile FAI-DA-TE fornendogli strutture e consulenza. Si potrebbe praticare il co-working, cioè permettere ad altri artigiani di lavorare nello stesso posto, scambiando esperienza, conoscenze, strumenti. Qualora il business OSE finisse vorrebbe dire che tutte le auto sono ecologiche o che la gente va in bicicletta;
- manutenzione case ed elettrodomestici (lavatrici e frigoriferi) introducendo il paradigma OSE nella bioedlizia e nella manutenzione. Questo significa istruire gli utenti a gestire in modo appropriato e creativo le abitazioni e gli elettrodomestici;
- manutenzione di tutte el attività industriali e di servizi che rischiano la dismissione. I lavoratori organizzati in cooperative gestiscono il business corrente e gli impianti esistenti, impelmentadoli e mantenedoli, secondo il paradigma Opena Source. Esempi in questa direzione nelel fabbriche autogestite di Brasile e Argentina. L'elemento centrale è la messa in rete per gli scambi tecnologici e scientifici APERTI;
Si tratta di tentare di riciclare in Open Source tre settori fondamentali della attuale economia industriale:
- case ed elettrodomestici
- mobilità (auto)
- Produzioni industriali in via di dismissione
Il Paradigma dell’Open Source Ecology
di Marcin Jakubowski, Ph.D., 12.24.2011 - parte del regalo di Natale 2011 dell'OSE al mondo
Open Source Economy
Il Paradigma dell'Open Source Ecology è un'idea che concepisce la Open Source Economy come via per la prosperità dell’uomo in armonia con il sistema natura in maniera sostenibile.
Open Source Ecology (OSE) è un movimento nato per creare la Open Source Economy. Il movimento consiste di centinaia di imprenditori, produttori, ingegneri, fabbricanti e attivisti sparsi per il globo che credono nel potere dell’ Open (Open Source) e che ne condividono la sua etica. La parola “Ecologia” nel nome si riferisce all’ interazione tra natura e l’ecosistema umano -inteso come ambientale, sociale e tecnologico- fino a che questo interagirà con l’ambiente mantenendo principi di tipo Open. Fino dalla prima formulazione di OSE e dei suoi principi nel 2003, i concetti si sono evoluti e concretizzati in una piattaforma per la creazione di una impresa distributiva come fondamento solido di una economia sana, una terza via tra capitalismo e socialismo basata sulla necessità e non sul consumo.
Il Paradigma dell’ economia distributiva si basa sul concetto del libero accesso ad un sistema di produzione efficiente come mezzo per trascendere la scarsità artificiale dei materiali. Quindi il principio si basa sull’ utilizzo di tecniche ed attrezzature open source per la produzione di una civiltà avanzata incentivando però l’uso responsabile della tecnologia.
In questo momento il principale progetto in corso di OSE è il Global Village Construction set (GVCS) ( Kit di costruzione del villaggio globale). Esso consiste in un Kit di 50 macchine industriali che consentano la creazione di una civilizzazione su piccola scala senza la rinuncia dei confort della modernità.
OSE: La nostra Missione
La missione di Open Source Ecology è di creare una open source economy, un economia che ottimizza sia la produzione che la distribuzione, tramite il sostegno ed il mantenimento di una rigenerazione ambientale e di una giustizia sociale. Il nucleo fondamentale dell’ OSE è il libero accesso alle informazioni economiche di alto valore e significato. Design dei prodotti, tecniche, ed il materiale per un rapido apprendimento che permetta un veloce raggiungimento di questi obbiettivi. Lo sviluppo di tipo collaborativo ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette tutt’intorno al mondo ci consente di raggiungere il miglior design pratico, liberamente fruibile attraverso la rete. Quando l’economia è guidata da questi principi si verifica un effetto benefico diretto sulla prosperità della comunità in cui si vive e come risultato diretto dell’abbassamento delle “barriere” economiche dei brevetti ogni comunità può incrementare il numero di prodotti e servizi che è in grado di fornire. La collaborazione globale e la produzione nonché il processo di design di tipo open consentono di reperire il meglio, e che questo meglio sia di comune disponibilità. Questo Paradigma è in netta contrapposizione con quello vigente oggi, dove poche Corporation e multinazionali “producono il meglio” o hanno il controllo di tipo monopolistico, e dove per definizione il resto è mediocre. Lo sviluppo di una open economy ha in sé il potenziale per aumentare la qualità dei servizi e prodotti sul mercato, in opposizione al concetto di mediocrità attraverso il protezionismo ed il monopolio.
