CeraUnaVolta

Da wiki2.

"C'era una volta l'Antica Europa" di Remo Ronchitelli - 22 Settembre 2014 - Mini saggio sulla uguaglianza - Nel Tasto "Discussione" qui sopra ci sono i contributi degli ospiti e le relative risposte. Licenza d'uso (Copyleft) Creative Commons by-sa 3.0.


Contenuto

  • Il §1 è una presentazione della civiltà "diversa" dell'Antica Europa. Tratterò poi alcuni temi che sono in seguenza logica: le relazioni tra noi e gli altri e il loro influsso sulla nostra psiche individuale; la differenza di genere cioè dei rapporti di potere tra uomo e donna; la disuguaglianza sociale e l'organizzazione, la nascita delle prime città-stato, la loro diffusione e sviluppo nella configurazione storica chiamata "impero". Per avvicinarci ai problemi di oggi e fare confronti vedremo poi alcuni aspetti dei due imperi che sono stati il laboratorio del mondo moderno, gli imperi romano e bizantino, e dei loro eredi, gli imperi americano e sovietico. Gli ultimi due temi trattano rispettivamente delle tre grandi crisi che il mondo moderno si trova ad affrontare e della soluzione proposta che consiste nello sviluppo della cooperazione e della solidarietà come sistemi complessi. Questa cooperazione deve necessariamente contenere e risolvere la competizione e il conflitto con tutta la sapienza, la saggezza e l'esperienza collettiva accumulate durante il lungo percorso storico esaminato. Negli approfondimenti verranno ripresi nello stesso ordine i singoli temi indicando le fonti utilizzate nei loro punti salienti. In fine segue una breve sintesi del significato dell'intero opuscolo.

Indice

§ 1 C'era una volta l'Antica Europa...

un paese meraviglioso che viveva in pace ed amava la bellezza e la natura in tutte le sue manifestazioni. Non producevano armi se non per la caccia che praticavano assieme alla agricoltura per vivere adorando la natura come Madre. Studiavano, rispettavano e rappresentavano i molteplici aspetti della Dea. La loro ceramica vivace e colorata era un inno quotidiano alla vita. Per affrontare e risolvere gli inevitabili problemi di relazione avevano un metodo, un metodo sempre applicato fino ad oggi da tutte le culture, anche le piu' belliciste. Il metodo del dono che apriva la porta alla costruzione della fiducia reciproca, di una trattativa realistica, di accordi vantaggiosi per tutti. Un metodo che molte civiltà ancora oggi adottano quando devono accogliere un ospite. Questa civilta' e' fiorita tra il VII e il IV millennio aC lasciando le sue tracce profonde nella storia. I centri piu' importanti studiati dagli archeologi si chiamano Vinca, Cucuteni, Trypillia e si trovano tra l'Ucraina, la Moldavia, la Romania e i Balcani. Sono passati piu' di 8000 anni da allora. Avevano una cosmogonia complessa e secondo importanti linguisti e gli archeologi che piu' li hanno studiati, avevano elaborato una forma di scrittura sacra mille anni prima dei sumeri. L'umanita' avrebbe potuto seguire un altro corso se fosse prevalsa questa logica del tener conto degli altri, del rispetto della vita e della natura, della sua delicata infinita complessita'. Questa cultura è stata documentata e studiata in profondità e bisogna far sapere oggi che questa civilta' e' ancora possibile, che e' fiorita per migliaia di anni, che aveva la forza di propagarsi in tutta l'Europa occidentale, da Malta alla Cornovaglia, dalla Spagna alla Sardegna. Invece e' gradualmente prevalsa sulle altre civiltà nei secoli una civilizzazione diversa basata sulla guerra e sulla distruzione della vita. Certo andrà capito come e perchè questo sia stato il corso della storia, perchè sia prevalsa una forma piuttosto che l'altra. Ma l'archeologia con l'Antica Europa e l'antropologia con le innumerevoli culture studiate poco prima che sparissero hanno dimostrato che possono esistere modelli di umanità completamente diversi dal modello aggressivo dell' "homo homini lupus" del Leviatano di Hobbes, dell'essere umano marchiato nell'anima in modo indelebile dal peccato originale, dal mostruoso Principe del Machiavelli. Questo modello aggressivo e' solo una delle infinite possibilità nel corso della storia umana. Sono esistiti ed esistono modelli completamente diversi dove è la cooperazione a guidare la competizione e non viceversa. Non esiste conflitto tra altruismo ed egoismo. Per amare gli altri e' necessario amare se' stessi. Per amare se' stessi e' necessario amare gli altri. La storia, la psicologia e l'economia sperimentali, la sociologia, l'antropologia lo indicano come possibile, gli esperimenti di laboratorio lo confermano. E' ora di conoscere e soprattutto di utilizzare queste ricerche. Forse è proprio indirizzandoci verso e praticando poi un diverso modello di umanità che potremo salvarci. Queste ricerche verranno esposte nella parte che riguarda la cooperazione mutualistica e le realtà economiche, culturali, politiche che si vanno spontaneamente organizzando, collegate tra loro via Internet, su questo paradigma dei sistemi cooperativi. Questa cooperazione è basata sì sullo scambio ed anche sulla competizione, ma è fondata in primis sul dono e la fiducia. La cooperazione mutualistica è una cooperazione basata sulle misteriose affinità elettive, spontanea. Non è la cooperazione forzata, compulsiva, di soldati che marciano verso la guerra. Questo paradigma pacifico sembra riecheggiare quello della civiltà dell'Antica Europa, che riaffiora dopo millenni nella sua poderosa vitalità femminile, delicata come un fiore e ardente come il cuore della Terra.

§ 2 Noi e gli altri

Le importanti scoperte della antropologia e della archeologia ci aiutano a prendere coscienza della nostra natura di animali culturali immersi in un mondo di simboli mediati dal linguaggio. Il dialogo tra noi e gli altri è fatto di comportamenti, gesti, parole. È preparato e reso possibile dal nostro dialogo interiore, il foro interno dove facciamo parlare gli altri che sono dentro di noi. Solo in quanto siamo allo stesso tempo IO-NOI riusciamo ad interagire con gli altri NOI-IO e quindi vivere una vita psichica, costruire alternative sociali, inventare nuovi stili di vita, risolvere problemi ambientali o culturali emergenti. Con una scarsa capacità empatica di simulazione degli altri dentro di noi cade la possibilità di interagire con loro (ma una grande capacità empatica può anche condurre alla capacità di manipolare e "addomesticare" altri esseri umani, capacità che le élite sicuramente ricercano). Gli antichi popoli "selvaggi" (il termine "selvaggio" o "primitivo" non ha qui nessuna valenza negativa. Lo uso perchè è il modo standard, carico di violenza culturale e di negatività politica, storicamente usato. Usandolo vengono messe a nudo le categorie mentali usate nel passato per ricordarci che sono molto diffuse ancora oggi), dunque, gli antichi popoli "selvaggi" combattevano consapevolmente contro la disuguaglianza sociale e la stratificazione in quanto meccanismi distruttivi della psiche e quindi della comunità, che oggi sono endemici. Ad esempio quando in guerra uccido il "nemico", devo prima averlo "ucciso" dentro di me, in modo ideologico. Se questo meccanismo di violenza culturale fallisce il soldato impazzisce (perde la integrazione del Sè) oppure fraternizza con il "nemico". In realtà, da quando nasciamo noi siamo già ANCHE gli altri. Quindi siamo sempre un IO ed anche un NOI, senza conflitto. Ad esempio da sempre siamo anche nostra Madre, da prima di nascere. Per capire gli esseri umani oltre alla psicologia che studia l'individuo come individuo, serve la microsociologia che studia gli altri dentro di noi. Si fonde con la psicologia sociale e l'antropologia sociale. Ed è necessariamente rivoluzionaria. Capire come l' "Altro Generalizzato" (teorizzato da G.H.Mead) sia costruito a partire dal rapporto con la Madre potrebbe aiutare a unificare la microsociologia, che studia le interazioni umane dirette da individuo a individuo, con la macrosociologia che studia le relazioni tra i gruppi umani nel corso della storia. Abbandonata la impraticabile versione freudiana del rapporto edipico con la madre e vedendo il figlio in gestazione nel ventre materno come una creatura dal sesso non ben differenziato che nasce unita in simbiosi con il corpo-mente materno, si potrebbe procedere a rivedere l'astratta teoria dell'Altro Generalizzato in chiave matrifocale. Per contro, la nascita del patriarcato, degli stati, degli imperi, della guerra potrebbero derivare dal tipo di Altro Generalizzato costruito in particolari contesti, quindi dal tipo di Sè che viene costruito nell'attuale civiltà patriarcale gerarchica. Una costruzione matrifocale del Sè darebbe risultati completamente diversi, come le ipotesi sull'Antica Europa e le realtà delle odierne società matriarcali ci inducono a pensare. Quindi a livello macrosociologico, in una prospettiva di costruzione consapevole e partecipata di nuove società, è importante proporre il matriarcato o la matrifocalità, come via alternativa al vigente patriarcato.

§ 3 La differenza di genere

La relazione di genere è senz'altro il punto più importante e decisivo della nostra vita sociale. La ragione della comparsa di una relazione non ugualitaria tra i sessi è una questione controversa o deliberatamente ignorata. Invece è sicuramente il problema più importante a livello umano. Basti solo pensare che la relazione tra i sessi determina le modalità di riproduzione culturale del genere umano. Come abbiamo visto nell'Antica Europa il ruolo delle donne era all'apice nella stima collettiva. Soprattutto erano le donne che gestivano la sfera del sacro, il mondo simbolico in cui l'umanità si specchia alla ricerca della sua identità. Prima degli sciamani maschi c'erano "le" sciamane femmine. Studi antropometrici delle mani dipinte nelle grotte sacre del tardo paleolitico dimostrano che sono mani femminili. La/o sciamana/o godeva della più alta considerazione collettiva nelle società di cacciatori raccoglitori, in quelle di coltivatori/pastori come nell'Antica Europa ed anche in quelle successive (lo sono tuttora con il culto dei santi nei paesi cattolici). Inoltre con ogni probabilità sono state le donne ad "inventare" l'agricoltura, la più importante rivoluzione produttiva della storia umana. Quindi il loro ruolo nella divisione (che sarebbe meglio chiamare "cooperazione”) sessuale del lavoro, e di conseguenza il loro status sociale, non potevano che essere molto alti. Riproduttrici della vita (biologicamente e culturalmente con l'educazione dei cuccioli), sciamane/guaritrici, inventrici di una nuova tecnologia della produzione del cibo, sono tutti ruoli essenziali che propagano e difendono la vita a livello naturale e culturale. I manuali di sociologia affermano infatti che nelle società di cacciatori e raccoglitori la posizione della donna era di notevole importanza e le relazioni tra uomo e donna egalitarie. Lo status delle donne diminuisce drasticamente nelle società caratterizzate da una agricoltura che utilizza l'aratro, all'incirca nel 3000 a.C. Ma qui siamo già entrati nell'era della nascita delle prime formazioni statali e quindi della stratificazione sociale. Gli studiosi maschili non si preoccupano molto di spiegare questo drammatico passaggio all'ineguaglianza che ha relegato la donna in una posizione di subordinazione che le cronache dal 3000 a.C. in poi descrivono con dettagli terrificanti e che riduce la donna ad un oggetto di proprietà maschile. Un testo che li riporta e che molti conoscono è la Bibbia. Questa diventerà la normalità che nessuno più metterà in discussione fino ai primi del 1900 d.C. quando nasce il movimento femminista. Cito un diffuso manuale universitario di sociologia (vedi Approfondimenti): "Furono elaborate raffinate ideologie che giustificassero le forti disuguaglianze di genere. Così, per fare solo un esempio, Aristotele pensava che la donna fosse un uomo mancato e avesse una natura difettosa, debole, mutilata. Anche le grandi religioni universali, il cristianesimo, l'islamismo, l'induismo, il buddismo, l'ebraismo prescrivevano, in misura maggiore o minore, la subordinazione delle donne e, all'interno della organizzazione, le tenevano lontane dal potere". Il manuale è molto sfumato nella terminologia che usa. Parla di "forti diseguaglianze di genere" per descrivere esseri umani ridotti ad "oggetti di proprietà" di altri esseri umani. Un segnale di questa "forte disuguaglianza" è una vera e propria perdita di identità dell'universo femminile. Il linguaggio che usiamo quotidianamente prevede quasi sempre nel definire i ruoli sociali l'uso di nomi solo maschili. Ad esempio noi parliamo di un "autore" (declinato al maschile) indipendentemente dal fatto che si tratti di un uomo o di una donna. E così pure per una infinità di altri termini. Ma la più grave mutilazione che l'universo femminile ha subito è stata l'esclusione dal sacro. Tranne rari casi di profetesse o di vestali specializzate, i templi dal 3000 a.C. in poi saranno gestiti esclusivamente da maschi. Questo significava l'esclusione dell'universo femminile dalla sfera della cultura e quindi una conseguente scissione nell'educazione della prole tra il mondo privato affettivo femminile e il mondo pubblico razionale maschile. Le energie mentali, spirituali, psichiche di metà della popolazione umana venivano frenate e represse. Alcune "autrici" spiegano così l'insorgenza patologica di guerre distruttive e irrazionali apparse da quel periodo in poi. L'attività bellica era infatti una attività da cui la divisione sessuale del lavoro escludeva la donna. Eraclito, uno dei "padri" della filosofia occidentale, con uno spettacolare capovolgimento logico tra il concetto di madre e il concetto di guerra, dirà che "la guerra è la madre di tutte le cose". La autoliberazione della prima metà del cielo nel suo ruolo di madre aiuterà tutta l'umanità ad eliminare il flagello della guerra generato dalla disuguaglianza, "padre" di tutte le guerre.

