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"C'era una volta l'Antica Europa" di Remo Ronchitelli - 22 Settembre 2014 - Mini saggio sulla uguaglianza - Nel Tasto "Discussione" qui sopra ci sono i contributi degli ospiti e le relative risposte. Licenza d'uso (Copyleft) Creative Commons by-sa 3.0.


Contenuto

  • Il §1 è una presentazione della civiltà "diversa" dell'Antica Europa. Tratterò poi alcuni temi che sono in seguenza logica: le relazioni tra noi e gli altri e il loro influsso sulla nostra psiche individuale; la differenza di genere cioè dei rapporti di potere tra uomo e donna; la disuguaglianza sociale e l'organizzazione, la nascita delle prime città-stato, la loro diffusione e sviluppo nella configurazione storica chiamata "impero". Per avvicinarci ai problemi di oggi e fare confronti vedremo poi alcuni aspetti dei due imperi che sono stati il laboratorio del mondo moderno, gli imperi romano e bizantino, e dei loro eredi, gli imperi americano e sovietico. Gli ultimi due temi trattano rispettivamente delle tre grandi crisi che il mondo moderno si trova ad affrontare e della soluzione proposta che consiste nello sviluppo della cooperazione e della solidarietà come sistemi complessi. Questa cooperazione deve necessariamente contenere e risolvere la competizione e il conflitto con tutta la sapienza, la saggezza e l'esperienza collettiva accumulate durante il lungo percorso storico esaminato. Negli approfondimenti verranno ripresi nello stesso ordine i singoli temi indicando le fonti utilizzate nei loro punti salienti. In fine segue una breve sintesi del significato dell'intero opuscolo.

Indice

§ 1 C'era una volta l'Antica Europa...

un paese meraviglioso che viveva in pace ed amava la bellezza e la natura in tutte le sue manifestazioni. Non producevano armi se non per la caccia che praticavano assieme alla agricoltura per vivere adorando la natura come Madre. Studiavano, rispettavano e rappresentavano i molteplici aspetti della Dea. La loro ceramica vivace e colorata era un inno quotidiano alla vita. Per affrontare e risolvere gli inevitabili problemi di relazione avevano un metodo, un metodo sempre applicato fino ad oggi da tutte le culture, anche le piu' belliciste. Il metodo del dono che apriva la porta alla costruzione della fiducia reciproca, di una trattativa realistica, di accordi vantaggiosi per tutti. Un metodo che molte civiltà ancora oggi adottano quando devono accogliere un ospite. Questa civilta' e' fiorita tra il VII e il IV millennio aC lasciando le sue tracce profonde nella storia. I centri piu' importanti studiati dagli archeologi si chiamano Vinca, Cucuteni, Trypillia e si trovano tra l'Ucraina, la Moldavia, la Romania e i Balcani. Sono passati piu' di 8000 anni da allora. Avevano una cosmogonia complessa e secondo importanti linguisti e gli archeologi che piu' li hanno studiati, avevano elaborato una forma di scrittura sacra mille anni prima dei sumeri. L'umanita' avrebbe potuto seguire un altro corso se fosse prevalsa questa logica del tener conto degli altri, del rispetto della vita e della natura, della sua delicata infinita complessita'. Questa cultura è stata documentata e studiata in profondità e bisogna far sapere oggi che questa civilta' e' ancora possibile, che e' fiorita per migliaia di anni, che aveva la forza di propagarsi in tutta l'Europa occidentale, da Malta alla Cornovaglia, dalla Spagna alla Sardegna. Invece e' gradualmente prevalsa sulle altre civiltà nei secoli una civilizzazione diversa basata sulla guerra e sulla distruzione della vita. Certo andrà capito come e perchè questo sia stato il corso della storia, perchè sia prevalsa una forma piuttosto che l'altra. Ma l'archeologia con l'Antica Europa e l'antropologia con le innumerevoli culture studiate poco prima che sparissero hanno dimostrato che possono esistere modelli di umanità completamente diversi dal modello aggressivo dell' "homo homini lupus" del Leviatano di Hobbes, dell'essere umano marchiato nell'anima in modo indelebile dal peccato originale, dal mostruoso Principe del Machiavelli. Questo modello aggressivo e' solo una delle infinite possibilità nel corso della storia umana. Sono esistiti ed esistono modelli completamente diversi dove è la cooperazione a guidare la competizione e non viceversa. Non esiste conflitto tra altruismo ed egoismo. Per amare gli altri e' necessario amare se' stessi. Per amare se' stessi e' necessario amare gli altri. La storia, la psicologia e l'economia sperimentali, la sociologia, l'antropologia lo indicano come possibile, gli esperimenti di laboratorio lo confermano. E' ora di conoscere e soprattutto di utilizzare queste ricerche. Forse è proprio indirizzandoci verso e praticando poi un diverso modello di umanità che potremo salvarci. Queste ricerche verranno esposte nella parte che riguarda la cooperazione mutualistica e le realtà economiche, culturali, politiche che si vanno spontaneamente organizzando, collegate tra loro via Internet, su questo paradigma dei sistemi cooperativi. Questa cooperazione è basata sì sullo scambio ed anche sulla competizione, ma è fondata in primis sul dono e la fiducia. La cooperazione mutualistica è una cooperazione basata sulle misteriose affinità elettive, spontanea. Non è la cooperazione forzata, compulsiva, di soldati che marciano verso la guerra. Questo paradigma pacifico sembra riecheggiare quello della civiltà dell'Antica Europa, che riaffiora dopo millenni nella sua poderosa vitalità femminile, delicata come un fiore e ardente come il cuore della Terra.

