Ricomposizione di Produzione e Consumo
Da wikiort.
Ricomposizione di Produzione e Consumo in un nuovo modello socioeconomico Dicembre 2023
Indice
- 1 Premessa
- 2 Necessità di superare il Modello socio-economico basato sul mercato capitalistico e sulla crescita infinita
- 3 Possibilità di costruire modelli alternativi che sono allo stesso tempo sociali, culturali, economici, politici
- 4 Riunificazione del Produttore-Lavoratore con il Consumatore
- 5 Individui, micro-società familiari, gruppi sociali, comunità territoriali su scale crescenti
- 6 Un nuovo stile di vita
Premessa
Dicembre 2023. Questa breve relazione individua nella ricomposizione teorica e pratica di Produzione e Consumo una via di uscita alla crisi dell’attuale modello socioeconomico. Quali sono i possibili attori di questa “Transizione”, o meglio di questa “Trasformazione”? Per scoprirlo ho utilizzato 4 fonti. La prima è il Manifesto di Ottobre 2023 che elenca gli attori possibili: “si può costruire un’agenda condivisa da un ampio spettro di forze politiche, di movimenti, di soggetti associativi e alleanze civiche, di attori del terzo settore e, non da ultimo di sindacati.”. L’Agenda condivisa proposta dal manifesto ha l’obiettivo di ricostruire una Economia Fondamentale che soddisfi i bisogni “fondamentali” dell’intera società nazionale. La seconda fonte sono due Documenti del Terzo Congresso nazionale di USB (Novembre 2022) che ripropongono la centralità delle lotte dei lavoratori anche sul territorio. Queste lotte secondo USB vanno a costruire un intero blocco sociale con gli altri settori che lottano per i loro diritti “sociali” come studenti, giovani, donne, anziani, immigrati, fasce deboli, intellettuali. In questa convergenza vedo l’unificazione viva e reale dei lavoratori produttori con i cittadini consumatori che disegnano i loro bisogni di istruzione, formazione, salute, abitazione, e di tutte le infrastrutture essenziali intese come beni comuni. Questi “cittadini”, che comprendono gli stessi lavoratori, si incontrano con i lavoratori nel disegno complessivo dei beni comuni necessari alla riproduzione sociale. In questo Disegno non si può prescindere da una decisa Decrescita di produzione e consumo per rispettare i limiti del pianeta e ridurre l’impronta ecologica dell’umanità, dell’umanità più ricca in primis. Le terza fonte è
Questo documento DICEA-Fairwatch è la sintesi delle altre due fonti che riunisce in un progetto organico sperimentale basato sulla ricerca di casi studio e sulla costruzione di prototipi. Il metodo che propongo con convizione è appunto quello della ricerca-azione sociologica e antropologica che potrebbe rendere “scientifica” la trasformazione sociale, basata sinora sulla violenza, l’approssimazione ideologica, la manipolazione culturale. Nel punto 5 evidenzio il ruolo centrale che in questo processo assumono le relazioni familiari e la direzione in cui stanno rapidamente evolvendo e dissolvendo. La quarta fonte è un rapporto Istat di settembre 2023 (vedi link al punto 4) che fornisce il quadro nazionale di quelle che chiamo “microsocietà” familiari. Queste microsocietà sono i veri attori e costruttori, oggetti e soggetti, della Trasformazione.
Necessità di superare il Modello socio-economico basato sul mercato capitalistico e sulla crescita infinita
Due problemi sono decisivi per la sopravvivenza stessa dell’umanità: il Cambiamento Climatico dovuto all'immissione di gas serra nell'atmosfera e la Crisi Ecologica che causa la sparizione di specie viventi e danni all’intero ecosistema planetario. Queste due crisi sono intrecciate tra loro e direttamente collegate alle attività umane che vengono oggi classificate come produzione e consumo. Il sistema socioeconomico è responsabile della produzione e del consumo che genera per potersi riprodurre; questo sistema, lo si chiami capitalismo o in altri modi, si è esteso all’intero pianeta e la sua necessita di una crescita continua si scontra con i limiti del pianeta stesso. Produzione e consumo dunque continuano a crescere e in parallelo crescono sempre più l’impronta ecologica delle società umane e l’emissione di CO2, che invece dovrebbero essere ridotte. Per questo serve una fase storica di transizione e di profonda trasformazione del modello socio-economico basato sul mercato e sulla mercificazione di ogni bene e servizio. Le istituzioni, i governi, le autorità culturali e spirituali, persino grandi finanzieri come Soros o potenti multinazionali, riconoscono a parole questi due problemi terribili, ma sono reticenti a prendere decisioni serie. Essi temono di inceppare il meccanismo della Crescita che garantisce il loro potere economico, politico, culturale. L’Unione Europea ad esempio propone un forte