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C'era una volta l'Antica Europa

di Remo Ronchitelli - 22 Settembre 2014 - Mini saggio sulla uguaglianza - Nel Tasto "Discussione" qui sopra ci sono i contributi degli ospiti e le relative risposte. Licenza d'uso (Copyleft) Creative Commons by-sa 3.0.

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Il §1 è una presentazione della civiltà "diversa" dell'Antica Europa. Tratterò poi alcuni temi che sono in seguenza logica: le relazioni tra noi e gli altri e il loro influsso sulla nostra psiche individuale; la differenza di genere cioè dei rapporti di potere tra uomo e donna; la disuguaglianza sociale e l'organizzazione, la nascita delle prime città-stato, la loro diffusione e sviluppo nella configurazione storica chiamata "impero". Per avvicinarci ai problemi di oggi e fare confronti vedremo poi alcuni aspetti dei due imperi che sono stati il laboratorio del mondo moderno, gli imperi romano e bizantino, e dei loro eredi, gli imperi americano e sovietico. Gli ultimi due temi trattano rispettivamente delle tre grandi crisi che il mondo moderno si trova ad affrontare e della soluzione proposta che consiste nello sviluppo della cooperazione e della solidarietà come sistemi complessi. Questa cooperazione deve necessariamente contenere e risolvere la competizione e il conflitto con tutta la sapienza, la saggezza e l'esperienza collettiva accumulate durante il lungo percorso storico esaminato. Negli approfondimenti verranno ripresi nello stesso ordine i singoli temi indicando le fonti utilizzate nei loro punti salienti. In fine segue una breve sintesi del significato dell'intero opuscolo.

§ 1 C'era una volta l'Antica Europa...

un paese meraviglioso che viveva in pace ed amava la bellezza e la natura in tutte le sue manifestazioni. Non producevano armi se non per la caccia che praticavano assieme alla agricoltura per vivere adorando la natura come Madre. Studiavano, rispettavano e rappresentavano i molteplici aspetti della Dea. La loro ceramica vivace e colorata era un inno quotidiano alla vita. Per affrontare e risolvere gli inevitabili problemi di relazione avevano un metodo, un metodo sempre applicato fino ad oggi da tutte le culture, anche le piu' belliciste. Il metodo del dono che apriva la porta alla costruzione della fiducia reciproca, di una trattativa realistica, di accordi vantaggiosi per tutti. Un metodo che molte civiltà ancora oggi adottano quando devono accogliere un ospite. Questa civilta' e' fiorita tra il VII e il IV millennio aC lasciando le sue tracce profonde nella storia. I centri piu' importanti studiati dagli archeologi si chiamano Vinca, Cucuteni, Trypillia e si trovano tra l'Ucraina, la Moldavia, la Romania e i Balcani. Sono passati piu' di 8000 anni da allora. Avevano una cosmogonia complessa e secondo importanti linguisti e gli archeologi che piu' li hanno studiati, avevano elaborato una forma di scrittura sacra mille anni prima dei sumeri. L'umanita' avrebbe potuto seguire un altro corso se fosse prevalsa questa logica del tener conto degli altri, del rispetto della vita e della natura, della sua delicata infinita complessita'. Questa cultura è stata documentata e studiata in profondità e bisogna far sapere oggi che questa civilta' e' ancora possibile, che e' fiorita per migliaia di anni, che aveva la forza di propagarsi in tutta l'Europa occidentale, da Malta alla Cornovaglia, dalla Spagna alla Sardegna. Invece e' gradualmente prevalsa sulle altre civiltà nei secoli una civilizzazione diversa basata sulla guerra e sulla distruzione della vita. Certo andrà capito come e perchè questo sia stato il corso della storia, perchè sia prevalsa una forma piuttosto che l'altra. Ma l'archeologia con l'Antica Europa e l'antropologia con le innumerevoli culture studiate poco prima che sparissero hanno dimostrato che possono esistere modelli di umanità completamente diversi dal modello aggressivo dell' "homo homini lupus" del Leviatano di Hobbes, dell'essere umano marchiato nell'anima in modo indelebile dal peccato originale, dal mostruoso Principe del Machiavelli. Questo modello aggressivo e' solo una delle infinite possibilità nel corso della storia umana. Sono esistiti ed esistono modelli completamente diversi dove è la cooperazione a guidare la competizione e non viceversa. Non esiste conflitto tra altruismo ed egoismo. Per amare gli altri e' necessario amare se' stessi. Per amare se' stessi e' necessario amare gli altri. La storia, la psicologia e l'economia sperimentali, la sociologia, l'antropologia lo indicano come possibile, gli esperimenti di laboratorio lo confermano. E' ora di conoscere e soprattutto di utilizzare queste ricerche. Forse è proprio indirizzandoci verso e praticando poi un diverso modello di umanità che potremo salvarci. Queste ricerche verranno esposte nella parte che riguarda la cooperazione mutualistica e le realtà economiche, culturali, politiche che si vanno spontaneamente organizzando, collegate tra loro via Internet, su questo paradigma dei sistemi cooperativi. Questa cooperazione è basata sì sullo scambio ed anche sulla competizione, ma è fondata in primis sul dono e la fiducia. La cooperazione mutualistica è una cooperazione basata sulle misteriose affinità elettive, spontanea. Non è la cooperazione forzata, compulsiva, di soldati che marciano verso la guerra. Questo paradigma pacifico sembra riecheggiare quello della civiltà dell'Antica Europa, che riaffiora dopo millenni nella sua poderosa vitalità femminile, delicata come un fiore e ardente come il cuore della Terra.