§ 2 Noi e gli altri

Le importanti scoperte della antropologia e della archeologia ci aiutano a prendere coscienza della nostra natura di animali culturali immersi in un mondo di simboli mediati dal linguaggio. Il dialogo tra noi e gli altri è fatto di comportamenti, gesti, parole. È preparato e reso possibile dal nostro dialogo interiore, il foro interno dove facciamo parlare gli altri che sono dentro di noi. Solo in quanto siamo allo stesso tempo IO-NOI riusciamo ad interagire con gli altri NOI-IO e quindi vivere una vita psichica, costruire alternative sociali, inventare nuovi stili di vita, risolvere problemi ambientali o culturali emergenti. Con una scarsa capacità empatica di simulazione degli altri dentro di noi cade la possibilità di interagire con loro (ma una grande capacità empatica può anche condurre alla capacità di manipolare e "addomesticare" altri esseri umani, capacità che le élite sicuramente ricercano). Gli antichi popoli "selvaggi" (il termine "selvaggio" o "primitivo" non ha qui nessuna valenza negativa. Lo uso perchè è il modo standard, carico di violenza culturale e di negatività politica, storicamente usato. Usandolo vengono messe a nudo le categorie mentali usate nel passato per ricordarci che sono molto diffuse ancora oggi), dunque, gli antichi popoli "selvaggi" combattevano consapevolmente contro la disuguaglianza sociale e la stratificazione in quanto meccanismi distruttivi della psiche e quindi della comunità, che oggi sono endemici. Ad esempio quando in guerra uccido il "nemico", devo prima averlo "ucciso" dentro di me, in modo ideologico. Se questo meccanismo di violenza culturale fallisce il soldato impazzisce (perde la integrazione del Sè) oppure fraternizza con il "nemico". In realtà, da quando nasciamo noi siamo già ANCHE gli altri. Quindi siamo sempre un IO ed anche un NOI, senza conflitto. Ad esempio da sempre siamo anche nostra Madre, da prima di nascere. Per capire gli esseri umani oltre alla psicologia che studia l'individuo come individuo, serve la microsociologia che studia gli altri dentro di noi. Si fonde con la psicologia sociale e l'antropologia sociale. Ed è necessariamente rivoluzionaria. Capire come l' "Altro Generalizzato" (teorizzato da G.H.Mead) sia costruito a partire dal rapporto con la Madre potrebbe aiutare a unificare la microsociologia, che studia le interazioni umane dirette da individuo a individuo, con la macrosociologia che studia le relazioni tra i gruppi umani nel corso della storia. Abbandonata la impraticabile versione freudiana del rapporto edipico con la madre e vedendo il figlio in gestazione nel ventre materno come una creatura dal sesso non ben differenziato che nasce unita in simbiosi con il corpo-mente materno, si potrebbe procedere a rivedere l'astratta teoria dell'Altro Generalizzato in chiave matrifocale. Per contro, la nascita del patriarcato, degli stati, degli imperi, della guerra potrebbero derivare dal tipo di Altro Generalizzato costruito in particolari contesti, quindi dal tipo di Sè che viene costruito nell'attuale civiltà patriarcale gerarchica. Una costruzione matrifocale del Sè darebbe risultati completamente diversi, come le ipotesi sull'Antica Europa e le realtà delle odierne società matriarcali ci inducono a pensare. Quindi a livello macrosociologico, in una prospettiva di costruzione consapevole e partecipata di nuove società, è importante proporre il matriarcato o la matrifocalità, come via alternativa al vigente patriarcato.

§ 3 La differenza di genere

La relazione di genere è senz'altro il punto più importante e decisivo della nostra vita sociale. La ragione della comparsa di una relazione non ugualitaria tra i sessi è una questione controversa o deliberatamente ignorata. Invece è sicuramente il problema più importante a livello umano. Basti solo pensare che la relazione tra i sessi determina le modalità di riproduzione culturale del genere umano. Come abbiamo visto nell'Antica Europa il ruolo delle donne era all'apice nella stima collettiva. Soprattutto erano le donne che gestivano la sfera del sacro, il mondo simbolico in cui l'umanità si specchia alla ricerca della sua identità. Prima degli sciamani maschi c'erano "le" sciamane femmine. Studi antropometrici delle mani dipinte nelle grotte sacre del tardo paleolitico dimostrano che sono mani femminili. La/o sciamana/o godeva della più alta considerazione collettiva nelle società di cacciatori raccoglitori, in quelle di coltivatori/pastori come nell'Antica Europa ed anche in quelle successive (lo sono tuttora con il culto dei santi nei paesi cattolici). Inoltre con ogni probabilità sono state le donne ad "inventare" l'agricoltura, la più importante rivoluzione produttiva della storia umana. Quindi il loro ruolo nella divisione (che sarebbe meglio chiamare "cooperazione”) sessuale del lavoro, e di conseguenza il loro status sociale, non potevano che essere molto alti. Riproduttrici della vita (biologicamente e culturalmente con l'educazione dei cuccioli), sciamane/guaritrici, inventrici di una nuova tecnologia della produzione del cibo, sono tutti ruoli essenziali che propagano e difendono la vita a livello naturale e culturale. I manuali di sociologia affermano infatti che nelle società di cacciatori e raccoglitori la posizione della donna era di notevole importanza e le relazioni tra uomo e donna egalitarie. Lo status delle donne diminuisce drasticamente nelle società caratterizzate da una agricoltura che utilizza l'aratro, all'incirca nel 3000 a.C. Ma qui siamo già entrati nell'era della nascita delle prime formazioni statali e quindi della stratificazione sociale. Gli studiosi maschili non si preoccupano molto di spiegare questo drammatico passaggio all'ineguaglianza che ha relegato la donna in una posizione di subordinazione che le cronache dal 3000 a.C. in poi descrivono con dettagli terrificanti e che riduce la donna ad un oggetto di proprietà maschile. Un testo che li riporta e che molti conoscono è la Bibbia. Questa diventerà la normalità che nessuno più metterà in discussione fino ai primi del 1900 d.C. quando nasce il movimento femminista. Cito un diffuso manuale universitario di sociologia (vedi Approfondimenti): "Furono elaborate raffinate ideologie che giustificassero le forti disuguaglianze di genere. Così, per fare solo un esempio, Aristotele pensava che la donna fosse un uomo mancato e avesse una natura difettosa, debole, mutilata. Anche le grandi religioni universali, il cristianesimo, l'islamismo, l'induismo, il buddismo, l'ebraismo prescrivevano, in misura maggiore o minore, la subordinazione delle donne e, all'interno della organizzazione, le tenevano lontane dal potere". Il manuale è molto sfumato nella terminologia che usa. Parla di "forti diseguaglianze di genere" per descrivere esseri umani ridotti ad "oggetti di proprietà" di altri esseri umani. Un segnale di questa "forte disuguaglianza" è una vera e propria perdita di identità dell'universo femminile. Il linguaggio che usiamo quotidianamente prevede quasi sempre nel definire i ruoli sociali l'uso di nomi solo maschili. Ad esempio noi parliamo di un "autore" (declinato al maschile) indipendentemente dal fatto che si tratti di un uomo o di una donna. E così pure per una infinità di altri termini. Ma la più grave mutilazione che l'universo femminile ha subito è stata l'esclusione dal sacro. Tranne rari casi di profetesse o di vestali specializzate, i templi dal 3000 a.C. in poi saranno gestiti esclusivamente da maschi. Questo significava l'esclusione dell'universo femminile dalla sfera della cultura e quindi una conseguente scissione nell'educazione della prole tra il mondo privato affettivo femminile e il mondo pubblico razionale maschile. Le energie mentali, spirituali, psichiche di metà della popolazione umana venivano frenate e represse. Alcune "autrici" spiegano così l'insorgenza patologica di guerre distruttive e irrazionali apparse da quel periodo in poi. L'attività bellica era infatti una attività da cui la divisione sessuale del lavoro escludeva la donna. Eraclito, uno dei "padri" della filosofia occidentale, con uno spettacolare capovolgimento logico tra il concetto di madre e il concetto di guerra, dirà che "la guerra è la madre di tutte le cose". La autoliberazione della prima metà del cielo nel suo ruolo di madre aiuterà tutta l'umanità ad eliminare il flagello della guerra generato dalla disuguaglianza, "padre" di tutte le guerre.