incremento della agricoltura biologica, il passaggio ad una economia circolare, la coesione sociale, ma il Business continua as usual (BAU). Essi inoltre non sanno risolvere i gravissimi problemi geopolitici in cui si dibattono, come la guerra in Ucraina e quella recente tra Israele e Palestinesi. Tra queste istituzioni l’unica clamorosa eccezione è quella di papa Francesco che pare l'unica figura mondiale capace di pensare e proporre soluzioni politiche e umanitarie adeguate. I poteri politici ed economici “forti”, tra cui le multinazionali dell’Energia, pur nella piena consapevolezza del disastro ecologico incombente da oltre 50 anni, non si sono impegnati ad arginare tale catastrofe e continuano indiscriminatamente a distruggere risorse naturali come le foreste e a sversare nell’ambiente CO2, gas climalteranti, rifiuti dannosi. È questa evidente mancanza di responsabilità e di capacità che rende necessario promuovere un’azione dal basso da parte dei cittadini per imporre la salvezza ecologica e la Pace tra le nazioni: un bene che nessuna Istituzione è mai riuscita a garantire. È necessario suscitare consapevolezza e stimolare azioni dei cittadini per affrontare e risolvere i problemi sociali e ambientali, mobilitandosi nel duplice ruolo di produttori (cioè di lavoratori organizzati dai vari sindacati) e di consumatori (cioè di cittadini bisognosi di servizi e di sicurezza ambientale e sociale) organizzati in associazioni che premono su istituzioni politiche, governi, partiti, amministratori locali. Per rendere efficace questa azione dal basso è necessario superare la scissione fra i due ruoli di produttore e di consumatore che si possono fondere in un impegno realmente democratico di cittadini che partecipano attivamente alla progettazione della Produzione (cosa e come produrre) e della Riproduzione Sociale (o stile di vita). Per Riproduzione Sociale intendo tutte le attività che si prendono cura di tutta la Comunità a partire dai giovani, dagli anziani e dai più bisognosi.
Possibilità di costruire modelli alternativi che sono allo stesso tempo sociali, culturali, economici, politici
Un esempio di questa riunificazione si è avuto di recente (primavera estate 2023) nell’incontro tra i lavoratori in cassa integrazione della ex GKN di Campi di Bisenzio a Firenze e i giovani attivisti di Fridays for Future. I lavoratori hanno progettato un piano di trasformazione della produzione a favore di una mobilità sostenibile con l’appoggio dei giovani del movimento FFF (Fridays For Future) e dell’Università di Pisa, a favore dell’intero territorio regionale toscano in cui vivono. Scrivono Filippo Barbera e Andrea Salento, in un articolo sul Manifesto del mese di ottobre 2023 dal titolo “Se non funziona niente il reddito non basta”: “Dobbiamo constatare che affidare la soddisfazione dei bisogni essenziali al mercato è un modello di cittadinanza che ha radicalmente fallito. Si apre qui uno spazio di azione decisivo per un riformismo radicale, sul quale si può costruire un’agenda condivisa da un ampio spettro di forze politiche, di movimenti, di soggetti associativi e alleanze civiche, di attori del terzo settore e, non da ultimo di sindacati. L’intero spazio della economia fondamentale – dalla sanità, all’alimentazione, alla casa, all’assistenza, all’energia, ai trasporti – è da rispettare e rifondare: è su un’economia fondamentale accessibile e di qualità che si fonda il benessere condiviso e, in ultima analisi, il grado di civiltà di un intero Paese. Come costruirla è una questione che riguarda scale territoriali, modelli regolativi e dimensioni organizzative diverse: da quella della auto-organizzazione locale, a quella prettamente politica della regolamentazione e della qualità dell’intervento pubblico su scala nazionale, a quella della costruzione di beni pubblici transnazionali su scala europea. Una sfida del tutto aperta, che dovrebbe essere messa al centro di un’agenda di sinistra". Il mercato come unico motore del modello di cittadinanza attuale ha fallito non solo nel soddisfare i bisogni essenziali dei “consumatori” delle fasce sociali inferiori, classe media compresa (sanità, alimentazione, casa, assistenza, energia, trasporti, istruzione), ma ha fallito anche sul versante dei “produttori” , come nel caso GKN, nel senso che non è riuscito a fornire un lavoro sicuro, non precario, equamente retribuito, che lasci loro il tempo e i modi per rigenerarsi e rigenerare l’intera società nella sua complessiva auto-riproduzione sociale. L’economista Mariana Mazzucato, professoressa e direttrice dello UCL (University College London), sul Fatto Quotidiano (22 Ottobre 2023), alla domanda: “Una definizione sintetica dello stato del capitalismo?” risponde: “Siamo in