Tutte le ricchezze provengono dalla natura – rocce, piante, luce solare e acqua- Queste si trovano ubiquitariamente in tutto il globo. Nonostante ciò però la presenza di risorse strategiche produce risultati di conflitto per la loro appropriazione: “Hey, quello è il mio petrolio sotto la tua terra!”. La tecnologia open source può rispondere in maniera efficace a questo problema attraverso il principio della sostituibilità. Ci sono molti mezzi e vie per produrre risorse economicamente significanti, e la resistenza ed elasticità delle comunità dipende dalle differenti opzioni che si hanno. Come nel caso in cui il libero accesso alla tecnologia diventi una cosa comune, ogni comunità potrà aumentare il suo livello di produttività ed adeguare il suo livello tecnico al punto tale che essa potrà sostituire ogni materiale precedentemente ritenuto strategico con una materiale di tipo sostitutivo reperibile in loco, senza andare ad incidere sullo standard della qualità della vita e contribuendo al mantenimento della pace.
La trasparenza nella connessione tra tecnologia e natura può portare la gente a rispettare la seconda. Questo succede se le persone capiscono che il loro benessere deriva direttamente dalla natura e dal rapporto di equilibrio che hanno con essa. Questa trasparenza è facilitata quando le attività economiche e di produzione avvengono il più possibile vicino alle persone e alle comunità, e non in luoghi distanti e fuori vista o che appartengono all’ immaginario geografico. E’ cosi che si crea una coscienza ambientale, quando si tende a non distruggere l’ambiente in cui si vive. Oltre a ciò esiste anche una connessione diretta tra trasparenza della produzione e la rigenerazione della natura, e come le persone cominciano a fare scelte di produzione sana e sostenibile, comprendono il legame con la terra. Questo significa che le industrie non necessitano più di essere create e concentrate in una forma di landa tossica ma organizzate invece sotto forma di un eco-industria, su scala umana. Servizi in funzione dei bisogni dell’ uomo e non industrie centralizzate in competizione per il dominio del mercato.
Quindi la tecnologia e l’alfabetizzazione tecnologica sono un percorso per la riconnessine con la natura e non per distruggerla. La cosa appena detta però dipende dalla concentrazione e dall’intensità del Knowhow (Il saper fare) e della conoscenza tecnologica in ogni comunità, che viene direttamente dal concetto di Paradigma dell’Open: Informazione libera, comunicazione libera, “Open Everything!”. L’unico limite della densità ottimale di conoscenza produttiva è quando una comunità ha raggiunto il pieno sviluppo e la capacità di produrre in forma completamente autonoma tutto quello di cui ha bisogno per esistere, crescere e prosperare. Questo non significa che il commercio non debba esistere, anzi, ma che esso dovrebbe basarsi su cose che sono veramente necessarie alla comunità e alla sua stabilità e non più sul consumo dissennato. Difatti come già visto quando una comunità è posta in una situazione di scarsità la razionalità se ne va fuori dalla finestra e le persone iniziano ad ammazzarsi fra di loro per accaparrarsi le risorse.