§ 4 La disuguaglianza sociale e l'organizzazione

§1 Le élite organizzano le masse

Le conseguenze della comparsa della stratificazione sociale sono molto profonde e investono tutto lo sviluppo e l'evoluzione della personalità umana. Per la prima volta si crea una frattura ereditaria tra chi ha il diritto di pensare, progettare, controllare e chi deve limitarsi a fare, eseguire, ubbidire. La prima vera divisione del lavoro sociale è la relazione stessa di dominio (herrschaft) che nasce dal monopolio della verità e della forza (se vacilla il monopolio della verità si ricorre a quello della forza. Si mantiene quello della forza con il monopolio della verità). La prima vera divisione è tra chi domina e chi viene dominato sul piano della cultura simbolica o della forza fisica. La divisione del lavoro sociale divide in primis chi "lavora" da chi "non lavora". Le neonate élite possono disporre di esseri umani cui assegnare ruoli funzionali alla loro sopravvivenza ed ai loro consumi vistosi (consumi che nascono come una vitale esigenza culturale di queste élite di distinguersi dalla "massa"). Nelle prime città-stato e nei primi imperi si crea una pletora di ruoli sociali diversi e distinti nei quali ciascuno si identifica a volte in maniera quasi totale. Si può essere re, mercanti del re, scribi, sacerdoti, grandi sacerdoti, schiavi, guardiani di schiavi, produttori di ceramiche, liberi contadini, artigiani di corte, marinai, pirati, eunuchi, ballerine, guerrieri, poeti o commediografi, ladri, camerieri, madri di famiglia a tempo pieno, carcerati o pericolosi briganti. Tutte attività possibili grazie al surplus di cibo prodotto dai contadini. Un falegname è un falegname e il figlio di un falegname è il figlio di un falegname, tranne casi eccezionali. Questi ruoli giocano come specchi nella costruzione e nella dinamica della nostra psiche, irriproducibile nella sua effimera unicità. La vita di ciascuno viene fortemente dominata dallo status complessivo della famiglia in cui nasce cosicchè si è subito impegnati a difendere, tramandare, acquisire e scalare posizioni sociali in competizione con gli altri, per necessità o per scelta. Da quando è apparsa la stratificazione sociale, pochissime migliaia di anni fa, in pochissimi posti del pianeta (si discute se siano 4 o 5 o 6), ogni posizione sociale ha i suoi privilegi rigidamente organizzati su una scala gerarchica che non si può mettere in discussione: dal re, con il suo potere di vita o di morte su tutti, allo schiavo che può solo sperare nella pietà o negli interessi del suo padrone. La sociologia ufficiale considera questa divisione del lavoro sociale un fattore del progresso umano che ha prodotto la "civilizzazione", anzi il fattore che ha permesso la "individualizzazione" della struttura e del carattere di ogni "persona". Naturalmente (detto con molta ironia e forte critica) i modelli di personalità validi per tutti sono quelli alti, degli "strati" sociali alti. Le qualità umane, veramente umane, non erano quelle dello schiavo, degradato a macchina meccanica e quindi privo di ogni residua umanità, nè quelle del contadino o della donna, ma quelle del re, dello scriba raffinato, dell'artigiano ricercato per la sua creatività, del lettore di oroscopi o dell'esorcista a tempo pieno. Qualità riservate ad una piccola minoranza ed ai loro discendenti o favoriti. Questa specializzazione di funzioni comporterà secondo i sociologi una cultura sempre più raffinata che avrà il merito di sviluppare tipi umani sempre più complessi capaci di padroneggiare tutte le arti e le scienze. L'umanità si dividerà in gruppi ultraspecializzati separati da relazioni di dominio o concorrenza. Un esempio di questa incredibile complessità e artificiosità dello sviluppo storico dei tipi umani è la corte di Versailles di Re Sole verso il 1700, creatrice della particolare psicologia dell'europeo moderno . Per una deformazione del meccanismo di trasmissione culturale i tipi umani elaborati dalle varie corti diventeranno i modelli degli strati sociali "inferiori", che dovranno resistere o soccombere alla forte pulsione di aspirare a diventare "come" gli strati sociali superiori. Questo si collega all'anelito a recuperare il controllo della conoscenza e della cultura che porterà gli strati inferiori al tentativo di studiare in modo clandestino e soprattutto di far studiare figli e discendenti. Nell'occidente europeo questo oggi comporta la comparsa di una massa di giovani istruiti al di là delle esigenze di lavoro qualificato del capitalismo. Con tensioni nuove e problemi difficili da valutare in un quadro di importanti proprietà emergenti.

§2 Il monopolio della conoscenza

La drammatica frattura determinatasi con la cristallizzazione stabile della stratificazione sociale e la sua riproduzione nel tempo attraverso la ereditarietà di ricchezze, titoli, onori, relazioni sociali importanti (per la assurda pretesa di "avere un sangue diverso"), entrano poi nella sfera cognitiva, nella alienazione della capacità creativa progettuale del singolo individuo, sempre più dipendente da esperti nelle varie arti e conoscenze "organizzati" dalle élite. Nascono anche gli specialisti della verità, quelli che hanno il diritto, in quanto prescelti dagli dei o loro discendenti diretti, di definire la realtà. Coloro che detenevano il potere ideologico, religioso, delle regole di scrittura e di amministrazione, stabilivano quale fosse l' ordine cosmico. Nascono le religioni controllate da caste sacerdotali che vietano al popolo il contatto con il dio della città, chiuso come simulacro nel sancta sanctorum del tempio e inaccessibile a tutti. Tutte le conoscenze e i rituali vengono circoscritti a pochi prescelti e blindati in un rituale segreto. Il dio cittadino era un copyright dei grandi sacerdoti. Il costo in termini umani di questa civilizzazione non viene semplicemente calcolato. Quello che si perdeva in questo processo era tutta l'enorme capacità creativa, progettuale, emozionale, psichica, della enorme massa degli esclusi, di "coloro che non sapevano leggere". Con la trasmissione famigliare dei ruoli sociali all'interno delle élite tutti gli altri venivano esclusi. Questo comportò di fatto una deformazione dell'intero processo cognitivo inteso come processo di costruzione sociale della conoscenza, gestito ormai da poche menti selezionate su basi di appartenenza famigliare e allenate a lavorare solo nell'interesse esclusivo di un piccolo strato di privilegiati. Le guerre, le distruzioni di massa, le deculturazioni, l'abbrutimento per eccesso di lavoro, l'esclusione sociale e culturale che ci accompagnano da allora fanno da cornice alle contemporanee "meraviglie" prodotte dalla civiltà mesopotamica, dai grandi imperi, e poi dal mondo occidentale con il capitalismo e la sua trionfante tecnologia. I politici, come i sacerdoti (che a differenza degli antichi anacoreti in genere non digiunano), sono tutta gente che fa parte di una élite specializzata che non lavora e che non ha mai lavorato, se si intende come "lavoro" la produzione di beni e servizi direttamente utili alla comunità. Oggi che tutti "lavorano" in questi ruoli sempre più complicati ed astratti, raramente ci si chiede se quello che si fa è veramente utile agli altri e quindi a noi stessi. A volte sarebbe veramente difficile capirlo. Alcuni gruppi umani organizzati hanno plasmato altri esseri umani come i preti, gli scribi, i politici, i militari, i mercanti, i tecnocrati. Gente che non sarebbe in grado di sopravvivere tre minuti senza il supporto di un immenso apparato di servi, di produttori di tutto il necessario alla loro vita e di molto altro completamente superfluo. Eppure sono questi "intellettuali" coloro i quali definiscono la "realtà" e le regole che tutti devono seguire per riprodurla ed estenderla. Vengono così definite regole astratte di comportamento che le varie organizzazioni devono seguire, in un incastro di funzioni gerarchiche e di "ruoli" che costituiscono la divisione sociale del lavoro. La burocrazia è l'effetto e la causa di questo monopolio della conoscenza.

§3 La burocrazia

La divisione sociale del lavoro ha dato vita ad enormi apparati di specialisti che devono prevedere, controllare, unificare i vari ruoli stabiliti. Sono le burocrazie, sempre più estese, grandi, omnicomprensive. Nascono nelle prime Agenzie Templari, si ingrandiscono con gli imperi, si trasformano sotto il capitalismo. La burocrazia è la risposta organizzativa ad ogni nuovo problema. La burocrazia incarna e riproduce le varie strutture gerarchiche IEMP. La burocrazia è una categoria culturale. La burocrazia è una "specifica forma di esercizio del DOMINIO" (vedi Approfondimenti). Per quanto bistrattata sono molti quelli che la ritengono indispensabile, tra cui Max Weber che la vede come il modello universale di ogni organizzazione razionale umana moderna. In effetti le varie burocrazie sono necessarie per la riproduzione di "questo" tipo di società. Tra gli esempi più spettacolari e caratteristici c'è la burocrazia degli "imperi idraulici" della Mesopotamia, quella faraonica, ramificata in ogni aspetto della vita collettiva, quella cinese dei mandarini con i suoi rituali di formazione (tuttora viva in versione marxista-leninista-stalinista-maoista) quella delle grandi monarchie europee del 1700 dC con le loro esigenze di coscrizione militare e di prelievo fiscale (come tutte le burocrazie), la elefantiaca e inefficiente burocrazia politica e statale della ex URSS. La burocrazia funziona solo se le procedure di lavoro non devono cambiare troppo rapidamente o essere troppo flessibili. Questo raramente avviene soprattutto nella economia capitalistica e nella politica. Quindi la mentalità burocratica ha cominciato ad essere criticata, soprattutto dalle grandi imprese capitalistiche, ma non vi sono al momento sostituti adeguati perchè la burocrazia è costitutiva (nasce assieme) a questo complesso IEMP gerarchico e stratificato. La burocrazia dei partiti è oggi uno dei principali bersagli della critica politica.

§4 Vivere senza burocrazia è possibile?

Le società di cacciatori-raccoglitori o quelle agricole-orticole-pastorali dell'Antica Europa sono definite dagli antropologi come "non stratificate", "egalitarie", "acefale" (senza capo), senza alcun concetto di gerarchia sociale, di status politico o economico, di classe, o perfino di leadership permanente. In queste società il saggio, il guaritore, l'eroe che si sacrifica per la comunità, il creativo che inventa nuove soluzioni a problemi antichi, dopo le loro "performance" riprendono la vita normale lavorando a fianco degli altri per procurarsi i mezzi per vivere. La stratificazione sociale non è uno standard, gli umani non sono naturalmente o in modo inevitabile competitivi o acquisitivi. E parliamo di società reali, efficienti e complesse come la "nostra", capaci di costruire città di migliaia di abitanti o monumenti come quelli di Stonehenge o decine di migliaia di nuraghi. Queste società vengono definite "orientate all'affinità" perchè privilegiano l'armonia reciproca rispetto alla ricchezza, allo status, alla divisione. Al contrario delle culture orientate alla accumulazione, competizione e conflitto, in esse vengono attivamente contrastate e prevenute le gerarchie sociali perchè si pensa che conducano a instabilità e conflitto. Ognuno è libero di preferire un tipo di società o l'altro, ma è importante sapere che entrambe sono possibili, in tutta la gamma delle sfumature intermedie.