presenza di un sistema pubblico che non è proattivo e che pensa solo a mettere dei cerotti, ad aggiustare i guasti del capitalismo; il privato si muove invece solo sul corto termine, sull’ultimo quarto trimestre. La relazione tra pubblico e privato, infine, non è simbiotica, ma parassitica. Le consulenze private tengono il “moccolo” a questa relazione malata”. Come dice il Manifesto, “forze politiche, movimenti, soggetti associativi e alleanze civiche, attori del terzo settore” sono l’energia e l’organizzazione esistente con cui costruire una rete di cittadinanza attiva e riunificare la coscienza del produttore e del consumatore. Un ruolo fondamentale spetta anche al sindacato che non dovrebbe limitarsi a difendere il posto di lavoro ma promuovere anche la convergenza dei lavoratori-produttori con i cittadini impegnati nel territorio. Ci possono essere serie divergenze come nel caso ILVA di Taranto o come nei casi in cui i pacifisti contestano la produzione e il commercio di armi. L’economia che il Manifesto chiama fondamentale è l’economia dei bisogni essenziali per tutti, è l’agenda del cosa e come produrre, nell’interesse delle stesse élites, che non hanno al momento un altro pianeta che gli fornisca aria pulita, acqua pura, cibo sano. L’economia del lusso e dello spreco, le cui briciole le élites illudono di spargere sugli strati sociali sottostanti con il fasullo trickle down, deforma il processo economico e la cultura di massa, distrugge risorse e ambiente, crea disuguaglianze enormi e crescenti. L’economia del lusso a sua volta viene resa possibile e sostenuta dall’enorme economia militare che si procura risorse naturali e forza-lavoro attraverso il colonialismo e l’imperialismo. Per la salvaguardia delle risorse naturali - aria, acqua, suolo - è necessario un controllo democratico e un forte coordinamento locale e regionale di produzione e consumo che garantisca un buon livello di autosufficienza territoriale in quelli che sono i bisogni essenziali. Tale controllo democratico, come dice il Manifesto, si estende su “scale territoriali, modelli regolativi e dimensioni organizzative diverse: da quella della auto-organizzazione locale, a quella prettamente politica della regolamentazione e della qualità dell’intervento pubblico su scala nazionale, a quella della costruzione di beni pubblici transnazionali su scala europea”. Questa partecipazione, auto-organizzazione, controllo diretto democratico, co-progettazione, autonomia e sussidiarietà dal basso verso l’alto, costituiscono un modello di cittadinanza radicalmente diverso che ha già cominciato a funzionare dentro l’attuale modello fallimentare. Questa riunificazione dell’attivismo del cittadino-produttore e del cittadino-consumatore può essere favorita da un sindacato consapevole di questa sua missione fondamentale. Questa azione verso l’unità antropologica del cittadino trasformerà inevitabilmente sia lo stile di vita che il lavoro come oggi è configurato in quella che si definisce “la” Produzione di beni e servizi. Per lavoro si intende il lavoro svolto sia nell'economia privata, che vende sul mercato beni e servizi, sia nell’economia pubblica che in parte li fornisce gratuitamente attraverso il Welfare, a sua volta finanziato dalle entrate fiscali. La funzione del sindacato è essenziale perché con le sue lotte ha sperimentato storicamente e cercato di mantenere l’unità dei produttori-lavoratori. Ha cercato pure di influenzare partiti politici come il Labour Party in UK, per costruire strumenti pubblici di Welfare, quindi il consumo sociale fondamentale. Purtroppo oggi i Partiti di sinistra in Italia hanno perso da tempo i contatti politicamente significativi con i cittadini-consumatori-produttori della società reale e appoggiano i neoliberisti nella distruzione progressiva del Welfare (dal lato “consumatori”) e nell’aumento della precarietà del lavoro (dal lato “produttori”). Vediamo come potrebbe concretizzarsi questa rinnovata funzione del sindacato prendendo in esame, come caso di studio, il sindacato USB Unione Sindacale di Base. Si tratta di una Confederazione nazionale di vari sindacati di settore ma anche di sindacati territoriali di difesa dei bisogni essenziali, che lavora nella direzione di far confluire le due figure del produttore e del consumatore nell’unica figura del cittadino attivo, sia in termini politici (come cittadino attivo nelle scelte della comunità locale cui appartiene), sia economici (come produttore nelle economie privata e statale ed anche come produttore nell'economia fondamentale di cura e rigenerazione sociale), sia culturali, sociali e ambientali (come consumatore “critico”, cioè razionale, consapevole, capace di scelte precise sul proprio stile di vita).