§ 4 La disuguaglianza sociale e l'organizzazione

§1 Le élite organizzano le masse

Le conseguenze della comparsa della stratificazione sociale sono molto profonde e investono tutto lo sviluppo e l'evoluzione della personalità umana. Per la prima volta si crea una frattura ereditaria tra chi ha il diritto di pensare, progettare, controllare e chi deve limitarsi a fare, eseguire, ubbidire. La prima vera divisione del lavoro sociale è la relazione stessa di dominio (herrschaft) che nasce dal monopolio della verità e della forza (se vacilla il monopolio della verità si ricorre a quello della forza. Si mantiene quello della forza con il monopolio della verità). La prima vera divisione è tra chi domina e chi viene dominato sul piano della cultura simbolica o della forza fisica. La divisione del lavoro sociale divide in primis chi "lavora" da chi "non lavora". Le neonate élite possono disporre di esseri umani cui assegnare ruoli funzionali alla loro sopravvivenza ed ai loro consumi vistosi (consumi che nascono come una vitale esigenza culturale di queste élite di distinguersi dalla "massa"). Nelle prime città-stato e nei primi imperi si crea una pletora di ruoli sociali diversi e distinti nei quali ciascuno si identifica a volte in maniera quasi totale. Si può essere re, mercanti del re, scribi, sacerdoti, grandi sacerdoti, schiavi, guardiani di schiavi, produttori di ceramiche, liberi contadini, artigiani di corte, marinai, pirati, eunuchi, ballerine, guerrieri, poeti o commediografi, ladri, camerieri, madri di famiglia a tempo pieno, carcerati o pericolosi briganti. Tutte attività possibili grazie al surplus di cibo prodotto dai contadini. Un falegname è un falegname e il figlio di un falegname è il figlio di un falegname, tranne casi eccezionali. Questi ruoli giocano come specchi nella costruzione e nella dinamica della nostra psiche, irriproducibile nella sua effimera unicità. La vita di ciascuno viene fortemente dominata dallo status complessivo della famiglia in cui nasce cosicchè si è subito impegnati a difendere, tramandare, acquisire e scalare posizioni sociali in competizione con gli altri, per necessità o per scelta. Da quando è apparsa la stratificazione sociale, pochissime migliaia di anni fa, in pochissimi posti del pianeta (si discute se siano 4 o 5 o 6), ogni posizione sociale ha i suoi privilegi rigidamente organizzati su una scala gerarchica che non si può mettere in discussione: dal re, con il suo potere di vita o di morte su tutti, allo schiavo che può solo sperare nella pietà o negli interessi del suo padrone. La sociologia ufficiale considera questa divisione del lavoro sociale un fattore del progresso umano che ha prodotto la "civilizzazione", anzi il fattore che ha permesso la "individualizzazione" della struttura e del carattere di ogni "persona". Naturalmente (detto con molta ironia e forte critica) i modelli di personalità validi per tutti sono quelli alti, degli "strati" sociali alti. Le qualità umane, veramente umane, non erano quelle dello schiavo, degradato a macchina meccanica e quindi privo di ogni residua umanità, nè quelle del contadino o della donna, ma quelle del re, dello scriba raffinato, dell'artigiano ricercato per la sua creatività, del lettore di oroscopi o dell'esorcista a tempo pieno. Qualità riservate ad una piccola minoranza ed ai loro discendenti o favoriti. Questa specializzazione di funzioni comporterà secondo i sociologi una cultura sempre più raffinata che avrà il merito di sviluppare tipi umani sempre più complessi capaci di padroneggiare tutte le arti e le scienze. L'umanità si dividerà in gruppi ultraspecializzati separati da relazioni di dominio o concorrenza. Un esempio di questa incredibile complessità e artificiosità dello sviluppo storico dei tipi umani è la corte di Versailles di Re Sole verso il 1700, creatrice della particolare psicologia dell'europeo moderno . Per una deformazione del meccanismo di trasmissione culturale i tipi umani elaborati dalle varie corti diventeranno i modelli degli strati sociali "inferiori", che dovranno resistere o soccombere alla forte pulsione di aspirare a diventare "come" gli strati sociali superiori. Questo si collega all'anelito a recuperare il controllo della conoscenza e della cultura che porterà gli strati inferiori al tentativo di studiare in modo clandestino e soprattutto di far studiare figli e discendenti. Nell'occidente europeo questo oggi comporta la comparsa di una massa di giovani istruiti al di là delle esigenze di lavoro qualificato del capitalismo. Con tensioni nuove e problemi difficili da valutare in un quadro di importanti proprietà emergenti.

§2 Il monopolio della conoscenza

La drammatica frattura determinatasi con la cristallizzazione stabile della stratificazione sociale e la sua riproduzione nel tempo attraverso la ereditarietà di ricchezze, titoli, onori, relazioni sociali importanti (per la assurda pretesa di "avere un sangue diverso"), entrano poi nella sfera cognitiva, nella alienazione della capacità creativa progettuale del singolo individuo, sempre più dipendente da esperti nelle varie arti e conoscenze "organizzati" dalle élite. Nascono anche gli specialisti della verità, quelli che hanno il diritto, in quanto prescelti dagli dei o loro discendenti diretti, di definire la realtà. Coloro che detenevano il potere ideologico, religioso, delle regole di scrittura e di amministrazione, stabilivano quale fosse l' ordine cosmico. Nascono le religioni controllate da caste sacerdotali che vietano al popolo il contatto con il dio della città, chiuso come simulacro nel sancta sanctorum del tempio e inaccessibile a tutti. Tutte le conoscenze e i rituali vengono circoscritti a pochi prescelti e blindati in un rituale segreto. Il dio cittadino era un copyright dei grandi sacerdoti. Il costo in termini umani di questa civilizzazione non viene semplicemente calcolato. Quello che si perdeva in questo processo era tutta l'enorme capacità creativa, progettuale, emozionale, psichica, della enorme massa degli esclusi, di "coloro che non sapevano leggere". Con la trasmissione famigliare dei ruoli sociali all'interno delle élite tutti gli altri venivano esclusi. Questo comportò di fatto una deformazione dell'intero processo cognitivo inteso come processo di costruzione sociale della conoscenza, gestito ormai da poche menti selezionate su basi di appartenenza famigliare e allenate a lavorare solo nell'interesse esclusivo di un piccolo strato di privilegiati. Le guerre, le distruzioni di massa, le deculturazioni, l'abbrutimento per eccesso di lavoro, l'esclusione sociale e culturale che ci accompagnano da allora fanno da cornice alle contemporanee "meraviglie" prodotte dalla civiltà mesopotamica, dai grandi imperi, e poi dal mondo occidentale con il capitalismo e la sua trionfante tecnologia. I politici, come i sacerdoti (che a differenza degli antichi anacoreti in genere non digiunano), sono tutta gente che fa parte di una élite specializzata che non lavora e che non ha mai lavorato, se si intende come "lavoro" la produzione di beni e servizi direttamente utili alla comunità. Oggi che tutti "lavorano" in questi ruoli sempre più complicati ed astratti, raramente ci si chiede se quello che si fa è veramente utile agli altri e quindi a noi stessi. A volte sarebbe veramente difficile capirlo. Alcuni gruppi umani organizzati hanno plasmato altri esseri umani come i preti, gli scribi, i politici, i militari, i mercanti, i tecnocrati. Gente che non sarebbe in grado di sopravvivere tre minuti senza il supporto di un immenso apparato di servi, di produttori di tutto il necessario alla loro vita e di molto altro completamente superfluo. Eppure sono questi "intellettuali" coloro i quali definiscono la "realtà" e le regole che tutti devono seguire per riprodurla ed estenderla. Vengono così definite regole astratte di comportamento che le varie organizzazioni devono seguire, in un incastro di funzioni gerarchiche e di "ruoli" che costituiscono la divisione sociale del lavoro. La burocrazia è l'effetto e la causa di questo monopolio della conoscenza.