Per la prima volta nella storia abbiamo la possibilità di fare altrimenti. Accesso illimitato alle informazioni e alla tecnologia- grazie dell’era dei computer e della rete- significa che i conflitti basati sull’accaparramento delle risorse e causati dalla scarsità dei materiali possono diventare una cosa del passato. Questo può includere guerre, povertà, sovrappopolazione e persino la burocrazia, dato che essa non è altro che un mezzo creato per gestire la scarsità delle risorse. Oltre a ciò i costi regolari sono minimizzati attraverso la trasparenza tecnologica tanto quanto la gestione di una popolazione tecnologicamente alfabetizzata, grazie all’open source, che la renderebbe sempre più responsabile e conscia delle proprie azioni.
Questo non è un caso di conflitto tra ricchi e poveri, città e campagna, primo e terzo mondo, questo è un caso in cui l’accesso alla libera informazione aiuta tutti quanti. Come le barriere per entrare sono abbassate, le differenze sociali sono minimizzate. Come la produzione rimane alta - e tenderà ad aumentare grazie all’ eliminazione dello spreco da competitività - la prosperità non potrà fare altro che adeguarsi a questo standard.
Si tratta di un cambiamento di Paradigma, che è il cuore dell’Ecologia Open Source.
Questo non riguarda tanto l’evoluzione come esseri umani - al progresso culturale e scientifico - o saggezza che ci impedisce atteggiamenti insani. Ecologia Open Source stabilisce solo un punto di partenza e fondamento da cui l'evoluzione diventa possibile.
Lettera di Davide, giovane ingegnere
Lettera
Ciao, mi chiamo D. e ho letto dell'OSE per la prima volta sul gruppo Facebook penso 10 minuti fa. Sono uno studente del 3 anno del corso di ingegneria civile-ambientale (ramo ambientale) dell'Università degli studi di Pavia, tra circa un mese e mezzo dovrei iniziare un tirocinio presso una ditta del CNR per studiare materiali da coibentazione e vorrei proseguire gli studi specializzandomi in edilizia sostenibile e tendente al passivo energetico. Inoltre, da pochi giorni, mi è rinato l'interesse per i SO open source, una sciocchezza ok, però mi affascina l'idea di base, che credo abbia in comune con la vostra causa. Il principale dubbio che mi sorge su questa faccenda è, e me ne vergogno dato la nobile causa, prettamente materialistico: lavorare con voi è remunerativo, è solo per la gloria oppure è fine a sé stesso? Non ho capito se guardarvi più come un'azienda, un gruppo di ricerca o come un qualcosa di nuovo. Poi vorrei capire (se non l'ho visto sui vari siti può essere colpa dell'ora...) cosa bolle in pentola di concreto in Italia. Vi ringrazio anticipatamente per la risposta e porgo cordiali saluti D.
Risposta
Ciao D.,
ti rispondo io R. Sicuramente ti risponderà anche J. che è in CC. Alla tua domanda:
- Non ho capito se guardarvi più come un'azienda, un gruppo di ricerca o come un qualcosa di nuovo
La mia risposta è :
- SICURAMENTE COME QUALCOSA DI NUOVO
- Qualcosa di più di un gruppo di ricerca, nel senso che stiamo costruendo "CASE STORIES" robuste, di cui se vuoi potremo parlare insieme
- Molto di più di una "azienda", se per "azienda" intendi una "cooperativa". Se per azienda intendi una azienda in cui tu fai quello che ti dicono di fare in cambio di uno stipendio (e di un contratto a sei mesi) questo non è il nostro caso. Ma tu stesso potresti costruire una piccola impresa o una cooperativa secondo lo Open Source Business Model e dare da lavorare ad altri secondo tutte le combinazioni possibili in questo attuale tipo di società.