§5 La disuguaglianza continua ad aumentare

La differenza sociale oggi si misura in base al reddito, allo status culturale, al potere politico di organizzare i gruppi umani, che poi sono tre delle reti IEMP. È possibile misurare a livello quantitativo il reddito o le spese nei consumi (meno significative del reddito), mentre status culturale e potere politico sono difficilmente misurabili in termini quantitativi. Ricerche statistiche recenti dimostrano che, tra le varie società ricche occidentali moderne, quelle con gli indici minori di disuguaglianza, quali il coefficiente di Gini sul reddito o il consumo, sono le meno colpite dai vari malanni sociali quali criminalità, maternità precoci, depressione e malattie mentali, suicidi, omicidi, obesità, mancanza di fiducia, mortalità infantile. Tra le più diseguali gli USA, UK, Portogallo. Tra le più "egalitarie" la Svezia e il Giappone. Certo non basta una ricerca a stabilire le mille sfaccettature della realtà e soprattutto come viene vissuta da chi la vive. Ma la disuguaglianza sociale è in aumento e così pure le malattie sociali. Nessuna diagnosi sicura. Nessuna terapia infallibile. Ma siamo sicuri che non serva più oggi la saggezza tradizionale dei nostri avi contadini e dei loro avi cacciatori-raccoglitori la cui filosofia politica contrasta consapevolmente qualsiasi forma di disuguaglianza sociale? Certo tutta l'organizzazione sociale di oggi si basa su questi ruoli stratificati. Semplificare e decentralizzare queste strutture è un'operazione complessa e molto delicata che può essere solo graduale e partecipata da chi la vive. Le rivoluzioni (come le guerre) hanno sempre fallito perchè hanno distrutto e scompaginato una rete di organizzazioni IEMP senza avere già pronte ad attivamente intrecciate nuove reti economiche, culturali, politiche e militari. Da tempo una parte delle stesse élite di potere tentano di ricostruire i ruoli e la divisione del lavoro attuali (ad esempio con la Business School di Harvard). In alcuni casi si arriva a toccare e a rivedere, con imprese economiche definite “convenzioni”, anche la stratificazione sociale, definita “gerarchia” nei manuali di organizzazione aziendale (vedi Approfondimenti).

§ 5 La nascita dello Stato

§1. Una assoluta novità: lo stato

La mia tesi è che i problemi che oggi affrontiamo derivano in gran parte da una frattura storica prodottasi per la prima volta millenni fa in Mesopotamia, replicatasi poi in pochissimi altri posti nel mondo, tre o quattro, e da lì diffusasi in tutto il pianeta. Alcuni sostengono che lo stato si è propagato dalla Mesopotamia a tutto il mondo, compresi gli stati imperiali degli Inca (Perù) e degli Aztechi (Messico). Alcuni dicono che questi imperi americani non siano sorti “spontaneamente", ma avanzano l'ipotesi di una loro diffusione "culturale" (diffusionista). Parlo della nascita dello stato come formazione storico-sociale. Lo stato è definito nei manuali come l'organizzazione che ha il monopolio dell'uso legittimo della forza all'interno di un certo territorio. Questa organizzazione in genere ha le caratteristiche di una "burocrazia" che attua procedure razionalmente definite per raggiungere gli obiettivi stabiliti da una élite di potere. In questa definizione ci sono due elementi ambigui: cosa si intenda nei vari contesti storici per "legittimo" e chi definisca il territorio entro il quale questo monopolio della forza sia esercitato. Questa frattura rappresentata dallo stato è una "emergenza" storica tipica dei sistemi complessi non lineari come le società umane che a volte manifestano caratteristiche nuove e imprevedibili a seguito di un proprio sviluppo interno autonomo. Come abbiamo visto nell'Antica Europa non vi era traccia di dominazione maschile o di forme di patriarcato, né vi erano tracce di stato. Le diversità tra gli uomini sono ovviamente sempre esistite. Quello che è comparso ad un certo momento è stata la gerarchia e la trasmissione ereditaria nei discendenti di tali differenze, la nascita di lignaggi “superiori” e di “lignaggi” inferiori che creavano ristrette élite di potere che si tramandavano le condizioni di dominio (gli archeologi misurano la nascita della gerarchia dalla presenza di differenze sistematiche nelle sepolture e nell'arredo delle tombe). Nel 3200 aC nascevano in Mesopotamia città-stato con una burocrazia che organizzava un nuovo tipo di agricoltura basato sulla irrigazione, l'aratro, il "campo lungo", e una scrittura contabile come suo principale strumento. Perche' tornare così indietro nel tempo? Perchè dalle prime città stato di Sumer nasceva la civiltà cosi' come oggi la conosciamo. L'élite religiosa, politica e militare decideva, pianificava, dirigeva e contabilizzava una nuova grande attivita' economica consistente nello sfruttamento delle terre di proprieta' del dio e nell'allevamento delle mandrie di animali pure di proprieta' del dio, lo stesso dio che veniva venerato e considerato vivente nel tempio principale della città appena edificata. Nasceva la scrittura ma solo per registrare minuziosamente le derrate alimentari (orzo) e gli animali d'allevamento (caprovini) che entravano ed uscivano dai magazzini delle due grandi organizzazioni: l'agenzia templare (i sacerdoti) e l'agenzia palatina (il re e la sua corte). Tra queste due agenzie inizieranno lotte, fusioni, accordi, che passando tra i guelfi e i ghibellini del medioevo europeo arriveranno sino a noi con le feroci battaglie tra Chiesa e Stato, tra Papa e Imperatore o con le ipocrite e costose alleanze dei Concordati italiani. Vedi la “Teoria del Sole e della Luna” di parte guelfa (Innocenzo III) e la “Teoria dei due Soli” di parte ghibellina (Dante Alighieri). L'agenzia palatina e l'agenzia templare si identificavano come rappresentanti diretti del dio, il re addirittura come una sua incarnazione, non diversamente da come avviene oggi in Giappone, a distanza di 5000 anni, con il suo imperatore di presunta origine divina. Origine che non gli ha permesso di far evitare ai giapponesi Hiroshima, Nagasaki e Fukushima. Gli usurpatori che non potevano vantare una ascendenza di lignaggio con i re precedenti e quindi con il dio della città si inserivano nella sequenza ereditaria "legittima" con matrimoni arrangiati, l'uso delle armi, complotti, delitti, corruzione. Tutte pratiche che persistono fino ad oggi anche se le corti reali sono diminuite. Tutti giustamente le biasimiamo ma è necessario capirne l'origine storica e la loro millenaria strutturale persistenza nel tempo come "morale" di comportamento delle varie élite di potere. Queste élite si rigenerano cooptando quando necessario nuovi membri di altri strati sociali creati nel frattempo dalla divisione del lavoro o emersi dagli interstizi come la borghesia.

§2. La divisione del lavoro

Circa nel 3200 aC, iniziava l'"Antica Età del Bronzo" a cui gli scienziati fanno risalire la comparsa della divisione del lavoro. È questa la divisione tra lavoro intellettuale o simbolico e tra lavoro manuale o esecutivo, come tra gli scribi addetti alla scrittura/lettura e i contadini addetti alla produzione di cibo. La corte, i sacerdoti, gli scribi, gli artigiani importanti che lavoravano a tempo pieno per l'agenzia templare o palatina, vivevano nelle citta' fortificate, dove intorno ai vari templi ed ai palazzi del re si trovavano i grandi magazzini riempiti di beni di ogni tipo, alimentari e non. Il resto della popolazione, convinto con le buone e con le cattive che poteva godere della salvaguardia del dio a protezione del cibo, dei raccolti, della salute, viveva in villaggi sottoposti a tasse e tributi in beni ed in corvèe di lavoro. Le corvèe riguardavano la costruzioni di canali di irrigazione, di templi e palazzi, la raccolta dei cereali, e col tempo anche il dover combattere le guerre decise dal re, come soldati gli uomini e come vedove le donne. Tessevano la lana delle greggi del "dio" del tempio cui era dedicata la città-stato in laboratori-prigione dove donne schiave producevano le stoffe coi loro bambini, in cambio di una misera sopravvivenza. Alcune di esse erano "oblate del tempio", donate al tempio dalla comunità, non si sa quanto spontaneamente. I servi gravati di corvèe o gli schiavi che lavoravano la terra da un lato, le donne rinchiuse con i loro bambini in laboratori carcere dove tessevano la lana nelle prime città-stato, ricordano stranamente le condizioni che 5000 anni dopo caratterizzavano la prima rivoluzione industriale in Inghilterra: operaie donne e bambini europei nelle "moderne" fabbriche tessili, schiavi africani a seminare e raccogliere il cotone, servi sparsi nel mondo a lavorare nei latifondi della aristocrazia terriera, che si andava a fondere con qualche sussulto con la borghesia mercantile nei neonati stati-nazione.

§3. Lo stato e il sistema IEMP

Con il passare dei secoli diventa sempre maggiore il dislivello di potere nelle quattro reti IEMP tra la popolazione che stava alla base della gerarchia sociale e l'élite che ne occupava le posizioni dominanti. Aumentava il controllo razionale (burocratico) e l'interconnessione di queste reti rendendole molto più efficaci ed efficienti nella produzione agricola e artigiana, nella guerra, nella organizzazione politica, nella manipolazione culturale, insomma nella estrazione di risorse dall'ambiente e nel controllo degli esseri umani addetti a questa estrazione (oggi in primis gli scienziati). Le principali risorse economiche da "organizzare" erano le terre da coltivare e gli animali da allevare; beni naturali come acqua, legname, minerali, pietre rare; gli schiavi ed i servi per lavorare terre, animali, beni naturali. L'intera natura e gli altri esseri umani diventavano una macchina produttiva dedicata agli "dei". La gerarchia si estende come modo di relazione dalla sfera ideologica e politico-militare a quella economica. Le popolazioni sottomesse pagano tributi e mandano schiavi a lavorare le terre dei vincitori o a pascolare le loro greggi. Sempre più il lavoro diventa lavoro comandato, lavoro coatto, spesso lavoro di schiavi. Aumentava l'aggressività predatoria e distruttiva da parte di queste élite assieme alla loro forza organizzativa politica, alla loro potenza militare, al loro raggio di espansione economica e mercantile, alla loro capacità di manipolazione culturale e simbolica. L'elite che dirigeva la burocrazia statale agiva contemporaneamente sulle reti del potere politico-militare (le decisioni sul territorio e sui rapporti con le popolazioni confinanti, l'esercizio della giustizia, le guardie del tempio e del palazzo), del potere ideologico (il culto del dio principale e delle altre divinità cittadine), del potere economico (la gestione della agricoltura irrigata estensiva, dell'allevamento estensivo, del commercio amministrato dal tempio e dal palazzo).