Riunificazione del Produttore-Lavoratore con il Consumatore
Il Documento del Terzo Congresso nazionale di USB, intitolato “La Forza dell’Unione”, del Novembre 2022, a pag.20 ribadisce giustamente il ruolo centrale dei lavoratori e delle loro lotte. Si afferma in quel documento che “senza le lotte dei lavoratori tutta la società è andata a destra e gli egoismi sociali hanno preso il sopravvento. Questa situazione ha contribuito a far emergere un’ideologia filopadronale che santifica il ruolo dell’impresa e relega i lavoratori a mera appendice delle macchine, merce intercambiabile di un meccanismo governato dal capitale. Un’ideologia che ha fatto breccia tra gli stessi lavoratori, facendo loro perdere la consapevolezza di essere determinanti per il funzionamento della società. Ribaltare questo modo di pensare, ripristinare una lettura corretta della società rimettendo al centro i lavoratori come motore del sistema è un nostro obiettivo concreto, ma esso non è perseguibile se non attraverso una ripresa dell’iniziativa e delle lotte proprio nel cuore dei processi di ristrutturazione produttiva che il post-pandemia ha accelerato”. Nel secondo documento della Federazione del Sociale, a pag.6, “Un sindacato per il territorio” si dice: “Il divenire merce dei servizi essenziali, atti a garantire la vita e la riproduzione sociale, pone un nuovo interrogativo all’azione sindacale contemporanea, ci impone di uscire dai posti di lavoro tradizionali e ci consegna un nuovo spazio di conflitto, non solo sindacale ma soprattutto sociale, non determinato da un perimetro, le mura aziendali, o da un’unica controparte, il datore di lavoro. Risulta rafforzata l’idea, introdotta nei lavori dello scorso congresso, che questo spazio sia il territorio, come non mai interessato dalla valorizzazione capitalistica”. È mia opinione che questa iniziativa nella società e il rilancio delle lotte dei lavoratori siano possibili solo attraverso il completo superamento della dicotomia artificiale tra produttore (alienato, secondo la corretta analisi marxiana, perché quanto contribuisce a produrre non gli appartiene minimamente) e consumatore (alienato, secondo la corretta analisi della manipolazione politica e culturale che spinge ai consumi per rendere il lavoratore un docile produttore). I “processi di ristrutturazione produttiva che il post-pandemia ha accelerato” sono processi di ristrutturazione dell’intera riproduzione sociale, in quanto coinvolgono, ad esempio, anche i consumatori/produttori dell’istruzione (studenti e insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado completamente riorganizzate) o della sanità (stressata dalla pandemia e già in situazione di crisi profonda). I lavoratori si ritrovano, in base a queste alienazioni incrociate, a consumare come beni e servizi le stesse merci che producono ma che non progettano e gestiscono. A cominciare dal cibo prodotto industrialmente con il supporto della chimica. Cibo che viene letteralmente buttato via in percentali enormi mentre una parte consistente dell’umanità muore di fame. Il Cibo viene sprecato non solo dai consumatori ma soprattutto dai produttori, ad esempio quando viene lasciato sui campi perché fuori dallo standard della grande distribuzione o perché si perde nella filiera distributiva che avvolge l’intero pianeta in reti logistiche prive di ogni razionalità che non sia quella del profitto. Il cibo è un bene ed un bisogno primario che è alla base della nostra salute fisica e psichica: la prima richiesta religiosa infatti è: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. A partire dal cibo si potrebbe impostare una proposta di Decrescita Intelligente, articolata sia sui produttori che sui consumatori, che elimini lo spreco attraverso le cosiddette filiere corte, cioè attraverso un rapporto molto diretto tra produttori e consumatori, entrambi consapevoli degli standard naturali e culturali che il cibo deve soddisfare per garantire la Riproduzione Sociale. Una filiera dove l’incontro tra Domanda e Offerta non è più quello brutale e competitivo del mercato capitalistico ma quello cooperativo della Cura. Questa stessa Decrescita Intelligente si potrebbe applicare ad altri settori quali la Casa, l’Energia, la Mobilità, la Salute, riducendo di molto la pressione umana sull’Ambiente Naturale e sul Clima. Si ridurrebbe così di molto la necessità di Infrastrutture Tecnologiche costose, ingombranti, non riciclabili, invadenti la dimensione fisica e psichica degli individui. E si modificherebbero le relazioni umane passando gradualmente da una feroce competitività alla cooperazione, così come avviene spontaneamente nelle attività “riproduttive” e di “cura” che sono di presenza, dirette, rilocalizzate come dice Serge Latouche. Tutto ciò può partire da nuovi prototipi di produzione/distribuzione/consumo di Cibo ed Energia. Tornando al sindacato, poco più avanti si dice nel documento di USB che “USB è impegnata nell’organizzazione di un intero blocco sociale”, e ci si augura che “riesca a cogliere i