Il messaggio che ti posso dare, ma che bisognerebbe tu ci conoscessi di persona per dargli credibilità, è questo: IL NOSTRO OBIETTIVO E' PERMETTERE AI GIOVANI COME TE DI LIBERARE TUTTO IL LORO POTENZIALE CREATIVO-TECNOLOGICO-COGNITIVO, in modo ovviamente eco-sostenibile e socialmente utile. Questo significa ovviamente la possibilità di mantenersi, ma in modo auto-diretto e non etero-diretto. La crisi del paradigma liberista-industriale dominante invita i più svegli a cercare vie alternative. In altre parole come piccolo-imprenditore, socio di cooperativa, artigiano, libero agricoltore, technologist, attivista dello Open Source Business Model. Chiaro che si deve campare. L'Open Source Business Model non è solo Linux, ma il paradigma dominante nel software, sia quello free che quello commerciale. IBM, HP, Sun (ora Oracle) favoriscono e si appoggiano all'Open Source. Il defunto Steve Jobs ha fatto qualcosa di simile saccheggiando in modo indegno tutto il software Open Source su cui ha potuto mettere il copyright Apple. Lo Open Source Business Model ha avuto successo nel caso del Software. L'iniziativa di OSE e di Marcin Jakubowski è quella di portare questo modello nello HARDWARE. Perchè come dice MJ è lo HARDWARE che ci dà da mangiare. A proposito di "mangiare", cosa di cui ci dobbiamo preoccupare in termini concreti, non solo in termini monetari, perchè puoi avere una montagna di diamanti ma se sei in un deserto muori di fame e di sete, in tutto questo discorso la AGRICULTURA ha un ruolo CENTRALE. Il percorso personale di Jakubowski è stato infatti:
- laurea (Ph.D) in fisica della energia di fusione,
- AGRICOLTORE nel Missouri,
- Technologist OSE. Ma ha mantenuto la sua FARM nel Missouri. Tra le prime macchine prodotte il TRATTORE, e un microtrattore.
Il cambio di paradigma è sempre quello: prendersi la propria vita nelle propie mani, senza affidarla a burocrazie lontane, ostili, sostanzialmente stupide. Io, M. e J. siamo laureandi in sociologia. Io sono di "mestiere" un informatico che pratica l'Open Sorce software da quando è sorto. J. e M. sono nerd techno con vocazione agricola. Per concludere, il nostro progetto ha comunque un cuore di esperimento sociologico. La scienza e la tecnologia, come la cultura in generale, sono secondo noi UNA COSTRUZIONE SOCIALE COOPERATIVA DELLA REALTA'. Se hai 3 minuti guardati attentamente il video di Jakubowski.
Open Source Business Model
Non è facile definirlo, forse conviene non definirlo affatto e basarsi su casi concreti. Il cuore del modello Open è la sua visibilità, cioè il fatto che il disegno, il progetto, tutta la documentazione necessaria a REPLICARE, MODIFICARE, MANTENERE, AGGIUSTARE, SVILUPPARE è disponibile senza il copy-right dell'autore. Gli autori del disegno sono tutelati dal copy-left, in genere la versione 2 della licenza GPL (GNU Program License). Tale licenza permette l'uso del disegno e del progetto a patto che tutte le modifiche realizzate siano anch'esse rilasciate sotto la stessa licenza GNU. In poche parole puoi usare liberamente il disegno se tu a tua volta permetti a tutti di usare le tue varianti al disegno.
Yochai Benkler
Il modello Open è stato attentamente studiato e riproposto a livello accademico da Yochai Benkler, della Yale University, nel suo libro "La ricchezza della rete", MIlano 2007, EGEA Università Bocconi Editore, Indroduzione di Franco Carlini. Yochai Benkler propone una Commons Based Peer Production, tradotta in produzione orizzontale basata sui beni comuni o produzione sociale. Le regole della produzione cooperativa dei beni comuni possono essere le più varie ma seguono ben definiti principi secondo il classico studio di Elinor Olstrom, premio Nobel per l'economia nel 2009. Questo tipo di produzione/consumo (CBPP) si è rivelato vincente secondo la teoria dei costi di transazione dei famosi economisti Ronald Coase e Oliver Williamson.
Il caso Software
Stabilito questo, si possono costituire imprese tradizionali (Red Hat, SUSE Linux, etc), associazioni (PHP language User Groups), fondazioni (Apache Software Foundation), attività artigiane singole o collettive.