§4. La redistribuzione della produzione sociale e lo sfruttamento del lavoro

Tutte cose meravigliose diranno alcuni! Sì, ma conviene chiedersi CHI e QUANTI ne potessero godere, di tempo libero, cure mediche, cultura, agi e passatempi, cibi sani e raffinati, case confortevoli e sicure, giardini pensili e templi mai visti prima. Le ricchezze prodotte venivano redistribuite solo parzialmente e solo occasionalmente tra l'élite, le sue propaggini cittadine e gli strati inferiori che vivevano nei villaggi circumvicini. Molti studiosi si beano nel descrivere lo stile di vita raffinato, gli agi, la modernità, durati per millenni nel regno dei vari faraoni. Ma spesso omettono che tutto questo era riservato a pochissimi privilegiati. Oggi queste differenze sono parzialmente misurate con il coefficiente di Gini, perchè ogni bene o servizio ha un valore monetario ben definito. Di certo è impossibile giudicare da un punto di vista neutrale, se dal punto di vista del faraone e della sua corte o dal punto di vista dei contadini che coltivavano le terre del faraone e delle varie agenzie templari. L'unico criterio condiviso, metro di giudizio e punto di partenza di ogni discussione tra uomini di buona volontà, sono i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare come retaggio di queste scelte e della scia di sangue e dolore che queste scelte hanno comportato. L'altra faccia di una produzione mirata ai consumi vistosi delle élite è lo sfruttamento del lavoro umano impiegato in questa produzione (il consumismo come lo conosciamo oggi è una estensione alle masse del consumo vistoso riservato anticamente alle élites. È stato realizzato dal capitalismo e dimostra che i modelli di vita delle élites arrivano agli strati loro sottoposti). Lo sfruttamento del lavoro va misurato in primis sul grado di autonomia del lavoratore nel gestire la propria attività, dalla sua conoscenza degli obiettivi e del funzionamento dell'organizzazione per la quale lavora, dalla sua condivisione e partecipazione a questi obiettivi. È questa condizione che determina in seconda istanza il suo potere di contrattazione e quindi tutti i "benefit" materiali e culturali che vanno al di là della sua pura sopravvivenza. Misurare questi benefit come valore economico è impossibile, oltre che sbagliato perchè sono processi dinamici di interazione simbolica. Le teorie marxiane sullo sfruttamento come valore economico, basate sulle teorie del valore-lavoro di Ricardo, sono generalmente considerate errate. E sono inapplicabili ai casi limite dello schiavo o dell'artista-artigiano o dello scienziato. Hanno lasciato aperta la pericolosa teoria che una "equa" redistribuzione del surplus potesse risolvere e annullare la relazione di dominio su cui sono costruite le società statalizzate, imperiali, capitalistiche. La redistribuzione non risolve la causa che genera le differenze di potere economico, politico, culturale, cioè la disuguaglianza sociale basata sul principio gerarchico. I lavoratori organizzati dalle élite non hanno mai avuto la possibilità di intervenire sulle lavorazioni nocive per loro e per la natura. Già 5000 anni fa, mentre nei piccoli campi allagati delle comunità di villaggio la produzione continuava senza problemi, nelle terre organizzate a campo lungo dell'Agenzia Templare nella Bassa Mesopotamia, dopo alcuni secoli di irrigazione intensiva con canali, la salinizzazione dei suoli creava una crisi a causa dei rendimenti decrescenti nella produttività agricola. Ma questo non fermava lo sviluppo endogeno delle città-stato diventate nel frattempo un vero e proprio sistema regionale. Nel 2300 aC nasceva in Mesopotamia il primo "impero del pianeta" che ristrutturava questo sistema con Sargon di Akkad. Nasceva uno stato in grado di controllare, sottomettere, distruggere e terrorizzare altre città-stato e villaggi nel raggio di centinaia di km, grazie ad un esercito permanente di 5000 uomini. La principale scoperta di Sargon fu la deterrenza terroristica, la capacità cioè di minacciare di ritorsione violenta e letale chiunque si fosse opposto al suo volere. La storia prendeva la piega che oggi ben conosciamo e che oggi ci sembra "naturale". La cultura, detta di 'Ubaid, immediatamente precedente a quella della prima città-stato, Uruk, era invece totalmente egalitaria e pacifica. E sicuramente più ricca se si considera questa "ideologia" egalitaria e pacifica una ricchezza indistruttibile.

§ 6 Imperi

§1. Il primo impero di Sargon di Akkad

Nel 2300 aC con l'impero di Sargon di Akkad in Mesopotamia iniziano processi storici nuovi per l'umanità. Il primo impero nasce nella stessa area delle prime città-stato, Sumer. Anzi nasce ai suoi limiti, in una zona di frontiera, dove Sargon era un Signore della Marca, di origine semita e non sumerica. Gli storici non sanno esattamente da dove venissero i Sumeri, di certo sembra che non fossero semiti. Sargon aveva sviluppato una terribile esperienza militare e politica, proprio perchè si trovava ai confini della ricca regione di Sumer con le sue vie commerciali, la ricchezza della sua agricoltura irrigua, i beni preziosi e meravigliosamente nuovi accumulati dalle élite delle varie città-stato. Alla prevalenza della attività religiosa ed economica centrata sul tempio del dio della città e sulle terre irrigate gestite dal tempio, si passa decisamente alla prevalenza della monarchia, dell'agenzia palatina, delle attività logistico-militari e diplomatico-geopolitiche. Il re di Akkad, che nel frattempo diventa "proprietario" di 2300 ettari di terreno a Marad nella Mesopotamia centrale (oggi Elisabetta II di Inghilterra, erede del defunto impero britannico, è ancora il proprietario legale di 6.6 miliardi di acri, secondo il giornale inglese "The New Statesman" del 10 marzo 2011, corrispondenti a circa 2.5 mld di ettari), controlla militarmente il territorio delle varie città-stato sottomesse, per un raggio di centinaia di kilometri, con una efficienza logistica mai vista prima. Minaccia di distruzione fisica chiunque si ribelli, crea una rete geopolitica di re-clienti-fantocci nelle varie città-stato sottomesse, interviene nelle complicate religioni locali (ogni città stato aveva il suo dio ed i suoi culti) cercando di uniformarle in un culto unificato che sfocerà nella contestata autodivinizzazione di suo nipote Naram-Sin. Ad esempio Sargon invia sua figlia Enkheduanna nella sumerica Ur come sacerdotessa della divinità cittadina, mentre invita una sacerdotessa sumera nel tempio di Ishtar ad Akkad (eccezioni imperiali al monopolio maschile del sacro, anche se in tutta l'antichità è presente un filone secondario di serventi sacre o vestali). Estende il dominio sulle rotte commerciali controllate dalle città di Ebla a nord e dalla confederazione di Elam a Est, con 34 spedizioni militari vittoriose, nel tentativo di far coincidere la sfera commerciale con quella politica e militare arrivando direttamente alle fonti delle materie prime senza sottostare alle reti di intermediazione politico militari locali.

§2. Le caratteristiche fondamentali di un impero

Nasce il primo impero della storia con caratteristiche militari, geopolitiche, economiche, religiose che possiamo ritrovare in vari miscugli negli imperi che seguiranno. Queste caratteristiche sono:

  1. la pacificazione militare e geopolitica del territorio e delle vie commerciali,
  2. l'incremento delle spese militari (o keynesismo militare),
  3. il controllo centralizzato dell'economia tramite fissazione dei prezzi e dei valori di scambio,
  4. un maggiore sfruttamento del lavoro (tramite la schiavitù, la servitù della gleba, il lavoro ad ingaggio),
  5. la diffusione autoritaria di una cultura, lingua e scrittura comuni.

È una struttura che comprende altre strutture al suo interno: città, stati, confederazioni, reti commerciali, miniere, risorse naturali come foreste e pascoli, vie logistiche di terra e di mare, centri di produzione culturale e religiosa. Circa lo sfruttamento del lavoro umano si è modificato nel corso dei secoli soprattutto dopo la prima rivoluzione industriale. La questione della proprietà dei mezzi di produzione è secondaria rispetto alla condizione primaria che si tratti di lavoro libero o di lavoro coatto. Per esempio nell'ex impero sovietico la proprietà formale statale (collettiva) dei mezzi di produzione non evitava ai lavoratori di dover accettare senza condizioni il lavoro che lo stato gli assegnava, nelle località che lo stato gli assegnava, nelle modalità previste dalla élite. Vi erano inoltre campi di lavoro forzato come i Gulag con milioni di detenuti. Per questo nel caso della ex URSS si può parlare di sfruttamento del lavoro come uno degli elementi del suo status imperiale.

§3. Dopo Sargon

Nel Vicino Oriente dal 2300 aC al 500 aC, quando il persiano Ciro II unifica il Vicino Oriente, e' tutto un susseguirsi di imperi e di guerre feroci che svenano sia le popolazioni che conquistano che quelle che vengono conquistate, per prendere possesso di vie commerciali e zone strategiche, di schiavi da impiegare nelle terre regie o templari, di manodopera per la costruzione di nuove capitali, di nuovi templi e palazzi, di canali e strade. Tra i piu' feroci e determinati ricordiamo gli Assiri che facevano un uso terroristico delle loro campagne militari e che ricevevano gli ambasciatori in una sala sui cui muri erano raffigurate tutte le atrocita' da loro compiute sui popoli vinti. Ma la conquista esterna di paesi, risorse umane e naturali, li distrae da una gestione oculata del loro stesso paese. Così all'improvviso collassano lasciando libera la strada a Ciro il grande. Circa 2000 anni di costruzione di una cultura imperiale che si diffonde. La nuova configurazione storica denominata "impero" è un fenomeno emergente sulle reti di città-stato costituite come un "sistema", una proprietà assolutamente "nuova", un modello capace poi di influenzare e determinare l'intero corso storico, nel bene e nel male. D'ora in avanti saranno gli imperi a definire l'agenda dei fatti storici, grazie alla loro capacita' di manipolare, influenzare e distruggere le altre popolazioni e le loro reti ideologiche, militari, economiche, politiche (IEMP). Gli imperi creano al loro interno un processo di omologazione culturale e standardizzazione politica; verso l'esterno di conflitto e di contemporanea assimilazione e scambio. Così è stato ad esempio il rapporto tra impero romano e barbari ai confini. Nella relazione con questo centro imperiale le tribù confederate dei "barbari"che si trovano ai suoi confini, nelle marche di frontiera, assimilano le tecniche di combattimento e scambiano prodotti sui mercati dove i vincitori vendono il loro bottino di guerra, conoscono nuove ideologie e nuove istituzioni politiche come quelle delle città-stato. Si "statalizzano" creando regni "barbarici" originali e diversi che mantengono parte della cultura tribale. In sostanza si innesca una spirale di violenza, di conquista e di crescita della capacità di dominio che porta alla formazione di nuovi stati e nuovi imperi, la' dove prima vivevano tribu' e confederazioni di tribù. La guerra come pratica costante con le sue deportazioni di schiavi, la distruzione di raccolti e villaggi, le conseguenti epidemie, lo stupro di massa, l'impalatura dei prigionieri, nasce come ombra inquietante assieme alla civilta' dei grandi monumenti, dei templi, delle citta', della scrittura, del consumo vistoso delle élite cittadine. La colonna di Traiano che esalta le conquiste dell'impero romano ed è ammirata da milioni di turisti e dalle scolaresche in gita all'inizio dei Fori Imperiali, è una raffigurazione di atrocità e di teste mozzate. I grandi imperi sono molto diversi tra loro come ogni situazione nella storia. Ma tutti si appoggiano ad un apparato militare che e' la loro fondamentale costruzione organizzativa e culturale.

§4. I collassi degli imperi

Quando il loro nucleo centrale perde vitalità, capacità economica-culturale-tecnologica, quando il popolo, la élite, le classi medie cittadine perdono ogni fiducia nei loro destini imperiali e "non ci credono piu'", vengono assediati e poi sommersi dai loro circumvicini, i "barbari", che nel frattempo hanno assimilato parte della loro cultura e il meglio delle loro tecniche di combattimento. Oppure gli imperi collassano e si frammentano in tutte le etnie che prima tenevano unite con la forza militare; come è successo di recente nella ex Jugoslavia o nella ex URSS, sconvolgendo la vita quotidiana di milioni di esseri umani, perchè l'impero con i suoi magri sussidi era purtuttavia anche la fonte della loro sopravvivenza. Per avere un quadro della importanza degli imperi nella storia vediamo una sequenza di grandi imperi, finiti tutti in vario modo. Dopo l'inizio mesopotamico sono quasi tutti indoeuropei: impero persiano (indoeuropeo), imperi romano e bizantino (indoeuropei), il sacro romano impero nel Medioevo (indoeuropeo), impero cinese (Han), impero ottomano (turco), impero spagnolo e sacro romano impero (CarloV, 1500 dC circa, indoeuropeo), impero olandese (1600 dC, indoeuropeo), impero britannico (il piu' grande, 1700 dC, indoeuropeo), quello francese, germanico, austro-ungarico, zarista; infine l'impero russo neozarista di Stalin collassato nel 1991 con Gorbachev. Ed infine quello americano affermatosi come leader egemonico dopo la II guerra mondiale e l'ultimo ed unico impero sopravvissuto. Un impero che controlla il continente americano, l'Europa occidentale, l'Asia dal Giappone alle Filippine. In tutti questi continenti mantiene le sue enormi basi militari che avvolgono come una rete logistica l'intero pianeta. Si applicano agli Stati Uniti le 5 caratteristiche elencate poco sopra a proposito dell'Impero di Sargon di Akkad. L'ideologia imperiale americana si basa su due punti, "democrazia e libero mercato", una democrazia governata da due partiti controllati dalle lobbies economiche e un tipo di mercato controllato dalle stesse lobbies che controllano i partiti. Non posso trattenermi dall'esprimere la mia meraviglia: una bella sfilata di potenze, e di guerre, e di conquiste sanguinose con cui si fa coincidere la "storia", che dite? Una storia di battaglie e conflitti con qualche sprazzo di cultura, di arte, di tecnologia, molto ben valorizzati mentre la sporca realtà viene sfocata sullo sfondo fino ad essere fatta scomparire dai mezzi di comunicazione di massa. Configurazioni storiche che hanno lasciato palazzi, romanzi, stoffe, personaggi coi baffi o regine premurose e romantiche, tutti i più raffinati oggetti per l'arredamento, l'architettura, la vita quotidiana, ma anche disastri planetari, la tratta degli schiavi africani, carestie dovute alle guerre con il loro seguito di pestilenze, malattie, sparizione di risorse umane ed ambientali, e poi per finire la distruzione di quasi tutte le culture umane preesistenti (il termine storico asettico è “deculturazione” ). Era storicamente "necessario" tutto ciò? Chi farà un bilancio realistico di tutte le imprese di “lor signori”?