segnali di combattività che emergono da altri settori sociali, come per esempio dagli studenti, che possono rappresentare un elemento di dinamizzazione di tutta la società”. Infatti gli studenti e i giovani, tra cui gli attivisti di Fridays For Future, incarnano il processo vivente di Riproduzione Sociale che concorre a dinamizzare e a rinnovare l’intera società sul piano economico, politico e culturale. Il blocco sociale indicato a suo tempo da Gramsci tra operai e contadini della prima metà del Novecento, contrapposto al blocco tra agrari e capitalismo, può diventare un blocco sociale dove una parte attiva, gli studenti e i lavoratori, agiscono direttamente nel processo di Riproduzione Sociale che è culturale, politico, economico e “sociale” (nel senso che comprende le relazioni all’interno delle microsocietà familiari). Trasformare questo processo sarebbe l’agenda da costruire come propone Il Manifesto. Accanto agli studenti possono attivarsi pensionati, immigrati, cittadini con esigenze abitative e di altri servizi essenziali, come gli iscritti alla Federazione del Sociale di USB che rappresenta queste categorie. Questa riunificazione dell’individuo produttore con l’individuo consumatore significa in realtà la riunificazione di attività afferenti all'economia di mercato, intesa oggi come “la” Produzione Sociale, con attività afferenti alla Riproduzione Sociale, che comprende attività di autoconsumo, autoproduzione, economia domestica, economia informale, attività di cura del territorio e delle persone. Il “Consumo”, come complessa “attività” umana, è un momento essenziale della Riproduzione Sociale. Per fare un esempio, il lavoratore che usa e guida l’auto per andare a lavorare in un'impresa capitalistica, per accompagnare i figli a scuola o la famiglia in vacanza, in realtà “lavora” per la Riproduzione Sociale. Questa riunificazione di Produzione e Ri-Produzione sociale implica un radicale rovesciamento delle priorità tra questi due fattori sociali con un cambiamento strutturale del loro rapporto. La produzione economica deve essere funzionale e compatibile con gli obiettivi che la Società e la sua Riproduzione si pongono, con scelte maturate democraticamente attraverso processi di partecipazione diretta. Attualmente avviene il contrario: la Riproduzione Sociale, compresa la generazione della prole e la sua formazione come futura massa di produttori e consumatori, serve come ancella ed è l’oggetto passivo della Produzione di Mercato. La Riproduzione Sociale dovrebbe privilegiare la produzione di beni e servizi attraverso Beni Comuni rilocalizzati e decentrati, generando e privilegiando nuovi modelli di Impresa come le Cooperative di Comunità, le organizzazioni del Terzo Settore, le Onlus, la Finanza Etica, sviluppando occupazione e benessere. Questa riunificazione di Produzione Economica e Riproduzione Sociale, che dà la Priorità politica, culturale, economica, sociale, alla Riproduzione, implica necessariamente una trasformazione profonda del modo di lavorare. Nell'economia schiavistica o feudale il lavoro veniva direttamente imposto in cambio della sopravvivenza fisica o sociale. Oggi nell'economia di mercato o capitalistica, il lavoro retribuito è solo formalmente libero di essere rifiutato oppure accettato. Il contesto è molto diverso ma le varie tipologie di contratti di lavoro (oggi si parla soprattutto di contratti precari) di fatto obbligano il lavoratore a condizioni che deve accettare per comprare sul mercato i beni e i servizi necessari alla sua sopravvivenza fisica e sociale. Come si insegna ai ragazzi “è necessario trovarsi un lavoro retribuito” per vivere (riproduzione individuale) e mettere su famiglia (riproduzione sociale). In ogni caso il lavoratore, se non si organizza, si trova isolato come individuo di fronte all'istituzione che lo usa e lo sfrutta, sia che si tratti dell’impresa capitalistica, del signore feudale o dell’impero schiavista. Oggi si è arrivati a camuffare come lavoro autonomo quello delle Partite IVA individuali che hanno invece tutte le caratteristiche del lavoro salariato, col difetto aggiuntivo di scaricare sui lavoratori il pagamento delle tasse allo Stato. Non va sottovalutato il cyber-capitalismo o il capitalismo libertario (detto anche uberizzazione, basato sulla “dittatura degli algoritmi”) che promette la libertà all’individuo che diventa “imprenditore” di sé stesso. Talmente “libero” da poter “vendere” sul mercato organi del suo stesso corpo (oltre che se stesso come forza-lavoro). Così è stato proposto dall’anarco-capitalista Javier Gerardo Milei, attuale presidente dell’Argentina nel dicembre 2023. Come nel feudalesimo o negli antichi imperi, le istituzioni capitalistiche sono stratificate e legate gerarchicamente da complesse reti di potere finanziario in settori diversi e in imprese grandi, medie e piccole. Su tutte pare dominare il capitale finanziario basato sulla legge del massimo profitto. In questo quadro il lavoratore è sottoposto a gerarchia, coazione, pressione e limitazione di