Il modello Open si basa su comunità di partner che progettano MODULI tecnologici valutandone la fattibilità, il costo, l'utilizzo, la sostenibilità ambientale. Le comunità comprendono da subito importanti segmenti di potenziali "clienti" (nel senso di utilizzatori). Il progetto viene lanciato e portato avanti da un gruppo che in genere lo rende subito disponibile in modo Open per suggerimenti, test, modifiche. mLe modalità di lavoro di questo gruppo sono le più varie e le più diverse. Ognuno si organizza secondo i contesti, le culture, la geografia, le preferenze personali, le affinità elettive.
Questo tipo di "organizzazione diversificata" ha funzionato meravigliosamente, nonostante i suoi inevitabili conflitti, nel caso del software libero open source.
Dal lato utilizzatori finali, questi "usano" i moduli per inserirli nei loro contesti produttivi e partecipano attivamente alla loro produzione attraverso il test del modulo. In altre parole sono un elemento fondametale della "produzione" in quanto "test", verifica della qualità, modifica al disegno originale.
Architettura Modulare
Per fare un esempio di moduli e di come tutta la produzione del modello Open sia modulare e cooperativa, senza strutture istituzionali preposte alla sua pianificazione, citiamo il caso LAMP (Linux, Apache, MySQL, PHP):
- Linux Sistema Operativo Open
- Apache Web Server Open (gira su tutte le piattaforme, Windows compreso)
- MySQL Database Open è il più diffuso e veloce Database al mondo. E' stato acquisito prima da SUN, poi la SUN è stata acquisita da Oracle che produce un Database proprietario, ma MySQL è rimasto Open. SE Oracle osasse chiudere MySQL ci sono parecchi altri ottimi Database open pronti a prenderne il posto: Postgres, Firebird, OpenSQL, etc. La SAP grande azienda software ha "aperto (open) il suo database per permetterne l'implementazione. Sono dunque le aziende proprietarie stesse, grandi corporation, che si rivolgono alle comunità di sviluppo Open Source per migliorare e attivare in modo creativo i loro prodotti, oltre che naturalmente per ridurre i costi.
Il caso Hardware
Nel caso di OSE Open Source Ecology di Marcin Jakubowski, il paradigma Open Source passa alla costruzione di macchine. Macchine necessarie alla sopravvivenza umana secondo gli standard raggiunti dalla attuale "civilizzazione". Tutto questo in modo rigorosamente sostenibile a livello ambientale. Le macchine hanno caratteristiche di
- robustezza
- modularità
- durata praticamente infinita
- riuso dei materiali sinora prodotti come plastica e metalli vari
Esempio: il Power Box è un motore universale che può essere usato sul prorio trattore agricolo, come sulla propia auto, come generatore di energia elettrica. Non inquinante, non emette gas di scarico. Vantaggi della OSE:
- eliminazione della obsolescenza programmata dei prodotti industriali tipica della attuale "civilizzazione" consumistica. Questa obsolescenza, lo "usa e getta" della attuale produzione industriale, è la causa principale del grave e peicoloso inquinamento ambientale del pianeta.
- l'utente del prodotto OSE, in quanto partecipe della sua progettazione personalizzazione acquisisce cultura, conoscenza, relazioni sociali nella comunità Open, usando il prodotto.
Dice Marcin Jakubowski: ci stiamo concentrando sull'hardware perchè è l'hardware che può ambiare la vita delle persone in modi davvero tangibili
Il caso Proprietario [Closed anzichè Open]
È emerso in queste ore l'ennesimo caso di quella che ormai viene chiamata la «fabbrica dei suicidi». A Wuhan, in Cina, trecento operai stanno minacciando un suicidio di massa. Dal 2 gennaio hanno occupato il tetto della fabbrica in cui lavorano, la Foxconn. Un nome tristemente famoso. La Foxconn è la più grande produttrice al mondo di componenti elettroniche per i grandi marchi internazionali come Apple, Sony, Microsoft.