§5. L'affermazione della cultura imperiale europea

Con la conquista delle Americhe verso il 1500 dC e la nascita dell'impero spagnolo inizia la diffusione planetaria degli imperi indoeuropei la cui civilizzazione si estende ora a tutti i continenti tramite la globalizzazione. Gli imperi orientali, cinese, moghul, ottomano, non tengono testa alla determinazione degli europei e alla fine soccombono. I giapponesi adottano questa civilizzazione europea "spontaneamente" copiandola nel 1866-1869, con la rivoluzione Meiji. I cinesi vengono piegati con le guerre dell'oppio a metà del 1800. L'India viene assorbita nell'impero britannico che ne distrugge l'economia. Perchè "vincono" gli europei che riescono ad imporre a tutto il mondo il loro modello di civilizzazione? La risposta di uno storico (Michael Mann) e' questa: vincono perche' hanno acquisito una incredibile esperienza bellica e militare facendo il piu' gran numero di guerre, tra di loro tutti e contro tutti gli altri. In termini precisi hanno costruito una "cultura da guerriero" ("a warrior culture"). Non e' dipeso da una superiorita' organizzativa, di armi, o di tecnologia, o peggio di razza, ma da un processo ciclico di guerre che generano guerre, di violenza che genera violenza e che alla fine genera una ideologia della violenza, dando come Max Weber al fattore I (Ideologia) la sua giusta rilevanza. Le ideologie proposte da Thomas Hobbes con "la guerra di tutti contro tutti", e da Niccolò Machiavelli con un principe guerriero, sono il puro rispecchiamento acritico di questa cultura. Teniamo però presente che la configurazione storica "impero", apparsa per la prima volta con Sargon di Akkad, è complessa, riunisce stati diversi, si articola su vasti territori, esplora vie di penetrazione commerciale per approvvigionarsi di risorse o di beni di lusso per le proprie élite e per le proprie masse cittadine, crea alleanze con i popoli di confine, piazza nei punti strategici i suoi "Signori delle Marche di Frontiera" (Marchers' Lords, quelli che nel Medioevo europeo saranno i "marchesi"), terrorizza le popolazioni limitrofe per tenerle a bada o per saggiare la loro resistenza, soprattutto è una configurazione sempre diversa nel corso della storia. Saranno poi sempre i “Signori delle Marche”, i più esperti nella guerra, a fondare nuovi imperi come Gengis Khan, la Spagna, l'Inghilterra, ed in tempi moderni l'URSS e gli USA. L'impero si diffonde per imitazione e per reazione. Nel seguito vediamo l'impero romano e quello bizantino, tra i più importanti e interessanti, veri e propri "laboratori di sociologia", tra i più terribili (al di là delle celebrazioni che la cultura ufficiale gli tributa insegnando in modo acritico i fasti della guerra nelle scuole elementari), e punto di passaggio tra la prima fase degli stati e degli imperi centrata nel Vicino Oriente e la seconda fase più propriamente europea ed occidentale.

§ 7 Gli imperi romano e bizantino

§1. I due imperi

Entrambi sono reti complesse di potere che hanno determinato la storia dell'Occidente e poi dell'intero pianeta. Due grandi imperi nati dallo stesso ceppo che sarebbe arbitrario studiare separatamente. Qui vengono analizzati per studiare due modi diversi di affrontare una crisi fatale. L'impero romano occidentale inizia subito la crisi dei rendimenti decrescenti della sua "economia delle legioni" fino alla caduta formale alla fine del V secolo. Questa caduta vede sorgere una costellazione di stati germanici "barbari" che ne riempiono il vuoto fino ai vari tentativi di ricostruzione unitaria con il sacro romano impero. L'opera di Dante Alighieri testimonia questa vitalità culturale dell'antico impero latino, mitizzato da poeti, letterati, storiografi. Quando l'impero bizantino orientale tramonta definitivamente, travolto dall'impero turco, l'occidente ha generato le sue grandi monarchie nazionali, che diverranno poi gli imperi di Spagna, Portogallo, Francia, Olanda, Inghilterra, ed è già pronto all'espansione geografica, alla scoperta delle Americhe, alla colonizzazione del pianeta. Elemento di unione/disunione e di continuità tra le due sfere geopolitiche greca e latina ad oriente ed occidente è la religione cristiana. Le due chiese cristiane ad est e ad ovest sono divise solo da una questione di potere reciproco. E da due modi diversi di rapportarsi tra Chiesa e Stato (ortodossa in un caso, cattolica nell'altro; bizantino in un caso, franco-germanico nell'altro). L' impero romano prima, quello bizantino poi, adottano due modi diversi di gestire il pericolo di sparire come struttura di dominio, come grande impero durato per secoli.

§2. L'impero romano

Uso l'impero romano per fare comparazioni con gli imperi attuali. Nei primi tempi, dalle origini sino ad Augusto (I secolo dC), i territori e le popolazioni conquistati dai romani erano fonte di grandi ricchezze. Gli alti ritorni in tasse, bottini di guerra, tributi e schiavi venivano parzialmente reinvestiti in un maggiore rafforzamento dell'apparato militare e nella costruzione di una élite locale cointeressata, partecipe, alleata, culturalmente assimilata tramite la lingua latina o greca, come i sadducei ad Israele un rappresentante dei quali era quel Paolo di Tarso che abbiamo visto in precedenza. L'esercito romano con le sue legioni dislocate alla periferia e nel centro dell'impero costituiva di per sè un sistema economico imponente, "l'economia delle legioni". Questo sistema nasce dalla disgregazione della piccola proprietà contadina a vantaggio di proprietari più grandi cui i Gracchi avevano tentato di reagire con le riforme. Questi contadini nullatenenti riempiono le città e Roma in particolare costituendo il “proletariato”, massa di manovra politica importante per leader ambiziosi o gruppi di potere. Con la sua riforma militare Mario li assolda facendoli entrare nelle legioni in cambio di paga e di terre dei popoli conquistati. I nuovi legionari (i "muli" di Mario) costruivano strade, ponti, fortificazioni, accampamenti forniti di mercati che gradualmente diventeranno nuove città. Questo permetteva nuove conquiste e quindi nuovi investimenti nell'apparato militare in un processo circolare di accrescimento continuo (keynesismo militare). Ma ogni nuovo territorio conquistato doveva essere poi amministrato e difeso, aumentando in modo significativo tutti i costi dell'apparato militare, della complessa rete logistica, dell'apparato amministrativo-burocratico, dello strato locale di alleati. L'impero all'epoca di Cesare aveva raggiunto i limiti dell' oceano atlantico, del Reno e del Danubio, del Sahara a sud. Ad Est lo ferma l'impero persiano che distruggerà Crasso e le sue legioni (Cesare si riprometteva di conquistarlo, per aprirsi la via della seta, poco prima dell'attentato alle idi di marzo che forse ha salvato i persiani da una fine simile a quella subita dai Galli). Con Augusto termina la fase espansiva. Negli anni di Nerone le risorse provenienti dalla tassazione dei surplus agricoli erano appena sufficienti a coprire le normali spese di mantenimento del governo dell'impero, dell'esercito in primis, che ormai era un esercito mercenario a carico dello stato, mentre fino a Mario ogni "centuria" doveva equipaggiarsi in proprio secondo criteri di ricchezza (da qui nasce il termine "classis" da cui "classe" di censo, deformato poi in "classi" sociali). Eventi eccezionali ma frequenti come le guerre venivano finanziati attraverso un deprezzamento della moneta, una prassi che divenne sempre più frequente. La crisi si manifestò in tutta la sua gravità nella seconda metà del III secolo, in particolare dal 230 al 284 dC. L'impero fu attraversato da guerre civili e da numerosi complotti politici. Molte città e territori di frontiera furono saccheggiati e devastati. La risposta dell'impero fu il raddoppiamento delle dimensioni dell'esercito e soprattutto lo sviluppo abnorme della complessità dell'apparato burocratico-militare. L'esercito romano arriverà a contare una forza permanente di 680.000 uomini, armati, addestrati, ricompensati in denaro e terre. Per far ciò furono aumentate le tasse sotto Diocleziano e Costantino, e furono introdotte nuove forme di lavoro forzato. Ciascun villaggio era responsabile del proprio carico fiscale e in caso di inadempienza i villaggi vicini erano chiamati a sopperire. Schiacciati dalla tassazione i contadini giunsero ad abbandonare le terre, o a rifugiarsi sotto la protezione di signori locali. Si innescava così un processo circolare negativo tra riduzione delle entrate e inasprimento della tassazione. Iniziavano la feudalizzazione e la decentralizzazione di una unità di dominio, di una configurazione, l'impero, ormai incapace di autosostenersi e di difendere frontiere sempre più estese e permeabili. Attorno al 400 dC la maggior parte delle terre della Gallia e dell'Italia era sotto il possesso di solo 20 famiglie senatoriali. Le premesse per il collasso militare del V secolo erano già tutte presenti. Quando mancarono le risorse finanziarie per sostenere l'esercito mercenario (introdotto da Mario con la sua riforma di alcuni secoli prima), le invasioni barbariche segnarono la fine del sistema. La soluzione tentata e fallita nell'impero romano ancora indiviso fu dunque una manovra di maggior controllo burocratico ed amministrativo, di una maggiore complessità della macchina statale, di un forte inasprimento fiscale, di un raddoppiamento delle dimensioni dell'esercito. Una soluzione che ricalcava i modelli consueti esasperandoli. Queste misure che forse in altre condizioni storiche avrebbero potuto funzionare servirono invece a rendere più veloce il tracollo. Il prelievo di nuove risorse distruggeva le fonti stesse di queste risorse, semplicemente perchè il sistema non poteva più espandersi geograficamente. L'élite al potere si era formata nella logica predatoria ed estensiva della conquista di nuovi territori e di nuove popolazioni da sfruttare e da assimilare, una logica che aveva sempre funzionato fino ad allora, e quindi non poteva avere la consapevolezza che questa crisi profonda avrebbe trascinato l'impero di Occidente alla rovina.

§3. La transizione di Costantino

Costantino che proveniva dalla Britannia ai confini dell'impero ebbe forse l'intuizione graduale di dover passare da uno sviluppo estensivo di predazione militare ad uno intensivo di sviluppo culturale, mercantile, artigianale, religioso e spirituale, di allargamento delle basi sociali dell'impero, di sviluppo di nuovi centri urbani. Naturalmente sempre dentro una forte cornice concettuale basata sulla tradizione dell'impero romano, della sua forza militare letale, del suo diritto al dominio politico, ma attento e pronto a riequilibrare le reti militari e politiche (la M e la P di IEMP) con le reti economiche e religiose (la E e la I di IEMP), con la vitalizzazione delle grandi reti commerciali e produttivo-artigianali del vicino Oriente e la "scoperta" della religione cristiana che su quelle reti aveva viaggiato. Costantino non aveva pietà con i nemici e cercava un dio che lo aiutasse sui campi di battaglia. Scelse come appoggio i cristiani, presenti soprattutto nelle città, tra gli artigiani, negli interstizi più vitali della società del tempo. I cristiani avevano un network di chiese (comunità) diffuso dentro e fuori l'impero e capace di comunicazione attraverso tutte le vie mercantili e militari, attraverso i media del tempo e in gran parte delle varie lingue, a partire dal greco. L'appoggio di Costantino alle "sette" cristiane fu tale da trasformarle in religione di stato e di proibire nel tempo ogni altra forma di culto prima consentita nel vasto impero che assemblava lingue, popoli, dei e tradizioni diverse. Nasceva una chiesa monopolistica che vietava ogni altra espressione spirituale. Costantino, di cui si dubita si fosse mai convertito, non era certo un teologo ma stabiliva i concili e gli articoli di fede. Si trasferì quindi in Oriente costruendo la nuova capitale, una prassi abbastanza consueta tra re e imperatori di ogni tempo e paese. Nasceva l'impero di Oriente con un destino assai diverso da quello dell'impero di Occidente. Costantino aveva di fatto agito contemporaneaneamente sulle quattro reti sociali IEMP. Questo spiega la ragione del suo successo. Questa svolta fu di estrema importanza per la sopravvivenza del "sistema greco-romano" e della sua "civilizzazione".