diritti essenziali mentre un lavoratore che produce volontariamente un bene/servizio inserito nella Rete Vitale della Riproduzione Sociale della Comunità di cui fa parte, qualunque sia la sua specializzazione, ha un ruolo consapevole di responsabilità e di partecipazione attiva alle scelte economiche, politiche, culturali di questa stessa Comunità. Questa Rete Vitale della Riproduzione Sociale delle Comunità è sempre esistita ed ha permesso all’umanità di arrivare fino ad oggi; essa va solo rafforzata e rimodellata al di fuori dell’attuale modello autoritario e patriarcale che non è altro che una versione aggiornata dell’arcaico modello dell’Ancient Regime. Senza voler riproporre un impossibile ritorno ai tempi dei cacciatori-raccoglitori, è giusto ricordare che in quel tipo di società la riunificazione di consumatore e produttore era perfetta: si cacciava e si raccoglieva insieme (produzione), si divideva in modo stabilito quanto ottenuto dalla natura senza tralasciare nessuno (consumo), si autorigenerava il gruppo con rituali sacri e feste per prepararsi così a nuove giornate e stagioni. Nella Economia di Cura, o Economia Domestica, che ancora oggi realizza in gran parte la Riproduzione Sociale, il “lavoratore” fornisce beni e servizi alla rete di micro-società familiari. Queste microsocietà sono costituite oggi in gran parte da famiglie nucleari, composte da una coppia o da un singolo con figli. In questa sfera “economica” il “lavoratore” opera in modo cooperativo, volontario, mutualisticamente associato. Oppure opera come volontario del terzo settore o come attivista di movimenti e associazioni anche informali (vedi in fondo la Nota sulla ricerca di DICEA e Fairwatch). Come vedremo di seguito nelle statistiche ISTAT sulle famiglie, c’è oggi una significativa “anomalia” nella composizione della famiglia perché oggi una percentuale molto alta è composta da un individuo solo e senza figli.
Individui, micro-società familiari, gruppi sociali, comunità territoriali su scale crescenti
É importante, a questo punto, sottolineare il ruolo fondamentale delle microsocietà familiari per la trasformazione socio-ecologica che immaginiamo. Esse infatti entrano in rete con altre comunità, intenzionali, amicali, di gruppi associativi formali e informali, di cooperative sociali, di associazioni no profit. Nella parte di Riproduzione Sociale che si pone ancor oggi fuori dal mercato e dalla mercificazione, l’individuo opera sulla dimensione economica, sia in quanto produce beni e servizi utili alla Vita con la cooperazione di coloro ai quali i beni e servizi sono diretti, sia in quanto consuma beni e servizi utili alla Vita, come ad esempio istruendosi e studiando. La collaborazione tra chi dà e chi riceve è profonda, attiva, basata sul dono, è la cooperazione familiare o amicale che conosciamo, soprattutto è una relazione complessa, sempre diversa, non idilliaca ma capace di esprimere tutta la gamma dei sentimenti umani. Opera sulla dimesione culturale, emozionale, affettivo, spirituale, artistico. Opera anche sulla dimensione politica soprattutto costruendo o modificando relazioni con i componenti della microsocietà e delle comunità cui si appartiene. Queste relazioni possono essere gerarchiche e autoritarie in una famiglia rigidamente patriarcale, sono invece aperte e libere in modelli di comunità solidali e paritarie con una gestione non violenta dei conflitti basata sul consenso che li risolve su piani più alti di cooperazione. Tra individuo e società, nella riproduzione sociale, c’è quindi un gruppo intermedio di riferimento nel quale l’individuo nasce e cresce e nel quale costruisce la sua identità personale: è la microsocietà o “famiglia” nella quale cresce e si riproduce. Dopo la nascita infatti l’essere umano ha una lunga fase di sviluppo necessaria a realizzare la sua autonomia “sociale” e “crescere” per alcuni anni in una sfera protettiva completa e complessa che è appunto questa “microsocietà” familiare. Va enfatizzata l'importanza operativa di questa struttura sociale, dove avviene la tipizzazione e soprattutto la fusione tra le dimensioni culturali, politiche ed economiche. Questa struttura sociale è essa stessa una "dimensione" definita spesso dagli scienziati sociali come "dimensione sociale", in cui si definisce il tipo e la struttura della famiglia. Oggi questa microsocietà non solo è in rapido cambiamento, con la crescente disgregazione del modello patriarcale, ma è fortemente lesionata dal modello consumistico atomizzato e competitivo che sta sovrapponendosi al modello patriarcale. La Decrescita blocca questo tentativo neoliberista di sostituire il modello patriarcale con un modello pericoloso come quello consumistico e invita a cercare modelli sostitutivi. Modelli che si vanno diffondendo con la parità di genere e le importanti esperienze e riflessioni sul “genere”. Due di questi modelli potrebbero essere, tra gli altri, la partnership di coppia "gilanica" di Riane Eisler e la famiglia matriarcale con la “struttura” proposta da Heide