§ 2 Noi e gli altri

Le importanti scoperte della antropologia e della archeologia ci aiutano a prendere coscienza della nostra natura di animali culturali immersi in un mondo di simboli mediati dal linguaggio. Il dialogo tra noi e gli altri è fatto di comportamenti, gesti, parole. È preparato e reso possibile dal nostro dialogo interiore, il foro interno dove facciamo parlare gli altri che sono dentro di noi. Solo in quanto siamo allo stesso tempo IO-NOI riusciamo ad interagire con gli altri NOI-IO e quindi vivere una vita psichica, costruire alternative sociali, inventare nuovi stili di vita, risolvere problemi ambientali o culturali emergenti. Con una scarsa capacità empatica di simulazione degli altri dentro di noi cade la possibilità di interagire con loro (ma una grande capacità empatica può anche condurre alla capacità di manipolare e "addomesticare" altri esseri umani, capacità che le élite sicuramente ricercano). Gli antichi popoli "selvaggi" (il termine "selvaggio" o "primitivo" non ha qui nessuna valenza negativa. Lo uso perchè è il modo standard, carico di violenza culturale e di negatività politica, storicamente usato. Usandolo vengono messe a nudo le categorie mentali usate nel passato per ricordarci che sono molto diffuse ancora oggi), dunque, gli antichi popoli "selvaggi" combattevano consapevolmente contro la disuguaglianza sociale e la stratificazione in quanto meccanismi distruttivi della psiche e quindi della comunità, che oggi sono endemici. Ad esempio quando in guerra uccido il "nemico", devo prima averlo "ucciso" dentro di me, in modo ideologico. Se questo meccanismo di violenza culturale fallisce il soldato impazzisce (perde la integrazione del Sè) oppure fraternizza con il "nemico". In realtà, da quando nasciamo noi siamo già ANCHE gli altri. Quindi siamo sempre un IO ed anche un NOI, senza conflitto. Ad esempio da sempre siamo anche nostra Madre, da prima di nascere. Per capire gli esseri umani oltre alla psicologia che studia l'individuo come individuo, serve la microsociologia che studia gli altri dentro di noi. Si fonde con la psicologia sociale e l'antropologia sociale. Ed è necessariamente rivoluzionaria. Capire come l' "Altro Generalizzato" (teorizzato da G.H.Mead) sia costruito a partire dal rapporto con la Madre potrebbe aiutare a unificare la microsociologia, che studia le interazioni umane dirette da individuo a individuo, con la macrosociologia che studia le relazioni tra i gruppi umani nel corso della storia. Abbandonata la impraticabile versione freudiana del rapporto edipico con la madre e vedendo il figlio in gestazione nel ventre materno come una creatura dal sesso non ben differenziato che nasce unita in simbiosi con il corpo-mente materno, si potrebbe procedere a rivedere l'astratta teoria dell'Altro Generalizzato in chiave matrifocale. Per contro, la nascita del patriarcato, degli stati, degli imperi, della guerra potrebbero derivare dal tipo di Altro Generalizzato costruito in particolari contesti, quindi dal tipo di Sè che viene costruito nell'attuale civiltà patriarcale gerarchica. Una costruzione matrifocale del Sè darebbe risultati completamente diversi, come le ipotesi sull'Antica Europa e le realtà delle odierne società matriarcali ci inducono a pensare. Quindi a livello macrosociologico, in una prospettiva di costruzione consapevole e partecipata di nuove società, è importante proporre il matriarcato o la matrifocalità, come via alternativa al vigente patriarcato.