§4. L'impero di Bisanzio

L'impero di Bisanzio sopravvisse alla crisi del V secolo e, ad occidente, aiutò la nascita di Venezia che secoli dopo, con i genovesi, "inventò" il primo capitalismo. La strategia bizantina dopo il V secolo si può sintetizzare in poche parole: "semplificazione sistematica e decentramento", una risposta sinceramente inconsueta nella storia delle società complesse. Una strategia opposta a quella degli imperatori romani fino a Diocleziano compreso. Nell'impero bizantino nel VI secolo le paghe dei militari furono ridotte alla metà e poi ancora alla metà della metà nel VII secolo. Dopo la guerra con i Persiani (sempre loro), che durò 26 anni e lasciò l'impero esausto, venne deciso di lasciare le terre in affidamento ereditario a liberi soldati-contadini (soldier peasantry) che si riorganizzarono secondo un modello fondato su piccoli feudi autosufficienti. In questo modo, nonostante le entrate si fossero drasticamente ridotte, anche a causa della riduzione della popolazione decimata dalle pestilenze, fu possibile evitare un inasprimento delle tasse, legando i soldati-contadini al proprio territorio, lo stesso territorio che avrebbero dovuto difendere. L'amministrazione centrale e quelle locali furono pure drasticamente semplificate. Riducendo i costi dell'apparato militare e di governo, i bizantini si assicurarono migliori ritorni sul loro investimento più importante, l'esercito. Dopo una lunga crisi e guerre estenuanti, già nello VIII secolo Bisanzio ristabilì il proprio controllo sulla Grecia e sui Balcani meridionali e nello XI secolo estendeva nuovamente i suoi confini sino al Danubio. Sarebbe azzardato sostenere che l'impero bizantino possa costituire un esempio di governo fondato sull'autonomia dal basso, tuttavia non vi è dubbio che la risposta alla crisi di Bisanzio è stata una risposta maggiormente resiliente (resistente agli choc ambientali) e più efficace nel tempo rispetto a quella di Roma. Le vicende successive dei due imperi, nati entrambi dallo stesso ceppo del "grande" impero romano proprio nel momento in cui esso si fondeva con la nascente comunità delle chiese cristiane, furono complesse ed alterne. Alla crisi dell'impero di occidente, frantumato nei vari regni barbarici, corrispose fino allo 800 dC la ripresa dell'impero di oriente, più robusto e compatto economicamente, politicamente, militarmente, ideologicamente (oltre alla ideologia religiosa aveva rafforzato l'ideologia morale con un enorme apparato di leggi codificate da Giustiniano). Aveva inoltre un legame stretto e autoritario con le chiese cristiane orientali. Questo rapporto tra Chiesa e Stato, iniziato dallo stesso Costantino, si definisce "cesaropapismo" e significa che Cesare (l'imperatore) è superiore gerarchicamente al papa o al "patriarca" che dirige la chiesa. L'unico esempio occidentale di cesaropapismo formalizzato è la chiesa anglicana inglese capeggiata ufficialmente dal re. Ad occidente invece la chiesa cattolica, che in greco significa universale (almeno nelle intenzioni), priva di un partner regale con una struttura statale come quella di Bisanzio, aveva dall'inizio con Ambrogio da Milano una grande autonomia, tale che nel seguito nessun re o imperatore poteva ritenersi legittimato finchè non veniva consacrato dal vescovo di Roma.

§5. La IV Crociata

Con la ripresa economica, politica e culturale dell'occidente europeo dopo il 1000 dC, è la volta dei cristiani cattolici, guidati dal vescovo di Roma, a rivolgersi ad Oriente con le Crociate. Con la Quarta Crociata organizzata con le navi veneziane nel 1200 viene messa a ferro e fuoco Bisanzio. Vengono colpiti i "fratelli" cristiani anziché gli "infedeli" islamici in quella che veniva chiamata "Terrasanta". Ma già prima nel 1054 dC era iniziato il Grande Scisma o scisma di oriente, senza particolari motivi religiosi ma solo per la pretesa del vescovo di Roma di comandare su tutte le chiese e comunità cristiane come unico rappresentante di Cristo. Durante il saccheggio, mentre i veneziani si concentravano su quelle cose che avevano un grande valore, i francesi arraffavano tutto quello che luccicava e si fermavano solo per ammazzare e violentare. Le cantine vennero depredate, i quasi cinquemila palazzi della città, che secondo le fonti custodivano i due terzi di tutte le proprietà mondiali accumulate fino ad allora, furono vandalicamente saccheggiati e dati alle fiamme. La città era piena di soldataglia avvinazzata che trucidava chiunque trovasse lungo il cammino. Gli indifesi cittadini venivano torturati perché rivelassero dove avevano nascosto i loro valori. I conventi vennero presi d'assalto, le monache stuprate, uccisi e torturati i monaci, molti vescovi e metropoliti e molti nobili e notabili bizantini furono incarcerati e altri assassinati. Vecchi, donne e bambini giacevano in pozze di sangue per le strade, già morti o morenti. L'impero bizantino dopo la breve vita dell'impero latino di oriente rinasce dopo la IV crociata e tramonta più tardi nel 1453 conquistato definitivamente dai turchi ottomani. Lascia parte della sua eredità culturale, come le tradizioni della chiesa ortodossa e la pratica del cesaropapismo, al nascente impero russo degli zar.

§6. L'eredità di latini e bizantini

La scelta di Costantino prolungò di altri mille anni ad Oriente l'impero romano, permise la costituzione delle grandi monarchie occidentali e del substrato IEMP per le future civilizzazioni europee. Di questo substrato fanno parte l'elaborazione politica e militare dei principi della repubblica romana e del suo impero, del suo apparato giuridico raccolto da Giustiniano (ideologia morale codificata); l'elaborazione teorica del cristianesimo con la fusione delle tradizioni mesopotamiche, confluite nella Bibbia, e di quelle messianiche ebree di Gesù di Nazareth, con alcune correnti della filosofia greca (sono esclusi da questo processo culturale le tradizioni di sofisti, epicurei e atomisti, cinici, stoici, nonché dei misteri dionisiaci); lo sviluppo del mercantilismo su lunghe distanze basato su un avanzato sistema monetario internazionale da parte di Genova e Venezia, Milano e Firenze. Nel 600 d.C. in alcuni centri delle rotte commerciali arabe il cristianesimo influenza in modo determinante assieme all'ebraismo la nascita dell'Islam che costruirà un enorme intreccio IEMP "islamico" avente il suo centro focale nella religione. Sarà poi una espressione imperiale dell'Islam ad abbattere nel 1453 l'impero bizantino (nel 2000 gli USA e la Russia di Putin sono lì che affrontano ancora questo enorme sottosistema IEMP islamico nel quale prevale la componente ideologico-religiosa su quella economica). Se questi imperi avessero riconosciuto come sistemi cooperativi le comuni fibre IEMP che li univano avrebbero evitato una storia di saccheggi, violenza e ipocrisia durata millenni.

§ 8 Imperi moderni

§1. Differenze tra russi e americani

Gli imperi hanno avuto nel corso del tempo l'indubbia capacità di determinare in larga misura il corso degli eventi storici. Nonostante la loro immensa diversità nel tempo e nello spazio. Poi uno dopo l'altro sono crollati. Consideriamo gli ultimi due, l'impero sovietico riedizione dell'impero zarista (ex URSS) e l'impero americano (USA). Dalla conclusione della II guerra mondiale in poi ed ancora prima, dal tempo degli accordi di Yalta, queste due enormi concentrazioni di potere IEMP hanno dominato la scena mondiale e l'immaginario collettivo. Come gli imperi mesopotamici entrambi sono dotati della loro agenzia templare, un mix moderno di religione e morale, filosofia politica, cultura scientifica. Quella americana è un mix di fondamentalismo protestante, cultura accademica finanziata dalle multinazionali e dalla Fondazione Rockfeller, di pervasiva propaganda hollywoodiana della "american way of life" (pagata con i biglietti di ingresso al cinema o gli abbonamenti televisivi); quella russa era costituita da una ideologia dogmatica marxista-leninista erede della tradizione filosofica europea, da una sotterranea corrente imperiale panslavista (sembra condivisa dallo stesso Lenin), e da una ricerca scientifica in profonda distonia con le categorie astratte e cristallizzate della suddetta ideologia. Mentre gli americani sviluppavano in modo sperimentale scienze umane come l'economia (in primis), il management e la psicologia, i russi potevano ottenere qualche successo solo nelle scienze fisiche e matematiche ma con il grave problema di avere in Sacharov, padre del nucleare russo, un eminente oppositore politico. Nessuno più credeva nella ideologia ufficiale. Da questo derivava la debolezza intrinseca della componente ideologia/cultura sovietica e quindi la debolezza complessiva del suo sistema IEMP. Facciamo ora un confronto tra l'agenzia palatina americana e quella russa. L'agenzia palatina americana, il palazzo, il centro del potere politico-militare, è costituita da una élite fluida e dinamica che scambia al proprio interno i maggiori rappresentanti della politica statale e federale, dell'economia, dell'apparato militare. Questa élite è stata studiata in modo esemplare da un grande sociologo americano, Charles Wright Mills, nel suo libro "Le élite del potere", che analizza le interviste incrociate a 1000 rappresentanti di questa élite. L'élite sovietica invece era costruita in forma strettamente gerarchica con una piramide avente come vertice indiscusso il partito comunista. Una struttura dove il fattore economico, militare, ideologico-scientifico erano isolati tra loro e dipendenti in modo gerarchico da quello politico. A differenza dei russi i fattori EMP americani erano in relazione di scambio orizzontale tra loro e relativamente promiscui costituendo una rete a maglie più fitte e capace di adattarsi agli schock, come ad esempio subito dopo la sorpresa dei primi successi spaziali russi o dopo i segnali di crisi economica con la reaganomics. Abbiamo visto a grandi linee le differenti strutture IEMP dei due imperi secondo l'angolazione Tempio/Palazzo.

