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Da Ortosociale.

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Ripartire dalla Piccola Distribuzione?

La centralità della funzione produttiva nasce con la prima rivoluzione industriale e viene acquisita dalle teorie economiche classiche, teoria marxista compresa. È l'offerta oggi che determina la domanda. Attraverso il Marketing e la Pubblicità, le grandi Corporation determinano la vita e i consumi del pianeta. La Finanza determina a sua volta lo sviluppo delle Corporation. Oggi il declino dei centri commerciali, dovuto in gran parte ad una offerta uniforme e "tutta uguale", ed una insensibilità crescente verso la pubblicità rendono sempre più obsoleto questo tipo di economia "consumista". In Italia, per una nemesi storica positiva che vede rinascere le città fondanti il capitalismo moderno, Siena, Firenze, Venezia (forse Genova e Milano), assistiamo al fiorire del Commercio di Prossimità, legato anche al turismo. I centri storici soprattutto, ma anche i rioni, i quartieri, delle principali città italiane, in cui risiede ormai il 70% della popolazione, sono ancora vivi, nonostante la crisi, grazie a questo loro proporsi come "centralità locali" dove continua l'incontro magico dei giovani, la ricerca di beni e servizi, l'occasione di una moderna agorà.

Centralità Locali

In molti città italiane, grandi, medie, piccole, i centri commerciali si svuotano mentre si riempiono le piazze storiche. Il Comune di Roma adotta un piano regolatore di sviluppo di aggregati sociali che oggi ruotano intorno al piccolo commercio. Gli ordini degli Architetti del Veneto adottano un progetto di Rigenerazione Urbana che affronta la crisi economica ed edilizia riaffermando il ruolo del tessuto sociale dei centri storici e dei vari quartieri con tutte le loro "preziosità" storico-culturali. La diffusione culturale di stili di vita diversificati, di amore per l'ambiente, la natura, l'equilibrio delle scelte esistenziali, vedono il riemergere di una vita sociale di relazione legata al recupero ed alla valorizzazione delle aree cittadine con il loro commercio di prossimità e con i servizi culturali che la qualificazione dei giovani e le richieste del "mercato" rendono primari.

Un Commercio di vicinato rinnovato

Riequilibrare il rapporto tra domanda e offerta significa ritrovare un punto di armonia e di parità tra i cittadini-consumatori ed i produttori pilotati da finanza, grande produzione manifatturiera, pubblicità (soprattutto televisiva). Saranno sempre più i consumatori a decidere chi produce cosa e come. I Gruppi di Acquisto Solidale o GAS sono una dimostrazione della tendenza dei cittadini a riprendersi in mano la loro propria vita, soprattutto nel settore agroalimentare e del biologico. Ma resta il ruolo di cerniera culturale e logistica tra la "vecchia" produzione e la grande massa di consumatori. La grande distribuzione con i suoi enormi sprechi derivanti dalle lotte finanziarie tra i vari gruppi in competizione tra loro, non ha saputo egemonizzare il commercio. Le sue cattedrali periferiche restano ferme e lontane. D'altro canto le vecchie botteghe sopravissute devono cambiare per mantenersi attive nell'era dello E-Commerce e di Internet. Ne "Il Negozio nell'era di Internet" di Confcommercio si spiega come. Il negozio fisico diventa un hub, una show room, un centro di scambio di informazioni, ricerca, test. Come già fanno i "negozi" che "vendono" cellulari. Software dedicati aiutano gli operatori commerciali a valutare le richieste, le vendite, i feedback della clientela che attraverso il negozio fisico e virtuale si affaccia all'intero settore merceologico. Ma il passaggio principale è la cooperazione tra i negozi di quartiere verso una integrazione evoluta supportata da operatori socio-culturali. Fantascienza? Il nostro patrimonio architettonico, paesaggistico, storico, culturale e le competenze professionali non mancano. La formazione dei "nuovi" commercianti è già prevista dalle varie associazioni di categoria.