§3 La burocrazia

La divisione sociale del lavoro ha dato vita ad enormi apparati di specialisti che devono prevedere, controllare, unificare i vari ruoli stabiliti. Sono le burocrazie, sempre più estese, grandi, omnicomprensive. Nascono nelle prime Agenzie Templari, si ingrandiscono con gli imperi, si trasformano sotto il capitalismo. La burocrazia è la risposta organizzativa ad ogni nuovo problema. La burocrazia incarna e riproduce le varie strutture gerarchiche IEMP. La burocrazia è una categoria culturale. La burocrazia è una "specifica forma di esercizio del DOMINIO" (vedi Approfondimenti). Per quanto bistrattata sono molti quelli che la ritengono indispensabile, tra cui Max Weber che la vede come il modello universale di ogni organizzazione razionale umana moderna. In effetti le varie burocrazie sono necessarie per la riproduzione di "questo" tipo di società. Tra gli esempi più spettacolari e caratteristici c'è la burocrazia degli "imperi idraulici" della Mesopotamia, quella faraonica, ramificata in ogni aspetto della vita collettiva, quella cinese dei mandarini con i suoi rituali di formazione (tuttora viva in versione marxista-leninista-stalinista-maoista) quella delle grandi monarchie europee del 1700 dC con le loro esigenze di coscrizione militare e di prelievo fiscale (come tutte le burocrazie), la elefantiaca e inefficiente burocrazia politica e statale della ex URSS. La burocrazia funziona solo se le procedure di lavoro non devono cambiare troppo rapidamente o essere troppo flessibili. Questo raramente avviene soprattutto nella economia capitalistica e nella politica. Quindi la mentalità burocratica ha cominciato ad essere criticata, soprattutto dalle grandi imprese capitalistiche, ma non vi sono al momento sostituti adeguati perchè la burocrazia è costitutiva (nasce assieme) a questo complesso IEMP gerarchico e stratificato. La burocrazia dei partiti è oggi uno dei principali bersagli della critica politica.

§4 Vivere senza burocrazia è possibile?

Le società di cacciatori-raccoglitori o quelle agricole-orticole-pastorali dell'Antica Europa sono definite dagli antropologi come "non stratificate", "egalitarie", "acefale" (senza capo), senza alcun concetto di gerarchia sociale, di status politico o economico, di classe, o perfino di leadership permanente. In queste società il saggio, il guaritore, l'eroe che si sacrifica per la comunità, il creativo che inventa nuove soluzioni a problemi antichi, dopo le loro "performance" riprendono la vita normale lavorando a fianco degli altri per procurarsi i mezzi per vivere. La stratificazione sociale non è uno standard, gli umani non sono naturalmente o in modo inevitabile competitivi o acquisitivi. E parliamo di società reali, efficienti e complesse come la "nostra", capaci di costruire città di migliaia di abitanti o monumenti come quelli di Stonehenge o decine di migliaia di nuraghi. Queste società vengono definite "orientate all'affinità" perchè privilegiano l'armonia reciproca rispetto alla ricchezza, allo status, alla divisione. Al contrario delle culture orientate alla accumulazione, competizione e conflitto, in esse vengono attivamente contrastate e prevenute le gerarchie sociali perchè si pensa che conducano a instabilità e conflitto. Ognuno è libero di preferire un tipo di società o l'altro, ma è importante sapere che entrambe sono possibili, in tutta la gamma delle sfumature intermedie.

§5 La disuguaglianza continua ad aumentare

La differenza sociale oggi si misura in base al reddito, allo status culturale, al potere politico di organizzare i gruppi umani, che poi sono tre delle reti IEMP. È possibile misurare a livello quantitativo il reddito o le spese nei consumi (meno significative del reddito), mentre status culturale e potere politico sono difficilmente misurabili in termini quantitativi. Ricerche statistiche recenti dimostrano che, tra le varie società ricche occidentali moderne, quelle con gli indici minori di disuguaglianza, quali il coefficiente di Gini sul reddito o il consumo, sono le meno colpite dai vari malanni sociali quali criminalità, maternità precoci, depressione e malattie mentali, suicidi, omicidi, obesità, mancanza di fiducia, mortalità infantile. Tra le più diseguali gli USA, UK, Portogallo. Tra le più "egalitarie" la Svezia e il Giappone. Certo non basta una ricerca a stabilire le mille sfaccettature della realtà e soprattutto come viene vissuta da chi la vive. Ma la disuguaglianza sociale è in aumento e così pure le malattie sociali. Nessuna diagnosi sicura. Nessuna terapia infallibile. Ma siamo sicuri che non serva più oggi la saggezza tradizionale dei nostri avi contadini e dei loro avi cacciatori-raccoglitori la cui filosofia politica contrasta consapevolmente qualsiasi forma di disuguaglianza sociale? Certo tutta l'organizzazione sociale di oggi si basa su questi ruoli stratificati. Semplificare e decentralizzare queste strutture è un'operazione complessa e molto delicata che può essere solo graduale e partecipata da chi la vive. Le rivoluzioni (come le guerre) hanno sempre fallito perchè hanno distrutto e scompaginato una rete di organizzazioni IEMP senza avere già pronte ad attivamente intrecciate nuove reti economiche, culturali, politiche e militari. Da tempo una parte delle stesse élite di potere tentano di ricostruire i ruoli e la divisione del lavoro attuali (ad esempio con la Business School di Harvard). In alcuni casi si arriva a toccare e a rivedere, con imprese economiche definite “convenzioni”, anche la stratificazione sociale, definita “gerarchia” nei manuali di organizzazione aziendale (vedi Approfondimenti).