§2. La gestione della crisi

Vediamo ora la loro diversa risposta alla crisi globale causata in primis dalla stessa concorrenza IEMP tra questi due imperi. Al primo tentativo di riforma con Gorbacev la struttura fatiscente URSS, dopo un fallimentare tentativo imperiale in Afghanistan, implodeva su sè stessa soprattutto politicamente, con la crisi del partito e della federazione sovietica, con grande sorpresa degli analisti della CIA e degli innumerevoli studiosi ed accademici che si occupano di scienze sociali (le scienze sociali in questo ed in altri casi di estrema importanza, come la conquista del potere da parte di Khomeini in Iran nel 1979 o le rivolte arabe del 2011, si sono rivelate prive di ogni capacità predittiva). La fragilità e il crollo improvviso di un impero "moderno" come la ex URSS potrebbe essere un segnale importante della gravità della crisi che stiamo attraversando. Gorbachev ha tentato, prima del collasso fatale, di salvare il complesso IEMP russo sovietico con una “rivoluzione dall'alto", la “perestroika”. Rivoluzione fallita, come tutte le rivoluzioni, creando una miseria generale, la disintegrazione della rete scientifica russa (Ideologia), la disintegrazione della tessitura produttiva soggetta ora a mafie economiche che si combattono tra loro con una concorrenza di tipo criminale (Economia), la cristallizzazione del sistema politico irrigidito in un autoritarismo ostentato e armato di missili nucleari (Politico e Militare). In USA con Reagan si procedeva, dopo le prime avvisaglie della crisi che si presenta come "stagflazione" negli anni 1970, ad una profonda riforma del sistema capitalistico con il liberismo monetarista dei Chicago Boys e soprattutto con la "deregulation”, con il classico keynesismo militare imperiale (anche se lo scudo stellare non è andato in porto perchè irrealizzabile e inutile), con la spinta ideologica all'iperconsumismo o "edonismo reaganiano". La deregulation inglese e americana mirava a ridurre drasticamente la “burocrazia” (ricordiamo: inventata a Sumer in Mesopotamia 5000 anni prima), snellendo la linea di comando delle grandi imprese capitalistiche multinazionali con l'outsourcing (affidare i lavori meno importanti e qualificati ad altre imprese), la delocalizzazione (nei paesi a basso costo di manodopera e senza vincoli ambientali contro l'inquinamento), la ristrutturazione di una unica grande impresa in più aziende autonome con un loro budget (fine del fordismo/taylorismo), il taglio di rami secchi in deficit (come le miniere in UK), l'eliminazione delle categorie lavorative tecnologicamente obsolete con la loro espulsione dal mercato del lavoro (e la creazione di milioni di homeless). Ma anche questa “rivoluzione dall'alto” come la perestroika russa ha grandi difficoltà e non risolve il problema centrale della organizzazione economica perchè si appoggia a sistemi produttivi come quello cinese che applicano metodi capitalistici obsoleti come il fordismo-taylorismo, rigettati perchè inefficaci nell'occidente a capitalismo maturo (ed in Giappone). Infatti come all'epoca dell'impero romano le tribù "barbare" germaniche erano accettate dentro i confini per aiutare a difenderli, così oggi l'economia cinese è dentro l'economia americana di cui rifornisce i supermercati.

§3. L'egemonia americana, come è stata costruita

Il confronto USA/URSS finisce con la vittoria americana e si passa alla attuale "egemonia" USA. Per comprendere come si esplica oggi questa egemonia è necessario ripercorrere le tappe della politica americana dalla II guerra mondiale in poi. Questa capacità di controllare la vita di miliardi di esseri umani si basa su una avanzata tecnologia militare e su una estesa rete di basi diffuse nei luoghi strategici del pianeta. Gli USA nel corso della II guerra mondiale avevano costruito per primi la bomba atomica. Dopo la sconfitta militare dei nazisti e mentre i giapponesi trattavano la resa senza condizioni, due bombardieri americani sganciavano su Hiroshima e Nagasaki le prime terrificanti armi di sterminio di massa nucleare. La stessa logica distruttiva imperiale terroristica di Sargon di Akkad colpiva una popolazione inerme con la tutta la scienza e la tecnologia sviluppate nel corso di 4000 anni. Tra USA e URSS nasceva allora una gara nel costruire la massima potenza distruttiva, subito dopo la fine della più catastrofica guerra cui avesse assistito il pianeta. Nasceva il MAD ovvero la Mutua Distruzione Assicurata (in inglese: Mutual Assured Destruction). La logica MAD ("mad" in inglese significa "pazzo") consiste in questo: per convincere l'avversario della inutilità di infliggere un primo colpo totalmente distruttivo, bisogna costruire e tenere pronte all'uso armi nucleari automatiche a sufficienza per rispondere colpo su colpo, una, due, tre, dieci volte. Con questo russi e americani hanno accumulato un potenziale distruttivo capace di distruggere l'umanità decine di volte. Queste armi sono ancora stivate nei loro arsenali segreti e nessuna trattativa è in corso tra i loro "creatori" per smantellare definitivamente questo insulto all'umanità, alla ragione, alla vita, all'intero pianeta. L'idea stessa di distruggere con totale indifferenza ogni forma di vita sul pianeta (a parte alcuni insetti) è inconcepibile. Queste armi nucleari hanno proliferato e sono numerosi i paesi in conflitto tra loro che potrebbero usarle, come India/Cina o India/Pakistan o Israele/Iran, o Russia/USA, o Russia/Cina, o Cina/USA. Il MAD e più in generale le armi di distruzione di massa costituiscono uno dei tre principali punti di crisi che l'umanità deve oggi affrontare. Gli altri due sono, come vedremo, la crisi economica capitalistica e il collasso ambientale. Se questo è il punto di arrivo della "civilizzazione" iniziata a Sumer vuol dire che sicuramente si è presa una strada molto pericolosa, non ieri o 500 anni fa con il moderno capitalismo come sostengono i marxisti autori del castastrofico esperimento russo, ma molto prima, con la nascita degli stati, della guerra, degli imperi, della stratificazione sociale a livelli molteplici, della gerarchizzazione di ogni aspetto della vita di relazione umana, della domesticazione di donne, bambini, uomini come fossero animali d'allevamento da utilizzare a proprio piacimento. Vediamo ora la strana relazione tra democrazia e imperialismo valida per gli USA, come era stata valida per inglesi e francesi. Se ci si stupisce per la definizione di "impero" associata ad un paese che si proclama libero e democratico come gli USA, ricordiamoci che anche il primo impero romano aveva istituzioni "democratiche". Le aveva ed è famoso tra gli storici anche il terribile imperialismo ateniese di Pericle, campione di democrazia (per gli ateniesi). Caio Giulio Cesare era il capo del partito democratico ed era allo stesso tempo l'esponente del più cinico imperialismo. Caio Giulio era stato anche pontifex maximus, responsabile del culto degli dei cittadini nella capitale. Caio Giulio come Costantino aveva unificato in sé le reti IEMP dell'epoca. È compito dell'apparato politico dell'impero gestire in modo opportuno il consenso interno al suo "centro" geografico distribuendo in modo oculato i vantaggi derivanti dalla propria posizione di dominio sulla estesa "periferia" dell'impero e la democrazia è anche un sistema di redistribuzione delle risorse raccolte nell'impero. I cittadini degli Stati Uniti ad esempio consumano le risorse del pianeta in una proporzione maggiore della loro quota numerica, di gran lunga maggiore anche nei confronti dei paesi europei. Viene esportata in tutti gli altri paesi questa precisa ricetta: democrazia rappresentativa basata su due soli partiti e una economia cosiddetta di libero mercato che permetta ai capitali ed ai dollari di entrare di diritto nelle economie locali. La democrazia, fondamento storico della federazione americana, va intesa come un modello standard di istituzione politica stabile e facile da controllare da parte del ristretto nucleo dirigente dell'impero che controlla scuole, chiese, giornali, associazioni, partiti. Esportarla significa rendere simili e controllabili le élite locali, come facevano i romani. Il modello economico del libero mercato (libero” nel senso che dovrebbe essere privo di ogni interferenza statale) è invece sponsorizzato e imposto di fatto dal "Washington Consensus" costituito da Fondo Monetario Internazionale (IMF), Banca Mondiale (WB), Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Queste organizzazioni risiedono a Washington e si ritiene che siano influenzate dai personaggi dell'élite di potere americana. Il mercato è “libero” dunque ma le regole del libero mercato sono stabilite in modo ferreo a Washington. Il loro compito è garantire che ogni stato apra in entrata ed uscita i flussi di merci, servizi, capitali, umanità in cerca di lavoro. Il mercato internazionale ha i suoi più importanti punti di riferimento finanziario nelle borse di Londra e New York. Gli stati che non accettano sono emarginati e chiusi in una specie di embargo, soprattutto finanziario o di esplicite "sanzioni economiche". Attraverso questi due meccanismi l'impero americano, per quanto abbacchiato (guerra di Corea negli anni 1950, guerra in Vietnam negli anni 1960, guerra in Iraq e Afghanistan poi), riesce ancora a controllare la situazione mondiale a suo vantaggio. Gli USA assorbono una enorme percentuale delle risorse planetarie, dal petrolio alla frutta, dai metalli alle manifatture tecnologiche; consumano circa un quinto dell'energia mondiale, contribuendo in modo corrispondente all'inquinamento atmosferico; impongono il dollaro come moneta di scambio a tutto il resto del mondo garantendosi il diritto di stampare moneta a loro piacimento (Michael Mann chiama questo sistema il "signoraggio del dollaro"). In poche parole la fanno da padroni. Quanto alla democrazia, pur essendo un valore genuinamente sentito da tutti gli americani, rimane una parola vuota se la partecipazione alle elezioni scende sotto il 50% o il governo federale appoggia giunte fasciste in America Centrale, Pinochet in Cile, PolPot in Cambogia, Saddam Hussein in Iraq, i Talebani in Afghanistan, i colonnelli in Grecia, lo “scià” Reza Palhavi in Persia (in realtà il figlio di un uomo forte dell'esercito iraniano, comandante la brigata cosacca), per non fare una lista esaustiva dei regimi appoggiati e finanziati dagli USA nel mondo. A volte questi fantocci si rendono autonomi e si ribellano ai loro burattinai diventando all'improvviso dei "mostri" come Saddam Hussein o i Talebani. Questo controllo si vale soprattutto del supporto militare fornito ai fantocci, sul piano della formazione, dell'addestramento, della fornitura di armi. Un altro fondamentale strumento di interferenza è la forza economica e la capacità di guidare nei paesi "alleati" capitali e investimenti commerciali. Tutto questo rientra nelle 5 caratteristiche fondamentali di un impero viste con Sargon di Akkad.

§4. L'egemonia americana

Il nuovo corso. La CIA dimostrava una grande capacità di manovra nel destabilizzare governi sfavorevoli e nel favorire governi alleati, fino all'anno della presa del potere di Khomeini in Iran nel 1979. La rivoluzione iraniana, assolutamente non prevista dai vari esperti (nè dalla CIA nè dai ricercatori in scienze sociali), è uno chock per l'Intelligence statunitense. Capiscono che l'essere riusciti a rovesciare un moderato come Mossadeq nel 1953 assieme agli inglesi (ed alla Anglo-Iranian Oil Company) ha comportato alla lunga la reazione popolare iraniana e la presa di potere di un nemico dichiarato degli USA come Khomeini (che li chiamava il Grande Satana). Da quella data assistiamo ad un cambio di strategia, ad un passaggio dal brutale strumento dei colpi di stato militari ad una più sofisticata interferenza politica, centrata sulla richiesta di "democraticità", sulla lotta alla corruzione, sulla necessità di sicurezza, anche sulla difesa strumentale dei diritti della donna come nel caso delle diatribe con i paesi arabi ostili (ma non con l'Arabia Saudita dove alle donne è vietata la guida delle auto), sullo sviluppo economico nei termini liberisti di sviluppo del PIL, in modo adeguato allo specifico contesto politico del paese interessato. Si è rivelata precaria nel medio periodo la sostituzione meccanica delle élites autoctone con fragili élites militari usate come proxies. Nel nuovo modo invece si può regolare la formazione ed il ricambio delle élite politiche locali senza effetti imprevisti a lungo termine. Per far questo ci si può avvalere di partiti politici locali anche radicali o "populisti" che non mettano in discussione la presenza delle basi americane nel mondo nè la nuova religione del credo economico liberista del "Washington Consensus" (IMF, WB, WTO). La storia italiana dal 1945 agli anni recenti è un esempio di queste terribili interferenze "imperiali" americane, motivate solo all'inizio dalla guerra fredda con l'URSS. Da Portella delle Ginestre (1947) alla stragi di piazza Fontana (1969), di Brescia, di Bologna (1980), dell'Italicus, di Ustica. Da Gladio a Sindona, alla fine di Enrico Mattei, all'episodio di Sigonella, è tutto un filo rosso di attentati mirati a spaventare una intera nazione e a privarla della sua sovranità. In modo analogo e simmetrico l'impero sovietico, forte soprattutto delle sue armate corazzate, disponeva di partiti politici totalmente manovrati nei paesi di influenza americana come l'Italia. Nei paesi del cosiddetto "terzo mondo" i russi utilizzavano i movimenti di liberazione locali che volevano sganciarsi dalle ex colonie europee per "aiutarli" a costruire regimi "socialisti" a loro affini e da loro dipendenti. Tranne pochi casi, tra cui quello famoso di Cuba, non ebbero successo perchè intendevano sostituire il dominio imperiale occidentale con il proprio. È importante valutare i fatti politici al di là dei vari personaggi che ricoprono con la loro maschera ruoli stabiliti da altri. La storia di tutti questi paesi "dipendenti" era stabilita con brutalità e cinismo da forze estranee alla loro cultura ed alla loro libertà. La storia degli imperi, anche quelli più antichi, è una ragnatela di complotti e interferenze politiche. In moltissimi casi gli imperi comandavano delegando altri "sovrani" o insediavano come eredi di una dinastia quelli a loro favorevoli aiutandoli con armi ed armati e con soldi e favori politici e commerciali. Niente di nuovo sotto il sole imperiale se non un enorme aumento della manipolazione tramite le comunicazioni di massa. Ancora oggi molti intellettuali si schierano con un impero o con l'altro senza vederne la comune struttura di dominio che li caratterizza. Schierarsi con l'uno o con l'altro non fa e non ha fatto molta differenza, anche perchè un impero unico ed egemone su tutto il globo potrebbe non essere una buona soluzione. Per questo gli imperi antichi e moderni vanno conosciuti nella loro realtà di configurazione di dominio.

