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Le ambiguità della Turchia nei confronti degli jihadisti

Turchia, Siria, PKK, Stato Islamico

Si susseguono accuse alla Turchia di appoggiare in modo indiretto gli jihadisti che operano in Siria ed Iraq. Le accuse vengono dalla stampa internazionale e dallo stessa amministrazione USA, che le ha poi smentite con un viaggio del vicepresidente Biden ad Ankara. Di sicuro ci sono le dichiarazioni ufficiali del governo di Ankara in merito alle sue priorità politiche: abbattere il regime di Assad in Siria, distruggere il Partito dei Lavorati Curdo di Abdullah Ocalan (PKK). Lo Stato Islamico viene dopo. Di sicuro la svolta filoislamica di Erdogan e del suo partito AKP lo rende in un certo senso "prigioniero" della propaganda dello Stato Islamico. In questo senso è significativa la visita ufficiale di Erdogan alla tomba di Maometto II, fondatore dell'impero ottomano, conquistatore della Seconda Roma, Costantinopoli, nel 1453. Un personaggio al cui confronto i combattenti dello Stato Islamico si possono considerare dei moderati. Di sicuro la Turchia non ha finora concesso la sua base area di Incirlik per bombardare lo Stato Islamico, anzi ha bombardato con i suoi F16 postazioni curde al confine iracheno. Ha represso le proteste (35 morti) dei curdi che volevano unirsi ai combattenti che contrastano l'avanzata dello Stato Islamico a Kobane, vicinissimo al confine turco. La Turchia chiede la creazione di una zona cuscinetto sotto la sua influenza a cavllo di Siria e Iraq. Nel frattempo, in mezzo a questi giochi di guerra, muoiono in modo orribile migliaia di persone, centinaia di migliaia fuggono, il numero dei rifugiati è arrivato ai tre milioni.

Fare le pentole senza il coperchio?

La Turchia come possibile potenza regionale egemone in Medio Oriente, all'incrocio tra Russia, Europa, Medio Oriente, Nord Africa? Yigit Bulut, L'influente e discusso consigliere economico di Erdogan, ha esortato il paese a rinunciare alla strategia di avvicinamento all'Ue e a proiettarsi invece su Medio Oriente e Asia centrale. Subito dopo la vittoria di Erdogan alle presidenziali turche, Bulut delinea la strategia di una "Grande Turchia", con la scadenza del centennale della creazione della repubblica da parte di Ataturk nel 2023. Il progetto di questa "Grande Turchia" si basa sull'obiettivo dichiarato di diventare la 10 potenza economica del mondo. Gli americani hanno armato ed aiutato politicamente ed economicamente la Turchia, che fa parte della NATO, come bastione sud contro la ex URSS, ai tempi della guerra fredda (che purtroppo non sembrano finiti). Dopo aver appoggiato Morsi in Egitto, in un tentativo naufragato e dagli incerti risultati di utilizzare l'Egitto come potenza regionale egemone alleata dell'Occidente, gli USA si trovano davanti un insieme di paesi, dalla Algeria alle Filippine, compatti politicamente nel loro appoggio ai partiti islamici. L'altra grande potenza regionale, l'Iran, non è certo, da meno. Gli stati alleati, come Saudi Arabia ed emirati petroliferi, sono costruzioni politiche fragili ed esposte al fondamentalismo, se non esse stesse fondamentaliste come la monarchia wahabita in Arabia. Sociologicamente, il successo politico dei sunniti si basa sulla coesione della Umma islamica, la "comunità dei credenti".

Fonti analitiche

Fonti di notizie

ANSA (in ordine di tempo - Attenzione che le notizie vengono modificate o cancellate nel corso del tempo):

The Guardian. ""Il parlamento turco ha autorizzato il governo, l'altra settimana, ad intraprendere una azione militare contro Isis. Ma la Turchia non ha annunciato piani per alcuna operazione, con Ankara che cerca in apparenza un impegno deciso da parte dell'occidente contro il presidente siriano, Bashar al-Assad, come pure contro gli jihadisti. Erdogan ha detto che vuole combattere sia Isis che il Partito dei Lavoratori Curdi (PKK).""

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