§ 5 La nascita dello Stato

§1. Una assoluta novità: lo stato

La mia tesi è che i problemi che oggi affrontiamo derivano in gran parte da una frattura storica prodottasi per la prima volta millenni fa in Mesopotamia, replicatasi poi in pochissimi altri posti nel mondo, tre o quattro, e da lì diffusasi in tutto il pianeta. Alcuni sostengono che lo stato si è propagato dalla Mesopotamia a tutto il mondo, compresi gli stati imperiali degli Inca (Perù) e degli Aztechi (Messico). Alcuni dicono che questi imperi americani non siano sorti “spontaneamente", ma avanzano l'ipotesi di una loro diffusione "culturale" (diffusionista). Parlo della nascita dello stato come formazione storico-sociale. Lo stato è definito nei manuali come l'organizzazione che ha il monopolio dell'uso legittimo della forza all'interno di un certo territorio. Questa organizzazione in genere ha le caratteristiche di una "burocrazia" che attua procedure razionalmente definite per raggiungere gli obiettivi stabiliti da una élite di potere. In questa definizione ci sono due elementi ambigui: cosa si intenda nei vari contesti storici per "legittimo" e chi definisca il territorio entro il quale questo monopolio della forza sia esercitato. Questa frattura rappresentata dallo stato è una "emergenza" storica tipica dei sistemi complessi non lineari come le società umane che a volte manifestano caratteristiche nuove e imprevedibili a seguito di un proprio sviluppo interno autonomo. Come abbiamo visto nell'Antica Europa non vi era traccia di dominazione maschile o di forme di patriarcato, né vi erano tracce di stato. Le diversità tra gli uomini sono ovviamente sempre esistite. Quello che è comparso ad un certo momento è stata la gerarchia e la trasmissione ereditaria nei discendenti di tali differenze, la nascita di lignaggi “superiori” e di “lignaggi” inferiori che creavano ristrette élite di potere che si tramandavano le condizioni di dominio (gli archeologi misurano la nascita della gerarchia dalla presenza di differenze sistematiche nelle sepolture e nell'arredo delle tombe). Nel 3200 aC nascevano in Mesopotamia città-stato con una burocrazia che organizzava un nuovo tipo di agricoltura basato sulla irrigazione, l'aratro, il "campo lungo", e una scrittura contabile come suo principale strumento. Perche' tornare così indietro nel tempo? Perchè dalle prime città stato di Sumer nasceva la civiltà cosi' come oggi la conosciamo. L'élite religiosa, politica e militare decideva, pianificava, dirigeva e contabilizzava una nuova grande attivita' economica consistente nello sfruttamento delle terre di proprieta' del dio e nell'allevamento delle mandrie di animali pure di proprieta' del dio, lo stesso dio che veniva venerato e considerato vivente nel tempio principale della città appena edificata. Nasceva la scrittura ma solo per registrare minuziosamente le derrate alimentari (orzo) e gli animali d'allevamento (caprovini) che entravano ed uscivano dai magazzini delle due grandi organizzazioni: l'agenzia templare (i sacerdoti) e l'agenzia palatina (il re e la sua corte). Tra queste due agenzie inizieranno lotte, fusioni, accordi, che passando tra i guelfi e i ghibellini del medioevo europeo arriveranno sino a noi con le feroci battaglie tra Chiesa e Stato, tra Papa e Imperatore o con le ipocrite e costose alleanze dei Concordati italiani. Vedi la “Teoria del Sole e della Luna” di parte guelfa (Innocenzo III) e la “Teoria dei due Soli” di parte ghibellina (Dante Alighieri). L'agenzia palatina e l'agenzia templare si identificavano come rappresentanti diretti del dio, il re addirittura come una sua incarnazione, non diversamente da come avviene oggi in Giappone, a distanza di 5000 anni, con il suo imperatore di presunta origine divina. Origine che non gli ha permesso di far evitare ai giapponesi Hiroshima, Nagasaki e Fukushima. Gli usurpatori che non potevano vantare una ascendenza di lignaggio con i re precedenti e quindi con il dio della città si inserivano nella sequenza ereditaria "legittima" con matrimoni arrangiati, l'uso delle armi, complotti, delitti, corruzione. Tutte pratiche che persistono fino ad oggi anche se le corti reali sono diminuite. Tutti giustamente le biasimiamo ma è necessario capirne l'origine storica e la loro millenaria strutturale persistenza nel tempo come "morale" di comportamento delle varie élite di potere. Queste élite si rigenerano cooptando quando necessario nuovi membri di altri strati sociali creati nel frattempo dalla divisione del lavoro o emersi dagli interstizi come la borghesia.

§2. La divisione del lavoro

Circa nel 3200 aC, iniziava l'"Antica Età del Bronzo" a cui gli scienziati fanno risalire la comparsa della divisione del lavoro. È questa la divisione tra lavoro intellettuale o simbolico e tra lavoro manuale o esecutivo, come tra gli scribi addetti alla scrittura/lettura e i contadini addetti alla produzione di cibo. La corte, i sacerdoti, gli scribi, gli artigiani importanti che lavoravano a tempo pieno per l'agenzia templare o palatina, vivevano nelle citta' fortificate, dove intorno ai vari templi ed ai palazzi del re si trovavano i grandi magazzini riempiti di beni di ogni tipo, alimentari e non. Il resto della popolazione, convinto con le buone e con le cattive che poteva godere della salvaguardia del dio a protezione del cibo, dei raccolti, della salute, viveva in villaggi sottoposti a tasse e tributi in beni ed in corvèe di lavoro. Le corvèe riguardavano la costruzioni di canali di irrigazione, di templi e palazzi, la raccolta dei cereali, e col tempo anche il dover combattere le guerre decise dal re, come soldati gli uomini e come vedove le donne. Tessevano la lana delle greggi del "dio" del tempio cui era dedicata la città-stato in laboratori-prigione dove donne schiave producevano le stoffe coi loro bambini, in cambio di una misera sopravvivenza. Alcune di esse erano "oblate del tempio", donate al tempio dalla comunità, non si sa quanto spontaneamente. I servi gravati di corvèe o gli schiavi che lavoravano la terra da un lato, le donne rinchiuse con i loro bambini in laboratori carcere dove tessevano la lana nelle prime città-stato, ricordano stranamente le condizioni che 5000 anni dopo caratterizzavano la prima rivoluzione industriale in Inghilterra: operaie donne e bambini europei nelle "moderne" fabbriche tessili, schiavi africani a seminare e raccogliere il cotone, servi sparsi nel mondo a lavorare nei latifondi della aristocrazia terriera, che si andava a fondere con qualche sussulto con la borghesia mercantile nei neonati stati-nazione.