Goettner-Abendroth (Le Società Matriarcali e la nascita del Patriarcato, Mimesis/Eterotopie, 2023). Trattandosi di relazioni strettamente personali e di presenza, questo gruppo di riferimento avrà una base strettamente territoriale, una sua “localizzazione” precisa, una “casa”. La costruzione sociale dell’individuo avviene in questa microsocietà. La sua completezza, la varietà, armonia, integrazione, resilienza raggiunte porteranno l’individuo ad affrontare con positività, creatività, coraggio le relazioni con la società umana nelle sue varie scale di grandezza. È in questa dimensione sociale che avviene la fusione e la ricostruzione innovativa delle varie dimensioni sociali di Economia, Cultura, Politica, così come si sono evolute, differenziate e determinate storicamente. Ed è quindi in questa microsocietà che meglio può agire una modificazione dello stile di vita orientato sulla sobrietà e basato sulla necessaria decrescita, con una trasformazione dello stile di vita in qualità e quantità. In questa dimensione può nascere un modello alternativo di Produzione e Consumo che potremmo definire “riunificato in un processo virtuoso”. Ad esempio, si può organizzare un prototipo di questa ricostruzione sociale in una scuola “aperta”, facendo lavorare insieme insegnanti, genitori e studenti, possibilmente insieme ad un sindacato locale, per "costruire nuovi tipi di lavoro" e un rapporto consapevole con l’Ambiente . I genitori nel loro doppio ruolo di produttori/consumatori, gli studenti e gli insegnanti nel loro ruolo di “intellettuali organici”, il sindacato come coordinamento della rete territoriale sulle tematiche del lavoro e dell’economia tradizionali. Dipende dal tipo di formazione ricevuta attraverso queste relazioni nella famiglia e nella scuola la modalità con cui l’individuo interagisce con l’ambiente naturale e il territorio in cui vive, la sua volontà di rispettare, amare, proteggere e rigenerare tutto l’ecosistema naturale. Oggi attraverso l’economia di mercato l’individuo singolo potrebbe in teoria sopravvivere anche da solo se avesse un lavoro retribuito (“i soldi”) che gli permettesse di comprare tutti i beni, i servizi e le informazioni necessari nel contesto in cui vive. Questo già avviene in parte per le famiglie composte da un solo individuo che sono enormemente aumentate negli ultimi tempi nelle società cosiddette “evolute”, non solo tra gli anziani. In Italia “anche le famiglie con almeno un nucleo (ossia contraddistinte dalla presenza di almeno una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio) varieranno la loro dimensione media da 2,95 a 2,78 componenti. L'aumento del numero di famiglie deriverà prevalentemente da una crescita delle famiglie senza nuclei (+17%) che salgono da 9 a 10,6 milioni, arrivando a rappresentare nel 2042 oltre il 40% delle famiglie totali. Al contrario, le famiglie con almeno un nucleo presentano una diminuzione di oltre il 4%: tali famiglie, oggi pari a 16,3 milioni (il 64,3% del totale), nel 2042 scenderanno a 15,6 milioni, costituendo così solo il 59,5% delle famiglie. Secondo l'Istat, "un tale calo delle famiglie con nuclei deriva dalle conseguenze di lungo periodo delle dinamiche socio-demografiche in atto in Italia. L'invecchiamento della popolazione, con l'aumento della speranza di vita, genera infatti un maggior numero di persone sole, il prolungato calo della natalità incrementa le persone senza figli, mentre l'aumento dell'instabilità coniugale, in seguito al maggior numero di scioglimenti di legami di coppia, determina un numero crescente di individui e genitori soli".” Da AGI:
Una società composta da una quota altissima di famiglie monocomponente è una società fragile, “liquida” come è stata definita, priva di legami o relazioni sociali proiettate sul futuro, praticamente “vuota”. La solitudine sociale rende necessari beni e servizi mercificati quali sesso, divertimento, intrattenimento, salute, preparazione del cibo, assistenza psicologica e spirituale. La scelta di quali beni e servizi far rientrare nella autoproduzione socializzata, quale si trova nelle società di cura tradizionali (le cosiddette “società primitive”) o nelle “economie di sussistenza”, e quali invece comprendere tra quelli offerti dal mercato definisce oggi il nostro stile di vita. Proporre un nuovo stile di vita e modelli socio-economici in grado di sostenerlo significa ridefinire il lavoro del produttore/consumatore che si forma nelle e interagisce con le microsocietà familiari. É necessario iniziare a sperimentare in modo massivo questi nuovi stili di vita tra le comunità diffuse nei vari territori, tentando sempre di coinvolgere attraverso l’individuo l’intera microsocietà familiare, soprattutto per impostare una modifica del modello socio-economico e una decrescita di produzione/consumi che rispetti i limiti del pianeta, in vista di una sostenibilità che garantisca il futuro delle prossime generazioni. Certo, la struttura della società e lo stile di vita di masse sempre più grandi sono direttamente determinati