Cooperazione e Beni Comuni

Questa svolta, necessaria per affrontare un mondo completamente diverso mantenendo un proprio ruolo sia economico che culturale e sociale, si basa sulla cooperazione dei commercianti tra di loro e su un nuovo tipo di relazione con i cittadini consumatori. Come abbiamo detto all'inizio è così che la domanda tendenzialmente determina l'offerta. La diffusione di questa cooperazione tra i commercianti è il primo passo per una diffusione della cooperazione, della cooperazione vera, volontaria, anche nella sfera della produzione. La cooperazione nella produzione significa la costruzione di Beni Comuni Tecnologici. Sono gli Standard Tecnologici "de facto" come i protocolli Open Source di IETF (Internet Engineering Task Force) che hanno dato vita a Internet. La creazione di questi Standard-Beni Comuni parte dai bisogni reali depurati dalle manipolazioni pubblicitarie, da bisogni differenziati, locali, sviluppati dai cittadini-consumatori. Questi Standard-Beni Comuni costituiscono quindi un reticolo o sistema culturale-tecnologico utilizzato dalle comunità locali per le loro esigenze interne e per i loro scambi reciproci. Le comunità locali, pur mantenendo una forte autonomia, possono sviluppare relazioni profonde con le altre comunità, relazioni basate sullo sviluppo e manutenzione di questi Beni Comuni, che poi sono Tecnoscienza Open Source. A loro volta questi Beni Comuni salvaguardano il Bene Comune che è l'ambiente, la Natura in tutta la sua biodiversità, aiutano a superare il pericolo del cambiamento climatico. Ogni comunità può entrare o no in questo "sistema" secondo la sua cultura, storia, vocazione. Questo sistema di comunità auto-organizzate può sostituire l'attuale sistema economico globalizzato che produce pericoli fatali per l'umanità e il pianeta.

Il sistema delle comunità

Questa trasformazione va intesa come una possibilità, non come l'applicazione meccanica di un modello. Da sperimentare passo passo con adattamenti successivi senza un percorso prefisssato. Il rozzo modello marxista, cioè la sostituzione del vecchio sistema (capitalistico) con un nuovo sistema già miracolosamente pronto nella pancia del vecchio, è da considerarsi definitivamente fallito, non solo e non tanto per il totale fallimento empirico della ex URSS, quanto per la dimostrazione empirica, evidente nella Cina Popolare, che il modello marxista rigenera forme di capitalismo peggiori di quelle che pretendeva sostituire. Resta il modello di una transizione graduale e pacifica, ma non per questo meno consapevole e determinata nei suoi obiettivi. L'enorme differenza tra il modello astratto e dicotomico della "rivoluzione politica" e quello pragmatico sperimentale di una transizione culturale-economica-politica sta nel fatto che il secondo permette il processo di apprendimento necessario a tutti per costruire il nuovo sistema. Un nuovo sistema richiede persone preparate non solo sul piano della coscienza individuale ma capaci soprattutto di tessere relazioni sociali cooperative che vadano a costruire le comunità intrecciate tra loro su reticoli culturali, economici, politici. La transizione è esattamente questo processo di apprendimento e di formazione necessari per comunità autonome in grado di autogestirsi nei piani culturali, economici, politici. Le nuove pratiche cooperative, sperimentate nella consapevolezza che sono gli strumenti che ci garantiscono sopravvivenza, benessere, felicità, sono la scuola che genera il nuovo sistema. Vedi il bellissimo editoriale di Oreste Magni dell'EcoIstituto della Valle del Ticino:

la Città Possibile

L'eredità nascosta

Nella transizione opera uno strato culturale profondo, che definirei "matrifocale". Questa cultura va riportata in superficie ai massimi livelli di responsabilità. Pratiche come la guerra, la violenza privata, la concorrenza economica distruttiva, la cancellazione di culture umane, spariranno gradualmente togliendo loro la linfa culturale, politica, economica che le alimenta. Risalendo dai capillari più esterni la linfa di una cultura pre-esistente si rinnova in una civilizzazione originale.

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