§3. Lo stato e il sistema IEMP

Con il passare dei secoli diventa sempre maggiore il dislivello di potere nelle quattro reti IEMP tra la popolazione che stava alla base della gerarchia sociale e l'élite che ne occupava le posizioni dominanti. Aumentava il controllo razionale (burocratico) e l'interconnessione di queste reti rendendole molto più efficaci ed efficienti nella produzione agricola e artigiana, nella guerra, nella organizzazione politica, nella manipolazione culturale, insomma nella estrazione di risorse dall'ambiente e nel controllo degli esseri umani addetti a questa estrazione (oggi in primis gli scienziati). Le principali risorse economiche da "organizzare" erano le terre da coltivare e gli animali da allevare; beni naturali come acqua, legname, minerali, pietre rare; gli schiavi ed i servi per lavorare terre, animali, beni naturali. L'intera natura e gli altri esseri umani diventavano una macchina produttiva dedicata agli "dei". La gerarchia si estende come modo di relazione dalla sfera ideologica e politico-militare a quella economica. Le popolazioni sottomesse pagano tributi e mandano schiavi a lavorare le terre dei vincitori o a pascolare le loro greggi. Sempre più il lavoro diventa lavoro comandato, lavoro coatto, spesso lavoro di schiavi. Aumentava l'aggressività predatoria e distruttiva da parte di queste élite assieme alla loro forza organizzativa politica, alla loro potenza militare, al loro raggio di espansione economica e mercantile, alla loro capacità di manipolazione culturale e simbolica. L'elite che dirigeva la burocrazia statale agiva contemporaneamente sulle reti del potere politico-militare (le decisioni sul territorio e sui rapporti con le popolazioni confinanti, l'esercizio della giustizia, le guardie del tempio e del palazzo), del potere ideologico (il culto del dio principale e delle altre divinità cittadine), del potere economico (la gestione della agricoltura irrigata estensiva, dell'allevamento estensivo, del commercio amministrato dal tempio e dal palazzo).

§4. La redistribuzione della produzione sociale e lo sfruttamento del lavoro

Tutte cose meravigliose diranno alcuni! Sì, ma conviene chiedersi CHI e QUANTI ne potessero godere, di tempo libero, cure mediche, cultura, agi e passatempi, cibi sani e raffinati, case confortevoli e sicure, giardini pensili e templi mai visti prima. Le ricchezze prodotte venivano redistribuite solo parzialmente e solo occasionalmente tra l'élite, le sue propaggini cittadine e gli strati inferiori che vivevano nei villaggi circumvicini. Molti studiosi si beano nel descrivere lo stile di vita raffinato, gli agi, la modernità, durati per millenni nel regno dei vari faraoni. Ma spesso omettono che tutto questo era riservato a pochissimi privilegiati. Oggi queste differenze sono parzialmente misurate con il coefficiente di Gini, perchè ogni bene o servizio ha un valore monetario ben definito. Di certo è impossibile giudicare da un punto di vista neutrale, se dal punto di vista del faraone e della sua corte o dal punto di vista dei contadini che coltivavano le terre del faraone e delle varie agenzie templari. L'unico criterio condiviso, metro di giudizio e punto di partenza di ogni discussione tra uomini di buona volontà, sono i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare come retaggio di queste scelte e della scia di sangue e dolore che queste scelte hanno comportato. L'altra faccia di una produzione mirata ai consumi vistosi delle élite è lo sfruttamento del lavoro umano impiegato in questa produzione (il consumismo come lo conosciamo oggi è una estensione alle masse del consumo vistoso riservato anticamente alle élites. È stato realizzato dal capitalismo e dimostra che i modelli di vita delle élites arrivano agli strati loro sottoposti). Lo sfruttamento del lavoro va misurato in primis sul grado di autonomia del lavoratore nel gestire la propria attività, dalla sua conoscenza degli obiettivi e del funzionamento dell'organizzazione per la quale lavora, dalla sua condivisione e partecipazione a questi obiettivi. È questa condizione che determina in seconda istanza il suo potere di contrattazione e quindi tutti i "benefit" materiali e culturali che vanno al di là della sua pura sopravvivenza. Misurare questi benefit come valore economico è impossibile, oltre che sbagliato perchè sono processi dinamici di interazione simbolica. Le teorie marxiane sullo sfruttamento come valore economico, basate sulle teorie del valore-lavoro di Ricardo, sono generalmente considerate errate. E sono inapplicabili ai casi limite dello schiavo o dell'artista-artigiano o dello scienziato. Hanno lasciato aperta la pericolosa teoria che una "equa" redistribuzione del surplus potesse risolvere e annullare la relazione di dominio su cui sono costruite le società statalizzate, imperiali, capitalistiche. La redistribuzione non risolve la causa che genera le differenze di potere economico, politico, culturale, cioè la disuguaglianza sociale basata sul principio gerarchico. I lavoratori organizzati dalle élite non hanno mai avuto la possibilità di intervenire sulle lavorazioni nocive per loro e per la natura. Già 5000 anni fa, mentre nei piccoli campi allagati delle comunità di villaggio la produzione continuava senza problemi, nelle terre organizzate a campo lungo dell'Agenzia Templare nella Bassa Mesopotamia, dopo alcuni secoli di irrigazione intensiva con canali, la salinizzazione dei suoli creava una crisi a causa dei rendimenti decrescenti nella produttività agricola. Ma questo non fermava lo sviluppo endogeno delle città-stato diventate nel frattempo un vero e proprio sistema regionale. Nel 2300 aC nasceva in Mesopotamia il primo "impero del pianeta" che ristrutturava questo sistema con Sargon di Akkad. Nasceva uno stato in grado di controllare, sottomettere, distruggere e terrorizzare altre città-stato e villaggi nel raggio di centinaia di km, grazie ad un esercito permanente di 5000 uomini. La principale scoperta di Sargon fu la deterrenza terroristica, la capacità cioè di minacciare di ritorsione violenta e letale chiunque si fosse opposto al suo volere. La storia prendeva la piega che oggi ben conosciamo e che oggi ci sembra "naturale". La cultura, detta di 'Ubaid, immediatamente precedente a quella della prima città-stato, Uruk, era invece totalmente egalitaria e pacifica. E sicuramente più ricca se si considera questa "ideologia" egalitaria e pacifica una ricchezza indistruttibile.