dall’attuale modello socio economico, basato sulla pubblicità e l’offerta di ogni tipo di merce e servizio e risente certamente della distruzione di relazioni sociali cooperative e di aiuto mutualistico operata da questo modello competitivo, estrattivo, distruttivo. La distruzione delle microsocietà familiari, che emerge con chiarezza dai dati statistici, rende l’individuo privo di autonomia e di possibilità di difesa dal sistema socio-economico creando un circolo vizioso nel quale il lavoratore, piegato dallo stress produttivo e isolato socialmente, deve lavorare di più per sopravvivere ad un livello consumistico che di fatto gli è imposto. Se invece i lavoratori possono vivere inseriti in Comunità solidali e partecipano alle scelte della Comunità nella quale si realizzano, possono decidere in modo autonomo cosa e come produrre e cosa e come consumare. Queste Comunità, per essere massive e diffuse nell’intero territorio, devono coinvolgere in un processo intergenerazionale le microsocietà familiari. La scelta dello stile di vita, nei suoi elementi essenziali, comprende l’alimentazione (se naturale o industriale), l’energia (se rinnovabile o non rinnovabile), la Sanità (se diffusa, decentralizzata, olistica, preventiva), l’istruzione (se con al centro lo sviluppo dell’individuo nelle sue relazioni sociali e naturali o l'indottrinamento competitivo e tecnologico di tipo neoliberista), nonché la costruzione di relazioni politiche di apertura verso le altre comunità e di pressione partecipativa verso le istituzioni politiche locali e nazionali, come fanno tutti i movimenti ecologisti e i sindacati “di classe”.
Un nuovo stile di vita
Questa scelta di un nuovo stile di vita può diventare un processo partecipato dall’intera comunità, dalle scale minori alle maggiori. Una piattaforma di produzione e consumo critica, propositiva, alternativa, sperimentale, differenziata, partecipata e progettata democraticamente, può proporre la giusta decrescita di produzione e consumo, ridisegnando un modello di società umana adeguato alla coscienza collettiva maturata attraverso le terribili esperienze storiche vissute. Un modello che per funzionare deve essere costruito dal basso, bottom/up. Le esperienze gestite dall’alto da sedicenti “avanguardie rivoluzionarie” sono fallite miseramente in sistemi autoritari e burocratici. Questa piattaforma può costruire uno stile di vita dove produzione e consumo si incontrano virtuosamente in un processo localizzato su Comunità a vario livello, dalla microsocietà “familiare” alla Comunità su scala di paese o di quartiere, cittadina, metropolitana, nazionale e internazionale. Bisogna partire dall’esistente, da tutte le iniziative che già si muovono in questa direzione. Ad esempio la ricerca-azione sulla città di Roma del DICEA (Dipartimento Ingegneria Civile Edile e Ambientale della Sapienza di Roma) e di Fairwatch evidenzia concreti processi di costruzione associativa di reti mutualistiche attraverso il modello dei Poli Civici. Vedi la Nota a fondo pagina “Reti di mutualismo e poli civici a Roma”. Questi Poli Civici, già in fase di progettazione a Roma, nei quartieri Quarticciolo ed Esquilino, prevedono varie attività che confluiscano nella formazione di Cooperative (o Imprese) di Comunità, con una caratterizzazione di circuito locale di produzione/consumo, favorendo in tal modo quella ricomposizione antropologica tra consumatore e produttore di cui parlavamo sopra. A pag. 86 del documento sui Poli Civici, vedi la Nota a fondo pagina, si dice: “Le Cooperative di Comunità sono imprese, in sintesi, in cui i cittadini si auto-organizzano, diventando allo stesso tempo produttori e fruitori di beni e servizi, che non hanno altro scopo statutario se non migliorare la qualità della vita delle persone che le compongono, attraverso la produzione/fruizione di beni e servizi pensati da chi quelle comunità le vive quotidianamente.”. Nella ricerca-azione di DICEA e Fairwatch questo processo bottom/up è realizzato da gruppi formali ed informali molto differenziati che coinvolgono le “microsocietà” familiari sui bisogni essenziali e le carenze di servizi pubblici e privati. Viene evidenziata la permeabilità a questa azione dal basso di Istituzioni pubbliche quali i Municipi Romani, le Università, le Fondazioni, che possono collaborare anche semplicemente mettendo a disposizione spazi urbani abbandonati o collegandosi con le associazioni di volontariato e il Terzo Settore nel fornire servizi e assistenza. Questo tipo di rigenerazione urbana va però intrecciato e affiancato alla ricostruzione e sviluppo delle Aree Deboli, cioè ai territori in via di abbandono, dove è ancora possibile una completa rigenerazione ambientale e agro-ecologica. In questa direzione si muovono vari tipi di Comunità, come gli Ecovillaggi o le Comunità dedicate all'Agricoltura e alla Natura, allo sviluppo di esperienze spirituali o artistiche, alla costruzione di modelli politici di relazione umana innovativi.
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