§ 3 La differenza di genere

La relazione di genere è senz'altro il punto più importante e decisivo della nostra vita sociale. La ragione della comparsa di una relazione non ugualitaria tra i sessi è una questione controversa o deliberatamente ignorata. Invece è sicuramente il problema più importante a livello umano. Basti solo pensare che la relazione tra i sessi determina le modalità di riproduzione culturale del genere umano. Come abbiamo visto nell'Antica Europa il ruolo delle donne era all'apice nella stima collettiva. Soprattutto erano le donne che gestivano la sfera del sacro, il mondo simbolico in cui l'umanità si specchia alla ricerca della sua identità. Prima degli sciamani maschi c'erano "le" sciamane femmine. Studi antropometrici delle mani dipinte nelle grotte sacre del tardo paleolitico dimostrano che sono mani femminili. La/o sciamana/o godeva della più alta considerazione collettiva nelle società di cacciatori raccoglitori, in quelle di coltivatori/pastori come nell'Antica Europa ed anche in quelle successive (lo sono tuttora con il culto dei santi nei paesi cattolici). Inoltre con ogni probabilità sono state le donne ad "inventare" l'agricoltura, la più importante rivoluzione produttiva della storia umana. Quindi il loro ruolo nella divisione (che sarebbe meglio chiamare "cooperazione”) sessuale del lavoro, e di conseguenza il loro status sociale, non potevano che essere molto alti. Riproduttrici della vita (biologicamente e culturalmente con l'educazione dei cuccioli), sciamane/guaritrici, inventrici di una nuova tecnologia della produzione del cibo, sono tutti ruoli essenziali che propagano e difendono la vita a livello naturale e culturale. I manuali di sociologia affermano infatti che nelle società di cacciatori e raccoglitori la posizione della donna era di notevole importanza e le relazioni tra uomo e donna egalitarie. Lo status delle donne diminuisce drasticamente nelle società caratterizzate da una agricoltura che utilizza l'aratro, all'incirca nel 3000 a.C. Ma qui siamo già entrati nell'era della nascita delle prime formazioni statali e quindi della stratificazione sociale. Gli studiosi maschili non si preoccupano molto di spiegare questo drammatico passaggio all'ineguaglianza che ha relegato la donna in una posizione di subordinazione che le cronache dal 3000 a.C. in poi descrivono con dettagli terrificanti e che riduce la donna ad un oggetto di proprietà maschile. Un testo che li riporta e che molti conoscono è la Bibbia. Questa diventerà la normalità che nessuno più metterà in discussione fino ai primi del 1900 d.C. quando nasce il movimento femminista. Cito un diffuso manuale universitario di sociologia (vedi Approfondimenti): "Furono elaborate raffinate ideologie che giustificassero le forti disuguaglianze di genere. Così, per fare solo un esempio, Aristotele pensava che la donna fosse un uomo mancato e avesse una natura difettosa, debole, mutilata. Anche le grandi religioni universali, il cristianesimo, l'islamismo, l'induismo, il buddismo, l'ebraismo prescrivevano, in misura maggiore o minore, la subordinazione delle donne e, all'interno della organizzazione, le tenevano lontane dal potere". Il manuale è molto sfumato nella terminologia che usa. Parla di "forti diseguaglianze di genere" per descrivere esseri umani ridotti ad "oggetti di proprietà" di altri esseri umani. Un segnale di questa "forte disuguaglianza" è una vera e propria perdita di identità dell'universo femminile. Il linguaggio che usiamo quotidianamente prevede quasi sempre nel definire i ruoli sociali l'uso di nomi solo maschili. Ad esempio noi parliamo di un "autore" (declinato al maschile) indipendentemente dal fatto che si tratti di un uomo o di una donna. E così pure per una infinità di altri termini. Ma la più grave mutilazione che l'universo femminile ha subito è stata l'esclusione dal sacro. Tranne rari casi di profetesse o di vestali specializzate, i templi dal 3000 a.C. in poi saranno gestiti esclusivamente da maschi. Questo significava l'esclusione dell'universo femminile dalla sfera della cultura e quindi una conseguente scissione nell'educazione della prole tra il mondo privato affettivo femminile e il mondo pubblico razionale maschile. Le energie mentali, spirituali, psichiche di metà della popolazione umana venivano frenate e represse. Alcune "autrici" spiegano così l'insorgenza patologica di guerre distruttive e irrazionali apparse da quel periodo in poi. L'attività bellica era infatti una attività da cui la divisione sessuale del lavoro escludeva la donna. Eraclito, uno dei "padri" della filosofia occidentale, con uno spettacolare capovolgimento logico tra il concetto di madre e il concetto di guerra, dirà che "la guerra è la madre di tutte le cose". La autoliberazione della prima metà del cielo nel suo ruolo di madre aiuterà tutta l'umanità ad eliminare il flagello della guerra generato dalla disuguaglianza, "padre" di tutte le guerre.

I vari paragrafi

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