§ 6 Imperi

§1. Il primo impero di Sargon di Akkad

Nel 2300 aC con l'impero di Sargon di Akkad in Mesopotamia iniziano processi storici nuovi per l'umanità. Il primo impero nasce nella stessa area delle prime città-stato, Sumer. Anzi nasce ai suoi limiti, in una zona di frontiera, dove Sargon era un Signore della Marca, di origine semita e non sumerica. Gli storici non sanno esattamente da dove venissero i Sumeri, di certo sembra che non fossero semiti. Sargon aveva sviluppato una terribile esperienza militare e politica, proprio perchè si trovava ai confini della ricca regione di Sumer con le sue vie commerciali, la ricchezza della sua agricoltura irrigua, i beni preziosi e meravigliosamente nuovi accumulati dalle élite delle varie città-stato. Alla prevalenza della attività religiosa ed economica centrata sul tempio del dio della città e sulle terre irrigate gestite dal tempio, si passa decisamente alla prevalenza della monarchia, dell'agenzia palatina, delle attività logistico-militari e diplomatico-geopolitiche. Il re di Akkad, che nel frattempo diventa "proprietario" di 2300 ettari di terreno a Marad nella Mesopotamia centrale (oggi Elisabetta II di Inghilterra, erede del defunto impero britannico, è ancora il proprietario legale di 6.6 miliardi di acri, secondo il giornale inglese "The New Statesman" del 10 marzo 2011, corrispondenti a circa 2.5 mld di ettari), controlla militarmente il territorio delle varie città-stato sottomesse, per un raggio di centinaia di kilometri, con una efficienza logistica mai vista prima. Minaccia di distruzione fisica chiunque si ribelli, crea una rete geopolitica di re-clienti-fantocci nelle varie città-stato sottomesse, interviene nelle complicate religioni locali (ogni città stato aveva il suo dio ed i suoi culti) cercando di uniformarle in un culto unificato che sfocerà nella contestata autodivinizzazione di suo nipote Naram-Sin. Ad esempio Sargon invia sua figlia Enkheduanna nella sumerica Ur come sacerdotessa della divinità cittadina, mentre invita una sacerdotessa sumera nel tempio di Ishtar ad Akkad (eccezioni imperiali al monopolio maschile del sacro, anche se in tutta l'antichità è presente un filone secondario di serventi sacre o vestali). Estende il dominio sulle rotte commerciali controllate dalle città di Ebla a nord e dalla confederazione di Elam a Est, con 34 spedizioni militari vittoriose, nel tentativo di far coincidere la sfera commerciale con quella politica e militare arrivando direttamente alle fonti delle materie prime senza sottostare alle reti di intermediazione politico militari locali.

§2. Le caratteristiche fondamentali di un impero

Nasce il primo impero della storia con caratteristiche militari, geopolitiche, economiche, religiose che possiamo ritrovare in vari miscugli negli imperi che seguiranno. Queste caratteristiche sono:

  1. la pacificazione militare e geopolitica del territorio e delle vie commerciali,
  2. l'incremento delle spese militari (o keynesismo militare),
  3. il controllo centralizzato dell'economia tramite fissazione dei prezzi e dei valori di scambio,
  4. un maggiore sfruttamento del lavoro (tramite la schiavitù, la servitù della gleba, il lavoro ad ingaggio),
  5. la diffusione autoritaria di una cultura, lingua e scrittura comuni.

È una struttura che comprende altre strutture al suo interno: città, stati, confederazioni, reti commerciali, miniere, risorse naturali come foreste e pascoli, vie logistiche di terra e di mare, centri di produzione culturale e religiosa. Circa lo sfruttamento del lavoro umano si è modificato nel corso dei secoli soprattutto dopo la prima rivoluzione industriale. La questione della proprietà dei mezzi di produzione è secondaria rispetto alla condizione primaria che si tratti di lavoro libero o di lavoro coatto. Per esempio nell'ex impero sovietico la proprietà formale statale (collettiva) dei mezzi di produzione non evitava ai lavoratori di dover accettare senza condizioni il lavoro che lo stato gli assegnava, nelle località che lo stato gli assegnava, nelle modalità previste dalla élite. Vi erano inoltre campi di lavoro forzato come i Gulag con milioni di detenuti. Per questo nel caso della ex URSS si può parlare di sfruttamento del lavoro come uno degli elementi del suo status imperiale.

§3. Dopo Sargon

Nel Vicino Oriente dal 2300 aC al 500 aC, quando il persiano Ciro II unifica il Vicino Oriente, e' tutto un susseguirsi di imperi e di guerre feroci che svenano sia le popolazioni che conquistano che quelle che vengono conquistate, per prendere possesso di vie commerciali e zone strategiche, di schiavi da impiegare nelle terre regie o templari, di manodopera per la costruzione di nuove capitali, di nuovi templi e palazzi, di canali e strade. Tra i piu' feroci e determinati ricordiamo gli Assiri che facevano un uso terroristico delle loro campagne militari e che ricevevano gli ambasciatori in una sala sui cui muri erano raffigurate tutte le atrocita' da loro compiute sui popoli vinti. Ma la conquista esterna di paesi, risorse umane e naturali, li distrae da una gestione oculata del loro stesso paese. Così all'improvviso collassano lasciando libera la strada a Ciro il grande. Circa 2000 anni di costruzione di una cultura imperiale che si diffonde. La nuova configurazione storica denominata "impero" è un fenomeno emergente sulle reti di città-stato costituite come un "sistema", una proprietà assolutamente "nuova", un modello capace poi di influenzare e determinare l'intero corso storico, nel bene e nel male. D'ora in avanti saranno gli imperi a definire l'agenda dei fatti storici, grazie alla loro capacita' di manipolare, influenzare e distruggere le altre popolazioni e le loro reti ideologiche, militari, economiche, politiche (IEMP). Gli imperi creano al loro interno un processo di omologazione culturale e standardizzazione politica; verso l'esterno di conflitto e di contemporanea assimilazione e scambio. Così è stato ad esempio il rapporto tra impero romano e barbari ai confini. Nella relazione con questo centro imperiale le tribù confederate dei "barbari"che si trovano ai suoi confini, nelle marche di frontiera, assimilano le tecniche di combattimento e scambiano prodotti sui mercati dove i vincitori vendono il loro bottino di guerra, conoscono nuove ideologie e nuove istituzioni politiche come quelle delle città-stato. Si "statalizzano" creando regni "barbarici" originali e diversi che mantengono parte della cultura tribale. In sostanza si innesca una spirale di violenza, di conquista e di crescita della capacità di dominio che porta alla formazione di nuovi stati e nuovi imperi, la' dove prima vivevano tribu' e confederazioni di tribù. La guerra come pratica costante con le sue deportazioni di schiavi, la distruzione di raccolti e villaggi, le conseguenti epidemie, lo stupro di massa, l'impalatura dei prigionieri, nasce come ombra inquietante assieme alla civilta' dei grandi monumenti, dei templi, delle citta', della scrittura, del consumo vistoso delle élite cittadine. La colonna di Traiano che esalta le conquiste dell'impero romano ed è ammirata da milioni di turisti e dalle scolaresche in gita all'inizio dei Fori Imperiali, è una raffigurazione di atrocità e di teste mozzate. I grandi imperi sono molto diversi tra loro come ogni situazione nella storia. Ma tutti si appoggiano ad un apparato militare che e' la loro fondamentale costruzione organizzativa e culturale.