§ 9 Crisi

Questo gigantesco meccanismo di accumulazione di ricchezze, di costruzione di una pletora di ruoli sociali e di nuovi mestieri, di burocrazie e di eserciti ramificati in interi continenti, di conoscenze che si espandono facendo diventare la ricerca scientifica oggi la principale attività umana, ha cominciato a rallentare e forse ha raggiunto un punto di crisi. Gli imperi, gli stati-nazione, il capitalismo nella sua ultima versione liberista-monetarista sono strettamente intrecciati in questa crisi. Io mi limiterei a valutare gli indicatori che comprendono tutte e tre queste macro organizzazioni moderne. Gli indici che possiamo usare sono i deficit finanziari degli stati-nazione, i “debiti sovrani”, la insoddisfazione delle masse umane, la loro diminuita partecipazione politica o le loro improvvise proteste, il peggioramento generale della salute fisica (anche se le aspettative di vita aumentano complessivamente) e psichica (molto importante), l'aumento del degrado dell'ambiente che garantisce la nostra sopravvivenza fisica e psichica. È un quadro talmente nuovo e complesso che si possono avanzare solo delle ipotesi, senza alcuna pretesa di certezza. Un quadro altamente probabilistico dove la nostra volontà e intelligenza collettive potrebbero agire con successo. Le ipotesi per spiegare queste crisi sono di tre tipi:

  • rendimento decrescente della organizzazione sociale,
  • limiti dell'ambiente naturale e impatto ambientale,
  • demotivazione profonda soprattutto nelle nuove generazioni.

Un esempio lampante di questo malfunzionamento del complesso IEMP mondiale sta nell'enorme spreco alimentare. Il cibo è la principale risorsa, dopo l'acqua, per la nostra sopravvivenza come specie. Il regista tedesco Valentin Thurn, nel suo film documento "Taste the Waste" ("assaggia lo spreco"), rivela una realtà sconcertante: quasi la metà del cibo prodotto in Occidente viene gettato via, spesso prima di arrivare ai supermercati. Si tratta di una quantità tre volte superiore a quella che servirebbe per nutrire tutti gli affamati del mondo. Inoltre c'è un enorme spreco di energia il cui consumo si potrebbe ridurre di un terzo riducendo l'inquinamento ambientale. La struttura sociale, sempre più frammentata in segmenti verticali e orizzontali, fa aumentre i costi spesi dagli strati sociali superiori nel controllo degli strati sociali inferiori e nella concorrenza degli strati superiori tra loro. Questi costi forse superano il rendimento complessivo del sistema IEMP mondiale. Come nel caso già visto dell'impero romano e bizantino le risorse estratte non sono più sufficienti ad alimentare il sistema. I costi diretti sono costituiti da guerre, repressioni, corruzione, mantenimento di enormi burocrazie economiche politiche militari ideologiche costosissime (si pensi ai costi dei top manager i cui rendimenti sarebbero tutti da verificare o alle spese militari segrete), consumo stellare di massa di vari tipi di droga con rendimenti caotici di coloro che le usano compresi i top manager, costruzione di ogni genere di armi usate a scopo di deterrente come quelle nucleari o quelle sperimentali come lo scudo stellare di Reagan, la corsa allo spazio (per andare in quale direzione?), calcoli maniacali dei costi di ogni minima attività (nei quali sono applicate più computer e più persone che nella produzione di beni e servizi), spese per la pubblicità (40% delle spese industriali), per la propaganda politica, per l'attività di spionaggio militare, politico, economico e ideologico-privato. Per fare un esempio concreto: una società italiana che produce servizi di informatica (software) potrebbe avere 400 dipendenti, 100 sviluppano e mantengono i programmi (il bene-servizio), 300 rispondono in un call-center alle domande (reclami) dei clienti, o svolgono compiti amministrativi e commerciali. Perchè non impiegare 350 sviluppatori bravi ed avere un servizio eccellente con soli 50 addetti alle domande dei clienti (help desk) ed a compiti amministrativo-commerciali, magari anche loro programmatori in fase di training, abbattendo la logica tayloristica della classica divisione del lavoro parcellizzato? Impossibile fare un calcolo esatto delle risorse impiegate nei controlli, nella concorrenza, nella distruzione di risorse altrui, nella pubblicità, nella mancata manutenzione. Molti di questi costi negativi (incidenti, malattie, assicurazioni) entrano come voci positive nel calcolo del Prodotto Interno Lordo (PIL) dando la fallace sensazione di uno sviluppo economico. Il ciclo di vita dei beni materiali viene artificialmente accorciato creando costi enormi di smaltimento dei rifiuti e degrado ambientale (che qualcuno vorrebbe far rientrare nel circuito del business capitalistico). Le distruzioni poi apportate all'ambiente naturale, alla salute, al tessuto sociale, stanno presentando il loro terribile rendiconto in termini di costi economici indiretti non visibili nell'immediato, come inquinamento, cambiamento climatico, effetto serra, minacce alla biodiversità, esaurimento di risorse finite come metalli, petrolio, uranio, foreste, acqua. Infine la distruzione dello strato fertile dei terreni coltivati chimicamente comporta il rischio di crisi alimentari causate da una agricoltura tutta basata sul petrolio per produrre energia, fertilizzanti, pesticidi (fitofarmaci). Cominciano ad esserci segnali di preoccupazione crescente verso malattie causate dallo stile di vita, dall'inquinamento, dal riscaldamento globale. Molti individui e gruppi umani sperimentano sulla propria pelle i fenomeni distruttivi di questo complesso IEMP e cominciano a dubitare di questo gigantesco meccanismo planetario di omologazione culturale esprimendo una forte protesta a livello politico e culturale. Nel loro intimo moltissimi, forse la grande maggioranza, per i motivi più svariati e personali, non credono più in questo progresso, promesso insieme da una pubblicità commerciale e da una propaganda politica che ormai si assomigliano. Per capire dove siamo diretti è giusto guardarsi allora all'indietro, al cammino percorso, e ricordare i miliardi di poveri del pianeta che soffrono la fame e la violenza di guerre atroci e che sono le prime vittime di questo processo di "civilizzazione". Ricordiamo le centinaia di milioni di esseri umani distrutti perchè di pelle diversa dalla bianca e di cultura diversa da quella occidentale europea. Ricordiamo tutte le vittime delle infinite guerre intestine alla civiltà europea occidentale e dei genocidi che vi sono accaduti e vi accadono. Ricordiamo i nostri antenati, contadini, orticoltori, cacciatori-raccoglitori, tutti gli esseri viventi del pianeta, rispettiamoli senza pretese di fatua superiorità tecnologica, per riportare in superficie gli strati profondi della storia, della preistoria, della intera evoluzione biologica e approntare soluzioni adeguate all'intera comunità planetaria. Questa situazione di ordine apparente e di caos sostanziale si è condensata in tre crisi principali che dobbiamo affrontare e che sono strettamente intrecciate tra loro. Le possiamo guardare con fiducia se partiamo con il piede saldo di chi le vuole superare con buona volontà, ognuno con i suoi mezzi. Le tre crisi fondamentali, che ci troviamo davanti, ora e nei prossimi anni, sono:

  • [A] il pericolo delle armi nucleari
  • [B] la crisi economica capitalistica
  • [C] il cambiamento climatico, l'inquinamento, la distruzione dell'ambiente

Si tratta di problemi ben noti ma aggravati da:

  • [A] non gestire il problema (caso A),
  • [B] perseverare nell'applicare come cura la causa stessa del male (caso B),
  • [C] ritardare la presa in carico dei vari problemi ambientali (caso C).

In tutti i tre grandi problemi pesa l'inerzia o l'azione deliberata del "manto imperiale" americano che cura i suoi interessi egemonici. Nel caso degli armamenti nucleari la proliferazione è ormai fuori controllo. Le maggiori potenze del club atomico si limitano a ostacolare l'ingresso a potenze regionali come l'Iran senza avere alcuna intenzione di condurre le necessarie trattative sullo smantellanto definitivo di tutte le armi nucleari strategiche o non, come lo stesso Iran richiede a garanzia della sua rinucia al nucleare. Dice Immanuel Wallerstein, storico, sociologo, analista americano, a proposito delle trattative dirette sul nucleare tra Iran e USA: "Il declino della potenza USA ha riaperto il problema. Sembra chiaro che gli USA siano contro la proliferazione ma non sono ora in grado di minacciare in modo credibile ritorsioni militari per bloccare la proliferazione. Per questa ragione paesi che avevano rinunciato alle armi nucleari per via della loro fiducia sul supporto americano in caso di conflitto o per via della paura che gli americani intervenissero nella loro politica interna, stanno riconsiderando la loro rinuncia alle armi nucleari. Le recenti dichiarazioni del primo ministro del Giappone Shinzo Abe vanno in questa direzione. E naturalmente è probabile che vi sia un contagio locale. Se il Giappone si muove in quella direzione , così faranno Sud Corea, Australia, e probabilmente perfino Taiwan. Sia Egitto che Saudi Arabia stanno riflettendo su questa possibilità, come pure Iraq e Turchia. E Brasile e Argentina non possono stare troppo indietro. Perfino in Europa , Svezia, Norvegia e Spagna possono lanciare programmi in tal senso, e probabilmente l'Olanda. Inoltre le precedenti zone nucleari dell'Unione Sovietica - Bielorussia, Ucraina, Kazakhstan - hanno le conoscenze per ripartire. Così se non ci sarà accordo tra USA e Iran il dito sulla falla della diga verrà tolto. Questo è in gioco in queste difficili trattative ". Nel caso della crisi economica ci troviamo di fronte a un fenomeno più difficile e complesso di quello della grande crisi del 1929. Una autorità economica americana ufficiale, Lawrence (Larry) Summers, consigliere di Obama e uno degli inventori dei famosi “derivati” (strumenti finanziari di secondo livello, di speculazione sui rendimenti futuri degli strumenti finanziari di primo livello da cui "derivano”), ha dichiarato di recente (inizio 2014) che ci si trova davanti ad una “stagnazione economica secolare”, perchè le imprese capitalistiche non riescono a fare profitto e investono nella speculazione finanziaria (che anc'egli ha contribuito a creare con i derivati). Ma la crisi economica deve fare i conti soprattutto con i limiti finiti delle risorse umane e naturali del pianeta, per orientarsi verso nuovi valori e stili di vita e di consumo. Il pericolo è che il meccanismo economico capitalistico, basato sull'accumulazione e il profitto e quindi sulla necessità della crescita, si spezzi drammaticamente appena la crescita diventi impossibile, per i raggiunti limiti fisiologici del pianeta o la debolezza intrinseca del complesso sociale, diviso, frastornato, deluso, esaurito nella sua spinta vitale. Quanto alla crisi ecologica, incontrollabile senza un accordo politico, è più documentata dall'informazione e viene in parte contrastata dalla iniziativa di scienziati, meteorologi, biologi, associazioni di difesa dell'ambiente e della salute. Ma è anche il pericolo più subdolo, più sconosciuto e imprevedibile. Noi non sappiamo, nonostante tutte le conoscenze acquisite, quale potrebbe essere la reazione della Natura al nostro comportamento. Da un certo momento abbiamo smesso di considerarla sacra per seguire altre divinità "venute dal cielo".

I vari paragrafi

La versione PDF

Strumenti personali
Namespace
Varianti
Azioni
Navigazione
Strumenti