§4. I collassi degli imperi

Quando il loro nucleo centrale perde vitalità, capacità economica-culturale-tecnologica, quando il popolo, la élite, le classi medie cittadine perdono ogni fiducia nei loro destini imperiali e "non ci credono piu'", vengono assediati e poi sommersi dai loro circumvicini, i "barbari", che nel frattempo hanno assimilato parte della loro cultura e il meglio delle loro tecniche di combattimento. Oppure gli imperi collassano e si frammentano in tutte le etnie che prima tenevano unite con la forza militare; come è successo di recente nella ex Jugoslavia o nella ex URSS, sconvolgendo la vita quotidiana di milioni di esseri umani, perchè l'impero con i suoi magri sussidi era purtuttavia anche la fonte della loro sopravvivenza. Per avere un quadro della importanza degli imperi nella storia vediamo una sequenza di grandi imperi, finiti tutti in vario modo. Dopo l'inizio mesopotamico sono quasi tutti indoeuropei: impero persiano (indoeuropeo), imperi romano e bizantino (indoeuropei), il sacro romano impero nel Medioevo (indoeuropeo), impero cinese (Han), impero ottomano (turco), impero spagnolo e sacro romano impero (CarloV, 1500 dC circa, indoeuropeo), impero olandese (1600 dC, indoeuropeo), impero britannico (il piu' grande, 1700 dC, indoeuropeo), quello francese, germanico, austro-ungarico, zarista; infine l'impero russo neozarista di Stalin collassato nel 1991 con Gorbachev. Ed infine quello americano affermatosi come leader egemonico dopo la II guerra mondiale e l'ultimo ed unico impero sopravvissuto. Un impero che controlla il continente americano, l'Europa occidentale, l'Asia dal Giappone alle Filippine. In tutti questi continenti mantiene le sue enormi basi militari che avvolgono come una rete logistica l'intero pianeta. Si applicano agli Stati Uniti le 5 caratteristiche elencate poco sopra a proposito dell'Impero di Sargon di Akkad. L'ideologia imperiale americana si basa su due punti, "democrazia e libero mercato", una democrazia governata da due partiti controllati dalle lobbies economiche e un tipo di mercato controllato dalle stesse lobbies che controllano i partiti. Non posso trattenermi dall'esprimere la mia meraviglia: una bella sfilata di potenze, e di guerre, e di conquiste sanguinose con cui si fa coincidere la "storia", che dite? Una storia di battaglie e conflitti con qualche sprazzo di cultura, di arte, di tecnologia, molto ben valorizzati mentre la sporca realtà viene sfocata sullo sfondo fino ad essere fatta scomparire dai mezzi di comunicazione di massa. Configurazioni storiche che hanno lasciato palazzi, romanzi, stoffe, personaggi coi baffi o regine premurose e romantiche, tutti i più raffinati oggetti per l'arredamento, l'architettura, la vita quotidiana, ma anche disastri planetari, la tratta degli schiavi africani, carestie dovute alle guerre con il loro seguito di pestilenze, malattie, sparizione di risorse umane ed ambientali, e poi per finire la distruzione di quasi tutte le culture umane preesistenti (il termine storico asettico è “deculturazione” ). Era storicamente "necessario" tutto ciò? Chi farà un bilancio realistico di tutte le imprese di “lor signori”?

§5. L'affermazione della cultura imperiale europea

Con la conquista delle Americhe verso il 1500 dC e la nascita dell'impero spagnolo inizia la diffusione planetaria degli imperi indoeuropei la cui civilizzazione si estende ora a tutti i continenti tramite la globalizzazione. Gli imperi orientali, cinese, moghul, ottomano, non tengono testa alla determinazione degli europei e alla fine soccombono. I giapponesi adottano questa civilizzazione europea "spontaneamente" copiandola nel 1866-1869, con la rivoluzione Meiji. I cinesi vengono piegati con le guerre dell'oppio a metà del 1800. L'India viene assorbita nell'impero britannico che ne distrugge l'economia. Perchè "vincono" gli europei che riescono ad imporre a tutto il mondo il loro modello di civilizzazione? La risposta di uno storico (Michael Mann) e' questa: vincono perche' hanno acquisito una incredibile esperienza bellica e militare facendo il piu' gran numero di guerre, tra di loro tutti e contro tutti gli altri. In termini precisi hanno costruito una "cultura da guerriero" ("a warrior culture"). Non e' dipeso da una superiorita' organizzativa, di armi, o di tecnologia, o peggio di razza, ma da un processo ciclico di guerre che generano guerre, di violenza che genera violenza e che alla fine genera una ideologia della violenza, dando come Max Weber al fattore I (Ideologia) la sua giusta rilevanza. Le ideologie proposte da Thomas Hobbes con "la guerra di tutti contro tutti", e da Niccolò Machiavelli con un principe guerriero, sono il puro rispecchiamento acritico di questa cultura. Teniamo però presente che la configurazione storica "impero", apparsa per la prima volta con Sargon di Akkad, è complessa, riunisce stati diversi, si articola su vasti territori, esplora vie di penetrazione commerciale per approvvigionarsi di risorse o di beni di lusso per le proprie élite e per le proprie masse cittadine, crea alleanze con i popoli di confine, piazza nei punti strategici i suoi "Signori delle Marche di Frontiera" (Marchers' Lords, quelli che nel Medioevo europeo saranno i "marchesi"), terrorizza le popolazioni limitrofe per tenerle a bada o per saggiare la loro resistenza, soprattutto è una configurazione sempre diversa nel corso della storia. Saranno poi sempre i “Signori delle Marche”, i più esperti nella guerra, a fondare nuovi imperi come Gengis Khan, la Spagna, l'Inghilterra, ed in tempi moderni l'URSS e gli USA. L'impero si diffonde per imitazione e per reazione. Nel seguito vediamo l'impero romano e quello bizantino, tra i più importanti e interessanti, veri e propri "laboratori di sociologia", tra i più terribili (al di là delle celebrazioni che la cultura ufficiale gli tributa insegnando in modo acritico i fasti della guerra nelle scuole elementari), e punto di passaggio tra la prima fase degli stati e degli imperi centrata nel Vicino Oriente e la seconda fase più propriamente europea ed occidentale.

I vari paragrafi

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